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Nonostante il presidente Barack Obama abbia riconosciuto lo scorso 17 dicembre che la politica attuata dagli USA contro Cuba è stata un fallimento, le sue nuove proiezioni seguono lo stesso percorso.
Evidentemente non cambiano perché i loro obiettivi sono gli stessi. Una delle linee che ora intendono lavorare per sovvertire il sistema socialista cubano, è l’approccio e il sostegno finanziario al settore dei lavoratori privati, qualcosa che si prevede come un altro grande fallimento.
Gli USA sognano di vedere rifiorire il capitalismo nell’isola, come se potessero cancellare dalla mente del popolo, perfino dei più giovani, i problemi che quel sistema lasciò a Cuba, dove le differenze di classe, di genere, razza e la povertà che quel sistema impose, fossero ora la salvezza del paese.
Dimenticano gli ideologi della Casa Bianca, che è stata la Rivoluzione cubana che ha restituito la dignità al paese, conosciuto oggi in tutto il mondo grazie ai suoi progressi nel campo dell’istruzione, della salute, della cultura, della scienze, dello sport e sovrappiù di umanità, nelle multipli missioni solidarie ad altri popoli?
Solo nel 2013, 103 milioni 611 mila 788 persone nel mondo hanno ricevuto il supporto scientifico cubano pieno di amore e di umanità, in 30 paesi dell’ Africa, 25 in America Latina e nei Caraibi, 10 in Asia, Pacifico e Medio Oriente, e uno d’Europa, grazie ai 46295 medici, infermieri e tecnici sanitari che offrono il loro servizio a questi popoli.
Penseranno che con i professionisti privati questo sarebbe stato possibile?
Cuba prima del 1959 aveva solo 98 ospedali, di cui solo uno in campagna ed esistevano solo 2026 infermiere.
Oggi Cuba presenta un tasso di mortalità infantile di 4,2 per mille nati vivi e materna di 21 per ogni 100 mila nati vivi.
Prima del 1959, i dati ufficiali assicurano, che esistevano a Cuba un milione e mezzo di cittadini disoccupati o sottoccupati. I contadini non disponevano di terre per coltivare, senza scuole né medici e nessuna sicurezza sociale. Si registravano 400mila lavoratori agricoli disoccupati nel 1958.
Nel 1956 il dittatore Fulgencio Batista, sponsorizzato da Washington, chiuse l’Università di L’Avana, riaperta dopo il trionfo della Rivoluzione nel 1959. Il livello di istruzione generale dei quasi sei milioni di cubani in quell’ anno era di solo due gradi.
Il trionfo di Fidel Castro diede lavoro immediatamente a 10mila insegnanti disoccupati presenti nel 1959, ciò permise che 550 mila bambini dai 6-14 anni che non andavano a scuola potessero farlo, secondo il censimento ufficiale dell’epoca batistiana.
Obsoleti i funzionari USA che pensano che stimolare il settore privato cubano possa migliorare l’economia e la promozione di un’opposizione al governo, che loro insistono nel qualificare come “società civile indipendente”.
Ci sono attualmente 483396 lavoratori privati a Cuba, a fronte dei più di quattro milioni di dipendenti nell’economia dello stato.
Lo sviluppo di una nazione non può essere basato su piccole imprese come ristoranti, bar, foderatori di bottoni, caricatori d’accendini, tassisti, fotografi, riparatori di tutti i tipi di oggetti e locatori di abitazioni.
Pretendendo più creare e preparare un’ opposizione al governo che migliorare l’economia del paese, attraverso investimenti nell’estrazione di minerali, nel settore energetico, dei materiali da costruzione, o nel settore farmaceutico e della biotecnologia, gli USA e alcuni alleati come la Chiesa Cattolica cubana, si sono datti il compito di fornire corsi per giovani imprenditori, attraverso un programma chiamato “Cuba -Intraprende”, progettato in Miami con il sostegno del Gruppo di Studio Cuba.
Nel Centro Culturale “Padre Félix Varela”, parte dell’Arcidiocesi dell’Avana, si offrono corsi di consulenza alle imprese in collaborazione con l’Università di Loyola e della Salle, insieme anche ad un master in amministrazione d’impresse impartito da professori dell’Università Cattolica di Murcia.
Perché ora questo interesse di preparare i lavoratori privati?
Il motivo è chiaro, da ora bisogna preparare la futura opposizione politica; per questo la sottosegretaria di Stato Roberta Jacobson, ha affermato nel corso di un’audizione al Congresso ai primi di febbraio: “Ho incontrato sette di questi imprenditori, persone che stanno veramente cercando di gestire le proprie aziende, ristoratori, barbieri, donne che fanno i saponi o decorazioni tessili e si possono vedere persone che stanno cominciando a separare il proprio futuro dal governo … E’ quelle persone che vogliamo aiutare”.
Se invece di perdere tempo a preparare quei lavoratori che non hanno peso nell’economia cubana, cogliessero le opportunità offerte dalla nuova legge 188 per gli Investimenti Esteri, approvata dal Parlamento nel marzo 2014, gli USA potrebbero avere maggiore opportunità d’affari con risultati favorevoli per entrambi i popoli.
Purtroppo questo non gli interessa; loro insistono nel distruggere la Rivoluzione, ma sono condannati al fallimento.
Per questo ora più che mai i cubani devono ricordare le parole di José Martí, quando disse: “… impedire per tempo con l’indipendenza di Cuba che si estendano per le Antille gli USA e cadano, con quella forza ancora, sulle nostre terre d’America”.
