Il cyberspazio, nuovo scenario di scontri

Rodrigo Bernardo Ortega  www.cubadebate.cu

Stiamo assistendo a una nuova Guerra Fredda in cui i diversi Stati si contendono posizioni strategiche, ma in territori eterei e delocalizzati.

Fino a tempi molto recenti si sapeva di un attacco informatico diretto contro le Nazioni Unite nell’estate del 2019. Sebbene cercasse di rimanere anonimo, si è appreso che i server della rete informatica delle Nazioni Unite a Ginevra e Vienna hanno sofferto entrambi attacchi informatici, in particolare gli uffici dedicati alla tutela dei diritti umani ed il dipartimento risorse umane.

Il rappresentante dell’organizzazione, Stéphane Dujarric, ha affermato con molte esitazioni che l’opinione pubblica non è stata informata dell’evento poiché non è stato possibile determinare con precisione la portata delle azioni. Tuttavia, c’è molto da chiarire in questa circostanza e le dichiarazioni dell’alto ufficiale suonano più come una scusa che altro. A prescindere dall’evento, l’attacco all’ONU parla di una nuova dinamica che dovremo affrontare nei prossimi anni: uno scenario di scontro cibernetico. Certo, questo tipo di questioni desta sospetti da parte di diversi attori, tra cui il governo USA, sempre così attento alla riconfigurazione degli scenari di disputa geopolitica.

Infatti, il cyberspazio costituisce, oggi, un nuovo strumento di influenza politica nel sistema internazionale. I grandi poteri mondiali lottano per stabilire il loro dominio in varie zone di influenza. Lo scopo di questo tipo di strategia è stato quello di articolare spazi di controllo che creano un ambiente di costante dipendenza alla tecnologia ed alla sicurezza informatica.

Questo scenario è molto simile alle descrizioni fatte dal teorico argentino Raúl Prébisch sulla teoria della dipendenza nel contesto delle sue riflessioni come Segretario esecutivo della Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’America Latina ed i Caraibi (CEPAL). Secondo Prébisch ed i cepalinos, esiste una dinamica tra centro e periferia in cui gli stati industrializzati sfruttano risorse e mezzi di produzione che vengono portati alle loro nazioni, trasformati e venduti come beni e servizi ai paesi emergenti da dove si sono estratte dette risorse. In questo modo si genera un circolo vizioso di dipendenza in cui i paesi del centro assicurano la loro sussistenza attraverso il dominio e lo sfruttamento delle nazioni periferiche.

Nelle attuali circostanze sta accadendo qualcosa di simile: il controllo del cyberspazio da parte di governi potenti come quello USA, cerca di costruire attorno al suo un insieme di stati leali e subalterni secondo i suoi capricci.

Questa nuova dinamica darebbe origine al “ciber-vassallaggio” in cui Washington può prolungare il suo dominio storico, ad esempio, in paesi come la Colombia. Pertanto, non solo si utilizzerebbe il territorio mediante l’occupazione di fatto con lo stabilimento di basi e comandi militari, ma anche con la creazione di centri di spionaggio informatico per effettuare attacchi a sorpresa contro le nazioni nemiche dell’impero USA. Non va infatti perso di vista come dichiara Daniel Markuson (esperto di tecnologie digitali) che in quest’anno 2020 ci saranno più di 80 elezioni in tutto il mondo, quindi non è difficile prevedere che sia i politici che gli hacker cercheranno di intromettersi nella scelta degli elettori.

Nel caso nordamericano, ciò si applica non solo nelle elezioni nel proprio territorio, ma per le elezioni che in cui possa arrivare ad avere influenza. Ancora una volta troviamo la Colombia, dove l’astio del popolo verso la classe politica tradizionale ha raggiunto livelli importanti, quindi le elezioni del 2022 hanno il focus di poteri internazionali per una possibile svolta verso un governo progressista. In ogni caso, bisogna considerare che la Casa Bianca non perderà facilmente il suo potere su uno dei suoi stati vassalli più fedeli.

Di conseguenza, a causa dello scarso sviluppo tecnologico di una nazione come la Colombia, può giungere a convertirla in facile preda delle ambizioni di Washington. Quindi, sommato al servilismo economico e politico di lunga data (che è iniziato persino con la dichiarazione di indipendenza dalla Spagna), ora si somma una subordinazione in termini cibernetici che porterebbe risultati disastrosi per l’interesse nazionale colombiano. Tuttavia, è tradizionale quella nozione servile e strisciante con cui l’élite politica di Bogotà ha servito gli interessi dei loro capi del nord. Tuttavia, il pericolo immediato che può derivarsi da una circostanza del genere è che nel medio e lungo termine può portare alla destabilizzazione di governi che contravvengono agli ordini di Washington e generano una situazione di autoritarismo tecnologico.

