Bolsonaro e Pompeo patrocinano esercitazioni militari in Amazzonia mirando al Venezuela
In settembre, si è realizzata, in Brasile, la più grande esercitazione militare degli ultimi tempi in quel paese. In altri contesti, questa notizia non provocherebbe un grande soprassalto in Venezuela, tuttavia, il fatto che questo esercizio si realizzi dopo la recente visita dell’attuale Segretario di Stato USA, Mike Pompeo, è motivo per allarmarsi.
Tra l’8 ed il 22 settembre tutti le componenti del Ministero della Difesa di questo paese sudamericano hanno mobilitato un contingente di 3600 soldati, oltre a veicoli militari per tutti i tipi di combattimento in Amazzonia.
“Aeronavi (aerei ed elicotteri), gommoni, imbarcazioni regionali, traghetti, pezzi di artiglieria, il sistema lanciamissili Estrellas di artiglieria dell’esercito, cannoni, mitragliatrici, ‘obuseiro’ Oto Melara e mortai da 60, 81 e 120 mm, oltre a veicoli e camion speciali” costituisce gran parte del materiale trasferito nell’area dell’esercitazione, riferisce la Revista Forum, secondo un reportage di Vinicius Sassine sul quotidiano O Globo.
Secondo il media brasiliano, la mobilitazione del materiale da guerra e della sua componente umana negli stati amazzonici di Manacapuru, Moura e Novo Airão è costata più di 6 milioni di reales solo in carburante e trasporto, circa un milione di dollari al governo di Jair Bolsonaro; spesa che si realizza nel pieno di una crisi sanitaria generata dalla pandemia provocata dal Covid-19; quando questo paese occupa il secondo posto al mondo per morti e contagi.
DECISIONI AUTONOME?
Gli ultimi eventi geopolitici in Sud America sollevano interrogativi sull’autonomia di alcuni paesi della regione, soprattutto quelli che fanno parte del Gruppo di Lima.
La guerra multiforme che gli USA applicano contro il Venezuela, ogni anno, dà una svolta per cercare il collasso totale del paese. Finora, le sanzioni unilaterali, il blocco delle risorse ed il furto di beni hanno mirato a minare materialmente e psicologicamente la popolazione.
Dallo scorso anno, i livelli di violenza sono andati aumentando e lo scontro ha già sfiorato il conflitto armato tra nazioni. Sebbene, dallo scorso anno, la Colombia sia servita come base operativa affinché gruppi terroristici pianificassero attentati contro il Venezuela; che in quel paese si realizzino esercitazioni militari congiunte con l’esercito USA suppone un altro grado di persecuzione.
Lo stesso accade con il Brasile. Queste esercitazioni militari dopo la visita di Pompeo fanno parte della strategia di accerchiare il Venezuela militarmente.
Il fatto che si nomino gli eserciti dei paesi vicini non significa che, in realtà, sia un’operazione congiunta con gli USA, ma piuttosto che si stia usando detti territori e le loro componenti militari come portaerei per attaccare il Venezuela.
L’autonomia dei governi di Iván Duque, Bolsonaro e degli altri paesi satelliti è in discussione e solo si limitano ad organizzare le loro esibizioni militari per ingraziarsi il rappresentante del padrone che inizia il suo viaggio nel subcontinente.
TUTTE LE ARMI MIRANO AL VENEZUELA
La visita del Segretario di Stato USA a Roraima, stato di confine del Brasile con il Venezuela, il 18 settembre, è stata l’impulso affinché l’esercitazione dell’esercito brasiliano si centrasse su questo paese. L’esercitazione militare, catalogato “senza precedenti”, si è basata sul difendersi da una presunta invasione comunista.
Simbolicamente, l’epica della simulazione brasiliana è stata rappresentata dai soldati del paese “blu” che espellono gli invasori dal paese “rosso”. Ovviamente, questa forzata narrativa si è andata costruendo per proiettare il Venezuela come un pericolo per la regione. Ricordiamoci che già nel 2017 Julio Borges qualificava i venezuelani come “malattia infettiva”; come anticipando il racconto dell’ “invasione”.
È paradossale che la nazione assediata economicamente e militarmente sia classificata come un pericolo per la regione.
Per completare l’orchestra, durante la visita di Pompeo, il governo Bolsonaro ha dichiarato i rappresentanti diplomatici di Nicolás Maduro nel paese come persone non gradite, mentre ha riconosciuto i “diplomatici” del governo fake di Juan Guaidó.
CONTROVERSIA
Durante la sua visita, il principale diplomatico USA, ex direttore della CIA, durante una riunione con il ministro degli Esteri brasiliano Ernesto Araújo, ha generato una crisi diplomatica ed interna per parlare di “togliere Maduro da lì”, frase che è stata attribuita ad un “errore” di traduzione.
