di Geraldina Colotti
Giunto al suo 28° capitolo, il programma “En Línea con @BricsPsuv, Bitácora de la emergencia global” è già diventato un punto di riferimento internazionale per l’informazione e l’analisi, riconosciuto di recente anche con il premio Periodismo Necesario Anibal Nazoa. Ideato da Beverly Serrano e Antonio Paez, il programma è diretto dalla deputata venezuelana Tania Dia, vicepresidenta dell’Assemblea Nazionale Costituente (ANC), e della Commissione Agitazione Propaganda Comunicazione (APC) del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV).
Questa volta, si è discusso il tema “Elezioni in Bolivia, Ecuador e Venezuela. Nemico comune: il neoliberismo”. Ospiti di Tania Diaz, Doris Soliz, sociologa, deputata ecuadoriana eletta per la Revolución ciudadana di Rafael Correa, e Hugo Moldiz, giornalista, ex ministro boliviano nel governo di Evo Morales, oggi rifugiato nell’ambasciata messicana a La Paz.
Tania ha chiesto agli ospiti un aggiornamento sulla situazione dei loro rispettivi paesi, dove la pandemia da coronavirus non incontra argine: per la colpevole inconcludenza del governo de facto di Jeanine Añez in Bolivia, e a causa del voltafaccia neoliberista di Lenin Moreno in Ecuador.
Moldiz ha ripreso le tesi del suo libro, Golpe de Estado en Bolivia, la soledad de Evo Morales, pubblicato da Ocean Sur con una prefazione di Atilio Boron. Siamo di fronte, ha detto, a una nuova forma dello stato di eccezione, che sta avanzando facendosi scudo della pandemia. Le elezioni vengono infatti rimandate sine die, con un continuo posticipare le date, decise al di fuori delle procedure previste dalla costituzione. Prima, le nuove presidenziali avrebbero dovuto svolgersi il 3 maggio, poi il 2 agosto, in seguito il 6 settembre, e ora sono slittate al 18 ottobre, senza alcuna certezza che si svolgeranno davvero.
Questo – ha detto Moldiz – è un primo segnale dell’involuzione reazionaria in corso, che mira alla cancellazione dei diritti e alla messa al bando delle forze politiche che li hanno garantiti nello Stato plurinazionale guidato dal primo presidente indigeno, Evo Morales.
Un secondo segnale si è avuto con la promozione dei militari per decreto, mentre la costituzione prevede che vengano ratificati dal Parlamento. Un terzo, è dato dal tentativo, in corso, di mettere fuori gioco il Movimento al Socialismo, com’è accaduto in Ecuador con Correa e con Alianza País.
Lo scontro tra il potere esecutivo e quello del Parlamento plurinazionale indica, per Moldiz, che la destra golpista cercherà di volgere a proprio vantaggio i rapporti di forza: chiudendo tutti gli spazi di partecipazione del popolo nelle istituzioni, e eliminando anche i liberali democratici come Carlos Mesa.
I sondaggi dicono, infatti, che se si fosse votato a settembre la golpista Añez avrebbe ottenuto solo il 10% dei consensi, il candidato del centro-destra, Carlos Mesa avrebbe preso il 26%, mentre Luis Arce, del MAS, avrebbe totalizzato almeno il 44%: il che significa che, in base alla legge elettorale, secondo la quale per vincere al primo turno occorre un distacco di almeno10 punti dal secondo classificato, Arce sarebbe diventato presidente.
Anche Evo Morales aveva vinto al primo turno, ha ricordato Moldiz, ma il lavoro sporco dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha inventato una presunta frode, stendendo il tappeto rosso al progetto di golpe in corso. Per l’ex ministro, aver invitato l’OSA attribuendo carattere vincolante alla sua osservazione elettorale, è stata una imperdonabile sottovalutazione.
La sua analisi è che, in Bolivia, si sia concretizzato quello che appare come un cambio di indirizzo nelle politiche imperialiste in America Latina: l’imposizione di “democrazie d’eccezione dai caratteri autoritari” che cercano di azzerare la fase dei governi progressisti per tornare indietro “ai tempi di Carter, Reagan e Bush”.
Durante il ciclo dei governi socialisti o progressisti, che hanno governato a partire dalla vittoria di Hugo Chavez in Venezuela, le forze del cambiamento hanno cercato infatti di utilizzare gli spazi della democrazia rappresentativa borghese per cambiare dall’interno i rapporti di forza a favore delle classi popolari.
Non ci sono, però, riusciti fino in fondo. E ora le classi dominanti, che a seconda del momento storico si servono della democrazia borghese o della dittatura, variamente modulate, cercano di chiudere questi spazi di democrazia partecipativa, mascherando le forme di rappresentanza per salvare appena le apparenze.
Lo si vede non solo in Bolivia o in Ecuador o in Brasile, ma anche in Uruguay o in Salvador, dove cresce il peso della presenza dei militari subalterni agli USA all’interno delle istituzioni. A seguito del golpe, in Bolivia vi sono più di cento prigionieri politici, ma – ha detto l’ex ministro – nessun organismo internazionale, men che meno europeo, così solerte nell’accusare il Venezuela bolivariano o Cuba, leva la voce per difenderli.
In questa fase, il capitalismo sta tornando a una “forma di accumulazione originaria, sia attraverso il furto diretto delle risorse, sia con la rapina internazionale, come sta facendo con il Venezuela”. Al contempo, cerca di influire sul consenso, distorcendo la percezione dei settori popolari con i suoi poderosi mezzi di propaganda.
Il video di una trasmissione argentina, durante la quale un’arrogante giornalista ha cercato di estorcere al deputato Anibal Fernandez dichiarazioni contro Maduro, ne ha dato dimostrazione concreta.
Di certo, sia in Bolivia che in Ecuador, le forze di alternativa devono interrogarsi a fondo sulle cause che hanno portato alla situazione attuale, cercando di correggere gli errori. Quando si governa – hanno convenuto Sia Moldiz che Soliz – è necessario un partito che continui a far crescere la coscienza delle masse e a costruire in modo permanente il potere popolare. Un compito che ora appare arduo, ma più che mai necessario per non chinare la testa, ma tornare a riprendersi gli spazi perduti con un progetto e un impegno rinnovati.
Quello di un partito che sa essere “di quadri e di movimento”, è un punto di forza di cui dispone la rivoluzione bolivariana e con il quale si prepara ad affrontare le elezioni parlamentari del 6 dicembre. Tania ha ricapitolato i passaggi che le hanno preparate coinvolgendo nella competizione democratica tutti i partiti che non ricorrano al golpismo come loro progetto principale.
Un percorso trasparente e plurale, che viene però distorto dai grandi media internazionali, cantori di quella tendenza che vorrebbe imporre al Venezuela una linea autoritaria subalterna ai voleri degli USA.
(Articolo per il Cuatro F)