Più del 70% della popolazione cubana è nata sotto il blocco USA, unico al mondo per la sua durata, ma anche per la capacità del popolo di resistere ed evitare un’aggressione continua. Questo ha plasmato l’essere ed il fare della società cubana.
Dal Nord Globale, è stato preso atto di quanto accaduto sui costumi, quotidianità, stili di vita, comportamenti, percezioni, creazioni ed altri elementi della sua cultura, nonché della loro interazione con i nuovi elementi comunicativi centrati su Internet e reti sociali.
E’ per questo che il Movimento San Isidro (MSI) appare sulla scena politica cubana, da quando il governo di quel paese ha pubblicato, nel luglio 2018, il decreto 349/2018 che regola l’attività artistica, le associazioni di artisti cubani hanno reagito al riguardo. Lo strumento legale sarebbe entrato in vigore il 7 dicembre, ma è stato criticato da figure che appoggiano il governo rivoluzionario, come Silvio Rodríguez, ed ha ricevuto una forte opposizione da parte di altri artisti, compresi alcuni che partecipano al mercato artistico globale.
Le proteste contro il decreto, alcune che includevano azioni violente e destabilizzanti, hanno portato all’arresto di persone legate al MSI che hanno cercato l’escalation di un conflitto più ampio piuttosto che dialogare, anche quando sono state rilasciate. Ha anche generato dibattiti e vari incontri tra autorità e settori della cultura, per cui il governo ha deciso di sospenderlo e di studiarne chiarimenti al riguardo.
NUOVO ROUND PER ATTIZZARE IL CONFLITTO PERMANENTE
La campagna del MSI ha cercato di coinvolgere coloro che sostengono criticamente il nuovo statuto e generare polemiche tra attivisti e professionisti della cultura, sostenuta dall’Ambasciata USA a L’Avana che, al momento, ha twittato a favore della “libertà artistica”, con il motto molto poco diplomatico: “No al decreto 349”. Inoltre, gli operatori della sede diplomatica hanno espresso le loro opinioni su detenzioni ed incidenti in coro con la stampa cartellizzata che il proprio governo finanzia.
I membri dell’MSI hanno protestato contro l’arresto, il 9 novembre 2020, del rapper Denis Solís, un membro che ha ricevuto una condanna a otto mesi di reclusione per aver aggredito un agente di polizia. Da allora sono derivati appelli alla protesta per esigere la liberazione di Solís e la libertà di espressione (o di essere pubblicizzati).
Il passato 27 gennaio, tre mesi dopo i fatti accaduti nello stesso luogo, erano state convocate tre persone legate ai fatti del novembre scorso per uno spazio di dialogo; tuttavia, un gruppo di circa 30 persone si è radunato davanti al Mincult (Ministero della Cultura cubano) con il presunto obiettivo di protestare contro diversi arresti avvenuti quel giorno e sono stati convocati per dialogare sul posto dal Vice Ministro della Cultura, Fernando Rojas, a cui il gruppo si è rifiutato.
Successivamente, lo stesso ministro della Cultura, Alpidio Alonso, si è presentato alla manifestazione e, dopo che uno dei manifestanti gli avvicinava il cellulare alla faccia, gli ha strappato il dispositivo dalle mani. Ciò è servito come scusa per far esplodere il solito spettacolo mediatico a cui si è aggiunta una rete di media digitali, diffondendo la storia di un “violento attacco contro i giovani che manifestavano pacificamente davanti alla sede dell’istituto”.
Il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha denunciato le azioni intraprese contro funzionari ed enti statali, in un’azione che punta a provocazioni in un ambiente in cui il paese sta affrontando la politica ostile del blocco.
In modo sincrono, a Miami, la filiale dell’MSI in quella città si è espressa a favore dei detenuti e dei presunti aggrediti. Come è noto, gli eventi di novembre hanno suscitato scalpore mediatico a causa del fatto che alcuni membri del MSI hanno organizzato uno sciopero della fame per chiedere la libertà di Solís.
La novità, che non lo è poi tanto, è che si circoscriva la polemica intorno al Mincult; ciò dà un’idea dell’agenda attuale. Non si tratta solo di irrompere di fronte ad una decisione legale, ma di negare il dialogo offerto in più occasioni per alimentare il conflitto permanente, le trasmissioni in diretta su reti sociali come Facebook Live mostrano che la motivazione è stata, essenzialmente, mediatica. Lo dimostra anche il tweet dell’Ambasciata USA a Cuba:
Il 29 gennaio, media come Cibercuba pubblicavano sulla presunta detenzione dei rapper, dell’MSI, Maykel Osorbo e Omar Mena all’uscire dalle loro case rispettivamente a L’Avana e Santa Clara. Inoltre, riferivano che anche l’attivista ed artista indipendente Luis Manuel Otero Alcántara era stato arrestato mentre stava andando a manifestare in Campidoglio.
Sono stati inoltre segnalati l’arresto del rapper Maykel Castillo, membro dell’MSI mentre usciva di casa, e dell’artista Yasser Castellanos davanti alle scale del Campidoglio. Gli stessi media hanno riferito che i detenuti sono stati rilasciati nelle ore successive; tuttavia, la narrativa vittimizzante persiste come parte di un’operazione psicologica.
