Bilancio, analisi e prospettive. Questo l’ordine del giorno della riunione tenuta dal presidente venezuelano, Nicolas Maduro, con la direzione del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), composta da 43 persone, e con quella della gioventù, (JPSUV), che conta 31 dirigenti. Un “potente strumento del popolo chavista”, ha detto Maduro, ricordando “la suprema intelligenza” del Comandante che ha fortemente voluto e fondato il PSUV nel 2007.
Un partito di quadri e di movimento, il più grande dell’America Latina, che conta quasi 8 milioni di iscritti, e che quest’anno (bicentenario della Battaglia di Carabobo), per la prima volta procederà alla campagna di tesseramento online, a causa della pandemia. Una discontinuità solo formale rispetto alle precedenti campagne di tesseramento, organizzate come un grande incontro tra generazioni in ogni piazza del Venezuela per mesi interi. Ora questo è impedito dalla pandemia, che impone il distanziamento sociale. Un impedimento che però diventa uno stimolo a rinnovarsi e a innovare il metodo di lavoro: una consegna per il 2021, in base al Plan Carabobo 200.
Il PSUV è infatti il partito di Chavez, l’uomo delle difficoltà, come già lo era stato Bolivar, e come ha dovuto esserlo Maduro che ha preso il testimone del Comandante. Il profilo dei due dirigenti, presenti al tavolo della presidenza con Maduro, il capitano Diosdado Cabello (primo vicepresidente del partito) e Eduardo Piñate, attuale ministro del Lavoro, hanno mostrato le principali anime confluite nel partito: quella della ribellione civico-militare del 4 Febbraio 1992, e quelle provenienti dalla lotta della sinistra radicale contro i governi della IV Repubblica.
“Conosco Piñate dal 1976 – ha ricordato Maduro – me lo ha presentato Juan Arias su una scalinata del liceo Jose Avalos El Valle. Era il responsabile politico della zona sud. Io sono stato militante della Liga Socialista. In quel momento, c’era Ruptura, braccio legale del Partito della Rivoluzione Venezuelana (PRV), di Douglas Bravo. Il PRV era clandestino, anche se la guerriglia allora aveva già perso forza. Noi giovani distribuivamo il giornale: diffondi, agita, organizza, ancora mi ricordo lo slogan. Vendevamo il giornale, inseguiti dalla polizia politica, la Disip. Molti di voi, allora – ha continuato, rivolgendosi ai giovani – non erano neanche un progetto in gestazione… 45 di lotta politica rivoluzionaria… Mai, però, abbiamo avuto tanta forza politica, tanta alleanza politica come quella che ottenuta con la rivoluzione bolivariana. L’abbiamo costruita con le nostre mani, tra tutti e tutte, per l’unità, perché ci siamo mantenuti uniti, vero Pedro Carreño?”.
Giovani e meno giovani ascoltano: ex guerriglieri, insorti del 4 Febbraio, militanti della sinistra radicale e del Partito Comunista poi confluiti nel PSUV, come Jesus Faria. Da sopra la mascherina, gli occhi della “prima combattente”, Cilia Flores, avvocata di Chavez quando venne incarcerato a Yare, eletta nuovamente deputata, seguono attenti. Maduro rivendica la memoria storica, attacca l’estrema destra subalterna agli Stati Uniti: inconcludente, affarista e golpista. Poi, affonda il coltello nella polemica con quelle frange “settarie e divisioniste” che hanno deciso di rompere l’alleanza del Gran Polo Patriottico, e che ora prendono strumentalmente a bersaglio le politiche del PSUV, intento – come ai tempi di Lenin – a tentare la sua “Nep” per contrastare le “sanzioni” imperialiste.
Maduro ha definito “sinistra obsoleta” il dogmatismo di chi muove critiche virulente alle politiche del PSUV come se fosse il bersaglio principale. Sulle reti sociali, qualcuno degli interessati gli ha ricordato che quel termine veniva impiegato contro l’estrema sinistra in cui militava lo stesso presidente. E questi ha ribattuto: “Abbiamo sopportato con pazienza, con la pazienza degli operai, gli attacchi che a volte sembravano simili a quelli di Mike Pompeo o Elliott Abrams. Ma ora, basta. Basta con il divisionismo, li denunceremo al popolo per nome e cognome”.
E tornano le lotte di linea o di frazione. Perché il PSUV è un bene prezioso. Perché, a fronte della frammentazione che impedisce alle forze popolari di vincere nei paesi europei e in quelli neoliberisti dell’America Latina, l’unità che ha portato al governo il blocco bolivariano e socialista in Venezuela, è un bene prezioso. Perché il nemico è pronto ad approfittare di ogni più piccola crepa, e di questo la direzione del PSUV ha piena coscienza.
La coscienza di classe, la formazione, la coesione e l’organizzazione sono state alla base della vittoria elettorale alle legislative del 6 dicembre, e di questo ha parlato Maduro felicitandosi con le organizzazioni politiche di base del partito, le Unità di Battaglia Bolivar Chavez (UBCH). Grazie all’impegno politico senza riserve, 100 di loro hanno potuto esibire percentuali di voto da record nelle comunità di diverse regioni. Maduro le elenca tutte, soffermandosi sulle prime quattro regioni per numero di voti realizzati in alcuni seggi: Maracaibo (81%), Anzoategui (80,7%), Monaga (79,5%), Portuguesa (78,4%).