Facendo un paragone con altre epoche, l’influenza del Pentagono può portare alla creazione di nuovi scenari di controllo sull’America Latina nello stile delle truculenti dittature della metà del XX secolo.

La situazione più preoccupante è l’assenza di una regolamentazione internazionale del cyberspazio, per cui nessun paese può sentire salvaguardate le proprie reti informatiche governative. Non sorprende che una delle paure più radicali di Washington sia l’inizio di una possibile guerra informatica con l’Iran, poiché la nazione persiana può effettuare attacchi ibridi in cui si combina sabotaggio e attacchi con droni per assaltare le strutture petrolifere di partner USA come Israele o l’Arabia Saudita. Non va dimenticato, tuttavia, che il primo sabotatore al mondo dorme alla Casa Bianca e che, quindi, le reti informatiche di infrastruttura critica e militare di altri paesi sono a rischio a causa delle ambizioni di quel governo. Il grande cambiamento che si è generato nelle dinamiche attuali è il fatto di pensare ad altri scenari di guerra in cui non si affrontano più due eserciti convenzionali, ma un gruppo di hacker in grado di generare devastazione ad intere popolazioni.

È chiaro che Washington vede il cyberspazio come un territorio di guerra in cui qualsiasi paese può eventualmente convertirsi in un concorrente informatico ed un aggressore potenziale di quel paese. In questo scenario, gli USA stanno promuovendo un sistema di sicurezza informatica internazionale sotto l’egida dell’ONU, strategia che ha due intenzioni:

Da un lato, assicurarsi il controllo internazionale, eliminando le ingerenze di “piccoli paesi”, poiché tutto questo sarebbe gestito dal Consiglio di Sicurezza e, seconda misura, mettendosi in una situazione di parità con le altre grandi potenze mondiali come Cina o Russia e quindi evitare attacchi a sorpresa.

In questo senso, la regolamentazione internazionale del cyberspazio sarà decisiva affinché gli USA possano erigersi come attore rilevante nell’arena internazionale. È opportuno ricordare in questa circostanza che la corsa agli armamenti sta essendo progressivamente rimpiazzata da un altro tipo di competizione globale. Stiamo assistendo a una nuova Guerra Fredda in cui i diversi Stati si contendono posizioni strategiche, ma in territori eterei e delocalizzati.

Per illustrarlo, abbiamo il caso della guerra commerciale tra USA e Cina iniziata a metà del 2019 e che ha avuto come sfondo l’origine e la diffusione della tecnologia 5G, corsa che la Casa Bianca si rifiuta di perdere. L’aumento delle tariffe dovuto a un presunto squilibrio commerciale è stata solo la scusa promossa dall’amministrazione Trump quando ha visto come il colosso cinese Huawei fosse decisamente avanti nel raggiungimento di una tecnologia mobile in grado di offrire maggiore velocità, minori tempi di latenza e più attrezzature collegabile alla stessa base. Quindi le recenti decisioni prese dal magnate-presidente sono solo calci dell’affogato di fronte al ritmo inarrestabile della tecnologia cinese. Ora, l’amministrazione Trump sta inseguendo il gigante dello shopping online Alibaba dopo essersi scagliato contro l’applicazione Tik Tok, per “motivi di sicurezza”. Il problema è che Washington cercherà di influenzare i suoi governi vassalli a perseguire la sua stessa direttrice. Il messaggio è chiaro: “l’unico che può spiare il mondo e generare guerre cibernetiche sono gli USA”.

Per questa ragione è fondamentale sottolineare le parole di Roberto Uzal, direttore del master in ciber difesa e ciber sicurezza dell’UBA in Argentina: “tra i paesi non ci sono amici o nemici: ci sono solo interessi condivisi e molto limitati nel tempo”. Questa frase riassume ampiamente il fenomeno che stiamo affrontando.