Il 2 febbraio un giornalista del sito ADN Cuba, amministrato dagli USA, ha riconosciuto in un video, circolato sulle reti, di aver ricevuto tra i 150 ei 200 dollari per coprire l’evento.
I diritti umani dei cosiddetti “artivisti” sono insistentemente difesi da Cubalex, una ONG che lavora con fondi del National Endowment of Democracy (NED) e il cui portavoce a Cuba è Tania Bruguera, che ha appellato, insieme ad altri del MSI, a prendere il Campidoglio dell’Avana come la recente incursione in Washington.
CHI VUOLE ESSERE MERCENARIO? L’AFFARE DEI FONDI
L’articolazione virale che cerca di mostrare al mondo un clima di ingovernabilità a Cuba e di dare segnali sia alla nuova amministrazione Biden che ai suoi alleati, cerca anche di imporre una narrazione su un oscurantismo incurabile nella Rivoluzione cubana ed, internamente, generare un clima di sfiducia e discredito verso le istituzioni.
Nel 2013, un rapporto pubblicato dall’Ufficio per la Responsabilità Governativa degli USA (GAO) ha riferito che l’amministrazione Obama ha promosso una rete sociale equivalente a Twitter chiamato “Zunzuneo” che mirava a costruire un pubblico cubano, per lo più giovani, che in seguito sarebbero stati indotti alla dissidenza. Lo ammise anche l’allora amministratore USAID, Rajiv Shah.
Nel giugno 2017, l’ex presidente Trump ha rafforzato l’attacco a politici, giornalisti ed artisti allineati con la sovranità cubana creando la “Internet Task Force” attraverso un memorandum presidenziale. Questa entità assume netcenter (gestori di bot), cybermercenari e youtuber articolati con il cartello dei media creati, organizzati e pagati da Washington.
Account madri generano messaggi di odio e percezioni negative che vengono replicate nella rete di media “indipendenti” e reti sociali, di solito usano persone con un certo riconoscimento o popolarità, che fingono essere giornalisti o opinion leader, per cui le loro parole sono date come vere, benché non lo siano.
Sono influencer con tendenze ipercritiche, creati per generare empatia e tendenze ideologiche in migliaia di follower. Un altro elemento utilizzato è noto come hater, riguarda l’utente che si esprime con ostilità, riproduce discorsi di odio su persone, gruppi specifici della popolazione o su un tema.
In un articolo per Cuba Money Project intitolato “L’affare della democrazia a Cuba è in auge”, il giornalista Tracey Eaton ha sottolineato il finanziamento nascosto, in più modi, di decine di gruppi attraverso agenzie, società ed organizzazioni che quasi mai sono trasparenti nella gestione dei loro fondi. La sponsorizzazione di azioni che perseguono la sovversione ed il colpo di stato ha superato i 249,5 milioni negli ultimi due decenni.
Solo nel 2020, un rapporto basato su informazioni pubbliche gestite da agenzie come USAID nei loro portali digitali stima in 2,5 milioni di dollari la somma per finanziare iniziative sovversive. Questa è una cifra parziale, poiché “alcuni programmi sono così segreti che mai si rilevano i destinatari dei fondi”, spiega Eaton.
Il giornalista assicura inoltre che almeno 54 gruppi hanno gestito programmi sull’isola con denaro proveniente dall’USAID o dalla NED dal 2017, in coincidenza con l’arrivo di Donald Trump alla presidenza.
Poiché l’interesse per il MSI cresceva, il 24 novembre il Dipartimento di Stato USA ha offerto fino a 1 milione di dollari per programmi che avrebbero aumentato i “diritti civili, politici, religiosi e lavorativi a Cuba”.
I funzionari stavano cercando proposte che “rafforzassero la capacità dei gruppi indipendenti della società civile a Cuba per promuovere i diritti civili e politici sull’isola ed aumentare la responsabilità dei funzionari cubani per violazioni dei diritti umani e corruzione”.
Tuttavia, Eaton mostra solo uno strato di un’attività estremamente redditizia, poiché agenzie e governo USA riferiscono di avere appaltatori “non divulgati”, a cui anche vanno a finire alcuni dei fondi per un cambio di regime a Cuba.
Per ricevere rapidamente i finanziamenti, media anti-castristi come El Toque, attraverso il collettivo Mas, con sede in Polonia, o El Estornudo, creato a Cuba e successivamente legalizzato in Messico, si sono registrati in altri paesi come ONG.
Nel caso ZunZuneo, dal 2009, sono state create società di copertura in Spagna e nelle Isole Cayman per nascondere la scia del denaro, ed hanno assunto direttori generali senza dire loro che avrebbero lavorato ad un progetto finanziato dai contribuenti USA. I 1,6 milioni di dollari spesi appaiano pubblicamente destinati ad un progetto non specificato in Pakistan, ma quei documenti non rivelano dove siano stati realmente spesi i fondi.
Yazmín Vázquez Ortiz, del Centro di Studi Emisferici e sopra gli USA dell’Università dell’Avana, ha spiegato che il finanziamento, la formazione e l’assistenza tecnica sono pilastri, da quali si sfruttano le condizioni che esistono nelle società che possono essere oggetto di intervento, per promuovere i movimenti di resistenza che possano promuovere il cambiamento che vogliono gli USA.
