Martí a Caracas: uomini sacri di Cuba e Venezuela

Martí chiese di servire il  Venezuela in quello che fosse necessario, come un figlio

Madeleine Sautié Rodríguez

Fu 140 anni fa il giorno memorabile in cui il viaggiatore giunse a Caracas e, senza togliersi di dosso la polvere del cammino, chiese come si arrivava alla statua di Bolívar, senza aver nemmeno pensato al luogo in cui soggiornare in quei paraggi.

La grandezza di  El Libertador suscitava nel cubano tanta emozione che lo  faceva piangere di fronte alla sua impotenza, sentiva tanta ammirazione  per quell’uomo infaticabile che volle che i bambini seppero della sua esistenza e scrisse di lui, parò loro in L’Età d’oro.

Come il Venezuela, Cuba allora era un paese oppresso, e i due sentivano nell’anima questo dolore.

Come l’eroe venezuelano  Martí  fu dirigente del popolo, perché nulla come la libertà della patria occupò uno spazio maggiore nella consultazione di se stesso.

Como a Bolívar, al viaggiatore importava il destino vittorioso dell’America, perché per tutti e due niente era tanto importante, quanto il luogo ristretto in cui si viene al mondo e per i due niente era importante più dell’umanità intera.  Non vollero vivere senza decoro perché portarono in sé quello di tutti coloro che vivevano contenti senza tenerne.

Quello che chiese di servire il Venezuela in ciò che era necessario, perché questa terra aveva in lui un figlio, si ribellò, come Bolívar, contro i saccheggiatori della fortuna. E come lui, pose la  sua vita ai piedi della dignità umana.

Solo gli ingrati hanno ritorto la rotta illuminata tracciata da loro. Che non si stupisca allora il mondo del destino assunto da Cuba e dal Venezuela.

Eredi di uomini sacri vanno in gruppo compatto «perché non passi il gigante delle sette leghe».

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