“La riunione ha avuto luogo il giorno dopo che il Ministero degli Esteri pubblicasse una nota in cui si fa riferimento all’ ‘estinzione del regime dittatoriale di Maduro'”, secondo Revista Forum.
La presenza di Pompeo è stata respinta dal presidente della Camera dei Rappresentanti, Rodrigo Maia, che ha criticato la poca autonomia dal governo brasiliano e la vergognosa diplomazia.
Questa critica di Maia è stata avallata da alcuni ex ministri degli Esteri brasiliani attraverso una lettera. La lettera è stata firmata dall’ex Presidente della Repubblica, Fernando Henrique Cardoso (che è stato anche ministro degli esteri nel governo di Itamar Franco), José Serra, Aloysio Nunes, Celso Amorim, Celso Lafer e Francisco Rezek.
“Responsabile delle relazioni internazionali del Brasile in tutti i governi democratici dalla fine della dittatura militare, i firmatari si congratulano con il deputato Rodrigo Maia, presidente della Camera dei Rappresentanti, per la sua nota del 18 settembre, con la quale ripudia la visita del Segretario di Stato USA, Mike Pompeo, alle installazione dell’Operazione Reception a Roraima, vicino al confine con il Venezuela”, recita il comunicato.
La manifestazione congiunta si produce il giorno dopo che il ministro, Ernesto Araújo, ha risposto alle critiche di Maia, sostenendo che “non c’è autonomia ed arroganza nell’ignorare la sofferenza del popolo venezuelano”.
SI STRINGE L’ASSEDIO
Nonostante il contesto elettorale e pandemico in cui si trovano gli USA, la politica interventista di Washington non si è fermata. Il giro del vicepresidente USA ha la chiara missione di continuare la pressione contro la Rivoluzione bolivariana.
Ecco perché non è un casuale che il giro si concentri, per ora, nel visitare i paesi che circondano il Venezuela. Suriname, Guyana, Brasile e Colombia sono quelli presenti nell’agenda “per rafforzare la sicurezza regionale” contro il Governo Maduro.
Le minacce militari cominciano ad assumere una piega che prima non avevano. Nel caso del Brasile, la posizione estremamente servile agli interessi USA supera i limiti storici sia della sua politica estera che militare, abituate ad esercitare una maggiore autonomia e poca conflittuale con i vicini.
SE ESTRECHA EL CERCO MILITAR SOBRE EL PAÍS
BOLSONARO Y POMPEO PATROCINAN EJERCICIO MILITAR EN LA AMAZONÍA APUNTANDO A VENEZUELA
En el mes de septiembre se llevó a cabo en Brasil el mayor ejercicio militar de los últimos tiempos en ese país. En otros contextos esta noticia no causaría mayor sobresalto en Venezuela, sin embargo, que dicho ensayo se realice tras las reciente visita del actual secretario de Estado de los Estados Unidos, Mike Pompeo, es motivo para alarmarse.
Entre el 8 y el 22 de septiembre todos los componentes del Ministerio de Defensa de este país suramericano movilizaron un contingente de 3 mil 600 soldados, además de vehículos militares para todo tipo de combates en el Amazonas.
“Aeronaves (aviones y helicópteros), balsas, embarcaciones regionales, transbordadores, piezas de artillería, el sistema de lanzamiento de cohetes Estrellas de artillería del ejército, cañones, ametralladoras, ‘obuseiro’ Oto Melara y morteros de 60, 81 y 120 mm, además de vehículos y camiones especiales”, constituye gran parte del material trasladado a la zona de ensayo, refiere Revista Forum, según un reportaje de Vinicius Sassine en el periódico O Globo.
De acuerdo al medio brasileño, la movilización del material de guerra y su componente humano a los estados amazónicos de Manacapuru, Moura y Novo Airão le costó más de 6 millones de reales sólo en combustible y transporte, alrededor de un millón de dólares, al gobierno de Jair Bolsonaro; gasto que se realiza en medio de una crisis sanitaria generada por la pandemia causada por el Covid-19, cuando este país ocupa el segundo lugar en el mundo por muertes y contagios.
¿DECISIONES AUTÓNOMAS?
Los últimos eventos geopolíticos de Sudamérica hacen cuestionar la autonomía de algunos países de la región, sobre todo los que forman parte del Grupo de Lima.
La guerra multiforme que Estados Unidos aplica contra Venezuela cada año da una vuelta de tuerca para buscar el colapso total del país. Hasta el momento, las sanciones unilaterales, el bloqueo de recursos y el robo de activos han apuntado a socavar material y psicológicamente a la población.