La vicedirettrice dello stesso Centro, Olga Rosa González Martín, ha sottolineato che funzionando come un’organizzazione privata ricevono fondi privati, possono essere di qualsiasi individuo, di qualsiasi società a livello internazionale, il che rende più difficile collegare un’entità con un governo specifico e con gli obiettivi di politica estera di questo in un dato paese.
L’Istituto di Giornalismo di Pace e Guerra, Factual, Distinte Latitudini, Fondazione Svedese dei Diritti Umani, Editoriale Hypermedia, Diario de Cuba, Cubanet, Sergio Arboleda University e molti altri, funzionano come appaltatori di questi progetti mercenari di stampa. Come strategia, selezionano i loro futuri dirigenti, li formano, premiano, finanziano, stimolano, rendono visibili, agglutinano, potenziano, guidano e danno loro spazi e tribune.
La penetrazione di Internet ha sostenuto questo aspetto della guerra culturale, che non è nuovo, mentre le fonti pubbliche di informazione dello stesso governo USA mostrano l’aumento dei fondi negli ultimi anni, mentre lo stato cubano sperimenta trasformazioni nel suo modello economico e sociale.
Lo scorso gennaio l’MSI è stato nominato per il Freemuse Prize for Freedom of Artistic Expression 2021 dalla fondazione CADAL (Centro per l’Apertura e lo Sviluppo dell’America Latina), un’entità di destra con sede in Argentina ed Uruguay che si autopercepisce come “una voce chiara e costante nella promozione della democrazia, nel rafforzamento delle istituzioni e nel progresso economico e sociale dell’America Latina”, e riceve fondi dalla Fondazione Ford e dalla Fondazione Atlas.
La nomina agli “artivisti” è dovuta “al loro lavoro innovativo e al grande sforzo nell’affrontare le misure coercitive (!) del governo cubano”.
Nel 2011, la NED ha pubblicato sul suo sito web ufficiale di aver fornito a CADAL 60000 $ e, fino al 2012, nove dei 16 libri che aveva pubblicato in collaborazione con diverse fondazioni ed editrici si occupavano di temi cubani.
È stato denunciato in quel paese per essere un’organizzazione finanziata dalla Fondazione Nazionale per la Democrazia, che a sua volta è stata finanziata dalla CIA, e si è impegnata nella lotta “anticomunista” insieme alla Fondazione Libertà, il Centro per la Attuazione delle Politiche Pubbliche per l’Equità e la Crescita (CIPPEC), la Vital Voice Foundation, la Fondazione Pensare, la Fondazione Credere e Crescere e vari dei referenti della politica regionale, come Mauricio Macri, Laura Alonso e Patricia Burllich.
IMMAGINARI E VALORI COME BOTTINO DELLA GUERRA CULTURALE E PERMANENTE
La guerra culturale, come si è detto, non è nuova, né lo è la crisi multidimensionale, strutturale e sistemica del capitalismo: ecco perché si acutizzano gli attacchi contro qualsiasi sistema di governo che non contribuisca a sostenere il suo immaginario liberale basato sull’individualismo di pochi.
La macchina per la diffusione dei valori politici e culturali USA non tiene conto del rispetto della sovranità delle nazioni e della diversità culturale dei popoli; al di là della mera influenza, pratica l’ingerenza segreta ed aperta negli affari interni di altri stati.
Il dibattito non si limita a ciò che fa o pensa un gruppo di artisti, nemmeno alla violenza che generano o cercano di generare. Ci sono elementi più densi che cercano di cambiare il modo di pensare dei cittadini, di creare una massa acritica di persone che non creano né lavorino per alcuna rivoluzione, e niente di più utile della cultura come spettro di cambiamento di valori.
Sono eloquenti le stesse dichiarazioni di Bruguera in varie occasioni: l’arte “per cercare nuove strutture politiche” (2005), “mezzo per altre cose” (2008). Nella logica di questi operatori non ci sono restrizioni culturali negli USA come a Cuba, lo trasmettono ignorando l’episodio di Trump contro l’app TikTok di origine cinese o la discriminazione nei confronti dei giornalisti russi negli USA, Regno Unito, Germania e Francia.
L’insistente e costoso sforzo USA di presentarsi come il modello culturale per il mondo, come vuole esserlo nel sociale, economicamente e politicamente, fa parte di un affare, ma anche di una guerra. Si basa sul concetto che la cultura è merce e quindi ciò che si vende è ciò che viene promosso, cioè, se le élite possono commercializzare con successo la banalità, sesso e violenza, allora che così sia. Il profitto è il criterio guida.
Tutto questo è diventato chiaro quando, nel 2005, USA ed Israele hanno equiparato la libertà di creazione al libero mercato dell’arte. Quell’anno, a Parigi, l’Unesco ha adottato la Convenzione sulla Diversità Culturale che stabilisce che la cultura non è solo un altro bene, e consegna agli Stati il diritto sovrano di promuovere e proteggere la loro produzione culturale, materiale e immateriale contro qualsiasi misura che considerino una minaccia.