Mentre il governo colombiano, guidato da uno pseudo-presidente, crede e ripete di essere un “partner strategico” di Washington, la realtà è che è un semplice servitore degli interessi dell’impero del magnate-presidente. Ma non si deve lesinare il fatto che gli USA stiano diventando consapevoli della propria debacle internazionale. La pandemia di coronavirus, infatti, ha messo in luce il basso livello di risposta che la Casa Bianca ha per gestire una situazione di queste dimensioni, per cui consegnare lo stendardo di leader mondiale è qualcosa che ci si aspetta nel prossimo futuro (Vedi Coronavirus ed Imperi). Tuttavia, il Pentagono combatterà con le forze del ferito per continuare ad essere un importante riferimento mondiale, quindi la guerra cibernetica si configura come un possibile scenario per la rinascita dei poteri imperiali.

Un’altra delle profonde conseguenze che possono derivare dall’attuale fenomeno è il ciber-pattugliamento. Con il pretesto di mantenere informazioni chiare sul numero di infezioni da coronavirus, i servizi di intelligence di diversi paesi stanno pattugliando ed estraendo informazioni dalla cittadinanza in varie parti del mondo. Come se fossero governi autoritari, lo scopo di queste azioni è esercitare il controllo a tutti i costi. A questo punto, già deve suonare familiare la strategia del Pentagono dopo gli attentati alle Torri Gemelle, dove è stato promosso un ambiente di “salvaguardia della sicurezza internazionale”, cosa che ha portato alla persecuzione ed all’invasione di paesi del Medio Oriente. Ebbene, agendo in modo simile, Washington cerca di promuovere una campagna di persecuzione, con vari mezzi, usando la tecnologia per eliminare i suoi avversari.

Come epilogo possiamo menzionare che le guerre cibernetiche non sono una questione di fantascienza. Al contrario, sono scontri molto reali che permetteranno ad alcuni Stati di (ri)posizionarsi sul piano internazionale. Questa circostanza è emersa come un nuovo percorso di controversia ed ha ricordato le carriere tecnologiche proprie della Guerra Fredda. Per questo motivo, gli USA in quanto potenza in declino sono chiamati a riconfigurare le proprie strategie per evitare di perdere il proprio potere di influenza nel mondo. L’obiettivo centrale della Casa Bianca sarà articolare una complessa rete di influenze capaci di creare attorno a sé una serie di “ciber vassalli” dai quali spera di continuare ad esercitare il controllo del destino politico del mondo. Mai nella storia dell’umanità c’è stato uno stato così ostinato al momento di accettare la sua debacle come potenza, motivo per cui gli stati liberi del mondo devono essere vigili per non perdere la loro indipendenza informatica a detrimento delle più odiose ambizioni imperiali.

(Tratto da Rebelion)


El ciberespacio, nuevo escenario de confrontaciones

Por: Por Rodrigo Bernardo Ortega

Estamos asistiendo a una nueva Guerra Fría en la que los diferentes Estados se disputan posiciones estratégicas, pero en territorios etéreos y deslocalizados.

Hasta hace muy poco tiempo se conoció de un ciberataque dirigido en contra de las Naciones Unidas en el verano de 2 019. Aunque intentó mantenerse en el anonimato, se pudo conocer que los servidores de la red informática de la ONU en Ginebra y Viena sufrieron sendos ataques cibernéticos, en particular las oficinas dedicadas a la protección de los derechos humanos y el departamento de recursos humanos.

El representante de la organización, Stéphane Dujarric, dijo con muchos titubeos que no se informó a la opinión pública del suceso pues no se logró determinar con precisión los alcances de las acciones. Sin embargo, hay mucho por esclarecer en esta circunstancia y suena más a excusa que cualquier otra cosa las declaraciones del alto funcionario. Al margen del acontecimiento, el ataque a la ONU, habla de una nueva dinámica a la que estaremos abocados en los próximos años: un escenario de confrontación cibernética. Por supuesto, este tipo de temáticas despierta suspicacias por parte de diversos actores, entre ellos, el gobierno de los Estados Unidos, siempre tan atento en la reconfiguración de escenarios de disputa geopolítica.

En efecto, el ciberespacio constituye hoy por hoy un nuevo instrumento de influencia política en el sistema internacional. Los grandes poderes mundiales pugnan por establecer su dominio en diversas zonas de influencia. El propósito de este tipo de estrategias ha sido articular espacios de control que generen un ambiente de constante dependencia a la tecnología y la ciberseguridad.

