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Salim Lamrani (Al Mayadeen)
Nel processo di negoziazione tra Cuba e gli USA rimangono ancora molti ostacoli da superare.
Oltre le sanzioni economiche vi sono altri ostacoli da superare sulla strada per ristabilire normali e serene relazioni diplomatiche. In primo luogo, gli USA devono rimuovere Cuba dalla lista dei paesi che sponsorizzano il terrorismo internazionale. In effetti, l’amministrazione Reagan mise Cuba in tale categoria per il suo sostegno ai movimenti rivoluzionari e indipendentisti in America Latina e nel mondo. Oggi Washington giustifica il mantenimento di Cuba in tale elenco per la presenza di alcuni membri dell’organizzazione separatista basca ETA e della guerriglia colombiana della FARC a Cuba che si trovano sull’isola … su esplicita richiesta dei governi spagnolo e colombiani.
Washington lo riconosce chiaramente nella sua relazione: “Il Governo di Cuba ha appoggiato e auspicato i negoziati tra le FARC ed il Governo della Colombia, con l’obiettivo di raggiungere un accordo di pace tra le due parti”. Gli USA riconoscono che “non si ha informazione che il Governo cubano abbia fornito armi o dato addestramento paramilitare a gruppi terroristici” e ammette che “i membri dell’ETA residenti a Cuba sono stati trasferiti con la collaborazione del Governo spagnolo”. Washington giustifica anche l’inclusione di Cuba nella lista dei paesi terroristi a causa della presenza sull’isola di rifugiati politici ricercati dalla giustizia statunitense, dal 1970 e 1980. Tuttavia, nessuna di queste persone è mai stato accusata di terrorismo. [1]
I 33 paesi della Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) hanno respinto all’unanimità l’inclusione di Cuba nella lista dei paesi terroristi, assestando un serio colpo a Washington. In una dichiarazione pubblicata il 7 maggio 2014 la CELAC ha espresso “la sua totale opposizione all’elaborazione di liste unilaterali che accusano alcuni stati di, presumibilmente, sostenere e co-patrocinare il terrorismo ed esorta il Governo USA a porre fine a questa pratica” che suscita “la disapprovazione” della “comunità internazionale e dell’opinione pubblica degli USA”. [2].
In effetti, la creazione di tale lista si basa unicamente su considerazioni politiche. Va ricordato che Washington mantenne Nelson Mandela, eroe della lotta contro l’apartheid, presidente sudafricano 1994-1999 e Premio Nobel per la Pace, nella lista delle persone coinvolte nel terrorismo internazionale fino al 2008. Invece le monarchie petrolifere del Medio Oriente, alleate degli USA e implicate nel finanziamento del terrorismo internazionale, in particolare del DAESH, non fanno parte della lista del Dipartimento di Stato.
Cuba esige anche l’abrogazione della Legge di Aggiustamento Cubano adottata dal Congresso nel 1966. Questa legislazione, unica al mondo, prevede che ogni cubano che emigra negli USA, dal 1 ° gennaio 1959, legalmente o illegalmente, pacificamente o con violenza, consegue automaticamente, dopo un anno e un giorno, lo status di residente permanente. Per ciò non c’è alcun cubano, in situazione illegale, negli USA. Questa legge è un formidabile strumento d’incitamento alla migrazione illegale e permette agli USA di strappare, a Cuba, il suo capitale umano. Allo stesso tempo, Washington limita il numero di visti concessi ogni anno a 20.000, nutrendo cosi la pericolosa e redditizia industria criminale dell’emigrazione illegale.
L’Avana reclama anche la fine delle trasmissioni radio-televisive di Radio e TV Martí, create rispettivamente nel 1983 e 1990 dal governo federale, con l’obiettivo d’incitare la popolazione alla rivolta contro il potere. I suoi programmi sono dedicati esclusivamente a Cuba e si diffondono violando la legislazione internazionale in materia di telecomunicazioni, interferendo con le onde cubani.