Il testo è stato approvato con 148 voti favorevoli e 2 contrari: questi ultimi sono stati USA ed Israele, i cui delegati hanno sostenuto che promuovere la vera diversità culturale significa lottare per le libertà individuali in modo che tutti possano avere “libertà culturale” e “godere delle proprie espressioni culturali e non di quelle imposte dai governi”.
Elier Ramírez Cañedo, del media Granma, ritiene che il modello del Nord Globale impone il mercato capitalista come norma primaria per gli artisti, motivo per cui quel governo non solo protegge l’economia di mercato internamente, ma si oppone anche al diritto sovrano di altri paesi di proteggere la loro cultura tradizionale.
La promozione USA della “democrazia”, della “libertà di espressione” e dei “diritti individuali” è così vasta che include la questione culturale ed è catalogata come uno degli obiettivi di tale finanziamento.
Mai si dirà che si tratta di assalti colonizzatori dell’industria egemonica globale, con progetti specifici di guerra culturale progettati, finanziati e realizzati sia per il dominio delle società nell’affettivo e cognitivo come per imporre e standardizzare con i loro valori determinati gruppi e nazioni.
Un punto critico è la storia: quanto più si possa manipolare, distorcere il passato ed attaccare le sue basi più sensibili e simboliche, meglio si potrà spazzare via l’esempio di processi rivoluzionari come quelli avvenuti a Cuba, Venezuela, Nicaragua , Bolivia ed Ecuador.
Nel suo libro La CIA e la guerra fredda e culturale, la ricercatrice Frances Stonor Saunders discute di come la cultura sia stata un’arma fondamentale durante la Guerra Fredda contro le esperienze socialiste dell’Europa orientale. Descrive che: Una caratteristica importante delle azioni intraprese dall’Agenzia per mobilitare la cultura come arma della Guerra Fredda è stata la sistematica organizzazione di una rete di “gruppi” privati ed “amici”, all’interno di un consorzio informale. Era una coalizione di tipo commerciale di fondazioni filantropiche, società ed altre istituzioni ed individui che lavoravano fianco a fianco con la CIA, come copertura e come via per finanziare i loro programmi segreti in Europa occidentale”.
È un concetto che, inteso come sistema, integra o è correlato ad elementi di altri termini che sono stati più ampiamente utilizzati come guerra politica, guerra psicologica, guerra di quarta generazione, smart power, colpo di stato morbido, guerra non convenzionale e sovversione politica-ideologica.
Il Libro bianco del Comando per le Operazioni Speciali dell’Esercito USA del marzo 2015 con il titolo Appoggio delle Forze Speciali alla Guerra Politica propone che quel paese deve riprendere l’idea di George F.Kennan, uno stratega USA contro l’Unione Sovietica ed artefice della politica di “contenimento di fronte all comunismo” al Dipartimento di Stato.
Il suo approccio parte dalla necessità di superare il limite del concetto che stabilisce una differenza fondamentale tra guerra e pace, in uno scenario internazionale dove c’è un “perpetuo ritmo di lotta dentro e fuori la guerra”. In altre parole, che la guerra è permanente (da qui il conflitto permanente del MSI e di molti altri gruppi finanziati dal Nord), sebbene adotti molteplici sfaccettature e non possa limitarsi all’uso di risorse militari.
In effetti, il documento afferma che si possa fare la guerra senza averla dichiarata e persino fare la guerra mentre si dichiari la pace.
Aggiunge: L’obiettivo finale della Guerra Politica è vincere la “Guerra d’Idee, che non è associata alle ostilità”. La Guerra Politica richiede la cooperazione dei servizi armati, della diplomazia aggressiva, della guerra economica e delle agenzie sovversive sul terreno, nella promozioni di tali politiche, misure o azioni necessarie per interrompere o fabbricare morale”.
L’ideologo Zbigniew Brzezinski è stato un consigliere per gli Affari della Sicurezza Nazionale dell’ex presidente Jimmy Carter, nel suo lavoro Il Grande Scacchiere Mondiale, esprimeva: La dominazione culturale è stato un aspetto sottovalutato del potere globale USA. Qualunque cosa si pensi dei suoi valori estetici, la cultura di massa USA ha un fascino magnetico, soprattutto sulla gioventù del pianeta. Questa attrazione può derivare dalla qualità edonistica dello stile di vita che proietta, ma il suo fascino globale è innegabile. I programmi televisivi ed i film USA rappresentano circa i tre quarti del mercato globale. La musica popolare USA è ugualmente dominante, poiché le novità, le abitudini alimentari e persino i vestiti USA sono sempre più imitati in tutto il mondo. La lingua di Internet è l’inglese e la stragrande percentuale delle conversazioni globali al computer ha anche origine negli USA, ciò che influenza i contenuti della conversazione globale.
***
Si cerca di trarre reddito da un tentativo di manata dato durante gli eventi del 27 novembre 2020, ogni volta diventa sempre più chiaro che non è stato un movimento spontaneo e che la sua direzione e senso verso un golpe morbido portano a forzare, costantemente, scenari di tensione che innescano situazioni di conflitto.
Oltre a posizionare questo tipo di fatti, si cerca logorare la narrativa ufficiale in lunghe spiegazioni e risposte che legittimano simbolicamente nuovi volti inseriti in operazioni che siano “un mezzo per altre cose”.
