Maria Fernanda Barreto https://misionverdad.com
Termina un anno di profonde tensioni tra Colombia e Venezuela, naturalmente istigate dagli USA con il permesso di un governo uribista disposto a subordinare gli interessi della Colombia a quelli della potenza del Nord.
Il Venezuela chiude il 2020 in piena resistenza popolare alla crisi economica, smantellando azioni terroristiche contro di lui e nel mezzo di una pandemia che ha saputo affrontare sino a convertirsi in uno dei paesi con il minor numero di morti per covid-19 della regione ed, ovviamente, con il presidente Nicolás Maduro al potere.
Tuttavia, gli USA ed il settore più subordinato alle sue decisioni della destra venezuelana con la complicità dello Stato colombiano insistono ad aggiungere ai loro attacchi mediatici, psicologici, politici ed economici contro la Rivoluzione Bolivariana, azioni militari di tipo irregolare in cui gli organismi di intelligence della NATO coordinano con gruppi paramilitari colombiani, appaltatori militari privati - soprattutto di origine USA – e gruppi terroristici locali in cui si mescolano giovani attivisti della destra in Venezuela e militari in pensione con delinquenza comuni.
Se qualcosa si può dire sull’attuale situazione geopolitica venezuelana, senza paura di sbagliarci, è che in questo momento è sotto assedio come nessun altro paese della regione, sebbene Cuba e Nicaragua lo seguano nella lista di vittime di questo agire imperialista, oltre ai popoli del resto dei paesi del continente con governi subordinati.
Nonostante i molteplici attacchi all’economia venezuelana, tra cui le misure coercitive unilaterali per rompere la capacità di importazione ed esportazione del Venezuela, legittimare davanti all’opinione pubblica internazionale il furto di beni venezuelani ed incrementare il potere del dollaro nell’economia nazionale; il sabotaggio diretto dei servizi pubblici e le azioni terroristiche contro installazioni produttive, tutto questo con un grande impatto diretto nelle correlazioni di forze sociali, che si può misurare maggiormente nella crescita della depoliticizzazione e dell’apatia rispetto al sostegno popolare ai loro attori locali; ed anche contando sulle squadre di scienze sociali al servizio del Pentagono, sui molteplici apparati di intelligence della NATO che operano sul campo, sull’esperienza in guerra irregolare delle forze militari colombiane e dei suoi gruppi paramilitari, sulle azioni dei loro appaltatori militari privati dalla Colombia, e con il governo uribista disposto a tutto per eseguire i suoi ordini, gli USA non hanno ottenuto torcere a loro favore la realtà venezuelana a proprio favore e si sono intrappolati nelle proprie menzogne di governi ed ambasciate virtuali.
Il suo fallito “progetto Guaidó”, che già era in forte declino, si conclude con la presa in carico della nuova Assemblea Nazionale, il 5 gennaio 2021, quando non ricoprirà più nemmeno la carica di deputato (supplente). Cioè, gli USA hanno completamente fallito nel loro tentativo di cambiare le correlazioni politiche direttamente a loro favore e nelle loro azioni militari.
Tuttavia, gli appelli alla destabilizzazione continuano ed in qualsiasi momento c’è da aspettarsi che ritornino le azioni terroristiche di controllo territoriale note come “guarimbas, che continuino a tentare colpi di stato, operazioni tipo commando e tentando di stabilire zone di controllo territoriale del paramilitarismo colombiano e bande terroristiche locali in Venezuela.
Ovviamente, è anche prevedibile che continuino gli attentati contro le installazioni produttive del paese, i furti e, naturalmente, rimanga sul tavolo la promozione di un conflitto tra Colombia e Venezuela come strumento di una guerra imperialista di approssimazione indiretta, cosa che fortunatamente ha trovato, finora, molta opposizione nell’opinione pubblica, nelle organizzazioni sociali, nei partiti di sinistra e di centro-sinistra ed addirittura in alcuni settori economici e politici della destra colombiana.
Insomma, il Venezuela sta per chiudere il 2020 in pace, per fortuna del popolo e delusione di coloro che hanno fatto tutto il possibile per portarlo alla guerra.