Este escenario es muy similar a las descripciones realizadas por el teórico argentino Raúl Prébisch sobre la teoría de la dependencia en el marco de sus reflexiones como Secretario Ejecutivo de la Comisión Económica de las Naciones Unidas para América Latina y el Caribe (CEPAL). De acuerdo con Prébisch y los cepalinos, existe una dinámica entre centro y periferia en la cual los Estados industrializados explotan recursos y medios de producción que son llevados a sus naciones, transformados y vendidos como bienes y servicios a los países emergentes desde donde se extrajeron dichos recursos. De esa manera, se genera un círculo vicioso de dependencia en donde los países del centro aseguran su subsistencia mediante el dominio y la explotación de las naciones periféricas.

En las actuales circunstancias está sucediendo algo similar: el control del ciberespacio por parte de poderosos gobiernos como el de Estados Unidos, busca construir en torno suyo un conjunto de Estados leales y subalternos a sus caprichos.

Esta nueva dinámica daría origen al “cibervasallaje” en el que Washington puede prolongar su dominio histórico, por ejemplo, en países como Colombia. Así pues, ya no sólo se utilizaría el territorio mediante la ocupación de facto con el establecimiento de bases y mandos militares, sino además con la creación de centros de espionaje cibernético para llevar a cabo ataques sorpresivos a naciones enemigas del imperio norteamericano. De hecho, no debe perderse de vista como declara Daniel Markuson (experto en tecnologías digitales) que en este año 2.020 habrá más de 80 elecciones en todo el mundo, por lo cual no es difícil predecir que tanto políticos como hackers tratarán de entrometerse en la elección de los votantes.

En el caso norteamericano, esto aplica no solamente en las elecciones en su propio territorio, sino en las elecciones que pueda llegar a tener influencia. Nuevamente, encontramos a Colombia, en donde el hastío del pueblo a la clase política tradicional ha llegado a niveles importantes, de ahí que las elecciones de 2.022 tengan el foco de poderes internacionales por un posible viraje a un gobierno progresista. En todo caso, debe considerarse que la Casa Blanca no perderá fácilmente su poder sobre uno de sus Estados vasallos más leales.

En consecuencia, a causa del pobre desarrollo tecnológico que tiene una nación como Colombia, puede llevar a convertirla en presa fácil de las ambiciones de Washington. Por tanto, sumado al servilismo económico y político de vieja data (que inició incluso con la declaración de independencia de España), ahora se suma una subordinación en términos cibernéticos que traería nefastos resultados para el interés nacional colombiano. No obstante, es tradicional esa noción servil y rastrera con la que la élite política de Bogotá ha servido a los intereses de sus jefes del norte. Ahora bien, el peligro inmediato que puede derivarse de una circunstancia como aquella es que a mediano y largo plazo puede llevar a la desestabilización de gobiernos que contravengan las órdenes de Washington y generar una situación de autoritarismo tecnológico.

Haciendo un parangón con otras épocas, la influencia del Pentágono puede llevar a crear nuevos escenarios de control sobre América Latina al estilo de las truculentas dictaduras de mediados del siglo XX.

La situación más preocupante es la ausencia de regulación internacional del ciberespacio, por lo cual ningún país puede sentir salvaguardadas sus redes informáticas gubernamentales. No en vano, uno de los miedos más radicales de Whasington es el inicio de una posible ciberguerra con Irán, pues la nación persa puede realizar ataques híbridos en los que se combine sabotajes y ataques haciendo uso de drones para arremeter en contra de las instalaciones petroleras de socios de Estados Unidos como Israel o Arabia Saudita. No debe olvidarse, sin embargo, que el primer saboteador del mundo duerme en la Casa Blanca y que, por ello, las redes informáticas de infraestructura crítica y militar de otros países, están en riesgo por las ambiciones de ese gobierno. El gran cambio que se ha generado en las dinámicas actuales es el hecho de pensar en otros escenarios de guerra en el cual ya no enfrentan dos ejércitos convencionales, sino un grupo de hackers que pueden generar devastación a poblaciones enteras.

Es claro que Washington ve el ciberespacio como un territorio de guerra en el que cualquier país puede convertirse eventualmente en un competidor informático y agresor potencial de ese país. En este escenario, Estados Unidos está promoviendo un sistema de seguridad informático internacional bajo la égida de la ONU, estrategia que tiene dos intenciones:

Por una parte, asegurarse el control internacional, eliminando la injerencia de “pequeños países”, pues todo ello se gestionaría desde el Consejo de Seguridad y, en segunda medida, ponerse en situación de paridad con otros grandes poderes mundiales como China o Rusia y así evitar ataques sorpresa.

