Nelle strade di Santiago del Cile, l’immagine di Salvador Allende è portata da giovani manifestanti che rivendicano il loro diritto a una vita dignitosa, anche se la maggior parte di loro ha meno di 47 anni quando il Presidente muore l’11 settembre.
Nella Plaza Italia, ribattezzata dal popolo La Dignidad, il volto di Allende è un simbolo di lotta, anche se il suo governo, iniziato nel 1970 a beneficio delle grandi maggioranze e della sovranità del suo Paese, è stato rovesciato nel 1973 dal colpo di Stato militare guidato dal generale Augusto Pinochet, con l’espresso sostegno del governo USA.
Salvador Guillermo Allende Gossens nasce il 26 giugno 1908 a Valparaíso, e gli anni della sua infanzia coincidono con l’incubazione di profondi problemi economici e sociali.
All’età di dieci anni, suo padre decise di mandarlo a Santiago, all’Istituto Nazionale. Anni dopo, il giovane salvadoregno ha sentito parlare di un evento destinato a trasformare il mondo: la Rivoluzione d’Ottobre. Questo fatto gli ha aperto domande profonde.
Dopo il servizio militare entrò all’università, dove divenne presto leader. Ha assunto la presidenza del Centro Studenti di Medicina e la vicepresidenza della Federazione Studentesca nazionale.
Dopo la laurea in medicina, è tornato nella città di Valparaíso. Lì, ha iniziato come medico e si è lanciato in politica, essendo stato eletto subito dopo come deputato della zona dal Partito Socialista.
A 27 anni è stato arrestato nel bel mezzo della tracimazione repressiva scatenata da Arturo Alessandri. Un anno dopo, tornato a Valparaiso, ha contribuito alla formazione di un’alleanza di profondo contenuto storico per la causa popolare e lo sviluppo della nazione, come il Blocco di sinistra, immediato predecessore del Fronte Popolare, e che ha portato al suo ingresso alla Camera dei Deputati nel 1937.
Ha avuto un’eccezionale partecipazione come ministro della Sanità, in rappresentanza del partito di cui era già sottosegretario generale, e tra le sue attività spicca la fondazione delle Milizie socialiste.
Nel 1943 assunse la segreteria generale del Partito socialista, e fu poi eletto senatore. Il fondamento storico della sua strategia politica era l’approfondimento della democrazia e il rafforzamento dello sviluppo con un nuovo modello di democrazia sociale basato sullo Stato.
I 52.000 voti ottenuti da Allende nelle elezioni presidenziali hanno inaugurato un periodo che, 17 anni dopo, è culminato nella creazione dell’Unidad Popular. Era già il leader naturale dei diseredati e un leader rispettato quando nel 1953 fu rieletto senatore da Tarapacá e Antofagasta.
Nel 1961 è stato di nuovo eletto senatore della Repubblica. Un paio d’anni dopo, l’Assemblea nazionale del popolo lo ha proclamato portabandiera delle aspirazioni del popolo, assumendosi per la terza volta la responsabilità della candidatura presidenziale, senza raggiungere la vittoria.
Tra il 1966 e il 1969 ricopre la carica di presidente del Senato, e nei primi anni Settanta cresce l’influenza della Rivoluzione cubana sull’America Latina, di cui Allende è sempre stato un forte sostenitore e diventa amico personale del leader cubano, il comandante in capo Fidel Castro, che visita a Cuba e invita in Cile quando è presidente.
Ha partecipato per il suo Paese alla Conferenza tricontinentale e, più tardi, alla fondazione dell’Organizzazione della solidarietà latinoamericana, episodi che, aggiunti al suo sostegno alla guerriglia di Ernesto Che Guevara in Bolivia, lo hanno messo al centro degli attacchi di destra.
Nel gennaio 1970 è stata proclamata la sua quarta candidatura alla presidenza della Repubblica, con il sostegno di ampi settori della sinistra.
Il 4 settembre 1970 si sono svolte le elezioni presidenziali più controverse della storia del Cile. Il giorno dopo, la vittoria di Salvador Allende è stata una realtà.Una vasta cospirazione, alla quale parteciparono attivamente il capitale nazionale e transnazionale, l’imperialismo, le forze politiche del centro e della destra e i sindacati economici e professionali, crearono le condizioni perché le forze armate bombardassero e facessero irruzione nel Palazzo presidenziale nel sangue e nel fuoco l’11 settembre 1973 e ponessero fine alla democrazia cilena.
Resistendo dal Palazzo con un fucile e un elmetto insieme alla sua scorta, nel suo ultimo messaggio al popolo, Allende ha detto: “Lavoratori del mio Paese: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno il momento grigio e amaro, dove il tradimento cerca di imporsi. Continuate sapendo che, molto presto che tardi, si apriranno le grandi strade dove passa l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile, viva il popolo, viva i lavoratori!
Ora, 47 anni dopo, il popolo cileno sta lottando per le strade per riaprire i grandi viali per costruire una società migliore.
Fonte: www.granma.cu
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