La Colombia, da parte sua, chiude il 2020 con un conflitto sociale ed armato irrisolto che, al contrario, si trova in uno degli anni peggiori anni di questo decennio. Il bilancio dei morti lo chiarisce: la Colombia è un paese in guerra in cui tra il 1 gennaio ed il 14 dicembre di quest’anno si sono registratati 84 massacri; fino a quella stessa data, sono stati assassinati 292 dirigenti sociali nei territori, 12 persone perché loro familiari e 60 ex combattenti delle FARC-EP firmanti l’accordo di pace; ed il 2020 non è ancora finito.
Questa cifra non include le morti in combattimento né molte altre vittime del conflitto, come quelle uccise dalla repressione di stato della protesta sociale, per esempio. In media ogni due giorni vengono assassinati tre dirigenti sociali, ed ogni settimana vengono commessi, in media, due massacri, tutto questo con presumibile complicità governativa e che, per tanti elementi che abbiamo approfondito in altre analisi, configura un genocidio in marcia, che include l’etnocidio delle comunità indigene e negre della Colombia e incoraggia la violenza di genere, perché va anche ricordato che sono aumentate le denunce di abusi sessuali a donne, soprattutto bimbe ed adolescenti, da parte delle forze pubbliche colombiane.
Questo terribile bilancio non include neppure le persone uccise dalla denutrizione, dalla mancanza di acqua potabile o dall’impossibilità di accedere al sistema sanitario, tutti questi fattori che costituiscono la causa di quello stesso conflitto.
Ciò che si può aggiungere è che è uno dei paesi con il maggior numero di morti per covid-19 nella regione (39195) al 15 dicembre e che, come è già noto, ha anche a che vedere con gli alti livelli d’esclusione sociale che possiede.
La Colombia è la peggiore della regione (forse seguita da Haiti) e una delle peggiori al mondo in quest’ultima sezione, benché non faccia scattare allarmi degli organismi multilaterali né ottenga la condanna che merita dall’opinione pubblica mondiale. Doloroso silenzio che finisce per essere corresponsabile.
Il conflitto armato non cessa, la delegazione di pace dell’ELN continua ad essere bloccata all’Avana senza dialogo con il governo uribista, e nel frattempo l’organizzazione guerrigliera continua ad essere attiva nel paese, forse persino in crescita.
Continuano ad essere attivi anche la seconda Marquetalia ed altri settori dell’ex FARC-EP.
Ovviamente continuano ad operare anche l’EPL ed innumerevoli gruppi paramilitari.
In sintesi, sebbene l’intensità dei combattimenti sia diminuita in alcune regioni, la Colombia è oggi come dieci anni fa: un paese in guerra.
Nel dicembre 2019, Trump ha lanciato la sua iniziativa “America Crece”, il cui nome originale in inglese è “Growth in the Americas”, che letteralmente si traduce come “Crescita nelle Americhe”. Nello scorso agosto è stata annunciata l’espressione bilaterale di questo piano, sotto il nome di “Colombia Crece”, alla presenza di tre alti funzionari del governo della Casa Bianca, che hanno battezzato questa iniziativa come “Nuovo Piano Colombia”.
Duque ha sottolineato che gli assi del “Nuovo Piano Colombia” saranno la lotta contro il narcotraffico, la controinsurrezione e, come era prevedibile, ha insistito sulle azioni contro il Venezuela.
L’ubicazione della Colombia sulla mappa è geostrategica, ha costa sugli oceani Atlantico e Pacifico, unisce la regione mesoamericana con il sud, è l’ingresso dell’Amazzonia e condivide 2219 chilometri di confine con il Venezuela, obiettivo prioritario per Washington.
In territorio colombiano si addestrano forze militari e di polizia di altri paesi, si sviluppano dottrine e manuali, si pianifica e persino si lanciano operazioni militari internazionali, come l’ “Operazione Gedeon” in cui un gruppo di venezuelani diretti da due mercenari USA della società SilverCorp si sono addestrati e, all’inizio di maggio di quest’anno, sono partiti in lancia dalle coste colombiane per entrare, clandestinamente, in Venezuela, dove sono state catturate dall’azione congiunta della Milizia e della Polizia Nazionale Bolivariana insieme a settori del Potere Popolare.
Cinque mesi dopo, un cittadino USA, proveniente dalla Guajira colombiana, è stato arrestato e aveva il supporto di cospiratori venezuelani con informazioni e le armi necessarie per effettuare un sabotaggio alle installazioni della raffineria di Amuay. Dopo un mese, un altro mercenario USA viene catturato ed il presidente Maduro ha affermato che “Iván Duque e Álvaro Uribe Vélez sono dietro questo attacco, insieme alle agenzie di intelligence USA”.