Desde el año pasado, los niveles de violencia han ido a una escala superior y la confrontación ya raya en el conflicto armado entre naciones. Si bien desde el año pasado Colombia fungió como base de operaciones para que grupos terroristas planificaran atentados contra Venezuela, que en ese país se lleven ejercicios militares conjuntos con el ejército estadounidense supone otro grado de acoso.
Lo mismo sucede con Brasil. Estos ejercicios militares tras la visita de Pompeo suponen parte de la estrategia de cercar a Venezuela militarmente.
Que se nombren los ejércitos de los países vecinos no significa que en realidad sea una operación conjunta con los Estados Unidos, sino que se esté usando dichos territorios y sus componentes militares como portaaviones para atacar a Venezuela.
La autonomía de los gobiernos de Iván Duque, Bolsonaro y demás países satélites queda en entredicho y sólo se limitan a organizar sus performances militares para congraciarse con el representante del amo que inicia su gira por el subcontinente.
TODAS LAS ARMAS APUNTAN A VENEZUELA
La visita del secretario de Estado norteamericano a Roraima, estado fronterizo de Brasil con Venezuela, el 18 de septiembre, fue el impulso para que el ensayo del ejército brasileño se centrara en este país. El ejercicio militar, catalogado “sin precedentes” se basó en defenderse de una supuesta invasión comunista.
Simbólicamente, la épica del simulacro brasileño estuvo representada por soldados del país “azul” que expulsan a los invasores del país “rojo”. Obviamente esa narrativa forzada se ha venido construyendo para proyectar a Venezuela como un peligro para la región. Recordemos que en 2017 Julio Borges ya calificaba a los venezolanos de “enfermedad infecciosa”, como adelantándose a la narrativa de la “invasión”.
Es paradójico que la nación asediada económica y militarmente sea catalogada como peligro para la región.
Para completar la orquesta, durante la visita de Pompeo el gobierno de Bolsonaro declaró a los representantes diplomáticos de Nicolás Maduro en el país como personas no gratas, al tiempo que reconoció a los “diplomáticos” del gobierno fake de Juan Guaidó.
CONTROVERSIA
En su visita, el principal diplomático estadounidense, ex director de la CIA, durante una reunión con el canciller de Brasil, Ernesto Araújo, generó una crisis diplomática e interna por hablar de “sacar a Maduro de allí”, frase que fue atribuida a un “error” de traducción.
“La reunión tuvo lugar al día siguiente de que el Ministerio de Relaciones Exteriores publicara una nota en la que se refiere a la ‘extinción del régimen dictatorial de Maduro'”, según Revista Forum.
La presencia de Pompeo fue rechazada por el presidente de la Cámara de Representantes, Rodrigo Maia, quien criticó la poca autonomía del gobierno brasileño y la deshonrosa diplomacia.
Esta crítica de Maia fue respaldada por algunos ex ministros de Relaciones Exteriores de Brasil a través de una carta. La misiva fue firmada por el ex Presidente de la República, Fernando Henrique Cardoso (que también fue Ministro de Relaciones Exteriores en el gobierno de Itamar Franco), José Serra, Aloysio Nunes, Celso Amorim, Celso Lafer y Francisco Rezek.
“Responsable de las relaciones internacionales de Brasil en todos los gobiernos democráticos desde el fin de la dictadura militar, los firmantes felicitan al diputado Rodrigo Maia, presidente de la Cámara de Representantes, por su Nota del 18 de septiembre, por la cual repudia la visita del secretario de Estado norteamericano, Mike Pompeo, a las instalaciones de la Operación Recepción en Roraima, cerca de la frontera con Venezuela”, reza el comunicado.
La manifestación conjunta se produce un día después de que el ministro Ernesto Araújo respondiera a las críticas de Maia argumentando que no hay “autonomía y altivez en ignorar el sufrimiento del pueblo venezolano”.
SE ESTRECHA EL CERCO
Pese al contexto electoral y pandémico en el que se encuentra Estados Unidos, la política intervencionista de Washington no ha parado. La gira del vicepresidente estadounidense tiene la misión clara de continuar la presión contra la Revolución Bolivariana.
Por eso no es casual que la gira se centre, por ahora, en visitar a los países que rodean a Venezuela. Surinam, Guyana, Brasil y Colombia son los que están en la agenda “para fortalecer la seguridad regional” frente al Gobierno de Maduro.
Las amenazas militares comienzan a tomar un fuelle que antes no tenían. En el caso de Brasil, la posición extremadamente servil a los intereses estadounidenses sobrepasa los límites históricos tanto de su política exterior como militar, acostumbradas a ejercer mayor autonomía y poca conflictividad con los vecinos.