di Claudia Korol (*); da: rebelion.org;
Il trionfo del popolo boliviano contro i golpisti e la destra nelle elezioni, la forza del risultato e la possibilità di andare avanti verso l’approfondimento di un processo di cambiamenti segnato dalla decolonizzazione dello Stato Plurinazionale costituiscono oggi un grande incoraggiamento per i popoli di tutto il continente.
Non è ancora possibile distrarci con i festeggiamenti, anche se i nostri cuori battono a ritmo frenetico. Perché, nonostante che il risultato riconosciuto permetta che la formula guidata da Luis Arce e David Choquehuanca arrivi alla presidenza e alla vice-presidenza nel primo turno, questo risultato dovrà essere difeso dalle azioni mafiose della destra, che cercherà vie per destabilizzare e impedire che venga smontata la retorica della frode con cui si è cercato di legittimare il colpo di Stato un anno fa.
E non possiamo neanche distrarci: sappiamo che la destra fascista, civile, militare e paramilitare e i suoi custodi – l’ambasciata yankee, la OEA, le corporations multinazionali che hanno guadagnato molto potere economico e controllo politico datogli dal governo golpista – stanno già preparando la loro criminale risposta.
La formula del Movimento al Socialismo (MAS) è stata la strada che il popolo boliviano ha scelto per sconfiggere il colpo di Stato. Nonostante tutte le manovre tendenti a portar via i voti ai candidati del popolo, impedendo il voto dall’estero, generando paura con la saturazione militare e poliziesca delle strade, cercando di manipolare lo scrutinio eliminando, qualche ora prima dello stesso, la diffusione dei dati preliminari, il popolo ha imposto la sua volontà.
La formula guidata da Arce e Choquehuanca ha ottenuto più del 53,4% dei voti, 22 punti in più del secondo, il candidato di destra Carlos Mesa che ha ottenuto il 31,5% e quasi 40 punti in più del golpista fascista Fernando Camacho, che è rimasto al 14,1%.
In una posizione assurda restano la OEA e il suo portavoce, Luis Almagro, che un anno fa hanno legittimato l’idea della frode che ha permesso la destituzione di Evo Morales. In una posizione assurda restano coloro che, con discorsi sinistrorsi o femministi, hanno attribuito la responsabilità del golpe di Stato alle vittime dello stesso e non al potere egemonico del paese e del mondo, che ha cospirato per interrompere il processo di cambiamento non per le sue debolezze, non per i suoi errori ma in quanto rappresentava una minaccia per i suoi interessi (capitalisti).
Gli errori commessi dal governo di Evo saranno analizzati e valutati dal suo popolo e dalle organizzazioni che, un anno dopo, tornano al Governo. Ma nulla giustifica il colpo di Stato, la dittatura civico-militare-paramilitare e religiosa, i massacri, i crimini di lesa umanità, la proscrizione politica, la persecuzione e la prigione di leaders politici e sociali (in particolare quelli indigeni), l’esilio, la chiusura dei mezzi di comunicazione comunitari, la persecuzione del giornalismo che metteva in discussione il golpe, la violenza patriarcale e razzista contro le donne indigene, la mancanza di rispetto per la wiphala (bandiera di forma quadrata, rappresentativa dei popoli nativi che vivono nei territori andini, n.d.t.) e i simboli dello Stato Plurinazionale.
Quello stesso popolo sarà quello che ora costruirà le strade perché ci sia giustizia e perché ci sia memoria.
Perché siano giudicati i criminali autori dei massacri di Senkata (El Alto) e Sacaba (Cochabamba) (in cui morirono circa 30 persone assassinate da esercito e polizia in manifestazioni contro il golpe, n.d.t.), i responsabili della morte di Sebastiàn Moro, giornalista argentino assassinato dai fascisti.
Saranno i popoli che continueranno ad esigere la libertà di Facundo Molares, giornalista argentino ostaggio della dittatura boliviana nel carcere di Chonchocoro e la libertà di tutti i prigionieri politici. Il trionfo del MAS dovrà essere confermato con azioni quotidiane che pacifichino il paese a partire dalla giustizia e non dall’impunità e dalla mancanza di memoria.
Questo risultato rallegra, stimola la lotta di tutti i popoli, e obbliga anche a guardare criticamente la strada in modo che in questo nuovo momento, con la forza e la legittimità date dal risultato elettorale, si possa approfondire il processo di cambiamento, perché esso non rimanga intrappolato nelle logiche istituzionali delle democrazie condizionate dalla lobby multinazionale mondiale e dai suoi governi fantoccio.
Smontare la militarizzazione, le forze repressive addestrate nel fascismo e nel razzismo, la cultura della paura interiorizzata a ferro e fuoco, è parte inalienabile della possibilità di recuperare una democrazie del popolo e per il popolo.
Il potere popolare, femminista, anticoloniale ha vinto una seconda opportunità che non può sprecare.
Il popolo che ha resistito nelle piazze alla dittatura, che ha bloccato le strade nonostante la pandemia quando si è tentato di spostare le votazioni, che ha controllato voto per voto quando è stato deciso che fosse questa la strategia di lotta,merita ora di essere la fonte di tutto il potere.
La dignità dei visi che oggi celebrano la sconfitta politica della dittatura resterà incisa nella memoria collettiva. Jallalla (parola quechua-aymara che esprime i concetti di speranza, gioia e felicità, n.d.t.) per le donne con la gonna lunga! Jallalla per il popolo boliviano! La wiphala si rispetta, accidenti!!
(*) Militante femminista argentina, membro del Centro di Ricerca sui Movimenti Sociali Latinoamericani e fondatrice del collettivo di educatori popolari Pañuelos en Rebeldía
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)