L’uribismo è nel suo peggior momento, addirittura le grandi società di sondaggi lo segnalano. Il popolo colombiano ha continuato a resistere nelle zone rurali, affrontando un genocidio contro i propri dirigenti ed è tornato a protestare per le strade delle principali città nonostante le misure di isolamento.
A settembre, una rivolta popolare contro la brutalità poliziesca che ha solo incontrato più repressione come risposta ha causato il più grande massacro, a Bogotà, di questo secolo. Successivamente, la Minga indigena che è partita dal sud-occidente ha persino raggiunto la capitale convertita nella Minga indigena e popolare nazionale, ed è stat accolta da una grande folla. Per concludere l’anno si è celebrato il primo anniversario dello sciopero nazionale del novembre 2019 ed, in aggiunta nel 2020, il popolo colombiano ha continuato a resistere all’oligarchia più violenta del continente e la pace è ancora lontana.
Tuttavia, Iván Duque continua a concentrare la sua politica nell’attaccare il Venezuela e sostenere l’opposizione venezuelana più violenta, guidata da Leopoldo López e subordinando gli interessi della Colombia a quelli degli USA, mantenendo la Colombia come testa di ponte delle aggressioni contro il Venezuela.
Duque continua dando priorità a una presunta lotta per la “liberazione del Venezuela”, minaccia con la Corte Penale Internazionale, riceve Leopoldo López, lo invita al suo programma, gli permette di percorre il confine e di compiere una serie di atti di propaganda sulla cosiddetta consultazione di Guaidó ed, ovviamente, López non ha potuto fare a meno di incontrarsi con il capo dell’uribismo che pretende credere che la Colombia intera sia la sua fattoria, Álvaro Uribe Vélez, e con la sindaca di Bogotá.
Nel mezzo della tensione geopolitica mondiale, gli USA sono un attore decisivo nelle tensioni tra Colombia e Venezuela e sanno che stanno perdendo la loro egemonia politica mondiale, a seguito dell’emergere di nuove potenze politiche, ma anche economiche e militari che, poco a poco, andranno minando il potere assoluto che ostentava dalla fine degli anni ’80 e dai primi anni ’90, quando è terminata la cosiddetta Guerra Fredda.
Quell’egemonia che ha reso il mondo unipolare cambierà, addirittura prima ancora che perda il suo primato economico e militare. Ecco perché ha rilanciato la sua Dottrina Monroe e, sebbene i governi di Venezuela, Cuba e Nicaragua gli resistano, solo il primo ha le risorse economiche e la posizione geostrategica che lo eleva al rango di priorità per i suoi piani.
Il Venezuela, da parte sua, ha saputo giocare sullo scacchiere mondiale ed ha spostato la correlazione di forze internazionali a favore di quella resistenza.
In questo contesto, lo scorso 27 maggio, è arrivata una nuova Brigata USA di Assistenza delle Forze di Sicurezza (SFAB), che sarebbe arrivata in Colombia per, presumibilmente, aiutare nella lotta alla droga. Per cui quest’anno è aumentata la presenza militare USA in territorio colombiano.
Il governo colombiano, tanto l’attuale che i precedenti, è sempre riuscito ad eludere qualsiasi controllo politico su questa presenza, e l’ingresso nella NATO come primo socio globale dell’America Latina solo aggrava la subordinazione della truppa colombiana ai piani imperialisti nella regione. Forze Militari, di sicuro, che attualmente sono molto divise sugli affari, visioni sulla guerra ed il loro ruolo nella geopolitica imperialista.
Il recente trionfo di Biden può significare un cambio di discorso dalla Casa Bianca su queste relazioni binazionali, addirittura può giungere a frenare la fin qui chiara intenzione di generare un conflitto armato fratricida tra le due nazioni confinanti, procurare la ripresa degli accordi di pace firmati tra lo Stato colombiano e le FARC-EP, addirittura obbligare ad una rivalutazione del governo Uribe sulla necessità di riprendere il dialogo con l’ELN, ma grosso modo la sua strategia internazionale non cambia. Continuerà a cercare di consolidare la propria egemonia sulla regione, avanzando nel consolidamento della Colombia come sua enclave e, naturalmente, cercando di riconquistare il Venezuela.
