L’odissea di un cittadino italiano
Geraldina Colotti
Questa notizia bisognerebbe incorniciarla perché illustra bene la vera e propria caccia alle streghe portata avanti dagli Stati Uniti per perseguire chiunque tenti di bypassare il blocco economico-finanziario imposto dagli Stati Uniti al Venezuela. Ieri le agenzie stampa avevano dato la notizia, e oggi compare su un noto quotidiano l’intervista all’interessato.
Il malcapitato ha descritto la sua odissea nell’aver dovuto far fronte a una situazione inedita, a cui nessuno, in Italia, sapeva dare spiegazioni. Dice di essersela cavata da solo, di aver contattato il Dipartimento del Tesoro nordamericano, e di aver infine risolto dopo qualche mese. Per inquadrare al meglio la notizia, consigliamo di attingere alla conferenza internazionale, tenuta di recente dal viceministro per le Politiche contro il bloqueo del Venezuela, William Castillo. S’intitola “5 miti sulle sanzioni”, diffusi per negare l’impatto e la portata reale delle misure coercitive unilaterali imposte al Venezuela.
Uno di questi “miti” sostiene che le sanzioni non esistono, sono solo misure specifiche di pressione per appoggiare un cambio democratico. Un’interpretazione smentita dagli stessi responsabili dell’amministrazione nordamericana, tra i quali William Brownfield. Il 12 ottobre 2018, questi ha dichiarato: “Dobbiamo considerare le sanzioni come un’agonia, una tragedia che deve continuare fino a che arrivi al culmine, e se possiamo fare di più per accelerarla, dobbiamo farla, però considerando che questo avrà un impatto su milioni di persone. Dobbiamo prendere decisioni dure, il fine giustifica questo severo castigo…”.
Un altro falso “mito”, sostiene che le sanzioni siano contro i funzionari del governo Maduro e non contro il popolo, quando, tra il 2014 e il 2021, contro il Venezuela sono state applicati 7 decreti esecutivi e 300 misure amministrative, da parte degli Usa, del Canada, dell’Unione Europea, del Gruppo di Lima, del Sistema finanziario, delle Organizzazioni internazionali, delle Imprese internazionali che forniscono beni e servizi. Sono state sanzionate, perseguitate, ricattate e minacciate imprese e persone per avere “relazioni” con il governo venezuelano.
Recentemente, è stata sospeso l’account facebook di Maduro nel quale il presidente venezuelano illustrava le terapie applicate in Venezuela contro il coronavirus. Il Venezuela ha un tasso di recupero degli infetti di oltre il 90% e un numero di morti relativamente basso (appena oltre i 1500). Stessa sorte tocca a chi si azzarda a mettere un “like” su quel video. Inoltre, un imprenditore con passaporto diplomatico è stato sequestrato a Capo Verde per essere estradato negli Stati Uniti, altri sono perseguiti in Europa.
Si diffonde anche la versione che l’economia venezuelana andasse male già prima delle sanzioni. Un’evidente falsità, smentita dai dati secondo i quali, tra il 2003 e il 2013, l’economia del Venezuela è cresciuta per 22 trimestri consecutivi e i salari erano i più alti dell’America Latina. Proprio per questo, per stoppare la corsa di un paese ricco di risorse, incamminato verso il socialismo, dal 2014 è iniziato l’attacco al modello sociale venezuelano: guerra economica interna, accaparramento, penuria di prodotti indotta, guerra alla moneta, guerra del prezzo del petrolio, violenza politica, isolamento internazionale…
All’illegalità internazionale delle sanzioni si è aggiunta quella dei sequestri arbitrari di beni all’estero e le intimidazioni a chiunque voglia intrattenere relazioni con il Venezuela: ogni tipo di sopraffazione, coperta dai dispositivi internazionali. D’altronde, considerandosi al di sopra delle leggi, gli Stati Uniti possono permettersi di uccidere un generale iraniano e poi uno scienziato, ma senza ricevere mai alcuna sanzione. Intanto, in Europa, pacifisti con l’elmetto chiedono di affamare il popolo venezuelano in nome dei “diritti umani”. Chi sanzionerà i sanzionatori?
Chi scrive, due anni fa, ne ha fatto esperienza diretta: respinta per due volte all’aeroporto, prima per Cuba e poi per il Venezuela, perché “Washington impedisce il check-in del passeggero”. Per quale motivo? Ufficialmente, nessuno. Ufficiosamente: per aver “aiutato paesi sanzionati”. La questione, a tutt’oggi, non si è risolta.