L’istituzionalità culturale cubana è la testa di ponte di questa strategia il cui obiettivo di fondo è quello di spogliarla progressivamente di significato. Da lì si cerca irradiare una storia di crisi al resto dello Stato per forzare fiumi in tempesta, escalation di caos e spirali di violenza.
NUEVOS CAPÍTULOS DE LA PERMANENTE GUERRA CULTURAL CONTRA CUBA
Más del 70% de la población cubana ha nacido bajo el bloqueo de Estados Unidos, único de su tipo en el mundo por su duración, pero también por la capacidad del pueblo para resistir y sortear una agresión continua. Ello ha moldeado el ser y hacer de la sociedad cubana.
Desde el Norte Global se ha tomado nota de lo ocurrido sobre las costumbres, cotidianidad, modos de vida, conductas, percepciones, creaciones y otros elementos de su cultura, también la interacción de ellos con los nuevos elementos comunicacionales centrados en internet y redes sociales.
Es por ello que aparece el Movimiento San Isidro (MSI) en la escena política cubana, desde que el gobierno de ese país publicara, en julio de 2018, el decreto 349/2018 que regula la actividad artística, asociaciones de artistas cubanos han reaccionado al respecto. El instrumento legal entraría en vigencia el 7 de diciembre, pero fue criticado por figuras que apoyan al gobierno revolucionario, como Silvio Rodríguez, y recibió fuerte oposición de otros artistas, entre los que se cuentan algunos que participan del mercado artístico global.
Las protestas contra el decreto, algunas que incluyeron acciones violentas y desestabilizadoras, ocasionaron detenciones a personas vinculadas al MSI que buscaron escalar un conflicto mayor antes que dialogar, aun cuando fueron liberados. También ha generado debates y diversos encuentros entre autoridades y sectores de la cultura, por lo que el gobierno decidió suspender y estudiar aclaraciones al mismo.
NUEVO ROUND PARA ATIZAR EL CONFLICTO PERMANENTE
La campaña del MSI ha buscado involucrar a quienes apoyan críticamente el nuevo estatuto y generar polémica entre activistas y profesionales de la cultura, apoyados por la Embajada de Estados Unidos en La Habana que, en su momento, tuiteó a favor de la “libertad artística”, con un lema muy poco diplomático: “No al Decreto 349”. Además, los operadores de la sede diplomática han opinado respecto a detenciones e incidentes a coro con la prensa cartelizada que su mismo gobierno financia.
Los miembros del MSI han estado protestando por el arresto el 9 de noviembre de 2020 del rapero Denis Solís, un miembro que recibió una sentencia de ocho meses de cárcel por agresión a un oficial de policía. Desde entonces han derivado a llamados a la protesta para exigir la liberación de Solís y libertad de expresión (o de ser publicitados).
El pasado 27 de enero, a tres meses de los sucesos ocurridos en el mismo sitio, habían sido convocadas tres personas vinculadas a los hechos de noviembre pasado para un espacio de diálogo; sin embargo, un grupo de 30 personas aproximadamente se concentró frente al Mincult (Ministerio de la Cultura cubano) con el supuesto objetivo de protestar contra varias detenciones ocurridas ese día y fueron convocadas a dialogar en el lugar por el viceministro de Cultura, Fernando Rojas, a lo cual el grupo se negó.
Posteriormente, el mismo ministro de Cultura, Alpidio Alonso, se presentó en la concentración y, luego de que uno de los manifestantes le acercara el teléfono celular a la cara, le arrancó el dispositivo de las manos. Ello sirvió como excusa para detonar el acostumbrado espectáculo mediático al que se sumó una red de medios digitales difundiendo el relato de una “arremetida violenta contra los jóvenes que se manifestaban de forma pacífica frente a la sede de la institución”.
El presidente cubano Miguel Díaz-Canel denunció las acciones promovidas contra funcionarios y entidades del Estado, en una actuación que apunta a provocaciones en un entorno donde el país se enfrenta a la política hostil del bloqueo.
Sincronizadamente en Miami, la sucursal del MSI en esa ciudad se manifestó a favor de los detenidos y los supuestos agredidos. Como es sabido, los hechos de noviembre tuvieron revuelo mediático debido a que algunos miembros del MSI protagonizaron una huelga de hambre al reclamar la libertad de Solís.
La novedad, que no lo es tanta, es que se circunscriba la polémica en torno al Mincult; ello da una idea de la agenda en curso. No se trata solo de irrumpir ante una decisión legal, sino de negar el diálogo ofrecido en múltiples ocasiones para atizar el conflicto permanente, las transmisiones en vivo hacia redes sociales como Facebook Live evidencian que la motivación ha sido esencialmente mediática. Así también lo demuestra el tuit de la Embajada de Estados Unidos en Cuba:
El 29 de enero, medios como Cibercuba publicaban sobre la supuesta detención de los raperos Maykel Osorbo y Omar Mena del MSI al salir de sus casas en La Habana y Santa Clara, respectivamente. Además, referían que también había sido detenido el activista y artista independiente Luis Manuel Otero Alcántara cuando se dirigía a manifestarse al Capitolio.
