Il Presidente Miguel Díaz-Canel, nel suo account di Twitter, ha scritto: «Auguri agli scrittori e agli artisti cubani che fanno parte della UNEAC, in occasione del suo anniversario. Ho ricordi indimenticabili degli incontri con i membri della UNEAC, che mi hanno apportato preziosi insegnamenti, speranze e criteri».
Lezama Lima ritocca per l’ultima volta il nodo della cravatta, prende il fascicolo di documenti che si trova su uno scaffale nella sala ed esce in calle Trocadero, dove lo aspetta una Chevrolet del 1957.
Prima di entrare in macchina ha risposto al «Buenas tardes» di due miliziani che, armati con fucili cecoslovacchi M-52, conversano sul marciapiede, e poi compra un giornale da uno strillone di passaggio.
È martedì 22 agosto del 1961, e lo immagino diretto al Teatro Chaplin, a Miramar, dove Fidel ha promesso di chiudere il Primo Congresso degli Scrittori e degli Artisti di Cuba. Nel tragitto leggendo il giornale si accorge di una contraddizione editoriale che richiama la sua attenzione.
La notizia che lo colpisce è quella sui due giorni – e con la direzione di Nicolás Guillén–, di dibattito del Congresso, nel Salone degli Ambasciatori dell’Hotel Habana Libre; ma con questo articolo di carattere culturale ce ne sono altri che paradossalmente esprimono cose barbare.
Non è strano in questi tempi. Quando si parla di un evento culturale accorrono in mente immagini di lunghi corridoi con pavimenti a scacchi, con soffitti da cui pendono opulente ragnatele di cristallo, pareti tappezzate da quadri a olio classici, ma ultimamente lì si vedono più persone vestite da miliziani che con giacca e cravatta.
Nell’angolo superiore sinistro del giornale s’informa della cattura di un altro dei terroristi che due mesi prima avevano incendiato il cinema Riesgo, a Pinar del Río, provocando ustioni a 26 bambini
Sotto appare una cronaca che racconta che il venerdì precedente a Camagüey, una banda di terroristi ha sparato su un circolo sociale, ferendo otto civili.
In primo piano c’è un titolo a grandi lettere: Occupata la fabbrica delle bombe.
E poi un altro: Gli USA esigono di pagare l’indennizzo per i mercenari catturati a Playa Gírón.
Al semaforo di Linea vede passare una carovana di camion in cui viaggiano miliziani armati.
«Vanno a partecipare alla pulizia dell’Escambray», commenta l’autista.
«Dicono che ci sono migliaia di sollevati che uccidono i contadini e i giovani maestri».
Lezama lo guarda di sottecchi e mormora: «Angelo della jiribilla prega per noi realizzati, siici, ferma la morte».
«Lo dica a me, esclama l’autista animato di repente, due settimane fa sono stato vicino alla morte, io uscivo dal mercato Fin de Siglo, quando dentro ci fu un’esplosione. Poi ho visto che trasportavano un uomo insanguinato».
Ma già non sorprende questa perseveranza di coloro che operano per la cultura di fronte a quelli che cercano di distruggerla.
Lezama ricorda che in questi giorni hanno messo una bomba nel salone da ballo dell’Hotel Habana Riviera e poi hanno provocato un incendio nel cinema Negrete. Senza dubbio però si continuano ad inaugurare istituzioni e scuole in tutto il paese.
Per istinto palpa il fascicolo che ha vicino. Dicono che il Primo Ministro Fidel è un uragano facendo domande; nel fascicolo ci sono i dati relativi al piano editoriale.
Dall’anno precedente occupa l’incarico di direttore del Dipartimento di Letteratura e Pubblicazioni del Consiglio Nazionale di Cultura, e non c’è cosa che il Comandante gli chieda a cui lui non possa rispondere.
Lezama Lima ricorda un aneddoto, quando Fidel decise di fondare la Tipografia Nazionale di Cuba, ne. 1959.
Strizzando l’occhio, un amico scrittore gli aveva detto: «Sarà per pubblicare manuali per miliziani e volantini di propaganda ideologica. E certamente, questo sarebbe stato naturale date le circostanze.
Dal momento del trionfo della Rivoluzione non c’era giorno senza un attentato terrorista, includendo decine di bombardamenti con fosforo vivo.
Senza dubbio la Tipografia non fu creata per addottrinare o per l’istruzione militare e il primo libro pubblicato fu l’edizione in grande tiratura del Don Chisciotte. Poi si pubblicarono libri di Rubén Darío, César Vallejo, Pablo Neruda, Nicolás Guillén, e anche lo stesso Lezama vide pubblicata la selezione e edizione di tre tomi della sua Antologia di Poesia Cubana.
Poesia contro le bombe, si disse, anche se naturalmente in questa editrice si stamparono le migliaia di materiali necessari per intraprendere la Campagna di Alfabetizzazione che si stava realizzando.
Senza dubbio questa Campagna è stata il più grande evento culturale realizzato dalla nazione in qualsiasi epoca, con la partecipazione di 250.000 educatori per alfabetizzare circa 700.000 persone.
Lezaa ricordava le difficoltà per pubblicare e distribuire i libri prima del 1959. Alcune volte Eliseo Diego lo aveva cercato molto depresso. Non sapeva che fare con le 300 copie di quel grande poema che è En la calzada de Jesús del Monte. Lezama, che aveva una sufficiente esperienza in materia di bancarotta letteraria lo consigliò: «Dividi le copie in tre gruppi. Nel primo metti i libri per gli amici e i poeti che ammiri. Nel secondo quelli per coloro che t’interessa che lo tengano. E nel terzo quelli per coloro che non t’interessano, ma che conviene che sappiano che hai pubblicato un nuovo titolo».
Ma il forte lavoro per la cultura non si limitava a comprendere il piccolo mondo letterario. Nei primi anni della Rivoluzione si rinforzarono le istituzioni come il Balletto Nazionale di Cuba, la Biblioteca Nazionale e l’Accademia delle Belle Arti di San Alejandro.
Si riprende la costruzione del Teatro Nazionale e si fondano l’Orchestra Sinfonica, la Casa de las Américas, l’Istituto Cubano di Arte e Industria Cinematografiche (ICAIC), e l’Istituto di Etnologia e Folklore, tra le tante istituzioni.
Frutto dei vivaci dibattiti che per tre giorni Fidel realizzò con famosi artisti e scrittori cubani nei giorni 16 – 23 – 30 giugno del 1961 nella Biblioteca Nazionale, sorse il proposito di fondare la Uneac.
La Chevrolet proseguiva per Prima Avenida verso il Teatro Chaplin. Nel lobby, vari amici si avvicinarono per felicitare Lezama.
Era un segreto a più voci – il segreto di Pulcinella, disse Lezama- la formazione della prima direzione della Uneac: Nicolás Guillén, presidente; Alejo Carpentier, primo vicepresidente, mentre lui avrebbe occupato una delle vice presidenze.
Il discorso di Fidel fu vibrante e annunciava nuovi impegni.
A voce alta, sembrava di sognare con migliaia d’istruttori d’arte che avrebbero creato gruppi teatrali, cori di canto, coreografie di danza per piccoli paesi e per le campagne del paese.
«È un’utopia», mormorò qualcuno alle sue spalle, ma Lezama non lo guardò. Molto lentamente si alzò in piedi, ricordando forse qualcosa che aveva scritto quella mattina : «Quando stai fermo sembra che stai crescendo, ma cresci dentro, verso il sogno. Nessuno si può accorgere di questa crescita».