Le autorità dell’isola esigono, infine, che scompaiano i gruppuscoli violenti coinvolti nel terrorismo contro Cuba. Conviene ricordare che il popolo cubano fu vittime, tra il 1959 ed il 1997, di circa 7000 attentati terroristici, organizzati dagli USA, che costarono la vita a 3478 persone ed inflissero danni permanenti ad altre 2099, per non parlare degli innumerevoli danni materiali.
Luis Posada Carriles è un caso emblematico. Ex sbirro sotto la dittatura di Fulgencio Batista, antico agente della CIA che partecipò all’invasione della Baia dei Porci, Posada Carriles è l’autore intellettuale di più di un centinaio di omicidi. E’, in particolare, responsabile del primo atto di terrorismo aereo del continente americano con l’attentato contro l’aereo della Cubana de Aviación, il 6 ottobre 1976, che uccise 73 persone, tra cui tutta la squadra giovanile di scherma che aveva appena vinto i Giochi Panamericani. Posada Carriles è anche responsabile dell’ondata terroristica che ha colpito l’industria turistica cubana, nel 1997, che causò decine di vittime e costò la vita a Fabio di Celmo, un turista italiano. [3]
Non vi è alcun dubbio sulla colpevolezza di Luis Posada Carriles. Non è necessario prestare attenzione alle accuse procedenti da l’Avana. In effetti, i rapporti dell’ FBI e CIA sono espliciti al riguardo: “Posada e Bosch orchestrarono l’attentato con bomba contro l’aereo” [4] Allo stesso modo, nella sua autobiografia ‘I sentieri del guerriero’ rivendica, apertamente, la sua carriera terroristica. Inoltre, il 12 luglio 1998, Posada Carriles concesse un’intervista al New York Times in cui si vantava di essere la persona che aveva commesso il maggior numero di atti terroristici contro Cuba, rivendicando la paternità intellettuale degli attentati del 1997. Secondo lui, il turista italiano “era nel posto sbagliato al momento sbagliato”. [5] Oggi Luis Posada Carriles vive tranquillamente a Miami e gli USA si rifiutano di giudicarlo per i suoi crimini.
Mentre non si risolvono queste questioni, ovvero l’eliminazione delle sanzioni economiche, la rimozione di Cuba dalla lista degli stati sponsor del terrorismo internazionale, l’abrogazione della Legge di Aggiustamento Cubano, la restituzione della base navale di Guantanamo, fine del finanziamento dell’opposizione cubana e perseguimento di Luis Posada Carriles, sarà difficile aspettarsi una piena normalizzazione delle relazioni bilaterali. Fatta eccezione per la revoca delle sanzioni economiche Washington non sembra disposta, per ora, ad apportare modifiche sostanziali in questi settori.
Da parte sua Cuba ha espresso la sua disponibilità a discutere su eventuali indennizzi per le proprietà USA nazionalizzate negli anni 1960, in conformità con quanto disposto dal Diritto Internazionale. Ma le autorità dell’Avana hanno anche affermato che, in parallelo a tali negoziati, dovrà aprirsi un dialogo sul costo causato dalle sanzioni economiche e la politica di aggressione contro Cuba dal 1959, con gli inevitabili indennizzi.
Nella storica disputa che oppone Cuba agli USA conviene ricordare una verità poco considerata dai media informativi. In questo conflitto asimmetrico c’è un aggressore – Washington – e una vittima – il popolo di Cuba – . Infatti, a differenza degli USA, Cuba non occupa illegalmente e con la forza una parte del territorio USA, non impone sanzioni economiche contro il suo vicino, non ha mai invaso gli USA (Baia dei Porci) e non ha mai minacciato il popolo USA con una disintegrazione nucleare (crisi dei missili). Da parte sua, Avana non chiede un cambio di regime negli USA, non emette trasmissioni illegali e non finanzia l’opposizione interna al fine di rovesciare l’ordine costituito.
Esiste un’indispensabile precondizione per la normalizzazione delle relazioni bilaterali tra le due nazioni: gli USA devono rinunciare al loro obiettivo strategico di “cambio di regime” e accettare la realtà di una Cuba sovrana ed indipendente. Qualsiasi tentativo di ingerenza negli affari interni dell’isola è condannato al fallimento perché Avana non è disposta a negoziare il suo sistema politico o il suo modello di società, competenza esclusiva del popolo cubano. Gli unici rapporti viabili tra Cuba e USA saranno quelli che si cimentano intorno a tre principi fondamentali: l’uguaglianza sovrana, la reciprocità e la non-ingerenza.
