Lenin, a 97 anni dalla sua morte, lo ricordiamo qui come ricordiamo Fidel, il nostro Lenin, il Lenin dei popoli del Terzo Mondo. Lo ricordiamo qui in questa Isola, dove i bolscevichi d’adesso, difensori dell’estremo redentore dei diseredati, ci manteniamo impegnati per essere trincee contro l’impero, convinti che questi 62 anni, facendo vibrare il mondo, sono la vigilia della conquista del cielo per assalto.
Ernesto Estévez Rams http://it.granma.cu
John Reed, descrivendo gli avvenimenti della Rivoluzione d’Ottobre, nel prologo della sua straordinaria opera ‘I dieci giorni che fecero tremare il mondo’, fa una verifica delle forze che combattevano per il potere nel mezzo di una Rivoluzione che non riusciva ancora a definire il colore del suo destino.
Da un lato quelle che definisce le classi possidenti che aspiravano a eliminare lo Zar e sostituirlo con un potere borghese, nello stile delle democrazie occidentali degli Stati Uniti e della Francia; dall’altro i bolscevichi che reclamavano di mettere al centro della Rivoluzione la lotta di classe e la necessità che tutto il potere andasse ai soviet.
Tra queste due forze definite estreme, John situa i socialisti «moderati», e le virgolette sono sue, non mie. I moderati credevano che la Russia non fosse pronta per una rivoluzione che portasse le masse popolari al potere, ossia una rivoluzione sociale:
«In conseguenza insistevano sulla collaborazione delle classi poderose nel governo. Da lì ad appoggiarle c’era solo un passo. I socialisti «moderati necessitavano la borghesia». Da questa moderazione emerse il tradimento o, nelle parole di Reed, quando i bolscevichi distrussero tutto il compromesso tra le classi questi moderati «si videro lottare a lato delle classi possidenti…
Attualmente, in quasi tutti i paesi del mondo si può osservare lo stesso fenomeno».
Per chiudere il suo giudizio su quello che accadeva, il giornalista nordamericano non dubita nel situare la sua militanza in uno degli estremi:
«Contrariamente ad essere una forza distruttiva, secondo me i Bolscevichi erano l’unico partito della Russia con un programma costruttivo (…). Se non fossero giunti al governo quando lo fecero, non ho il minimo dubbio che gli eserciti della Germania imperiale sarebbero andato a Pietrogrado e a Mosca in dicembre e che la Russia sarebbe stata nuovamente dominata dagli Zar».
I comunisti bolscevichi erano l’unica trincea reale contro il potere imperiale che la minacciava.
Alla guida della forza estremista , «il grande Lenin», come lo chiamò John Reed, che lo descrisse «di piccola e fornita figura, testa grande, calva e protuberante, piazzata sulle spalle; occhi piccoli, narice piatta, bocca generosa e mento massiccio (…) D’apparenza poco rilevante per essere l’idolo delle folle, era amato e rispettato come forse pochi leader della storia.
Uno strano leader popolare, che lo era solo per la virtù del suo intelletto (…) con il potere di spiegare idee profonde in termini semplici, il potere d’analizzare concretamente le situazioni. E, combinata con la sagacità, la maggior audacia intellettuale».
Lenin, a 97 anni dalla sua morte, lo ricordiamo qui come ricordiamo Fidel, il nostro Lenin, il Lenin dei popoli del Terzo Mondo.
Lo ricordiamo qui in questa Isola, dove i bolscevichi d’adesso, difensori dell’estremo redentore dei diseredati, ci manteniamo impegnati per essere trincee contro l’impero, convinti che questi 62 anni, facendo vibrare il mondo, sono la vigilia della conquista del cielo per assalto.