Perché e come quelle Ubch hanno raggiunto questo risultato? Sarà compito di Diosdado portare una relazione circostanziata al presidente, in modo che si possa moltiplicare l’esperienza. “Avere l’80 per cento di partecipazione in una elezione sottoposta a ogni genere di pressione come quella che abbiamo portato a termine – ha detto il capitano – è un atto eroico, di forza politica e di coscienza politica. Abbiamo vinto, ma non dormiamo sugli allori, stiamo anzi procedendo a una revisione complessiva, fin nei minimi dettagli”.
Il PSUV farà quanto prima un bilancio e un’analisi, anche autocritica, per affrontare nuove sfide. Quest’anno vi saranno nuove elezioni, quelle regionali e comunali. Scadenze a cui si deve preparare non solo il partito, ma il paese, ha detto Cabello. E sarà fondamentale rafforzare ulteriormente le organizzazioni di base, veri e propri motori di coscienza e di organizzazione. Alla struttura organizzativa del partito, pensa Julio Cesar Leon Heredia, il quale – ha esortato Maduro – deve intercettare e favorire, insieme alla direzione della JPSUV, le nuove tendenze che sorgono man mano che la rivoluzione cresce, si consolida e, anche, si trasforma.
Alla gioventù, Maduro ha dedicato gran parte della sua relazione, rivolgendosi più volte a Rodbexa Poleo, segretaria generale della JPSUV. Bisogna coinvolgere – ha detto – tutti i settori, dagli operai, agli studenti, agli artisti, agli sportivi. Il 70% della classe operaia venezuelana, ha ricordato, ha meno di 40 anni.
Bisogna contendere il campo ai media egemonici, per le strade, sui muri, sulle reti sociali: “medios, redes y paredes”, è stato il fortunato slogan ideato per la campagna elettorale dalla Commissione Agitazione Propaganda Comunicazione del Partito, diretta da Tania Diaz, il cui lavoro è stato lodato dal presidente. Bisogna, infatti “imparare a parlare a un paese intero, imparare a vincere, ma anche a convincere, come diceva Chavez”.
Quattro gli assi di intervento illustrati dal presidente. Il primo riguarda la relazione tra il PSUV e il governo rivoluzionario. Qui si richiede al partito un ruolo più attivo e propositivo, di valutazione, critica, proposta (“sia privata, che pubblica”, ha detto Maduro). Il PSUV deve svolgere appieno il proprio ruolo di “avanguardia rivoluzionaria del popolo e della classe operaia”, di coordinamento e indirizzo delle forze alleate.
Il secondo punto attiene alla relazione partito-popolo. Al riguardo è stata nominata un’apposita commissione che “articoli una nuova politica di costruzione del potere popolare e di espansione della forza popolare nella rivoluzione bolivariana”. Ne fanno parte tutti i compagni che lavorano allo sviluppo dei movimenti sociali.
Tra questi, Hector Rodriguez, Eduardo Piñate, Gladys Requena, Mervin Maldonado, Aloa Nuñez e Francisco Torrealba per la classe operaia. A Torrealba, Maduro ha chiesto di fornirgli “una mappa politica e sociale delle forze della rivoluzione in 72 ore”. Il PSUV, è infatti un poderoso e ampio movimento alternativo socialista bolivariano, che consente – ha detto il presidente – anche a chi è meno giovane anagraficamente di provare gli stessi sogni, con la stessa energia e passione rivoluzionaria di quando aveva 15-20 anni.
Il terzo punto riguarda la relazione partito-parlamento. L’informativa che Maduro ha ricevuto dal presidente dell’Assemblea Nazionale, Jorge Rodriguez, indica un inizio promettente, con la nomina di diverse commissioni permanenti e speciali. Oltre al tema del dialogo nazionale, c’è quello della nomina del nuovo CNE che dovrà indire le prossime elezioni. Dal 2006 – ha spiegato Maduro – l’An non ha potuto nominare il CNE perché occorreva una maggioranza dei 2/3 e la destra si dedicava sempre al sabotaggio. È sempre toccato quindi al Tribunal Supremo de Justicia coprire il vuoto legislativo, com’è accaduto per le elezioni parlamentari del 2010, per le presidenziali del 2012 e 2013 e anche per le legislative del 2015, vinte dall’opposizione. Ma ora le condizioni ci sono, in questo parlamento, il chavismo ha 256 deputati sui complessivi 277, la commissione speciale che raccoglierà le candidature è già stata attivata.
Il quarto punto riguarda il rapporto tra il partito e le elezioni, e la necessità di rinnovare la “macchina elettorale” del PSUV in base a un nuovo tipo di organizzazione. Al riguardo, sarà fondamentale il ruolo del Consiglio politico nazionale, che riunisce molti quadri storici della rivoluzione bolivariana ed è coordinato dal comandante Reyes Reyes.
Il presidente ha insistito molto sulla necessità di consolidare la linea politica per unificare i militanti attraverso la formazione permanente e lo studio. “Con Eduardo Piñate e la sua equipe di importanti pensatori, intellettuali, esperti, venezuelani – ha detto – abbiamo elaborato un insieme di linee settimanali per 235 settimane”. Linee che si riflettono nei Bollettini del partito, che il presidente ha invitato a leggere e a dibattere.
“Non c’è mai una vittoria definitiva – ha concluso Maduro – ma lotte costanti e parziali e un apprendimento continuo. Tanti anni di militanza e di esperienza mi dicono che ogni giorno è un nuovo giorno e che se un partito che si dice rivoluzionario vuole davvero esserlo, deve rinnovarsi permanentemente, appoggiare il popolo e aprirsi al nuovo”.