En el proceso de negociaciones entre Cuba y Estados Unidos quedan muchos obstáculos que superar.
Además de las sanciones económicas quedan otros obstáculos que superar en el camino del restablecimiento de relaciones diplomáticas normales y apaciguadas. Primero, Estados Unidos debe quitar Cuba de la lista de países que patrocinan el terrorismo internacional. En efecto, la administración Reagan ubicó a Cuba en esta categoría por su apoyo a los movimientos revolucionarios e independentistas en América Latina y en el mundo. Hoy Washington justifica el mantenimiento de Cuba en dicha lista por la presencia de unos miembros de la organización separatista vasca ETA y de la guerrilla colombiana de las FARC en Cuba que se encuentran en la isla… a petición expresa de los gobiernos español y colombiano.
Washington lo reconoce claramente en su informe: “El Gobierno de Cuba apoyó y auspició negociaciones entre las FARC y el Gobierno de Colombia con el objetivo de lograr un acuerdo de paz entre ambas partes”. Estados Unidos reconoce que “no hay información de que el Gobierno cubano haya suministrado armamento o dado entrenamiento paramilitar a grupos terroristas” y admite que “los miembros de ETA residentes en Cuba fueron reubicados con la cooperación del Gobierno español”. Washington justifica también la inclusión de Cuba en la lista de los países terroristas a causa de la presencia en la isla de refugiados políticos buscados por la justicia estadounidense desde los años 1970 y 1980. Ahora bien, ninguna de esas personas ha sido acusada jamás de terrorismo.[1]
Los 33 países de la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC) rechazaron unánimemente la inclusión de Cuba en la lista de países terroristas, asestando un serio revés a Washington. En una declaración publicada el 7 de mayo de 2014 la CELAC expresó “su total oposición a la elaboración de listas unilaterales que acusan a algunos estados de supuestamente apoyar y copatrocinar el terrorismo e insta al Gobierno de los Estados Unidos de América a poner fin a esta práctica” que suscita “la reprobación” de “la comunidad internacional y de la opinión pública de Estados Unidos”.[2].
En efecto, el establecimiento de tal lista se basa únicamente en consideraciones políticas. Conviene recordar que Washington mantuvo a Nelson Mandela, héroe de la lucha contra el apartheid, presidente de Sudáfrica de 1994 a 1999 y Premio Nobel de la Paz, en la lista de las personas involucradas en el terrorismo internacional hasta 2008. En cambio las monarquías petroleras del Medio Oriente aliadas de Estados Unidos e implicadas en el financiamiento del terrorismo internacional, particularmente del DAESH, no forman parte de la lista del Departamento de Estado.
Cuba exige también la abrogación de la Ley de Ajuste cubano que adoptó el Congreso en 1966. Esta legislación, única en el mundo, estipula que todo cubano que emigre a Estados Unidos desde el 1 de enero de 1959, legal o ilegalmente, pacíficamente o por la violencia, consigue automáticamente al cabo de un año y un día el estatus de residente permanente. Por eso no hay ningún cubano en situación ilegal en el territorio estadounidense. Esta ley constituye una formidable herramienta de incitación a la emigración ilegal y permite a Estados Unidos arrebatar a Cuba su capital humano. Al mismo tiempo Washington limita el número de visas concedidos cada año a 20.000, lo que alimenta así la peligrosa y lucrativa industria criminal de la emigración ilegal.
En lo relativo a la problemática migratoria, La Habana pide también la abrogación de la política gubernamental “Pies secos/pies mojados” que se adoptó a principios de los años 1990. Esa ley estipula que todo cubano candidato a la emigración interceptado en plena mar por las autoridades estadounidenses es automáticamente devuelto a Cuba. En cambio si llega a pisar tierra se beneficia de la Ley de Ajuste Cubano.
