È un dato incontestabile: Bogotá è stato (e continua ad essere) il centro di pianificazione delle azioni armate contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela. Il procuratore Carlos Izquierdo Ortegón coinvolto nel processo contro Juvenal e Juven Sequea Torres, Rayder Russo Márquez e Yacsy Álvarez Mirabal, in Colombia, ha confermato che “al fine di catturare i membri del governo di Nicolás Maduro, l’intera operazione è stata pianificata nella città di Bogotá da Clíver Alcalá”.
Sono ormai molteplici le fonti che puntano su una testa di ponte strategica ai fini USA, non solo per il Venezuela ma per l’intera regione. La capitale colombiana è il principale polo di irradiazione della politica di Washington in Sud America ed ha il suo vicino bolivariano come principale obiettivo politico e militare.
Ricordiamoci che dal 2017 il governo venezuelano ha denunciato almeno 92 volte la presenza, in Colombia, di elementi irregolari legati al narcotraffico e al paramilitarismo che hanno crealizzato azioni violente contro il Venezuela.
Dal marzo dello scorso anno, il governo del presidente Nicolás Maduro già denunciava che c’erano accampamenti installati, almeno dall’ultimo trimestre del 2019, in Colombia a fini golpisti. Le autorità venezuelane avevano denunciato che i fratelli Sequea coordinavano, insieme a Robert Colina (alias “Pantera”) e al disertore Félix Adonai Mata Sanguinetti, accampamenti mercenari ne La Guajira colombiana.
I gruppi lì addestrati si sarebbero spostati alla fattoria di Elkin Javier López Torres, alias “Doble Rueda” e capo della droga nella sua regione, per stabilire lì la tabella di marcia con cui i mercenari sarebbero entrati nel paese via mare.
Altri gruppi avrebbero potuto essere trasferiti via terra, tuttavia i piani hanno avuto una battuta d’arresto alla fine dello stesso mese di marzo quando un camion che trasportava arsenale militare da Barranquilla per essere portato ai gruppi irregolari installati a Riohacha, è stato intercettato dalla polizia colombiana.
Questo complotto cospirativo, come lui stesso e altri partecipanti all’Operazione Gedeon, hanno dichiarato alle autorità venezuelane dopo la sua cattura, ha Clíver Alcalá Cordones come uno dei suoi principali protagonisti. La dirigenza dell’allora governo di Donald Trump e di Iván Duque, nei loro livelli superiori, e Juan Guaidó fanno anche parte dell’organigramma.
FONTI E PROVE
Jordan Goudreau, proprietario della SilverCorp (la compagnia mercenaria ingaggiata da Juan Guaidó per portare a termine la fallita incursione armata) aveva confessato, lo scorso anno, che la Casa Bianca aveva appoggiato l’intera operazione. In un’intervista, l’ex Berretto Verde “ha insistito che aveva il sostegno dell’amministrazione Trump e di aver persino tenuto riunioni per pianificare l’operazione al Trump Hotel di Washington e al campo da golf Trump Doral di Miami”.
Yacsy Álvarez, una delle persone processate in Colombia e collegata alla logistica dell’operazione Gedeón, ha dichiarato, in un’intervista a Caracol Radio, di aver sempre mantenuto i contatti con le autorità colombiane: “La Direzione Nazionale d’Intelligence (DNI) aveva chiara l’Operazione Gedeón, sapevano tutto”.
José Alberto Socorro Hernández, alias “Pepero”, catturato dalla Forze Armata Nazionale Bolivariana (FANB) nel quadro dell’invasione mercenaria, ha confessato di essere lui stesso un agente della DEA e che alias “Doble Rueda”, capo di La Guajira processato a Panama, nel 2012, per traffico di droga e detenuto in Colombia nel novembre 2019, è parente di Marta González, la moglie di Clíver Alcalá, che ha anche mantenuto legami con altri trafficanti di droga come José “Ñeñe” Hernández, assassinato nel 2019 e con stretti legami politici e finanziari con Iván Duque e Álvaro Uribe.
