“Accelerare il collasso del Venezuela”: obiettivo del blocco del diesel

Si ricorda che nel 2005, dopo i flagelli degli uragani Katrina e Rita negli USA, che ha portato ad un aumento dei prezzi del riscaldamento e ad una carenza di combustibile, il presidente Hugo Chávez creò il Programma “Venezuela-CITGO di Combustibile per il Riscaldamento”, al fine di aiutare più di 200mila famiglie a basso reddito e in situazioni di rifugiati.

Al contrario, nell’ottobre 2020, Elliott Abrams dichiarava: “Stiamo cercando di fermare l’esportazione di greggio del regime di Maduro in Venezuela, e uno dei modi per fermarlo è impedire che la gente lo cambi con vari prodotti”, riferendosi al diesel  prodotto primordiale per l’economia venezuelana.

Con questa retrograda pratica in politica estera, sono evidenti le enormi differenze che separano questi paradigmi.

L’idea di Abrams di intensificare la restrizione alle dinamiche commerciali con il diesel, nel quadro delle misure coercitive unilaterali (MCU), ha i suoi difensori. Alla fine di febbraio 2021, James Story ha espresso di non sostenere la possibilità di revocare le “sanzioni” dello scambio di petrolio per combustibili come il diesel.

Le società che hanno partecipato allo scambio, noto anche come swap, sono state Repsol, Reliance ed Eni, che in totale durante la prima metà del 2020 hanno inviato 1,35 milioni di barili di diesel, essendo l’ultima spedizione di questo bene, da parte di Reliance, nel novembre dello scorso anno.

Prima di implementare queste misure, già la stampa occidentale pubblicava che questa opzione era sul tavolo. Così che imprenditori e organizzazioni, accompagnati dall’Ufficio di Washington per l’America Latina (WOLA, il suo acronimo in inglese), hanno inviato una lettera in risposta a queste prossime nuove “sanzioni” indirizzata a Mike Pompeo e a Steve Mnuchin, che a quel tempo fungevano, rispettivamente, come Segretario di Stato e Segretario del Tesoro.

Nella lettera esprimevano il suo stato di allarme e raccomandavano di continuare a concedere eccezioni agli interscambi diesel contro greggio. Allo stesso modo, evidenziavano alcuni dati illuminanti, vale a dire:

Le imprese d’Europa e d’Asia rappresentano quasi l’80% delle spedizioni di greggio che lasciano il Venezuela. Ciò metterebbe a rischio, senza dubbio, l’economia del paese.

In Venezuela, il diesel viene utilizzato principalmente per la generazione di energia e il trasporto di merci non sfuse, inclusi alimenti, medicine e forniture umanitarie. Le conseguenze sarebbero devastanti per la popolazione.

Il diesel è utilizzato dai generatori elettrici di sostegno utilizzati nelle cliniche private e  ospedali pubblici del paese, compresi i generatori spediti dal Movimento Internazionale della Croce Rossa e  della Mezzaluna Rossa.

Con i dati del 2018, l’85% del consumo di diesel è stato utilizzato per il trasporto merci e il 15% per il trasporto passeggeri. Più del 70% della popolazione venezuelana dipende dai trasporto pubblico per acquistare alimenti e medicine.

Il settore alimentare si potrebbe paralizzare. Gli autocarri pesanti dipendono dal diesel per trasportare rifornimenti dai porti e aeroporti alle città, nonché per il trasporto di animali.

L’energia elettrica in Venezuela si genera da fonti idroelettriche e termiche, essendo il diesel il combustibile essenziale per la generazione di elettricità.

Un’altra area colpita sarebbe la produzione e l’approvvigionamento di gas.

Alla fine della lettera, chiariscono la loro posizione contro il governo venezuelano, chiedendo di tenere conto delle raccomandazioni dell’Alta Commissaria dell’ONU, Michelle Bachelet, e chiudono con: “I venezuelani di oggi stanno già soffrendo le conseguenze degli sforzi espliciti del governo degli USA per limitare la fornitura di benzina al paese”.

Proprio come la lettera riunisce più di 100 organizzazioni e individui, anche altri analisti in questioni petrolifere del paese hanno espresso le conseguenze delle MCU alle importazioni di diesel, come il professore ed economista Carlos Mendoza Potellá, che ritiene che “l’importazione di diesel è vitale in questo momento, perché è il sangue dell’apparato economico, che muove l’economia, che muove i settori dell’agricoltura e dell’allevamento, l’industria e commercio”.