In sintesi, dopo questo anno di tensioni, ci aspetta un 2021 di lotta per la nostra sovranità venezuelana, per l’unione dei nostri popoli e per la difesa del nostro sacro diritto a vivere in pace.
2020: OTRO AÑO DE TENSAS RELACIONES ENTRE COLOMBIA Y VENEZUELA
María Fernanda Barreto
Termina un año de profundas tensiones entre Colombia y Venezuela, por supuesto instigadas por los Estados Unidos con la venia de un gobierno uribista dispuesto a supeditar los intereses de Colombia a los de la potencia del Norte.
Venezuela cierra 2020 en plena resistencia popular a la crisis económica, desmantelando acciones terroristas en su contra y en medio de una pandemia que ha sabido enfrentar hasta convertirse en uno de los países con menos muertes por covid-19 de la región y, por supuesto, con el presidente Nicolás Maduro en el poder.
Sin embargo, Estados Unidos y el sector más subordinado a sus decisiones de la derecha venezolana con la complicidad del Estado colombiano insisten en sumar a sus ataques mediáticos, psicológicos, políticos y económicos contra la Revolución Bolivariana, acciones militares de tipo irregular en la que los cuerpos de inteligencia de la OTAN coordinan con grupos paramilitares colombianos, contratistas militares privadas —sobre todo de origen estadounidense— y grupos terroristas locales en los que se mezclan jóvenes activistas de la derecha en Venezuela y militares retirados con delincuencia común.
Si algo se puede decir de la situación geopolítica venezolana actual, sin temor a equivocarnos, es que en este momento está siendo asediada como ningún otro país de la región, aunque le sigan en la lista de víctimas de este accionar imperialista Cuba y Nicaragua, más los pueblos del resto de los países del continente con gobiernos subordinados.
A pesar de los múltiples ataques a la economía venezolana, entre ellas las medidas coercitivas unilaterales para quebrar la capacidad de importación y exportación de Venezuela, legitimar ante la opinión pública internacional el robo de activos venezolanos e incrementar el poder del dólar en la economía nacional; el sabotaje directo a los servicios públicos y acciones terroristas contra instalaciones productivas, todo esto con un gran impacto directo en las correlaciones de fuerzas sociales, que puede medirse más en el crecimiento de la despolitización y la apatía por sobre el apoyo popular a sus actores locales; y aún contando con los equipos de ciencias sociales al servicio del Pentágono, múltiples aparatos de inteligencia de la OTAN operando en el terreno, la experiencia en guerra irregular de las fuerzas militares colombianas y sus grupos paramilitares, el accionar de sus contratistas militares privadas desde Colombia, y con el gobierno uribista dispuesto a todo por cumplir sus órdenes, Estados Unidos no ha logrado torcer a su favor la realidad venezolana y se ha atrapado a sí mismo en sus propias mentiras de gobiernos y embajadas virtuales.
Su fracasado “proyecto Guaidó”, que ya venía en un declive sostenido, llega a su fin con la toma de posesión de la nueva Asamblea Nacional el 5 de enero de 2021, cuando ya no ostentará ni siquiera el cargo de diputado (suplente). Es decir, Estados Unidos ha fracasado rotundamente en su intento de cambiar las correlaciones políticas directamente a su favor y en sus acciones militares.
Empero, los llamados a la desestabilización continúan y en cualquier momento es de esperarse que retornen las acciones terroristas de control territorial conocidas como “guarimbas”, que continúen intentando golpes de Estado, operaciones tipo comando, y procurando establecer zonas de control territorial del paramilitarismo colombiano y bandas terroristas locales en Venezuela.
Obviamente también es previsible que continúen los atentados contra las instalaciones productivas del país, los robos y, por supuesto, continúa sobre la mesa la promoción de un conflicto entre Colombia y Venezuela como instrumento de una guerra imperialista de aproximación indirecta, cosa que afortunadamente ha encontrado, hasta el momento, mucha oposición en la opinión pública, las organizaciones sociales, partidos de izquierda y centro izquierda, e incluso en algunos sectores empresariales y políticos de la derecha colombiana.
En suma, Venezuela está a punto de terminar el año 2020 en paz para fortuna del pueblo y para desencanto de quienes han hecho todo lo posible por conducirla a la guerra.