Da notare che coloro che hanno fornito tutte queste informazioni che coinvolgono i governi USA e colombiano nella trama intellettuale, finanziaria e logistica sono stati direttamente coinvolti in essa, il che ha contribuito a ricostruire l’organigramma dell’Operazione Gideon.
A tutto questo, si aggiunga il caso di Clíver Alcalá, che è stato incluso in una lista di “trafficanti di droga richiesti” dal Dipartimento di Giustizia USA proprio dopo che sono stati svelati i piani di attacco contro il Venezuela (marzo 2020) dal dipartimento colombiano di La Guajira per il sequestro “accidentale” di armi che sarebbero state usate nel golpe mercenario.
Lo stesso Alcalá si è consegnato alle autorità colombiane, dopo aver trascorso almeno due anni muovendosi liberamente attraverso il territorio colombiano (sicuramente occupato nella costruzione e dispiegamento del piano armato contro il Governo bolivariano), ed è stato estradato, in modo curiosamente amichevole, negli USA. È presumibilmente sotto custodia a New York, in attesa di un processo federale in un caso in cui si accusa il presidente Nicolás Maduro di essere il capobanda di un cartello della cocaina.
Alcalá è stato accusato dallo stesso presidente Iván Duque di essere un “doppio agente” del governo venezuelano, come i quattro venezuelani processati in Colombia, il cui presunto obiettivo era “destabilizzare lo Stato colombiano”. Questo falso positivo di falsa congettura è stato contraddetto dagli stessi coinvolti nel casto giudiziario e, per difesa, produce che tutte le persone citate nella questione delegittimino tutte le asserzioni difensive da parte di coloro che hanno tentato di effettuare un controllo dei danni intorno all’Operazione Gedeon.
TRACCIA INCANCELLABILE
Quando Alcalá ha saputo che gli USA lo includevano in una lista di trafficanti di droga ricercati, ha deciso di rompere il silenzio davanti al media colombiano W Radio, avendo luogo il seguente dialogo:
Alcalá: Sto parlando con il governo colombiano, attraverso la Direzione Nazionale d’Intelligence, e mi sono reso responsabile nei loro confronti per quelle armi [sequestrate a La Guajira, colombiana].
Giornalista: Ciò vuol dire che qualche autorità colombiana era a conoscenza di quello che stava facendo con quelle armi?
Alcalá: Certamente.
Tenendo conto di tutto quanto affermato in questo articolo, si può sostenere che lo Stato colombiano è servito non solo come scenario ideale per la cospirazione armata contro il Venezuela, bensì anche aiuta con logistica e connessioni non statali, come il narcotraffico e il mercato illegale delle armi e passaporti, tutte le azioni destituenti degli USA nei confronti della Repubblica Bolivariana.
La domanda che spicca è la seguente: visto ciò che è stato verificato da diversi media che tanto Iván Duque che Donald Trump sono stati coinvolti in un piano golpista contro un governo legittimamente costituito, cosa occorre per una risposta internazionale? L’ipocrisia regna quando è coinvolto il frastuono del dollaro.
D’altra parte, Bogotá continuerà ad essere un paradiso per la cospirazione, essendo ora l’asse trasversale, sostituendo Miami e Madrid, come epicentro di tutto ciò che è derivato dal “piano Guaidó”, che trasformato in caos politico, corruzione e fallimento, ancora sostiene la volontà anti-chavista al di sopra delle considerazioni. Gli incontri di Leopoldo López, Carlos Vecchio, Julio Borges e Manuel Rosales con James Story nella capitale colombiana non sono solo una provocazione ma una dichiarazione di principi con la Colombia che funge da lobby.
Ciò che si genera nei diversi luoghi di incontro della classe dirigente anti-chavista nella sede di Bogotá avrà (quasi) sempre ripercussioni violente e negative per la pace e la stabilità sia del Venezuela che della Colombia stessa e della regione in generale. Ai fatti e alla storia ci rimettiamo per concluderlo.