En este sentido, la regulación internacional del ciberespacio será determinante para que Estados Unidos pueda erigirse como un actor relevante dentro del concierto internacional. Es oportuno recordar en esta circunstancia que la carrera armamentista está siendo progresivamente reemplazada por otro tipo de competencia global. Estamos asistiendo a una nueva Guerra Fría en la que los diferentes Estados se disputan posiciones estratégicas, pero en territorios etéreos y deslocalizados.

Para ilustrar lo anterior, tenemos el caso de la guerra comercial entre Estados Unidos y China que inició a mediados de 2 019 y que tuvo como telón de fondo el origen y propagación de la tecnología 5G, carrera que la Casa Blanca se niega a perder. El aumento de aranceles por un supuesto desbalance comercial sólo fue la excusa impulsada por la administración Trump al ver cómo el gigante chino Huawei se adelantaba definitivamente en la consecución de una tecnología móvil capaz de ofrecer mayor velocidad, menor tiempo de latencia y mayor cantidad de equipos que pueden conectarse a una misma base. De manera que las recientes decisiones adoptadas por el magnate-presidente son tan sólo pataletas de ahogado frente al imparable ritmo de la tecnología china. Ahora, el gobierno Trump va detrás del gigante de compras online Alibaba tras despacharse contra la aplicación Tik Tok, según se dijo por “razones de seguridad”. El problema es que Washington buscará influenciar a sus gobiernos vasallos para que persigan su misma directriz. El mensaje es claro: “el único que puede espiar al mundo y generar guerras cibernéticas es Estados Unidos”.

Por esa razón, es fundamental destacar las palabras de Roberto Uzal, director de la maestría en ciberdefensa y ciberseguridad de la UBA en Argentina: “entre países no hay amigos ni enemigos: sólo hay intereses compartidos y muy acotados en el tiempo”. Esta frase resume en buena medida el fenómeno al que nos estamos enfrentando.

Mientras el gobierno de Colombia, liderado por un pseudopresidente cree y repite ser un “socio estratégico” de Washington, la realidad es que es un simple servidor de los intereses del imperio del magnate-presidente. Pero no debe escatimarse el hecho de que Estados Unidos está siendo consciente de su debacle internacional. En efecto, la pandemia del coronavirus ha puesto en evidencia el poco nivel de respuesta que tiene la Casa Blanca para gestionar una situación de estas dimensiones, por lo que entregar el estandarte de líder mundial es algo que se avizora en un futuro cercano (Ver Coronavirus e Imperios). Sin embargo, el Pentágono peleará con las fuerzas del herido para continuar siendo un importante referente mundial, de ahí que la ciberguerra se configure como un posible escenario de renacimiento de los poderes imperiales.

Otro de las profundas consecuencias que se pueden derivar del actual fenómeno es el ciberpatrullaje. So pretexto de mantener información diáfana en torno al número de contagios por coronavirus, los servicios de inteligencia de varios países han estado patrullando y extrayendo información de la ciudadanía en diversas partes del mundo. Como si se tratara de gobiernos autoritarios, el propósito de estas acciones es ejercer control a como dé lugar. En este punto ya debe sonar familiar la estrategia del Pentágono después de los atentados a las torres gemelas, donde se promovió un ambiente de “salvaguardar la seguridad internacional”, algo que derivó en la persecución e invasión de países en Medio Oriente. Pues bien, actuando de manera similar, Washington busca promover una campaña de persecución por diversos medios empleando la tecnología para eliminar a sus adversarios.

A manera de epílogo podemos mencionar que las ciberguerras no son un asunto de ciencia ficción. Por el contrario, son confrontaciones muy reales que permitirán a ciertos Estados (re)posicionarse en el plano internacional. Esta circunstancia ha surgido como un nuevo camino de disputa y ha recordado las carreras tecnológicas propias de la Guerra Fría. Por esa razón, Estados Unidos como poder en decadencia está llamado a reconfigurar sus estrategias para evitar perder su poder de influencia en el mundo. El objetivo central de la Casa Blanca será articular una compleja red de influencias capaz de crear en torno suyo una serie de “cibervasallos” desde donde espera seguir ejerciendo control del destino político del mundo. Nunca en la historia de la humanidad había existido un Estado tan terco a la hora de aceptar su debacle como potencia, razón por la cual, los Estados libres del mundo deben estar atentos para no perder su independencia informática en detrimento de las más odiosas ambiciones imperiales.

(Tomado de Rebelión)

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