Persino l’economista anti-chavista Francisco Rodríguez, da tempo, commentando le ripercussioni, rappresentando un sintomo politico attorno alla rottura del consenso nella storia del blocco contro il Venezuela nell’opposizione venezuelana:

Apparentemente, l’amministrazione Joe Biden ha mostrato segni sulla possibilità di ristabilire gli swaps di greggio per diesel, a gennaio, il neo-segretario di Stato, Antony Blinken, ha detto alla stampa che sostiene la pressione contro il Venezuela ma crede che possano “provare a fare in termini di assistenza umanitaria”.

È noto che l’industria petrolifera di qualsiasi paese è dovuta alle attività proprie del commercio internazionale, vietare o restringere qualsiasi processo di questa natura che cerca di rompere con il suo corretto funzionamento.

La soluzione alla graduale recrudescenza delle misure coercitive unilaterali contro il Venezuela non può concentrarsi solamente nella richiesta di licenze o permessi, cioè un paese non può essere sotto il giogo di coloro che credono di essere eccezionali solo perché non si obbedisce ai loro disegni. Ciò rompe con tutti i termini del Diritto Internazionale e dei trattati multilaterali di non aggressione.

Inoltre, considerando l’attenzione che può essere prestata alla concessione di licenze in generale, il recente rapporto dell’Ufficio per la Responsabilità del governo USA (GAO) ha rilevato, in parte, che il Dipartimento del Tesoro non si traccia né si analizza sistematicamente le informazioni per identificare i problemi ricorrenti nell’imposizione di “sanzioni”, cioè s’incontrano “limitate” per garantire che le MCU non interrompano l’assistenza umanitaria.

Esistono innumerevoli rapporti, prove, denunce e dichiarazioni di autorità di organismi multilaterali che dimostrano le reali conseguenze delle “sanzioni” alla popolazione venezuelana, gli attuali governanti USA lo sanno molto bene. Potrebbe accentuarsi di inadeguatezza la gestione, indiretta, di questa questione “sanzionatoria”, ma è parte dello showbusiness umanitario che fingono promuovere.

A confessione di parte, eccedono le prove (“accelerare il collasso del Venezuela”):


“ACELERAR EL COLAPSO DE VENEZUELA”: OBJETIVO DEL BLOQUEO SOBRE EL DIÉSEL

 

Se recuerda que en 2005, tras los azotes de los huracanes Katrina y Rita en Estados Unidos, que conllevó a un aumento en los precios de la calefacción y escasez de combustible, el presidente Hugo Chávez creó el Programa “Venezuela-CITGO de Combustible para Calefacción”, con la finalidad de ayudar a más de 200 mil familias de bajos recursos y en situación de refugio.

En contraste, para octubre 2020, Elliott Abrams declaraba: “Estamos tratando de detener la exportación de crudo del régimen de Maduro en Venezuela, y una de las formas de detenerlo es evitar que la gente lo cambie por varios productos”, haciendo referencia al diésel, producto primordial para la economía venezolana.

Con esta retrógrada práctica en política exterior, son evidentes las enormes diferencias que separan a estos paradigmas.

La idea de Abrams de escalar con la restricción a las dinámicas comerciales con el diésel, en el marco de las medidas coercitivas unilaterales (MCU), tiene sus defensores. A finales de febrero 2021, James Story expresó que no apoya la posibilidad de levantar las “sanciones” del intercambio de petróleo por combustibles como el diésel.

Las empresas que participaron en el intercambio, también conocidos como swaps, fueron Repsol, Reliance y Eni, que en suma durante el primer semestre de 2020 enviaron 1,35 millones de barriles de diésel, siendo el último envío de este activo por parte de Reliance en noviembre del año pasado.

Antes de implementar esas medidas, ya la prensa occidental publicaba que estaba sobre la mesa esa opción. Así que empresarios y organizaciones, acompañados por la Oficina de Washington para América Latina (WOLA, sus siglas en inglés), enviaron una carta en respuesta a esas próximas nuevas “sanciones” destinada a Mike Pompeo y a Steve Mnuchin, que para ese entonces fungían como Secretario de Estado y Secretario del Tesoro respectivamente.

