Il copione anti-cubano che ha dimenticato la vicinanza di Baraguá

Come è già successo tante volte, e come non smetterà di succedere, l’azione provocatoria concepita a Washington e Miami, ignorante della storia di resistenza della Rivoluzione alle schermaglie dell’impero, è stata sconfitta prima ancora che iniziasse.

Un monito dell’Eroe Nazionale José Martí avverte: «né i popoli né gli uomini rispettano chi non si fa rispettare (…), uomini e popoli vanno per questo mondo mettendo il dito nella carne altrui per vedere se è morbida o se resiste, e bisogna mettere la carne dura, in modo che rigetti le dita che osano”.

Discepoli dell’Apostolo, e pienamente sovrani, noi cubani ci facciamo rispettare, e di ciò fa fede una storia di oltre 60 anni di esemplare resistenza ad aggressioni di ogni genere; un paese che ha imparato, con Fidel, che una Rivoluzione vale tutto ciò che è capace di difendere e che, di mercenari e traditori, sa prendersi ancora più cura, conoscendo i fili finanziari che li muovono.

Ecco perché falliscono, sempre, come è successo con il presunto spettacolo che, orchestrato dagli USA, ha annunciato, per questo venerdì, l’organizzazione di una protesta in uno dei luoghi più simbolici della nazione, Plaza de la Revolución; un’idea istruita alle figurine sovversive di Cuba che, né è nuova, né ha cambiato di gestori e finanzieri.

Non è un caso che il “progetto”, che vedrebbe coinvolto tra gli esecutori Yasser Castellanos, partecipante alla farsa di San Isidro; Maikel Osorbo, che con parole volgari nelle reti sociali ha richiesto un’invasione dell’isola; Héctor Luis Valdés, rappresentante di uno di quei “media” sostenuti da uno stipendio in dollari, e Luis Manuel Otero, fabbricato capetto del cosiddetto Movimento San Isidro, hanno scelto per il misfatto il giorno che avrebbe segnato il 25esimo anniversario dell’approvazione della Legge Helms-Burton, firmata dall’allora presidente Bill Clinton.

Finché inalberano gli stessi presupposti di quella mostruosità, i cubani degni non dimenticano di cosa trattava questa norma d’ingerenza, chiamata anche Legge sulla schiavitù, poiché pretendeva farci rinunciare alla nostra sovranità e indipendenza, sotto la pressione della fame e di altre esigenze.

Come si è denunciato dalla televisione cubana, il pretesto del gruppuscolo, questa volta, era esigere la scarcerazione di un individuo che, nei giorni scorsi, è stato protagonista di un imbarazzante incidente nel Boulevard di San Rafael, all’Avana, per il quale è stato fermato, e di fronte alla sua resistenza, è stato messo in carcere provvisorio durante lo svolgimento delle indagini pertinenti.

Come è stabilito dai manuali del golpe morbido, lo spettacolo sarebbe stato amplificato dai “media” dipendenti e da alcuni ospiti internazionali, che avrebbero trasmesso l’evento in diretta e avrebbero offerto il discorso per una condanna di Cuba per “violazione dei diritti umani”.

Il copione non varia di una sola riga da quella che hanno provato in altre occasioni e che sono state messe in scena da altri gruppi mercenari, burattini al servizio del governo USA. È lo stesso ideato per rovesciare il Venezuela, o usato in Bolivia contro l’ex presidente Evo Morales, basato sulla strategia del colpo di stato morbido concepita dal politologo USA Gene Sharp.

Come è già successo tante volte, e come non cesserà di accadere, l’azione provocatoria concepita a Washington e Miami, ignorante della storia di resistenza della Rivoluzione alle schermaglie dell’impero, è stata sconfitta prima che iniziasse.

Ispirati da una data che ha cercato di incatenare il popolo cubano, i poveri burattini hanno dimenticato che c’è un altro anniversario molto vicino che scuote l’intero paese, quando servono parole e coraggio per rispondere a qualsiasi provocazione. In ogni cubano degno abita un Maceo, un Baraguá e una base d’intransigenza definita con gli stessi termini che usava il Titano: “Chiunque cerchi di impossessarsi di Cuba raccoglierà la polvere del suo suolo, intriso di sangue, se non lo perisce nella lotta”.

