Alessandra Riccio https://nostramerica.wordpress.com
Ho aspettato di leggere/sentire notizie sulle elezioni in Bolivia fin verso mezzogiorno: niente di niente. La trasmissione di Radio3 dedicata alla politica internazionale e dalla quale ormai non ci aspettiamo altro che conformismo, non ha ritenuto importante comunicare i risultati di una tornata elettorale delicatissima in una paese del Terzo Mondo e –per di più- a maggioranza india. Il seriosissimo “La Stampa” ce ne parla in una nota non firmata che esordisce con queste parole: “Colpo di scena nelle elezioni in Bolivia”; evidentemente, in quella redazione non avevano mai saputo di sondaggi, minacce, rinuncia di candidati, inclusa Janine Añez (proto: non Agnes, come si legge nel testo!), la “presidente interina” che aveva sancito il colpo di Stato giurando su Bibbia e crocifisso.
C’è silenzio sui nostri media i quali sono eco di parole d’ordine che vengono da altrove. E’ un silenzio che vorrebbe cancellare proprio il trionfo della democrazia elettorale tanto cara all’Occidente, ormai rassegnato a considerare maggioranza chi ottiene più voti anche quando i votanti sono meno della metà degli aventi diritto.
Ma in Bolivia il trionfo di Lucio Arce e David Choquehuanca non lascia dubbi. I circa venti punti che li distaccano da Carlos Mesa avrebbero meritato l’epiteto di “votazione bulgara” se non fossero arrivati dopo questo lungo drammatico anno in cui una destra aggressiva e senza scrupoli si è servita dell’esercito per annullare le elezioni regolari che avevano decretato il quarto mandato di Evo Morales, presidente dal 2006 al 2019. Hanno invece meritato il trionfale saluto indigeno, “Jallalla”, molto più del nostro “Viva” essendo un’espressione di consenso, di celebrazione e di equilibrio, da un popolo che, in questo Terzo Millennio, ha messo in pratica uno dei cambiamenti sociali più sorprendenti, originali e avanzati ricavandone una serie di successi che hanno dimostrato la praticabilità e l’utilità di politiche inclusive sia in campo economico che sociale che culturale, politiche inclusive che figurano nella bella costituzione che regge la società boliviana, plurietnica, multiculturale, ben rappresentata dalla bella whipala, la bandiera multicolore ammainata lo scorso novembre, da Añez.
Añez ha rinunciato, l’ex presidente Carlos Mesa non ce l’ha fatta, al terzo candidato sono rimaste le briciole, il trionfo è andato al MAS di Evo Morales. Il Presidente del Venezuela, Nicolás Maduro che, naturalmente, ha subito partecipato la notizia, ha sottolineato l’importanza politica, strategica e carismatica dell’esiliato Evo Morales ed ha twittato : “Grande vittoria! Il popolo boliviano, unito e cosciente ha sbaragliato con il voto il colpo di Stato che avevano effettuato contro nostro fratello Evo. Complimenti al presidente eletto Luis Arce, al vicepresidente David Choquehuanca e al nostro Capo Indio del Sud, Evo Morales. Jallalla Bolivia! La figlia prediletta del Libertador [Simón Bolívar]”.
La Storia dovrà un giorno rendere conto dell’importanza dell’esperimento boliviano al tempo di Morales, un indio lavoratore, sindacalizzato, lottatore sociale, impegnato per il suo paese. Sindacalisti e militanti della nostra sinistra di anni fa lo ricordano certamente, umile e rispettoso, nei suoi viaggi intorno al mondo per portare la verità del suo paese martoriato; la sua vittoria e la conquista della Presidenza è avvenuta in un momento d’oro per l’America Latina, quando Fidel, Chávez, Kirchner, Correa e compagnia, progettavano un’America Latina unita e solidale, forte contro l’imperialismo nordamericano, autorevole con la Comunità Europea, solidale con il Terzo Mondo, pronta a completare il mondo con una politica di sovranità e inclusione. Quel momento d’oro è stato demolito pezzo per pezzo da un implacabile e continuo bombardamento operato con tutti i mezzi possibili e immaginabili. Evo e la Bolivia resistevano miracolosamente; c’è voluto l’esercito, il terrore e qualche strage per avere ragione del popolo, e c’è voluta la solidarietà dei presidenti di Messico e Argentina, per permettere a Evo e al suo vice García Linera di salvare la pelle, imbarcandosi fortunosamente su un aereo a cui successivi paesi “fratelli” negavano il rifornimento di combustibile. Non era la prima volta per Evo: tornando dalla Russia dove era andato per un viaggio di Stato, gli fu negato l’atterraggio e il rifornimento da vari paesi europei, Francia, Portogallo e Italia, per il sospetto che la “talpa” Edward Snowden fosse proprio a bordo dell’aereo di Stato del Presidente della Bolivia.
García Linera, a fianco di Evo al Governo e nell’esilio, ha scritto: “Lottare, vincere, cadere, rialzarsi, lottare, vincere, cadere, rialzarsi. Fino alla fine della vita, questo è il nostro destino”. Cosa accadrà in Bolivia da ora in poi? Possibile che le nazioni del mondo la lasceranno massacrare in obbedienza al Washington Consensus? Lì c’è un popolo che ha espresso chiaramente la sua volontà di cambiare le regole del gioco, di intraprendere nuove strade, di difendere la natura, le diversità, le millenarie conoscenza, la solidarietà e la giustizia.