En la carta expresaban su estado de alarma y recomendaban seguir otorgando excepciones a los intercambios de diésel por crudo. Igualmente, señalaban algunos datos esclarecedores, a saber:

Empresas de Europa y Asia representan casi el 80% de los envíos de crudo que salen de Venezuela. Esto pondría en riesgo, sin duda, a la economía del país.

En Venezuela, el diésel se utiliza principalmente para la generación de energía y el transporte de carga a granel, incluidos alimentos, medicamentos y suministros humanitarios. Las consecuencias serían devastadoras para la población.

El diésel es utilizado por los generadores eléctricos de respaldo que se emplean en las clínicas privadas y hospitales públicos del país, incluidos los generadores enviados por el Movimiento Internacional de la Cruz Roja y de la Media Luna Roja.

Con datos de 2018, el 85% del consumo de diésel se utilizó para el transporte de carga y el 15% para el transporte de pasajeros. Más del 70% de la población venezolana depende del transporte público para comprar alimentos y medicinas.

El sector alimenticio se podría paralizar. Los camiones pesados dependen del diésel para transportar suministros desde los puertos y aeropuertos a las ciudades, así como para transportar animales.

La energía eléctrica en Venezuela se genera a partir de fuentes hidroeléctricas y térmicas, siendo el diésel el combustible esencial para la generación de electricidad.

Otra área afectada sería la producción y el suministro de gas.

Al finalizar la carta, dejan clara su postura contraria al gobierno venezolano, pidiendo tomar en cuenta las recomendaciones de la Alta Comisionada para los Derechos Humanos de la ONU, Michelle Bachelet, y cierran con: “Los venezolanos de hoy ya están sufriendo las consecuencias de los esfuerzos explícitos del gobierno de Estados Unidos para limitar el suministro de gasolina al país”.

Así como la carta aglutina a más de 100 organizaciones e individuos, también otros analistas en temas petroleros del país han expresado las consecuencias de las MCU a las importaciones del diésel, como el profesor y economista Carlos Mendoza Potellá, quien considera que “la importación de diésel es vital en este momento, porque es la sangre del aparato económico, que mueve la economía, que mueve a los sectores agrícolas y pecuario, a la industria y al comercio”.

Incluso, el economista antichavista Francisco Rodríguez tiene rato comentando las repercusiones, representando un síntoma político en torno al quiebre del consenso en el relato del bloqueo contra Venezuela en la oposición venezolana:

Aparentemente, la administración de Joe Biden ha asomado señales sobre la posibilidad de restablecer los swaps de crudo por diésel, en enero, recién designado como Secretario de Estado, Antony Blinken, dijo a la prensa que respalda la presión contra Venezuela pero cree que pueden “tratar de hacer en términos de asistencia humanitaria”.

Es bien sabido que la industria petrolera de cualquier país se debe a las actividades propias del comercio internacional, prohibir o restringir algún proceso de esta índole busca quebrar con su debido funcionamiento.

La solución al recrudecimiento paulatino de las medidas coercitivas unilaterales contra Venezuela no puede enfocarse solamente en la solicitud de licencias o permisos, es decir, un país no puede estar bajo el yugo de los que se creen excepcionales sólo porque no se obedecen sus designios. Esto rompe con todos los términos del Derecho Internacional y los tratados multilaterales de no agresión.

Además, si se toma en cuenta la atención que se le puede prestar a la solicitud de licencias en general, el informe reciente de la Oficina de Rendición de Cuentas del gobierno de los Estados Unidos (GAO, sus siglas en inglés) determinó, en parte, que en el Departamento del Tesoro no se rastrea ni se analiza sistemáticamente la información para identificar los problemas recurrentes en la imposición de “sanciones”, es decir, se encuentran “limitados” para garantizar que las MCU no interrumpan la asistencia humanitaria.

Existe un sinfín de informes, pruebas, denuncias y declaraciones de autoridades de instancias multilaterales que demuestran las consecuencias reales de las “sanciones” a la población venezolana, los gobernantes de turno de Estados Unidos lo saben muy bien. Pudiera tildarse de ineptitud el manejo con rodeos sobre este asunto “sancionatorio”, pero es parte del showbusiness humanitario que fingen promover.

A confesión de parte, relevo de pruebas (“acelerar el colapso de Venezuela”):

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