El guion anticubano que olvidó la cercanía de Baraguá

Como ya ha ocurrido tantas veces, y como no dejará de suceder, la acción provocadora gestada en Washington y Miami, ignorante de la historia de resistencia de la Revolución a las escaramuzas del imperio, fue derrotada antes de empezar

Autor: Freddy Pérez Cabrera

Una advertencia del Héroe Nacional José Martí alerta: «ni pueblos ni hombres respetan a quien no se hace respetar (…), hombres y pueblos van por este mundo hincando el dedo en la carne ajena a ver si es blanda o si resiste, y hay que poner la carne dura, de modo que eche afuera los dedos atrevidos».

Discípulos del Apóstol, y plenamente soberanos, los cubanos nos hacemos respetar, y de ello da fe una historia de más de 60 años de resistencia ejemplar a agresiones de todo tipo; un país que aprendió, con Fidel, que una Revolución vale lo que sea capaz de defenderse, y que, de mercenarios y traidores, sabe cuidarse todavía mejor, a sabiendas de los hilos financieros que los mueven.

Por eso fracasan, una y otra vez, como pasó con el pretendido show que, orquestado desde Estados Unidos, anunció para este viernes la organización de una protesta en uno de los lugares más simbólicos de la nación, la Plaza de la Revolución; una idea instruida a los figurines subversivos dentro de Cuba que, ni es nueva, ni ha cambiado de gestores y financistas.

No es casual que el «proyecto», que involucraría entre los ejecutores a Yasser Castellanos, participante de la farsa de San Isidro; Maikel Osorbo, quien con vulgares palabras en redes sociales solicitó una invasión para la Isla; Héctor Luis Valdés, representante de uno de esos «medios» sostenidos con un salario en dólares, y Luis Manuel Otero, fabricado cabecilla del llamado Movimiento San Isidro, escogieran para la fechoría el día que marcaría los 25 años de la aprobación de la Ley Helms-Burton, firmada por el entonces presidente Bill Clinton.

En tanto ellos enarbolan los mismos presupuestos de aquel engendro, los cubanos dignos no olvidan de qué iba esa norma injerencista, llamada también Ley de la esclavitud, por cuanto pretendía hacernos claudicar de nuestra soberanía e independencia, bajo la presión del hambre y de otras necesidades.

Como se denunció en la televisión cubana, el pretexto del grupúsculo, esta vez, era exigir la excarcelación de un individuo que, en días recientes, protagonizó un bochornoso incidente en el bulevar de San Rafael, en La Habana, por lo cual fue requerido y, ante su resistencia, fue sometido a prisión provisional mientras se realiza la investigación pertinente.

Como está establecido por los manuales del golpe blando, el espectáculo sería amplificado por «medios» dependientes y algunos invitados internacionales, los cuales transmitirían en vivo el suceso y ofrecerían la comidilla para una condena a Cuba por «violación de los derechos humanos».

El guion no varía una sola línea del que han ensayado en otras oportunidades, y que han escenificado otros grupos mercenarios, títeres al servicio del Gobierno de Estados Unidos. Es el mismo ideado para derrocar a Venezuela, o el empleado en Bolivia contra el expresidente Evo Morales, basado en la estrategia del golpe suave concebida por el politólogo estadounidense Gene Sharp.

Inspirados en una fecha que pretendió poner cadenas al pueblo cubano, los pobres títeres olvidaron que hay otro aniversario muy cercano que estremece el país entero, cuando hacen falta palabras y coraje para responder a cualquier provocación. En cada cubano digno habita un Maceo, un Baraguá, y un arraigo de intransigencia definido con los mismos términos que usó el Titán: «Quien intente apoderarse de Cuba recogerá el polvo de su suelo, anegado en sangre, si no perece en la contienda».