Giulio Chinappi – World Politics Blog https://www.ancorafischiailvento.org
Il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) dell’Ecuador ha finalmente ufficializzato i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali nella giornata di venerdì 19 febbraio, ben dodici giorni dopo lo svolgimento delle votazioni. Se Andrés Arauz aveva ottenuto il primo posto in maniera netta, infatti, andava determinato il nome del candidato che avrebbe sfidato lo stesso Arauz al ballottaggio, con una sfida all’ultimo voto tra Guillermo Lasso e Yaku Pérez.
Secondo i dati ufficiali pubblicati dal CNE, Andrés Arauz ha ottenuto il 32,72% delle preferenze, precedendo Guillermo Lasso, classificatosi secondo con il 19,74% e Yaku Pérez, terzo al 19,38%. Questo significa che il candidato liberista Lasso sfiderà Arauz in occasione del ballottaggio previsto per il prossimo 11 aprile.
La sfida tra Arauz e Lasso rappresenterà dunque una nuova sfida tra il fronte progressista e socialista e quello reazionario e liberista all’interno del continente latinoamericano. Proprio per questo, non sono pochi i timori di un possibile colpo di Stato ai danni di Arauz, similmente a quanto accaduto in Bolivia nel 2019. La procura ecuadoregna ha già cercato di proporre un rinvio del secondo turno elettorale, adducendo scuse tecniche, ed addirittura effettuando delle indagini sull’amministrazione del sistema informatico elettorale, azione che è stata denunciata tanto da Arauz quanto da Lasso.
“Cercano di rimuovere le apparecchiature informatiche per impedire lo svolgimento del secondo turno”, ha scritto il candidato progressista sul proprio account Twitter. “Il popolo ecuadoregno non permetterà questo attacco alla loro democrazia”. L’azione intrapresa con gli auspici dell’attuale governo rappresenta àinfatti una flagrante violazione dell’art. 16 del Codice della democrazia (la legge elettorale ecuadoregna), secondo il quale “nessuna autorità esterna all’organizzazione elettorale può intervenire direttamente o indirettamente nello sviluppo dei processi elettorali o nel funzionamento degli organi elettorali”. Lo stesso testo afferma che “i membri delle Forze Armate e della Polizia Nazionale addetti alla sicurezza del processo elettorale, possono agire solo in ottemperanza alle disposizioni impartite dai Presidenti del Consiglio Elettorale Nazionale delle Commissioni Regionali e Distrettuali, dei Provinciali elettorali e dei votanti le commissioni riceventi, nell’ambito di applicazione della presente legge”.
Successivamente, in una conferenza stampa, lo stesso Arauz ha respinto “l’interferenza e la grossolana ingerenza di altre istituzioni statali nella funzione elettorale”. Nella sua denuncia, il politico ha invitato la comunità internazionale e gli osservatori elettorali a mantenersi vigili sul processo elettorale in atto in Ecuador di fronte alla minaccia rappresentata dall’intervento dello Stato nel NEL.
“Abbiamo intrapreso azioni a Quito e Guayaquil con la presenza dei nostri attivisti nel CNE per agire come supervisori cittadini di fronte a questa minaccia di ingerenza nel processo elettorale“, ha detto il candidato di sinistra. Arauz ha inoltre ribadito la propria contrarietà a qualsiasi modifica del calendario elettorale, che, come ricordato in precedenza, fissa per il prossimo 11 aprile la data del secondo turno delle presidenziali. Arauz ha sottolineato che l’attuale governo di Lenín Moreno “non può durare un giorno in più del periodo stabilito“, che termina il 24 maggio, quando “deve sostituirlo” la persona democraticamente eletta.
L’Unión por la Esperanza (UNES), la coalizione composta dalle forze politiche che sostengono la candidatura di Arauz alla presidenza e di Carlos Rabascall alla vicepresidenza, ha annunciato di aver presentato un appello legale dinanzi al Tribunale per le controversie elettorali contro il procuratore generale Diana Salazar e il controllore Pablo Celi per “ingerenza in questioni elettorali“. Secondo la coalizione progressista, entrambe le autorità violano il Codice della democrazia ordinando azioni con lo scopo di sospendere il secondo turno delle elezioni fissato per l’11 aprile.
L’Internazionale Progressista, composta da intellettuali e politici di tutto il mondo, ha a sua volta denunciato i tentativi di colpo di Stato che si stanno verificando in Ecuador. In un comunicato diffuso lo scorso 22 febbraio, l’organizzazione ha affermato che “c’è una violenta reazione contro la democrazia” nel Paese sudamericano. “Il governo di Lenín Moreno sta preparando un colpo di Stato contro la democrazia“, si legge ancora nel testo. Secondo l’Internazionale Progressista, “le forze reazionarie – sia all’interno dell’Ecuador che in tutto l’emisfero – stanno conducendo una campagna sporca e disonesta per eliminare Arauz, ritardare le elezioni e impedire la formazione di un blocco progressista, indigeno e femminista“.
I firmatari hanno anche negato le accuse secondo le quali l’UNES e lo stesso Arauz avrebbero avuto rapporti con gruppi armati irregolari colombiani: “È semplicemente l’ultima tattica di guerra giuridica per impedire loro di salire al potere”. “Sanno che il loro tempo è scaduto, sanno che possono restare al potere solo con mezzi illegali… Ora più che mai dobbiamo unirci in difesa delle nostre fragili democrazie. Insieme possiamo smantellare questo regime di “guerra giuridica” e ripristinare la sovranità popolare in Ecuador e in tutto il mondo”, conclude il comunicato. Tra i firmatari del documento si trovano nomi di spicco come l’intellettuale statunitense Noam Chomsky, il politico britannico Jeremy Corbyn e il premio Nobel per la pace argentino Adolfo Pérez Esquivel.