También hubo denuncias de la detención del rapero Maykel Castillo, integrante del MSI a la salida de su vivienda, y del artista Yasser Castellanos frente a la escalera del Capitolio. Esos mismos medios reportaron que los detenidos fueron liberados a las horas siguientes; sin embargo, la narrativa victimizadora persiste como parte de una operación psicológica.
El 2 de febrero un reportero del sitio ADN Cuba, administrado desde Estados Unidos, reconocía en un video, que circuló por las redes, haber recibido entre 150 y 200 dólares para cubrir el suceso.
Los derechos humanos de los llamados “artivistas” son insistentemente defendidos por Cubalex, una ONG que funciona con fondos provenientes de la National Endowment of Democracy (NED) y que en Cuba tiene como vocera a Tania Bruguera, quien ha llamado, junto a otros del MSI, a tomar el Capitolio de La Habana como la reciente incursión en Washington.
¿QUIÉN QUIERE SER MERCENARIO? EL NEGOCIO DE LOS FONDOS
La articulación viral que busca mostrar ante el mundo un clima de ingobernabilidad en Cuba y dar señales tanto a la nueva administración Biden como a sus aliados, también pretende imponer una narrativa acerca de un oscurantismo incurable en la Revolución Cubana, y, a lo interno, generar un clima de desconfianza y descrédito hacia la institucionalidad.
En 2013, un informe publicado por la Oficina de Responsabilidad Gubernamental de Estados Unidos (GAO, por sus siglas en inglés) reportó que la administración Obama impulsó una red social equivalnte a Twitter llamada “Zunzuneo” que pretendía construir una audiencia cubana, en su mayoría jóvenes, que luego sería inducida hacia la disidencia. Así lo admitió también el entonces administrador de la USAID, Rajiv Shah.
En junio de 2017, el expresidente Trump reforzó el ataque a políticos, periodistas y artistas alineados a la soberanía cubana creando la “Fuerza de tarea en internet” por vía de un memorando presidencial. Dicho ente contrata netcenters (manejadores de bots), cibermercenarios y youtubers articulados con el cartel de medios creados, organizados y pagados por Washington.
Cuentas madres generan mensajes de odio y percepciones negativas que son replicados en la red de medios “independientes” y redes sociales, usualmente utilizan a gente con cierto reconocimiento o popularidad, que pretenden ser periodistas o líderes de opinión, por lo que sus palabras se dan como verdaderas, aunque no lo sean.
Se trata de influencers con tendencias hipercríticas, creados para generar empatías y tendencias ideológicas en miles de seguidores. Otro elemento utilizado es el conocido como hater, se trata del usuario que se expresa con hostilidad, reproduce discursos de odio sobre personas, grupos específicos de la población o sobre un tema.
En un artículo para Cuba Money Project titulado “El negocio de la democracia en Cuba está en auge”, el periodista Tracey Eaton ha señalado el financiamiento disimulado de múltiples formas a decenas de grupos a través de agencias, empresas y organizaciones que casi nunca son transparentes en el manejo de sus fondos. El patrocinio de acciones que persiguen la subversión y el golpe de Estado superó los 249,5 millones en las últimas dos décadas.
Solo en 2020, un reporte basado en la información pública que manejan agencias como la USAID en sus portales digitales estima en 2,5 millones de dólares la suma para financiar iniciativas subversivas. Se trata de una cifra parcial, pues “algunos programas son tan secretos que nunca se revelan los destinatarios de los fondos”, explica Eaton.
El periodista asegura además que al menos 54 grupos operaron programas en la isla con dinero proveniente de la USAID o de la NED desde 2017, coincidiendo con la llegada a la presidencia de Donald Trump.
Mientras crecía el interés en el MSI, el 24 de noviembre el Departamento de Estado estadounidense ofreció hasta 1 millón de dólares para programas que aumentarían “los derechos civiles, políticos, religiosos y laborales en Cuba”.
Los funcionarios buscaban propuestas que “fortalezcan la capacidad de los grupos independientes de la sociedad civil en Cuba para promover los derechos civiles y políticos en la isla y aumentar la responsabilidad de los funcionarios cubanos por violaciones de derechos humanos y corrupción”.
Sin embargo, Eaton muestra solo una capa de un negocio extremadamente rentable, pues agencias y gobierno de Estados Unidos informan tener contratistas “no revelados”, a los que también va a parar una parte de los fondos para un cambio de régimen en Cuba.
Para recibir de modo expedito los financiamientos, medios anticastristas como El Toque, mediante el colectivo Más, radicado en Polonia, o El Estornudo, creado en Cuba y luego legalizado en México, se han registrado en otros países como ONG.
En el caso ZunZuneo se crearon empresas de fachada en España y las Islas Caimán desde 2009 para ocultar el rastro del dinero, y contrataron a directores generales sin decirles que iban a trabajar en un proyecto financiado por los contribuyentes estadounidenses. Los 1,6 millones de dólares gastados aparecían públicamente destinados a un proyecto no especificado en Pakistán, pero esos documentos no revelan dónde se gastaron realmente los fondos.
Yazmín Vázquez Ortiz, del Centro de Estudios Hemisféricos y sobre Estados Unidos de la Universidad de La Habana, explicó que el financiamiento, la capacitación y la asistencia técnica son pilares, a partir de los cuales se aprovechan las condiciones que existan en las sociedades que puedan ser objeto de intervención, para promover movimientos de resistencia que puedan fomentar el cambio que quiere Estados Unidos.
