Articolo pubblicato nel quotidiano argentino Pagina/12 del 9 gennaio e tradotto da Francesco Cecchini per Ancora Fischia il Vento. Il link con l’ articolo originale è il seguente:
www.pagina12.com.ar
Un’ inchiesta giornalistica pubblicata in Italia ha ricordato l’ impunità di Malatto, Reverberi e Troccoli, accusati di violazioni dei diritti umani in Argentina e Uruguay.
Sono tre uomini anziani, stabilitisi da tempo in Italia, amati dai vicini, la maggior parte dei quali non sa chi siano. A Battipaglia, 70 chilometri a sud di Napoli, vive Jorge Néstor Troccoli, ex capo dei servizi segreti uruguaiani. In provincia di Parma vive Franco Reverberi, sacerdote accusato di aver assistito alla tortura di detenuti in un carcere clandestino della provincia di Mendoza. Carlos Luis Malatto vive in Sicilia e ha agito in RIM22, il Reggimento di Fanteria da Montagna di San Juan.
Un articolo lungo e dettagliato, che includeva il lavoro investigativo di nove giornalisti provenienti da Spagna, Francia e Italia, ed è stato pubblicato questa settimana dal quotidiano italiano La Repubblica ha fatto conoscere al pubblico la storia dei due militari e del sacerdote accusati di gravi violazioni dei diritti umani negli anni ’70, sotto il terrorismo di Stato, sfuggiti alla giustizia e che ora vivono in Italia. L’articolo informa dove e come vivono, chi li ha aiutati e chi li protegge, riportando alla luce così una questione che sembrava passata nel dimenticatoio, soprattutto in questi tempi di coronavirus.
I nove giornalisti delle redazioni di El Salto (un quotidiano alternativo a Madrid), di Streetpress della Francia (un portale web di informazione) e del Centro di Giornalismo permanente (un gruppo di giornalisti freelance che lavorano per un modello giornalistico alternativo) hanno scritto che i tre uomini anziani vivono in province italiane e conducono una vita tranquilla (…) Vivono senza essere notati, parlano bene l’italiano e si sono integrati nelle rispettive comunità. Nessuno può immaginare che siano ricercati per crimini contro l’ umanità commessi durante le dittature sudamericane degli anni ’70 “.
La Giustizia italiana ha respinto la richiesta di estradizione dei due italo-argentini in Argentina, perché il codice penale italiano non includeva il reato di tortura in quel momento. Ma è stato incluso nel 2015 e ora le cose stanno per cambiare.
Il 26 maggio il ministro della Giustizia italiano, Alfonso Bonafede, ha autorizzato un procedimento penale contro Malatto, mentre in Argentina, il 2 ottobre scorso, è stata presentata una nuova richiesta per chiedere per la seconda volta l’ estradizione in Argentina del sacerdote Reverberi. Il 24 giugno, inoltre, la Corte Suprema italiana annuncerà la sentenza definitiva sul processo Plan Condor (che persegue militari e politici di diversi paesi latinoamericani), che potrebbe confermare l’ergastolo richiesto per Troccoli, che per ora risiede in libertà sebbene non possa lasciare il paese in quanto gli è stato ritirato il passaporto.
Don (come si chiamano i preti in Italia) Franco Reverberi oggi ha 83 anni e vive in un piccolo paese della provincia di Parma, Sorbolo, dove è nato e che ha lasciato con i genitori per emigrare in Argentina a 11 anni. E’ rientrato nella sua città natale nel 2011 e da allora è parroco della Chiesa dei Santi Faustino e Giovita di Sorbolo. Nel 2012 la sua foto è apparsa sul sito web dell’organizzazione internazionale di polizia Interpol, accusato di crimini contro l’umanità e tortura. Per più di 40 anni Reverberi ha vissuto a San Rafael, Mendoza, dove negli anni della dittatura la Casa dipartimentale gestiva il centro clandestino. Don Franco era cappellano militare dell’Esercito e quando nel 2010 si tenne un processo a San Rafael contro diversi aguzzini, fu convocato dalla Giustizia a testimoniare. Diversi testimoni hanno detto che quando sono stati torturati, il cappellano era presente in abiti militari. Nel 2011 scappò in Italia nonostante sia stato convocato dalla giustizia argentina. Il 26 settembre 2012, l’Argentina ha richiesto l’estradizione ma è stata negata dalla giustizia italiana perché il codice penale non includeva il crimine di tortura.