Guantánamo, que Estados Unidos ocupa ilegalmente desde 1902, constituye también un punto de fricción. En efecto, tras la intervención estadounidense de 1898 en la Guerra de Independencia de Cuba, Washington impuso la integración de la enmienda Platt en la nueva Constitución so pena de mantener indefinidamente la ocupación militar de la isla. Este apéndice legislativo, que hacía de Cuba un protectorado sin verdadera soberanía, estipulaba, entre otros asuntos, que Cuba tenía que arrendar a Estados Unidos un parte de su territorio por una duración de 99 años renovables indefinidamente… a partir del momento en que uno de los dos campos estuviera favorable a ello. Tras la abrogación de la enmienda Platt en 1934 se mantuvo la base naval de Guantánamo por la irrisoria suma de 4.000 dólares anuales. Desde el 1 de enero de 1959 el Gobierno cubano se niega a percibir la retribución anual y exige la devolución del territorio. Hasta hoy Washington rechaza toda idea de retirarse de Guantánamo.
El financiamiento de la oposición interna constituye también un tema de discordia entre Washington y La Habana. Ilegal según el Derecho Internacional, la legislación cubana y cualquier código penal del mundo, el apoyo a la disidencia cubana con el objetivo de derrocar el orden establecido ha sido uno de los principales pilares de la política exterior estadounidense respecto a la Isla desde 1959. Aunque esta política fue clandestina de 1959 a 1991 se volvió pública y reivindicada desde la adopción de la Ley Torricelli de 1992. En efecto, el artículo 1705 de dicha legislación estipula que se dedica un presupuesto al financiamiento de una oposición interna en Cuba. Se ratificó esta disposición en la Ley Helms-Burton de 1996 (artículo 109) y en los dos informes de la Comisión de Asistencia para una Cuba Libre de 2004 y 2006. Hoy Washington dedica como promedio 20 millones de dólares anuales a conseguir un “cambio de régimen” en Cuba, en flagrante violación del Derecho Internacional. Además los diplomáticos estadounidenses destinados en La Habana brindan regularmente apoyo material, logístico y financiero a los grupos de disidentes, mofándose de la Convención de Viena.
La Habana reclama también el fin de las transmisiones radiales y televisivas de Radio y TV Martí, respectivamente creadas en 1983 y 1990 por el gobierno federal, con el objetivo de incitar a la población a sublevarse contra el poder. Sus programas se destinan exclusivamente a Cuba y se difunden violando la legislación internacional sobre las telecomunicaciones, interfiriendo con las ondas cubanas.
Las autoridades de la isla exigen por fin que desaparezcan los grupúsculos violentos implicados en el terrorismo contra Cuba. Conviene recordar que el pueblo cubano fue víctima entre 1959 y 1997 de cerca de 7.000 atentados terroristas, organizados desde Estados Unidos, que costaron la vida a 3.478 personas e infligieron secuelas permanentes a otras 2.099, sin hablar de los innumerables daños materiales.
Luis Posada Carriles es un caso emblemático. Expolicía bajo la dictadura de Fulgencio Batista, antiguo agente de la CIA que participó en la invasión de Bahía de Cochinos, Posada Carriles es el autor intelectual de más de un centenar de asesinatos. Es particularmente responsable del primer acto de terrorismo aéreo del continente americano con el atentado contra el avión civil de Cubana de Aviación el 6 de octubre de 1976 que costó la vida a 73 personas, entre ellas todo el equipo juvenil de esgrima que acababa de ganar los Juegos Panamericanos. Posada Carriles es también responsable de la ola terrorista que golpeó la industria turística cubana en 1997, que causó decenas de víctimas y costó la vida a Fabio di Celmo, un turista italiano.[3]
No hay la menor duda en cuanto a la culpabilidad de Luis Posada Carriles. No hace falta prestar atención a las acusaciones procedentes de La Habana. En efecto, los informes del FBI y de la CIA son explícitos al respecto: “Posada y Bosch orquestaron el atentado con bomba contra el avión”.[4] Del mismo modo, en su autobiografía Los caminos del guerrero reivindica abiertamente su trayectoria terrorista. Por otra parte, el 12 de julio de 1998 Posada Carriles concedió una entrevista al New York Times en la cual se jactaba de ser la persona que había cometido el mayor número de actos terroristas contra Cuba, reivindicando la paternidad intelectual de los atentados de 1997. Según él, el turista italiano “se encontraba en el lugar equivocado en el momento equivocado”. [5] Hoy Luis Posada Carriles vive tranquilamente en Miami y Estados Unidos se niega a juzgarlo por sus crímenes.