EL RASTRO DE BOGOTÁ EN LA OPERACIÓN GEDEÓN
Es un dato incontestable: Bogotá fue (y sigue siendo) el centro de planificación de las acciones armadas contra la República Bolivariana de Venezuela. El fiscal Carlos Izquierdo Ortegón involucrado en el proceso contra Juvenal y Juven Sequea Torres, Rayder Russo Márquez y Yacsy Álvarez Mirabal en Colombia confirmó que “con el fin de capturar a miembros del gobierno de Nicolás Maduro, toda la operación se planeó en la ciudad de Bogotá por Clíver Alcalá”.
Ya son múltiples las fuentes que apuntan hacia una cabeza de playa estratégica a los fines estadounidenses, no solo para Venezuela sino para toda la región. La capital colombiana es el principal polo de irradiación de la política de Washington en Sudamérica, y tiene a su vecino bolivariano como principal objetivo político y militar.
Recordemos que desde 2017, el gobierno venezolano ha denunciado al menos 92 veces la presencia en Colombia de elementos irregulares relacionados con el narcotráfico y paramilitarismo que han realizado acciones violentas contra Venezuela.
Desde marzo del año pasado, el gobierno del presidente Nicolás Maduro ya denunciaba que existían campamentos instalados al menos desde el último trimestre de 2019 en Colombia con fines golpistas. Las autoridades venezolanas habían denunciado que los hermanos Sequea coordinaban, junto a Robert Colina (alias “Pantera”) y el desertor Félix Adonai Mata Sanguinetti, campamentos mercenarios en La Guajira colombiana.
Los grupos entrenados allí se habrían desplazado hacia la hacienda de Elkin Javier López Torres, alias “Doble Rueda” y capo del narco en su región, para establecer allí la hoja de ruta por la que los mercenarios ingresarían al país vía marítima.
Otros grupos podrían haberse desplazado por tierra, sin embargo los planes tuvieron un traspié a finales del mismo mes de marzo cuando un camión que transportaba arsenal militar desde Barranquilla para ser llevado a los grupos irregulares instalados en Riohacha, fue interceptado por la policía colombiana.
Esta trama conspirativa, como él mismo y otros participantes de la Operación Gedeón han declarado ante las autoridades venezolanas luego de su captura, tiene a Clíver Alcalá Cordones como uno de sus operadores protagonistas. La dirección del entonces gobierno de Donald Trump y de Iván Duque en sus niveles superiores y Juan Guaidó también forman parte del organigrama.
FUENTES Y PRUEBAS
Jordan Goudreau, dueño de SilverCorp (la empresa de mercenarios contratada por Juan Guaidó para llevar a cargo la fallida incursión armada) había confesado el año pasado que la Casa Blanca había respaldado toda la operación. En una entrevista el ex Boina Verde “insistió en que tenía el apoyo de la administración de Trump y que incluso celebró reuniones para planificar la operación en el Hotel Trump en Washington y en el campo de golf Trump Doral en Miami”.
Yacsy Álvarez, una de las procesadas en Colombia y vinculada a la logística de la Operación Gedeón, señaló en una entrevista con Caracol Radio que siempre mantuvo contacto con las autoridades colombianas: “La Dirección Nacional de Inteligencia (DNI) tenía claro la Operación Gedeón, sabían todo”.
José Alberto Socorro Hernández, alias “Pepero”, capturado por la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB) en el marco de la invasión mercenaria, confesó que él mismo es agente de la DEA y que alias “Doble Rueda”, capo de La Guajira procesado en Panamá en 2012 por narcotráfico y detenido en Colombia en noviembre de 2019, está emparentado con Marta González, la esposa de Clíver Alcalá, quien también mantuvo nexos con otros narcotraficantes como José “Ñeñe” Hernández, asesinado en 2019 y de íntimos lazos políticos y financieros con Iván Duque y Álvaro Uribe.