Gli autori dell’articolo sono andati a cercare il parroco presso la chiesa dove continua a celebrare messe in Italia, e lì sono stati fermati da un altro sacerdote che da anni collabora con don Franco, che ha cercato di buttarli fuori sostenendo che sono passati più di 40 anni, devono lasciarlo in pace”. Ha anche detto di aver parlato con il vescovo locale della persecuzione dei giornalisti e gli ha detto di “dare loro un pugno nei denti”. Volete che vi mostri il messaggio del vescovo? Ha chiesto il sacerdote ai giornalisti.
Degli altri due casi di militari con passaporto italiano, Troccoli dall’Uruguay e Malatto dall’Argentina, si è sentito molto di più, soprattutto perché se l’ergastolo di Troccoli sarà confermato molto probabilmente a giugno dalla Corte Suprema andrà in prigione. Troccoli era il capo della S2, l’intelligence della marina uruguaiana. Nel 1996 è stato il primo militare a parlare di quanto accaduto durante la dittatura, ma quando in Uruguay sono iniziati i processi contro i militari, è fuggito in Italia. Nell’ottobre 2007 è arrivato a Marina di Camerota (a sud di Napoli), un piccolo paese di marinai da cui proveniva la sua famiglia. C’ era un mandato d’arresto internazionale contro di lui per il quale ha deciso di comparire spontaneamente davanti ai tribunali. È stato arrestato e imprigionato ma solo fino al 24 aprile 2008, quando è stato rilasciato perché l’ambasciata uruguaiana non ha trasmesso in tempo la richiesta di estradizione. Da allora ha vissuto come pensionato a Marina di Camerota per poi trasferirsi a Battipaglia. Forse pensava di essere libero per sempre fino a quando la Giustizia italiana non decise di perseguire 33 soldati e civili di diversi paesi latinoamericani per la scomparsa di circa 40 oppositori politici, molti dei quali di origine italiana, nell’ambito del cosiddetto Plan Condor. Nel 1977 Troccoli andò a Buenos Aires per catturare uruguaiani fuggiti nella capitale argentina. È accusato della morte di circa 20 persone.
Lo scorso maggio il ministero della Giustizia italiano ha autorizzato l’avvio di un processo contro Carlos Luis Malatto, che vive in Italia da più di 10 anni. Gli viene attribuito il rapimento e la morte di almeno cinque cittadini argentini, tra cui il rettore dell’Università di San Juan, Juan Carlos Cámpora.
Malatto ha cambiato più volte residenza da quando è scappato in Italia, viveva addirittura in una chiesa a Genova dove gli ha dato alloggio il sacerdote argentino José Galdeano Fernández. Successivamente Malatto si trasferì a L’ Aquila dove visse in una specie di residenza per suore dell’Istituto dei Servi di Maria Riparatrice. Da giugno 2019 vive a Portorosa, in provincia di Messina. L’articolo include anche dichiarazioni di Eloy Camus (nipote del governatore della provincia di San Juan che portava lo stesso nome), che quando aveva 18 anni fu rapito e torturato da uomini del RIM22. Eva Lerouc, figlia di Manuel, assassinato, e di Ana , scomparsa,una uccisa e sua venne a Roma per testimoniare davanti ai giudici, si recò dove vive Malatto in Sicilia e dichiarò: È molto brutto sapere che Malatto è ancora libero e che gode di una vita che un comune cittadino non può permettersi. È come se Hitler fosse andato a vivere alle Bahamas, libero di vivere una vita di piacere “,
Il link con l’ articolo pubblicato in La Repubblica è il seguente:
https://rep.repubblica.it
Un anno fa Ancora Fischia il Vento pubblicò un articolo sul criminale Malatto. Il link è il seguente;
www.ancorafischiailvento.org
NON DIMENTICARE NON PERDONARE!
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