Carola Chávez https://medium.com/@misionverdad2012
Convocare elezioni sotto il feroce e criminale attacco che suppone il blocco che ci impone la Casa Bianca è un atto di coraggio e convinzione democratica.
Dagli USA hanno calcolato che se ci asfissiavano, disperati, noi venezuelani ci saremmo arresi, avremmo rinunciato al nostro impegno di essere liberi e sovrani, si sarebbe infranta la nostra ostinata volontà di voler vivere in piedi, di prendere le nostre decisioni, di inventare il modo che serva a noi; contrariamente a quello che vogliono imporci, quello che serve ad altro, a quello che ci saccheggia. Hanno stretto, stretto, stretto … e andiamo alle elezioni, perché la nostra Costituzione ce lo comanda.
Elezioni no! – gridano i “difensori della democrazia” dal Nord – come se avessero una candela in questo funerale, che è proprio il funerale dei loro macabri piani contro di noi, venezuelani. Strani democratici questi che impongono presidenti a caso, che appoggiano colpi di stato, che sono terrorizzati dal voto popolare … anche quando ci asfissiano, continuano a temerci.
Tutti i loro calcoli errati: cinque anni fa sono arrivati all’Assemblea Nazionale ed hanno calcolato sei mesi per porre fine al chavismo. L’immagine di Ramos Allup impazzito, Wilfrido, attraversando, da lato a lato, con il suo indice e la sua gola invecchiata, annunciando la morte che desiderava e pianificava per noi. Cominciano le manovre per la consegna del potere legislativo ad una potenza straniera, per aggredire il nostro paese come hanno fatto. Incapaci di rappresentare il popolo che ha votato per loro, perché loro rappresentano il Dipartimento di Stato. Le facce di degni deputati, sfacciati, che approvano – senza quorum, che importa! – passo dopo passo, come gli dettano, il saccheggio delle nostre ricchezze; spianato la strada, desiderando, salivanti, un intervento militare che riempirà le nostre vite di fumo, terrore e sangue, e che a loro riempirà le tasche, che alla fine è l’unica cosa che gli importa.
Sei mesi che sono stati un anno; è arrivato Julio Borges trascinandosi per il mondo in nome dell’AN, affinché, per favore, ci bloccassero che perseguissero il nostro petrolio, il nostro oro, i nostri conti bancari, tutto. E non perché il nauseabondo Borges avesse il potere di chiedere a qualsiasi governo simili azioni, bensì perché i gringo, suoi capi, lo hanno mandato, come facciata “legale”, a chiederle. Una spinta dell’allora maggiore Lugo, in nome della dignità dei venezuelani, ha reso le cose molto chiare. Qui non comandano i gringos né i loro galoppini.
Borges è andato come era venuto e ha finito per nascondersi a tutto tondo a Bogotà. L’asfissia si fa sentire e Lorenzo è in guerra, amico mio. L’inerzia dell’asfissia pianificata continua a stringersi. Asfissia che sa di scarsità, accaparratori, angustie. Appaiono stanze piene di soldi venezuelani in Paraguay, Brasile, persino in Romania! La cospirazione non si nota, you know. Né si nota che da quell’Assemblea non esce una parola che non sia per favorire l’attacco, che comunque i deputati anti-chavisti hanno servito solo ad annunciare, senza poter nascondere il loro entusiasmo, gli attacchi che stavano arrivando e venivano. E si dicevano contentissimi, glielo abbiamo detto!, e si davano pacche sulla spalla, e scodinzolavano al padrone, sempre insoddisfatto, perché il tempo passava ed i suoi inutili e costosi cani non ottenevano nulla.
Gli anni sono passati ed i presidenti dell’Assemblea, ciascuno con la sua scia di fallimenti, che non per essere fallimenti hanno smesso di farci molto male.
Hanno promosso sanzioni, mescolandole con campagne psicologiche e mediatiche per presentare questo paese, che vive in pace, come un paese in guerra, come una minaccia per la regione. Un paese di libertà, a volte anche eccessive, come un’atroce dittatura; un governo che fa l’impossibile per mitigare l’effetto del blocco sul popolo, come colpevole del crimine che un altro ha commesso.
Così, mentre l’asfissia incalzava, l’hanno cavalcata denunciando “l’esodo di milioni di persone in fuga dalla dittatura che li uccideva di fame”. Mentre coordinavano, con governi stranieri e nemici, affinché non un chicco di riso entrasse in Venezuela. Non un’aspirina, non una vite. Niente, affinché il paese crolli e cada a pezzi “incolpi Maduro”.
Una parata annuale di presidenti dell’AN, uno più nefasto dell’altro, nessuno più nefasto di Juan Guaidó, nessuno più criminale, nessuno più cinico. Nessuno più supportato dal potere gringo, nessuno più fallito.