La subdirectora de ese mismo Centro, Olga Rosa González Martín, destacó que al funcionar como una organización privada reciben fondos privados, puede ser de cualquier individuo, de cualquier corporación a nivel internacional, lo que hace más difícil poder vincular a una entidad con un gobierno específico, y con los objetivos de política exterior de este en un país determinado.
El Instituto de Periodismo de Paz y Guerra, Factual, Distintas Latitudes, Fundación Sueca de Derechos Humanos, Editorial Hipermedia, Diario de Cuba, Cubanet, la Universidad Sergio Arboleda, y muchos más, funcionan como contratistas de estos proyectos mercenarios de prensa. Como estrategia seleccionan a sus futuros líderes, los capacitan, premian, financian, estimulan, visibilizan, aglutinan, empoderan, orientan y les dan espacios y tribunas.
La penetración de internet ha apuntalado esta faceta de la guerra cultural que no es nueva mientras las fuentes públicas de información del propio gobierno estadounidense muestran el incremento de fondos durante los últimos años, a la par que el Estado cubano experimenta transformaciones en su modelo económico y social.
En enero pasado el MSI fue nominado al Premio Freemuse a la Libertad de Expresión Artística 2021 por la fundación CADAL (Centro para la Apertura y el Desarrollo de América Latina), entidad de derecha con sede en Argentina y Uruguay que se autopercibe como “una voz clara y constante en la promoción de la democracia, el fortalecimiento de las instituciones y el progreso económico y social de América Latina”, y recibe fondos de la Fundación Ford y la Fundación Atlas.
La nominación a los “artivistas” se debe a “su innovadora labor y gran esfuerzo haciendo frente a las medidas coercitivas (!) del gobierno cubano”.
En 2011, la NED publicó en su página oficial que le aportó a Cadal 60 mil dólares y, hasta 2012, nueve de los 16 libros que había publicado en sociedad con distintas fundaciones y editoriales trataban sobre temas cubanos.
Ha sido denunciada en ese país por ser una organización financiada por la Fundación Nacional por la Democracia, que a su vez ha sido financiada por la CIA, y entablaron la lucha “anticomunista” junto a la Fundación Libertad, el Centro de Implementación de Políticas Públicas para la Equidad y el Crecimiento (CIPPEC), la Fundación Vital Voice, la Fundación Pensar, la Fundación Creer y Crecer y varios de los referentes de la política regional, como Mauricio Macri, Laura Alonso y Patricia Burllich.
IMAGINARIOS Y VALORES COMO BOTÍN DE LA GUERRA CULTURAL Y PERMANENTE
La guerra cultural, como se ha dicho, no es nueva, como tampoco lo es la crisis multidimensional, estructural y sistémica del capitalismo: por eso mismo es que se agudizan los ataques contra cualquier sistema de gobierno que no contribuya a sostener su imaginario liberal basado en el individualismo de unos pocos.
La maquinaria de difusión de valores políticos y culturales de Estados Unidos no toma en cuenta el respeto a la soberanía de las naciones y la diversidad cultural de los pueblos; más allá de la sola influencia, practica la injerencia encubierta y abierta en los asuntos internos de otros estados.
El debate no se circunscribe a lo que hacen u opinan un grupo de artistas, ni siquiera a la violencia que generan o buscan generar. Hay elementos más densos que buscan cambiar la manera de pensar de los ciudadanos, de crear una masa acrítica de personas que no crea o trabaje para revolución alguna, y nada más útil que la cultura como espectro de cambio de valores.
Son elocuentes las mismas declaraciones de Bruguera en diversas ocasiones: el arte “para intentar nuevas estructuras políticas” (2005), “un medio para otras cosas” (2008). En la lógica de estos operadores no existen restricciones culturales en Estados Unidos como las hay en Cuba, lo transmiten obviando el episodio de Trump en contra de la app TikTok de origen chino o la discriminación contra los periodistas rusos en Estados Unidos, Reino Unido, Alemania y Francia.
El insistente y costoso esfuerzo de Estados Unidos por presentarse como el modelo cultural para el mundo, así como desea serlo en lo social, lo económico y lo político, es parte de un negocio, pero también de una guerra. Se basa en la noción de que la cultura es mercancía y, por ende, lo que vende es lo que se promueve, es decir, si las élites pueden comercializar con éxito la banalidad, el sexo y la violencia, entonces que así sea. La ganancia es el criterio rector.
Todo esto quedó claro cuando, en 2005, Estados Unidos e Israel equipararon la libertad de creación con el libre mercado en el arte. Ese año, en París, la Unesco adoptó el Convenio sobre la Diversidad Cultural que establece que la cultura no es una mercancía más, y otorga a los Estados el derecho soberano de impulsar y proteger su producción cultural, material e inmaterial contra toda medida que consideren una amenaza.
El texto fue aprobado por 148 votos a favor y 2 en contra: estos últimos fueron de Estados Unidos e Israel, cuyos delegados argumentaron que promover la verdadera diversidad cultural se trata de luchar por las libertades individuales para que todos puedan tener “libertad cultural” y “disfrutar de sus propias expresiones culturales y no de las impuestas por los gobiernos”.