Cabe destacar que quienes han provisto todas estas informaciones que involucran a los gobiernos de Estados Unidos y Colombia en la trama intelectual, financiera y logística estuvieron directamente involucradas en ella, lo que ha ayudado a reconstruir el organigrama de la Operación Gedeón.
A todo ello sumémosle el caso de Clíver Alcalá, quien fue incluido en una lista de “narcotraficantes solicitados” por el Departamento de Justicia estadounidense justo luego de que se develaran los planes de ataque contra Venezuela (marzo 2020) desde el departamento colombiano de La Guajira por la incautación “accidental” de unas armas que serían utilizadas en el golpe mercenario.
El mismo Alcalá se entregó a las autoridades colombianas, luego de haber estado por lo menos dos años transitando libremente por territorio colombiano (seguramente ocupado en la construcción y despliegue del plan armado contra el Gobierno Bolivariano), y fue extraditado de una manera curiosamente amistosa hacia Estados Unidos. Se supone que está bajo custodia en Nueva York, esperando un juicio federal en un caso por el que se acusa al presidente Nicolás Maduro de ser el cabecilla de un cartel de cocaína.
Alcalá fue acusado por el mismo presidente Iván Duque de ser “doble agente” del gobierno venezolano, al igual que a los cuatro venezolanos procesados en Colombia, que tenían como supuesto objetivo “desestabilizar al Estado colombiano”. Este falso positivo de falso presupuesto ha sido contradicho por los mismos involucrados en el caso judicial, y por mampuesto produce que todas las personas mencionadas en cuestión deslegitimen todo alegato de defensa por parte de quienes han intentado hacer controles de daños en torno a la Operación Gedeón.
RASTRO IMBORRABLE
Cuando Alcalá se enteró de que Estados Unidos lo incluyó en una lista de narcotraficantes buscados, decidió romper el silencio ante el medio colombiano W Radio, teniendo lugar el siguiente diálogo:
Alcalá: Yo estoy hablando con el gobierno colombiano, a través de la Dirección Nacional de Inteligencia, y me hice responsable ante ellos de esas armas [incautadas en La Guajira colombiana].
Periodista: ¿Eso quiere decir que alguna autoridad colombiana tenía conocimiento de lo que usted estaba haciendo con esas armas?
Alcalá: Por supuesto.
Teniendo en cuenta todo lo expuesto en esta nota, se puede aducir que el Estado colombiano ha servido no solo como un escenario ideal para la conspiración armada contra Venezuela sino que también aúpa con logística y conexiones no estatales como el narcotráfico y el mercado ilegal de armas y pasaportes todas las acciones destituyentes de Estados Unidos sobre la República Bolivariana.
La pregunta que sobresale es la siguiente: en vista de que se ha comprobado por distintos medios que tanto Iván Duque como Donald Trump estuvieron involucrados en un plan golpista contra un gobierno constituido legítimamente, ¿qué hace falta para una respuesta internacional? La hipocresía reina cuando está inmiscuida el fragor del dólar.
Por otro lado, Bogotá seguirá siendo un paraíso para la conspiración, ahora siendo el eje transversal desplazando a Miami y Madrid como epicentro de todo lo derivado al “plan Guaidó”, que devenido en caos político, corrupción y fracaso, aún sostiene la voluntad antichavista por encima de miramientos. Las reuniones de Leopoldo López, Carlos Vecchio, Julio Borges y Manuel Rosales con James Story en la capital colombiana no son solo una provocación sino una declaración de principios con Colombia fungiendo de lobby.
Lo que se genere en los distintos sitios de reunión de la clase dirigente antichavista en la sede Bogotá (casi) siempre tendrá repercusiones violentas y negativas para la paz y estabilidad tanto de Venezuela como de la misma Colombia y la región en general. A los hechos y la historia nos remitimos para concluirlo.