Colombia, por su parte, cierra el año 2020 con un conflicto social y armado sin resolver y que, por el contrario, se encuentra en uno de los peores años de esta década. El balance de las muertes lo deja claro: Colombia es un país en guerra en el que entre el 1° de enero y el 14 de diciembre de este año se han registrado 84 masacres; hasta esa misma fecha habían sido asesinados 292 líderes y lideresas sociales en los territorios, 12 personas por ser sus familiares y 60 excombatientes de las FARC-EP firmantes del acuerdo de paz; y el 2020 aún no termina.
Esta cifra no incluye muertes en combate ni tantas otras víctimas del conflicto, como las asesinadas por la represión del Estado a la protesta social, por ejemplo. En promedio se asesinan tres líderes y lideresas sociales cada dos días, y se comete un promedio de dos masacres semanales, todo esto con presumible complicidad del gobierno y que, por muchos elementos en los que nos hemos adentrado en otros análisis, configura un genocidio en marcha, que incluye el etnocidio de las comunidades indígenas y negras de Colombia y fomenta la violencia de género, porque también hay que mencionar que han aumentado las denuncias de abuso sexual a mujeres, sobre todo niñas y adolescentes, por parte de la fuerza pública colombiana.
Este terrible balance no incluye, tampoco, las personas muertas por desnutrición, falta de agua potable o por no tener acceso al sistema de salud, todos estos factores que conforman causa de ese mismo conflicto.
Lo que sí se puede agregar es que es uno de los países con más muertes por covid-19 en la región (39 mil 195) para el 15 de diciembre, y eso, como ya se sabe, también tiene que ver con los altos niveles de exclusión social que posee.
Colombia es la peor de la región (quizás seguida de Haití) y una de las peores del mundo en este último apartado, aunque no encienda alarmas de los organismos multilaterales ni obtenga la condena que amerita de la opinión pública mundial. Doloroso silencio que acaba por ser corresponsable.
El conflicto armado no cesa, la delegación de paz del ELN continúa varada en La Habana sin interlocución con el gobierno uribista, y mientras tanto la organización guerrillera continúa activa en el país, quizás incluso en crecimiento.
La segunda Marquetalia, y otros sectores de las ex FARC-EP continúan también activos.
Por supuesto, también continúan operando el EPL y un sinfín de grupos paramilitares.
En resumen, aunque la intensidad del combate haya disminuido en algunas regiones, Colombia es hoy como hace diez años: un país en guerra.
En diciembre de 2019, Trump lanzó su iniciativa “América Crece”, cuyo nombre original en inglés es “Growth in the Americas”, lo que literalmente traduce como “Crecimiento en las Américas”. En agosto pasado se anunció la expresión bilateral de este plan, bajo el nombre de “Colombia Crece”, con la presencia de tres altos funcionarios del gobierno de la Casa Blanca, quienes bautizaron a esta iniciativa como un “Nuevo Plan Colombia”.
Duque hizo énfasis en que los ejes del “Nuevo Plan Colombia” serán la lucha contra el narcotráfico, la contrainsurgencia y, como era de esperarse, insistió en las acciones contra Venezuela.
La ubicación de Colombia en el mapa es geoestratégica, posee costa de los océanos Atlántico y Pacífico, une la región mesoamericana con el sur, es la entrada al Amazonas y comparte 2 mil 219 kilómetros de frontera con Venezuela, objetivo prioritario para Washington.
En territorio colombiano se entrenan fuerzas militares y policiales de otros países, se desarrollan doctrinas y manuales, se planifica y hasta se lanzan operaciones militares internacionales, como la “Operación Gedeón” en la que un grupo de venezolanos dirigidos por dos mercenarios estadounidenses de la empresa SilverCorp se entrenaron y a principios de mayo de este año partieron en lancha desde las costas colombianas para ingresar clandestinamente a Venezuela, donde fueron capturados por la acción conjunta de la Milicia y la Policía Nacional Bolivariana junto a sectores del Poder Popular.
Cinco meses después se detuvo a un ciudadano estadounidense que provenía de la Guajira colombiana y contaba con el apoyo de conspiradores venezolanos con la información y las armas necesarias para ejecutar un sabotaje a las instalaciones de la refinería de Amuay. Luego de un mes se captura a otro mercenario estadounidense y el presidente Maduro afirmó que “Iván Duque y Álvaro Uribe Vélez están detrás de este ataque, junto a los organismos de inteligencia de Estados Unidos”.
