L’amministrazione del presidente Joe Biden vuole chiudere il carcere statunitense nell’illegale Base Navale di Guantanamo (BNG), prima della fine del suo mandato, ha riferito Jen Psaki, segretaria della stampa della Casa Bianca, riportata da media dell’informazione da Washington.
La chiusura della prigione era stata una delle promesse mai mantenute dall’ ex presidente Barack Obama (2009-2017), un centro inaugurato agli inizi del 2002, che giunse a contare fuori dal sistema giudiziario 780 reclusi, generando sin dall’inizio indignazione mondiale per le torture e le mutilazioni che sono avvenute in questo luogo.
Rappresenta un simbolo dell’eccesso del governo nordamericano nella sua presunta risposta al terrorismo internazionale, dopo gli attentati del 11 settembre del 2001 contro le Torri Gemelle, di Nuova York, e l’edificio del Pentagono.
Oggi nella prigione restano solo 40 reclusi, e un mese fa un gruppo d’esperti in diritti umani della ONU ha chiesto la chiusura del carcere.
Una dichiarazione pubblicata da otto relatori speciali di questa massima istanza mondiale, «Questo è un luogo di arbitrarietà e abusi», e lo si doveva chiudere molto tempo fa, ha segnalato Prensa Latina.
LA STORIA DI UN’IMPOSIZIONE E DI UN TRADIMENTO
Il 16 de febbraio del 1903, quando l’allora Presidente di Cuba, Tomás Estrada Palma, tradì gli ideali di José Martí e del Partito Rivoluzionario Cubano (PRC), che aveva aiutato a fondare firmando la cessione del territorio di Caimanera agli Stati Uniti per costruire una base navale contro la volontà popolare.
La zona misura 117,6 chilometri quadrati ed è usurpata a Cuba da più di mezzo secolo.
L’accordo illegittimo per lo stabilimento nell’Isola delle stazioni di carbone e navali, fu firmato dall’allora presidente William McKinley nel marzo del 1901, e si conobbe come Emendamento Platt, mentre il paese era occupato dall’ esercito nordamericano.
L’ Emendamento Platt fu un’appendice di otto articoli al progetto di Legge dei Presupposti dell’Esercito yankee, approvato dal Congresso statunitense, e imposto alla prima Costituzione della Repubblica di Cuba, elaborata dall’Assemblea Costituente del 1901, con la minaccia che, se Cuba non l’accettava sarebbe restata occupata militarmente.
L’Articolo VII stabiliva la cessione di porzioni di suolo cubano dedicate a stazioni navali «Per porre gli Stati Uniti in condizione di mantenere
l’indipendenza di Cuba e per proteggere il popolo cubano, così come per la sua stessa difesa».
Ancora più insultante era l’Articolo III, che concedeva agli Stati Uniti «Il diritto d’intervenire militarmente nell’Isola quando, secondo loro, correvano pericolo la vita, la proprietà o le libertà individuali», e avvertiva il Governo mediatizzato che la potenza poteva «esercitare il diritto d’intervenire per la conservazione dell’indipendenza cubana e il mantenimento di un governo adeguato per la protezione delle vite, proprietà e libertà individuali e per compiere gli obblighi che, rispetto a Cuba, sono stati imposto agli Stati Uniti con il Trattato di Parigi e che devono ora essere assunti e rispettati dal Governo di Cuba».
Nell’Articolo approfittarono dell’errore geografico del Trattato di Parigi riferendosi a Cuba come un’isola e non come un arcipelago, per disporre che lo status dell’allora Isola de Pinos (attuale municipio speciale Isola della Gioventù) sarebbe stato determinato in un futuro accordo con gli Stati Uniti.
Estrada Palma, dopo la morte in combattimento di Martí, restò come Delegato del PRC, e poi fu nominato agente all’estero della Repubblica in Armi nell’Assemblea di Jimaguayú. Restò nel territorio del vicino del nord molto tempo dopo l’occupazione dell’Isola da parte dell’esercito statunitense.
In quel periodo una delle sue poche azioni pubbliche fu la decisione unilaterale, irresponsabile e inconsulta di dissolvere il PRC, nel dicembre del 1898, considerando realizzati gli obiettivi che avevano dato luogo alla sua creazione.
Fu presidente della Repubblica di Cuba dal 1902 al 1906 nelle prime elezioni realizzate nella Repubblica con la supervisione nordamericana e governò con austerità estrema, ma con assoluto servilismo agli interessi di Washington.
Vicino alla conclusione del suo mandato, decise d’aspirare alla rielezione, per cui si valse della forza del potere e della frode, e questo fece sì che i seguaci del Partido Liberale, all’opposizione, si alzarono in armi.
Quando si rese conto che la rivolta popolare minacciava di farlo cadere, preferì sollecitare l’intervento militare yankee. Poco dopo rinunciò alla presidenza per facilitare la consegna del paese ai nordamericani, che occuparono Cuba per la seconda volta.
La restituzione dei terreni occupati dalla Base Navale è stata un reclamo permanente della Rivoluzione Cubana dal 1959, e conta con l’appoggio non solo del popolo cubano, ma della comunità internazionale. È una spina piantata nel cuore della Patria.