Mentre più Guaidó fallisce, più devono punirci per vedere se ci afflosciamo. Più, più blocchi, più persecuzioni. Ci rubano l’oro di cui abbiamo bisogno per combattere la pandemia, si muove il Comando Sud nei Caraibi per bloccare le nostre coste. “Le sanzioni che colpiscono solo Maduro” esplodono in faccia a coloro, che dalla strada, le hanno applaudite, credendo a coloro che da 20 anni gli mentono.
È un anno elettorale e gli sta finendo la benzina al parapetto pseudo-legale di imporci uno sgorbio da Washington. Rimangono senza benzina e ci tolgono la benzina, e ci tolgono la luce, come hanno cercato di toglierci il cibo. E togliendo e togliendo, si tolgono, nella loro disperazione, le maschere e Guaidó promette che se gli facciamo il favore di abbattere Maduro, porterà benzina e tutto il resto, in 15 giorni. “Se mi dai il portafoglio, non ti sparerò.”
E così, sotto l’assedio più brutale che qualsiasi paese di questo continente abbia mai vissuto, sotto la minaccia della potenza militare più assassina di tutte, sotto la più contorta campagna mediatica internazionale, sotto una costante cospirazione mercenaria, nel mezzo di una feroce guerra non convenzionale il presidente Maduro, potendo sostenere che l’estorsione implicita che suppone il blocco lede la libertà di decisione del popolo venezuelano, potendo chiedere che l’elezione venga ignorata o annullata, che il mandato costituzionale sia ovviato a causa delle circostanze imposte dal blocco sono straordinarie, potendosi rifugiare nell’immagine di un dittatore che il nemico gli ha creato e ora, non lo fa ma anzi insiste sulla via elettorale dettata dalla Costituzione. Che dittatura questa!
Così, il 6 dicembre, molti di noi voteranno per il governo, altri voteranno per l’opposizione; ma tutti, tutti, tutti, voteremo contro il blocco criminale che ci ha causato tanti danni e dolore, e che è stato gestito dall’Assemblea Nazionale da criminali che hanno usato il voto per cercare di vendere il nostro paese. L’Assemblea Nazionale deve tornare a essere un’istituzione venezuelana, non il braccio del Dipartimento di Stato in cui l’hanno convertita questi miserabili che sono passati da lì.
Il 6 dicembre, contro il vento, l’asfissia e la marea, noi venezuelani voteremo per l’indipendenza, la sovranità e la pace.
Noi, tutti, vinceremo!
Questo articolo è stato tratto dal sito Ciudad CCS, il 17 settembre 2020
Contra viento, asfixia y marea
Por Carola Chávez
Convocar a elecciones bajo el feroz y criminal ataque que supone el bloqueo que nos impone la Casa Blanca es un acto de valentía y convicción democrática.
Desde EEUU calcularon que si nos asfixiaban, desesperados, nos rendiríamos los venezolanos, desistiríamos en nuestro empeño de ser libres y soberanos, se quebraría nuestra terca voluntad de querer vivir de pie, de tomar nuestras propias decisiones, de inventar el modo que nos sirva a nosotros; contrario al que nos quieren imponer, el que sirve a otro, al que nos saquea. Apretaron, apretaron, aprietan… y vamos a elecciones, porque nuestra Constitución nos manda.
¡Elecciones no! –claman los “defensores de la democracia” desde el Norte–, como si tuvieran vela en este entierro, que es precisamente el entierro de sus planes macabros contra nosotros, los venezolanos. Raros demócratas estos que imponen presidentes a dedo, que apoyan golpes de Estado, que le tienen terror al voto popular… aun cuando nos asfixian, nos siguen teniendo miedo.
Todos sus cálculos errados: hace cinco años llegaron a la Asamblea Nacional y calcularon seis meses para acabar con el chavismo. La imagen de Ramos Allup vuelto loco, Wilfrido, cruzando, de lado a lado con su dedo índice y su garganta pellejúa, anunciando la muerte que para nosotros deseaba y planeaba. Comienzan las maniobras para la entrega del poder legislativo a una potencia extranjera, para agredir a nuestro país como lo han hecho.
Inhabilitados para representar al pueblo que votó por ellos, porque ellos representan al Departamento de Estado. Las caras de dignos diputados, caras de tabla, aprobando –sin quórum, ¡qué importa!– paso a paso, según les dictaban, el saqueo de nuestras riquezas; allanado el camino, deseando salivantes una intervención militar que llenará nuestras vidas de humo, terror y sangre, y que a ellos les llenará los bolsillos, que es al final lo único que les importa.