Mientras no se resuelvan estas cuestiones, a saber, levantamiento de las sanciones económicas, retirada de Cuba de la lista de países patrocinadores del terrorismo internacional, abrogación de la Ley de Ajuste Cubano, devolución de la base naval de Guantánamo, fin del financiamiento de la oposición cubana y enjuiciamiento de Luis Posada Carriles, será difícil esperar una plena normalización de las relaciones bilaterales. Excepto el levantamiento de las sanciones económicas Washington no parece dispuesto, por ahora, a realizar cambios sustanciales en estos campos.
Por su parte Cuba ha expresado su disposición a discutir sobre las eventuales compensaciones para las propiedades estadounidenses nacionalizadas en los años 1960, de acuerdo con lo que manda el Derecho Internacional. Pero las autoridades de La Habana también han declarado que, en paralelo a esas negociaciones, deberá abrirse un diálogo sobre el costo causado por las sanciones económicas y la política de agresión contra la isla desde 1959, con las inevitables indemnizaciones.
En el diferendo histórico que opone Cuba a Estados Unidos conviene recordar una verdad poco considerada por les medios informativos. En este conflicto asimétrico hay un agresor –Washington– y una víctima –el pueblo de Cuba-. En efecto, al contrario que Estados Unidos, Cuba no ocupa ilegalmente y por la fuerza una parte del territorio estadounidense, no impone sanciones económicas a su vecino, jamás ha invadido Estados Unidos (Bahía de Cochinos) y nunca ha amenazado al pueblo estadounidense con una desintegración nuclear (crisis de los misiles). Por otra parte, La Habana no pide un cambio de régimen en Estados Unidos, no emite transmisiones ilegales y no financia a una oposición interna con el fin de derrocar el orden establecido.
Existe una condición previa indispensable para la normalización de las relaciones bilaterales entre ambas naciones: Estados Unidos debe renunciar a su objetivo estratégico de “cambio de régimen” y aceptar la realidad de una Cuba soberana e independiente. Todo intento de intromisión en los asuntos internos de la isla está condenado al fracaso pues La Habana no está dispuesta a negociar su sistema político o su modelo de sociedad, competencia exclusiva del pueblo cubano. Las únicas relaciones viables entre Cuba y Estados Unidos serán las que se cimienten en torno a tres principios fundamentales: la igualdad soberana, la reciprocidad y la no injerencia.
[1] U.S. Department of State, «State Sponsors of Terrorism», abril de 2014.http://www.state.gov/j/ct/list/c14151.htm (sitio consultado el 9 de mayo de 2014).
[2] Communauté des Etats latino-américains et caribéens, «Déclaration de la CELAC à propos de l’inclusion de Cuba dans la liste des Etats promoteurs du terrorisme», 7 de mayo de 2014. http://www.granma.cu/idiomas/frances/notre-amerique/8mayo-celac.html(sitio consultado el 9 de mayo de 2014).
[3] Salim Lamrani, Cuba, ce que les médias ne vous diront jamais, Paris, Estrella, 2009, p. 135-154.
[4] Federal Bureau of Investigation, « Suspected Bombing of Cubana Airlines DC-8 Near barbados, West Indies, October 6, 1976 », 7 octobre 1976, Luis Posada Carriles, the Declassified Record, The National Security Archive, George Washington University.http://www.gwu.edu/ nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB153/19761008.pdf (sitio consultado el 3 de junio de 2013).
[5] Ann Louise Bardach & Larry Rohter, « Key Cuba Foe Claims Exiles’ Backing », New York Times, 12 de julio de 1998.