De espaldas a la realidad
A pesar que el Presidente Barack Obama reconoció el pasado 17 de diciembre que la política ejecutada por Estados Unidos contra Cuba fue un fracaso, sus nuevas proyecciones siguen la misma ruta.
Evidentemente no cambian porque sus objetivos son los mismos.Una de las líneas que ahora pretenden trabajar para subvertir el sistema socialista cubano, es el acercamiento y apoyo financiero al sector de trabajadores privados, algo que se pronostica como otro gran fracaso.
Estados Unidos sueña con ver el capitalismo florecer nuevamente en la Isla, como si pudieran borrar de la mente del pueblo, incluso de los más jóvenes, los problemas que ese sistema dejó en Cuba, donde las diferencias de clases, de género, raza y la pobreza que ese sistema impuso, fueran ahora la salvación del país.
¿Olvidan los ideólogos de la Casa Blanca que fue la Revolución cubana quien devolvió la dignidad al país, conocido hoy en el mundo gracias a sus avances en educación, salud, cultura, ciencias, deportes y derroche de humanidad, en las múltiples misiones solidarias con otros pueblos?
Solamente en el año 2013, 103 millones 611 mil 788 personas en el mundo recibieron la ayuda científica cubana llena de amor y humanismo, en 30 países de África, 25 América Latina y el Caribe, 10 de Asia, el Pacífico y Medio Oriente, y uno de Europa, gracias a los 46 mil 295 médicos, enfermeras y técnicos de la salud que prestan su servicio a esos pueblos.
¿Pensarán que con profesionales privados eso hubiese sido posible?
Cuba ante de 1959 solo contaba con 98 hospitales y de ellos uno en el campo y solo existían 2 mil 26 enfermeras.
Hoy Cuba exhibe una tasa de mortalidad infantil de 4,2 por mil nacidos vivos y materna de 21 por 100 mil nacidos vivos.
Antes de 1959 cifras oficiales aseguran que existían en Cuba millón y medio de ciudadanos sin trabajo o sub empleados. Los campesinos no disponían de tierras para cultivar, sin escuelas, médicos ni seguridad social alguna. Se contabilizaban 400 mil obreros agrícolas desocupados en 1958.
En 1956 el dictador Fulgencio Batista, apadrinado por Washington, cerró la Universidad de la Habana, abierta nuevamente después del triunfo de la Revolución en 1959. El nivel escolar general de los casi seis millones de cubanos en ese año era de solo dos grados.
El triunfo de Fidel Castro les dio trabajo inmediato a 10 mil maestros desempleados que encontró en 1959, lo que permitió que unos 550 mil niños de 6 a 14 años que no asistían a la escuela pudieran hacerlo, según censos oficiales de la época batistiana.
Trasnochados los funcionarios estadounidenses que piensen que estimular al sector privado cubano puede mejorar la economía y la promoción de una oposición al gobierno, que ellos insisten en calificar como “sociedad civil independiente”.
En la actualidad existen 483 mil 396 trabajadores privados en Cuba, en comparación con los más de cuatro millones empleados en la economía estatal.
El desarrollo de una nación no puede estar basado en negocios pequeños como restaurantes, cafeterías, forradores de botones, rellenadores de fosforeras, choferes de taxis, fotógrafos, reparadores de todo tipo de objetos y arrendadores de vivienda.
Pretendiendo más en crear y preparar una oposición al gobierno que en mejorar la economía del país, mediante inversiones en la extracción de minerales, la industria eléctrica, de materiales de la construcción, o en la industria farmacéutica y la biotecnología, Estados Unidos y algunos aliados como la Iglesia Católica cubana, se han dado a la tarea de ofrecer cursos para jóvenes emprendedores, a través un plan denominado “Cuba- Emprende”, diseñado en Miami con apoyo del Cuba Study Group.
En el Centro Cultural “Padre Félix Varela”, adscrito al Arzobispado de la Habana, se ofrecen talleres de asesoramiento empresarial en colaboración con la Universidad de Loyola y de la Salle, además de una maestría en administración de empresas impartida por profesores de la Universidad Católica de Murcia.
¿Por qué ahora ese interés de preparar a los trabajadores privados?
La razón es clara, desde ahora hay que preparar a la futura oposición política; de ahí que la subsecretaria de Estados Roberta Jacobson, afirmara en una audiencia en el Congreso a inicios de febrero: “Me reuní con siete de estos empresarios, gente que realmente está tratando de administrar sus propios negocios, dueños de restaurantes, barberos, mujeres que hacen jabones o decoraciones textiles y uno puede ver personas que están comenzando a separar su propio futuro del gobierno…Es a esas personas a quienes queremos ayudar”.
Si en vez de perder el tiempo en preparar a esos trabajadores que no tienen peso alguno en la economía cubana, aprovecharan las oportunidades que brinda la nueva Ley 188 para la Inversión Extranjera, aprobada por el parlamento en marzo del 2014, Estados Unidos pudiera tener mayores posibilidades de negocios con resultados favorables para ambos pueblos.
Desgraciadamente eso no les interesa; ellos insisten en destruir a la Revolución, pero están condenados al fracaso.
Por eso ahora más que nunca los cubanos tienen que recordar las palabras de José Martí cuando aseguró: “…impedir a tiempo con la independencia de Cuba que se extiendan por las Antillas los Estados Unidos y caigan, con esa fuerza más, sobre nuestras tierras de América”.