Seis meses que fueron un año; llegó y Julio Borges arrastrándose por el mundo en nombre de la AN, para que por favorcito nos bloquearan, que persiguieran nuestro petróleo, nuestro oro, nuestras cuentas bancarias, todo. Y no porque el nauseabundo Borges tuviera el poder para pedirle a gobierno alguno semejantes acciones, sino porque los gringos, sus jefes, lo mandaron, como fachada “legal”, a pedirlas. Un empujón del entonces mayor Lugo, en nombre de la dignidad de los venezolanos, dejó las cosas bien claras. Aquí no mandan los gringos ni sus mandaderos.
Se fue Borges por donde vino y terminó escondido a todo trapo en Bogotá. Se siente la asfixia y Lorenzo está en guerra, mi pana. La inercia de la asfixia planificada sigue apretando. Asfixia que sabe a escasez, bachaqueros, angustia. Aparecen cuartos llenos de billetes venezolanos en Paraguay, Brasil, ¡hasta en Rumania! No se nota la conspiración, you know. Tampoco se nota que desde esa Asamblea no sale ni una palabra que no sea para favorecer el ataque, que en todo caso los diputados antichavistas sólo sirvieron para anunciar, sin poder ocultar su entusiasmo, los ataques que vendrían, y venían. Y decían contentísimos, ¡se los dijimos!, y se daban palmaditas en la espalda, y le movían la colita al amo siempre inconforme porque el tiempo pasaba y sus perros inútiles y carísimos no lograban nada.
Pasaron los años y los presidentes de la Asamblea, cada uno con su reguero de fracasos, que no por ser fracasos dejaron de hacernos a todos mucho daño.
Impulsaron sanciones, las mezclaron con campañas psicológicas y mediáticas para presentar a este país, que vive en paz, como un país en guerra, como una amenaza para la región. Un país de libertades, a veces hasta excesivas, como una dictadura atroz; a un gobierno que hace lo imposible para mitigar el efecto del bloqueo en el pueblo, como el culpable del crimen que otro cometió.
Así, mientras la asfixia apretaba, cabalgaron sobre ella, denunciando el “éxodo de millones que huían de la dictadura que los mataba de hambre”. Mientras coordinaban con gobiernos extranjeros y enemigos para que ni un granito de arroz entrara a Venezuela. Ni una aspirina, ni un tornillito. Nada, para que el país se quiebre y se caiga a pedazos “culpeMaduro”.
Un desfile anual de presidentes de la AN, cada uno más nefasto que el otro, ninguno más nefasto que Juan Guaidó, ninguno más criminal, ninguno más cínico. Ninguno más apoyado por el poder gringo, ninguno más fracasado.
Mientras más fracasa Guaidó, más tienen que castigarnos a ver si aflojamos. Más, más bloqueo, más persecución. Nos roban el oro que necesitamos para combatir la pandemia, se mueve el Comando Sur al Caribe para bloquear nuestras costas. “Las sanciones que sólo afectan a Maduro” le estallan en la cara a quienes desde la calle las aplaudieron, creyéndoles a los que llevan 20 años metiéndoles mentiras.
Es año electoral y se le acaba la gasolina al parapeto pseudo legal de imponernos a un mamarracho desde Washington. Se les acaba la gasolina y nos quitan la gasolina, y nos van a quitar la luz, como nos han tratado de quitar la comida. Y quitando y quitando, se quitan, en su desespero, las caretas y Guaidó promete que si le hacemos el favor de tumbar a Maduro, él en 15 días trae la gasolina y todo lo demás. “Si me das la cartera, no te disparo”.
Y así, bajo el asedio más brutal que haya vivido cualquier país de este continente, bajo la amenaza de la potencia militar más asesina de todas, bajo la campaña mediática internacional más retorcida, bajo una constante conspiración mercenaria, en medio de una feroz guerra no convencional, el presidente Maduro, pudiendo alegar que la extorsión que supone el bloqueo afecta la libertad de decidir del pueblo venezolano, pudiendo pedir que se retrase o que se cancele la elección, que se obvie el mandato constitucional porque las circunstancias que nos impone el bloqueo son extraordinarias, pudiendo acogerse a la imagen de dictador que el enemigo le ha creado y ya, no lo hace sino que se empeña en el camino electoral que manda la Constitución. ¡Vaya dictadura esta!
Así, el 6 de diciembre muchos votaremos por el gobierno, otros votarán por la oposición; pero todos, todos, todos, estaremos votando contra el bloqueo criminal que tanto daño y tanto dolor nos ha provocado, y que se gestionó desde la Asamblea Nacional por unos criminales que usaron el voto para intentar vender a nuestro país. La Asamblea Nacional tiene que volver a ser una institución venezolana, no el brazo del Departamento de Estado en el que la convirtieron estos miserables que pasaron por ahí.
El 6 de diciembre, contra viento, asfixia y marea, los venezolanos votaremos por la independencia, la soberanía y la paz.
¡Nosotros, todos, venceremos!
Este artículo fue tomado de la web de Ciudad CCS, publicado el 17 de septiembre de 2020.