El uribismo está en su peor momento, incluso las grandes encuestadoras así lo señalan. El pueblo colombiano se ha mantenido resistiendo en las zonas rurales, enfrentando un genocidio contra sus líderes y lideresas y ha vuelto a protestar en las calles de las principales ciudades a pesar de las medidas de aislamiento.
En septiembre, un levantamiento popular contra la brutalidad policial que solo encontró más represión como respuesta causó la más grande masacre ocurrida en Bogotá en este siglo. Luego, la Minga indígena que partió del suroccidente llegó hasta la capital convertida en la Minga indígena y popular nacional, y fue recibida por una gran multitud. Para terminar el año se celebró el primer aniversario del paro nacional de noviembre de 2019 y, en suma en este 2020, el pueblo colombiano continuó resistiendo a la oligarquía más violenta del continente y la paz sigue lejana.
Sin embargo, Iván Duque continúa centrando su política en atacar a Venezuela y respaldar a la oposición venezolana más violenta, encabezada por Leopoldo López y subordinando los intereses de Colombia a los de Estados Unidos, manteniendo a Colombia como cabeza de playa de las agresiones contra Venezuela.
Duque continúa dando prioridad a una supuesta lucha por la “liberación de Venezuela”, amenaza con la Corte Penal Internacional, recibe a Leopoldo López, lo invita a su programa, le permite recorrer la frontera y realizar una serie de actos para hacer propaganda sobre la llamada consulta de Guaidó y, por supuesto, López no podía dejar de reunirse con el patrón del ubérrimo que pretende creer que Colombia entera es su finca, Álvaro Uribe Vélez, y con la Alcaldesa de Bogotá.
En medio de la tensión geopolítica mundial, Estados Unidos es un actor decisivo en las tensiones entre Colombia y Venezuela y sabe que está perdiendo su hegemonía política mundial, producto de la aparición de nuevas potencias políticas, pero también económicas y militares que poco a poco irán minando el poder absoluto que ostentaba desde finales de la década de los 80 y principios de los 90, cuando terminó la llamada Guerra Fría.
Esa hegemonía que hizo al mundo unipolar seguramente cambiará, incluso antes de que pierda su primacía económica y militar. Es por ello que ha relanzado su Doctrina Monroe y, si bien los gobiernos de Venezuela, Cuba y Nicaragua se le resisten, solo la primera cuenta con los recursos económicos y la posición geoestratégica que la eleva al rango de prioridad para sus planes.
Venezuela, por su parte, ha sabido jugar en el tablero mundial y ha movido la correlación de fuerzas internacionales a favor de esa resistencia.
En ese contexto, el pasado 27 de mayo, arribó una nueva brigada norteamericana de Asistencia de Fuerza de Seguridad (SFAB, por sus siglas en inglés), que llegaría a Colombia para supuestamente ayudar en la lucha antinarcóticos. Por lo que este año ha aumentado la presencia militar estadounidense en el territorio colombiano.
El gobierno colombiano, tanto el actual como los anteriores, ha logrado siempre evadir cualquier control político sobre esta presencia, y el ingreso a la OTAN como primer socio global de América Latina solo agrava la subordinación de la tropa colombiana a los planes imperialistas en la región. Fuerzas Militares, por cierto, que se encuentra actualmente muy divididas en torno a los negocios, las visiones sobre la guerra y su papel en la geopolítica imperialista.
El reciente triunfo de Biden puede significar un cambio de discurso desde la Casa Blanca sobre estas relaciones binacionales, incluso puede llegar a frenar la hasta ahora clara intención de generar un conflicto armado fratricida entre ambas naciones fronterizas, procurar la retoma de los acuerdos de paz firmados entre el Estado colombiano y las FARC-EP, incluso obligar a una revaloración del gobierno uribista sobre la necesidad de retomar el diálogo con el ELN, pero grosso modo su estrategia internacional no cambia. Continuará tratando de consolidar su hegemonía sobre la región, avanzando en la consolidación de Colombia como su enclave y, por supuesto, tratando de reconquistar Venezuela.
En resumen, luego de este año de tensiones, nos espera un 2021 de lucha por nuestra soberanía venezolana, por la unión de nuestros pueblos y por la defensa de nuestro sagrado derecho de vivir en paz.