Pedro de la Hoz
Cuba appartiene a tutti coloro che amano e fondano, non a quelli che odiano. Prendere possesso della Patria per consegnarla ci ricorda l’atteggiamento degli annessionisti, dei plattisti e di coloro che un giorno rivendicarono l’invasione degli USA contro il nostro paese
Negli anni della mia vita ho avuto battute d’arresto, ho subito malintesi, sono stato picchiato e ho condiviso i miei problemi. A volte sono stato irriverente ed edificante, ma in ogni caso ho cercato di essere coerente con ciò in cui credo, sostenere e illuminare le mie azioni.
Critico e autocritico da un irriducibile senso di appartenenza basato su cinque pilastri: Patria, sovranità, antimperialismo, giustizia sociale e vocazione martiana. Marxista per intelletto? Vero, ma rispetto chi non lo è. Socialista per convinzione? Anche vero, più conviviale e condivido spazio, idee e obiettivi con chi rispetta e lavora per il miglioramento umano, non in astratto, ma su questioni concrete: risolvere i problemi accumulati, annullare gli errori, correggere i pregiudizi e gli stigmi, ampliare la spiritualità e incoraggiare l’etica dell’impegno solidale.
Faccio queste considerazioni quando mi accorgo di come alcune persone in quest’ora stanno cercando di rapire la Patria e di rovinare la nostra sovranità.
Cuba appartiene a tutti coloro che amano e trovano, non a quelli che odiano. Prendere possesso della Patria per consegnarla ci ricorda l’atteggiamento degli annessionisti, dei plattisti e di coloro che un giorno rivendicarono l’invasione degli Stati Uniti contro il nostro Paese. Coloro che chiedono l’applauso del Segretario di Stato, l’approvazione del Segretario generale dell’OSA e il finanziamento delle agenzie federali nel vicino nord.
Coloro che si mettono in contatto e ascoltano la guida del capo della missione diplomatica statunitense all’Avana.
Sicuramente, questi sono esclusi per loro volontà dalla Cuba dove vivo e sogno. Non mi vedo a firmare un manifesto con loro, né ad approvare le loro azioni. Né mi vedo al fianco di chi, sotto la copertura dei crediti accademici, sovverte la natura del dialogo franco e costruttivo, per assumere posizioni conflittuali che mirano al fallimento, e non a correggere e perfezionare l’istituzionalità.
Condivido l’osservazione del mio collega Felix Lopez, che proclama che “per rispetto della memoria dei miei antenati e di coloro che oggi soffrono privazioni di ogni tipo a Cuba, non posso firmare nessuna dichiarazione, proclamazione o petizione che non riconosca in modo chiaro, diretto e inequivocabile l’esistenza del blocco, che ha avuto i giri più viscerali della vite sotto la recente amministrazione Trump.
Sono d’accordo con il giovane professore universitario Fabio Fernandez quando dice: “Credo nel socialismo come modo di realizzare la democrazia. Abbiamo mille e mille difetti, ma le soluzioni non consistono nel ricevere a braccia aperte un passato abile per il travestimento. Dobbiamo affrontare con coraggio i dilemmi della nazione, allontanarci dai sapienti e rozzi padroni del caos, ripristinare il consenso danneggiato, cambiare ciò che è necessario in campo economico, lottare contro le disuguaglianze che lacerano, fare politica in modo diverso, dialogare con chi la pensa diversamente, costruire un Paese che rispetti la dignità degli anziani e faccia innamorare i giovani”.
Con questi ultimi, che sono sinceri, audaci, più simili al loro tempo che ai loro genitori senza essere parricidi, lo scambio e il dibattito sono non solo possibili ma essenziali.
Fonte: www.granma.cu
Traduzione: ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIA-CUBA