Elier Ramírez Cañedo, del medio Granma, opina que el modelo del Norte Global impone el mercado capitalista como norma primordial para los artistas, por lo cual ese gobierno no solo protege la economía de mercado hacia lo interno, sino que se opone al derecho soberano de otros países a proteger su cultura tradicional.
La promoción estadounidense de la “democracia”, la “libertad de expresión” y los “derechos individuales” es tan abarcadora que incluye la cuestión cultural, y está catalogada como uno de los objetivos de dicha financiación.
Nunca se dirá que se trata de embestidas colonizadoras de la industria hegemónica global, con proyectos específicos de guerra cultural diseñados, financiados e implementados tanto para el dominio de las sociedades en lo afectivo y cognitivo como para imponer y estandarizar con sus valores a determinados grupos y naciones.
Un punto crítico es la historia: cuanto más se pueda manipular, tergiversar el pasado y atacar sus bases más sensibles y simbólicas, mejor se podrá barrer con el ejemplo de procesos revolucionarios como los ocurridos en Cuba, Venezuela, Nicaragua, Bolivia y Ecuador.
En su libro La CIA y la guerra fría cultural, la investigadora Frances Stonor Saunders discute cómo la cultura fue un arma fundamental durante la Guerra Fría en contra de las experiencias socialistas del este de Europa. Describe que: Un rasgo importante de las acciones emprendidas por la Agencia para movilizar la cultura como arma de la Guerra Fría era la sistemática organización de una red de “grupos” privados y “amigos”, dentro de un oficioso consorcio. Se trataba de una coalición de tipo empresarial de fundaciones filantrópicas, empresas y otras instituciones e individuos que trabajaban codo a codo con la CIA, como tapadera y como vía de financiación de sus programas secretos en Europa occidental”.
Se trata de un concepto que, entendido como sistema, integra o se relaciona con elementos de otros términos que han sido de mayor uso como el de guerra política, guerra psicológica, guerra de cuarta generación, smart power, golpe blando, guerra no convencional y subversión política-ideológica.
El Libro Blanco del Comando de Operaciones Especiales del Ejército de Estados Unidos de marzo de 2015 bajo el título Apoyo de las Fuerzas de Operaciones Especiales a la Guerra Política plantea que ese país debe retomar la idea de George F. Kennan, un estratega estadounidense contra la Unión Soviética y arquitecto de la política de “contención frente al comunismo” en el Departamento de Estado.
Su planteamiento parte de la necesidad de superar la limitante del concepto que establece una diferencia básica entre guerra y paz, en un escenario internacional donde existe un “perpetuo ritmo de lucha dentro y fuera de la guerra”. Es decir, que la guerra es permanente (por ello el conflicto permanente del MSI y otros muchos grupos financiados por el Norte), aunque adopta múltiples facetas y no puede limitarse al uso de los recursos militares.
De hecho, el documento expresa que se puede hacer la guerra sin haberla declarado, e incluso hacer la guerra al tiempo que se declara la paz.
Agrega: El objetivo final de la Guerra Política es ganar la “Guerra de Ideas, que no está asociada con las hostilidades”. La Guerra Política requiere de la cooperación de los servicios armados, diplomacia agresiva, guerra económica y las agencias subversivas en el terreno, en la promoción de tales políticas, medidas o acciones necesarias para irrumpir o fabricar moral”.
El ideólogo Zbigniew Brzezinski fue asesor para Asuntos de Seguridad Nacional del expresidente Jimmy Carter, en su obra El Gran Tablero Mundial, expresaba: La dominación cultural ha sido una faceta infravalorada del poder global estadounidense. Piénsese lo que se piense acerca de sus valores estéticos, la cultura de masas estadounidense ejerce un atractivo magnético, especialmente sobre la juventud del planeta. Puede que esa atracción se derive de la cualidad hedonista del estilo de vida que proyecta, pero su atractivo global es innegable. Los programas de televisión y las películas estadounidenses representan alrededor de las tres cuartas partes del mercado global. La música popular estadounidense es igualmente dominante, en tanto las novedades, los hábitos alimenticios e incluso las vestimentas estadounidenses son cada vez más imitados en todo el mundo. La lengua de Internet es el inglés, y una abrumadora proporción de las conversaciones globales a través de ordenador se originan también en los Estados Unidos, lo que influencia los contenidos de la conversación global.
Se busca sacar rédito de un intento de zarpazo dado durante los hechos del 27 de noviembre de 2020, cada vez queda más claro que no fue un movimiento espontáneo y que su dirección y sentido hacia un golpe blando llevan a forzar constantemente escenarios de tensión que desencadenen situaciones de conflicto.
Además de posicionar este tipo de hechos se busca desgastar la narrativa oficial en largas explicaciones y respuestas que legitimen simbólicamente a nuevos rostros insertos en operaciones que sean “un medio para otras cosas”.
La institucionalidad cultural cubana es cabeza de playa en esa estrategia cuyo fondo es despojarla de sentido progresivamente. Desde allí se busca irradiar un relato de crisis al resto del Estado para forzar ríos revueltos, escaladas de caos y espirales de violencia.