Colombia: l’inizio dell’anno più violento dal 2016

da www.telesurtv.net Traduzione di Marx21.it


Finora, a gennaio, ci sono stati sei massacri nel paese; e l’omicidio di cinque ex combattenti e 14 leader sociali.  La Giurisdizione Speciale di Pace (JEP) della Colombia ha avvertito questo martedì che l’inizio del 2021 è risultato il più violento da quando, nel 2016, sono stati firmati gli accordi di pace tra il governo e le smobilitate Forze Armate Rivoluzionarie-Esercito popolare (FARC-EP) della Colombia.

Nel suo ultimo rapporto, la JEP afferma che le sue conclusioni sono “preoccupanti”, dal momento che dal 1 gennaio al 24 gennaio ci sono stati sei massacri, cinque omicidi di guerriglieri smobilitati e soggetti al processo di pace, tre molestie e 14 omicidi commessi contro leader sociali .

A sua volta, la procura della JEP  ha segnalato 14 scontri armati tra “strutture criminali” e altri sette tra gruppi illegali. “Durante il periodo esaminato, ogni quattro giorni è stata registrata anche una strage”, spiega il documento, con un bilancio di “18 vittime, tra cui due bambini”.

La JEP ha anche sottolineato che un ex guerrigliero delle FARC viene assassinato ogni cinque giorni, ragion per cui è necessario che il governo si attenga agli accordi firmati nel 2016 all’Avana, poiché molti di loro hanno ancora vertenze con i tribunali.

Sebbene il rapporto indichi che l’attività dei dissidenti delle FARC-EP e delle squadre paramilitari sia stata rilevata nei comuni in cui sono stati commessi questi omicidi, la presenza di questo tipo di strutture armate illegali “non spiega” di per sé le ragioni per cui si verificano questi crimini.

Anche la violenza contro i leader sociali non si ferma, secondo il rapporto del JEP. Oltre agli omicidi, uno ogni 41 ore, continuano a crescere le minacce e le molestie nei confronti di persone che esercitano un ruolo di leadership nei propri comuni, soprattutto in quelli dove gruppi armati illegali disputano sui proventi del traffico di droga.


Il Tribunale dei popoli giudicherà lo Stato colombiano per genocidio

Gran parte degli omicidi commessi avviene per mano della polizia. Sotto la presidenza di Iván Duque sono stati uccisi 167 leader indigeni. Mentre prosegue la guerra sporca contro gli ex appartenenti alla guerriglia.

di David Lifodi (*)

Dal 25 al 27 marzo prossimi il Tribunale permanente dei popoli (Tpp) giudicherà lo Stato colombiano per genocidio.

Il Tpp si occuperà per la terza volta della situazione colombiana, dopo averla già studiata e analizzata nel 1991, nell’ambito della Sesión sobre La impunidad de los crímenes de lesa humanidad en América Latina, e nel triennio 2006-2008, quando aveva affrontato gli aspetti legati alla violazione dei diritti dei popoli da parte delle imprese transnazionali.

L’attenzione del Tpp rivolta alla Colombia deriva principalmente dai ripetuti solleciti giunti al Tribunale da oltre cento organizzazioni sociali e da più di 170 attivisti per i diritti umani, artisti, intellettuali e personalità politiche colombiane.

Per il Tpp si tratta della sessione numero 48, dal titolo “El Genocidio Político en Colombia 2021”, e sarà inaugurata in maniera virtuale il prossimo 26 gennaio con la presenza, tra i giurati, degli italiani Luciana Castellina e Luigi Ferrajoli.

I movimenti sociali denunceranno, nel corso della sessione, non solo il genocidio politico utilizzato come arma dallo Stato colombiano, ma anche i molteplici crimini compiuti contro lottatori sociali, leader indigeni, ex esponenti della guerriglia delle Farc e sindacalisti a seguito della firma degli accordi di pace tra lo Stato e il più longevo gruppo della lotta armata in America latina.

Le sentenze del Tribunale permanente dei popoli, ovviamente, non sono vincolanti per i giudicati (stati, multinazionali, esponenti politici), ma rappresentano comunque un ammonimento per coloro che vengono ritenuti colpevoli e servono, inoltre, per evidenziare i limiti del Sistema internazionale di protezione dei diritti umani.

Secondo un dossier curato dall’organizzazione non governativa Temblores, buona parte degli omicidi commessi in Colombia avviene per mano della polizia, colpevole di ben 289 uccisioni tra il 2017 e il 2019, ma solo lo 0,69% dei crimini si conclude con una condanna degli agenti.

La polizia commette un omicidio quasi ogni 4 giorni. I dipartimenti del Paese dove si verifica il maggior numero di abusi e violenze da parte delle forze dell’ordine sono quelli di Antioquia, Atlántico e Bolívar e, a farne le spese, sono principalmente i giovani. Tra i casi più significativi, che vedono anche un preoccupante aumento degli abusi sessuali da parte degli agenti, il caso di Dilan Cruz, ucciso il 23 novembre 2019 da un colpo di arma da fuoco sparato dall’ufficiale Manuel Cubillos, appartenente al famigerato Escuadrón Móvil Antidisturbios (Esmad) nel corso di una manifestazione.

La scelta del Tribunale permanente dei popoli di giudicare lo Stato colombiano risulta essere particolarmente opportuna a seguito della denuncia della Comisión Intereclesial de Justicia y Paz, che ha accusato il governo del presidente Iván Duque di essere responsabile dell’assassinio di 167 leader indigeni.

Soltanto in questi ultimi giorni, la lista degli omicidi registra la morte di Linda Patricia Díaz, uccisa da uomini armati il 20 gennaio scorso per la sua militanza in qualità di lottatrice sociale del municipio di Cáceres (dipartimento di Antioquia), per il quale si era candidata anche al consiglio comunale.

Il giorno precedente, dopo un sequestro protrattosi per circa quattro ore, era stato liberato Jesús Bailarín, leader Emberá della Guardia ambientale di Nuevo Cañaveral, rapito da otto paramilitari delle Autodefensas Gaitanistas che lo accusavano di far parte del Frente 35 della guerriglia dell’Eln. L’uomo è stato minacciato e sulla sua testa i rapitori hanno messo una busta per fargli credere che l’avrebbero soffocato se non avesse confessato la sua appartenenza alla guerriglia, nella quale Jesús Bailarín non ha mai militato.

L’agronegozio e l’estrazione mineraria rappresentano i maggiori motivi di conflitto sociale tra comunità indigene e multinazionali spalleggiate dallo Stato e dagli stessi paramilitari, spesso alleati dell’esercito e della polizia regolare.

A caldeggiare l’impunità per militari e paras vi è, ancora una volta, il presidente Iván Duque, che non è mai intervenuto nemmeno in relazione ai numerosi casi di falsos positivos, giovani delle periferie urbane o campesinos uccisi dalla polizia spesso in circostanze poco chiare e fatti passare dallo Stato come membri della guerriglia, contro i cui ex appartenenti, peraltro, prosegue una guerra sporca che ha già assassinato, tramite omicidi selettivi, numerosi militanti della lotta armata che avevano deposto le armi a seguito degli accordi di pace.

In relazione alla Colombia non si può non ricordare la frase di Simón Bolívar, Maldito el soldado que levante sus armas contra el pueblo!, in un Paese che attende una pace duratura, ma soprattutto reale.

Questo è ciò che auspica anche il Tribunale permanente dei popoli, il cui progetto è quello di dare voce, visibilità e riconoscimento di giustizia al popolo colombiano e a tutti quei popoli privati violentemente dei loro diritti.

(*) Fonte: Peacelink

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