Media e giornalisti nel mirino della sovversione contro Cuba

Il giornalista Rodolfo Romero ricorda ancora il pomeriggio del 2014, quando lui e altri blogger incontrò “qualcuno” in via G, nella capitale, che proponeva un progetto per diffondere la verità su Cuba.

L’idea è venuta a Radio NederlandWereldomroep (RNW) in spagnolo, e a prima vista sembrava una buona opportunità per una radio internazionale di dare spazio ai giovani della nazione caraibica per raccontare la vita quotidiana del paese, così distorta dai monopoli transnazionali dell’informazione.

Tuttavia, tale buona volontà era strana e Romero, come altri partecipanti alla riunione, declinò l’invito, alcuni senza sapere che RNW era molto chiaro sulle sue intenzioni: una programmazione volta a mettere in discussione la democrazia, il governo e i diritti umani a Cuba.

Il reclutamento di giornalisti cubani è uno dei metodi usati per attaccare il paese, ha spiegato a Prensa Latina Ricardo Ronquillo, presidente dell’Unione dei giornalisti cubani (UPEC).

Questo fa parte delle azioni che, dal trionfo della Rivoluzione cubana nel gennaio 1959, hanno utilizzato i media come mezzo di sovversione politica, fondamentalmente promossa dagli Stati Uniti, anche se usano altre fonti.

Rosa Miriam Elizalde, dottoressa in Scienze della Comunicazione, in dialogo con Prensa Latina ricorda che “per più di 60 anni la variabile mediatica è sempre stata importante nella guerra contro il governo cubano, usandola per promuovere il cosiddetto cambio di regime.

Questi programmi, sottolinea, hanno un disegno politico molto più strutturato dalla fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso e con le amministrazioni di William Clinton (1993-2001) e George W. Bush (2001-2009) si concentrano maggiormente sullo scenario mediatico e digitale.

È una tendenza avallata dal Rapporto della Commissione di Assistenza a una Cuba Libera, nel giugno 2004 e sotto la presidenza di George W. Bush, dove la promozione di progetti di stampa appare tra le principali linee sovversive verso la nazione caraibica, applicata da tutti i governi successivi, adattandola al loro contesto.

Donald Trump (2017-20 gennaio 2021) ha persino creato una task force per Internet, che ha tra le sue missioni la generazione di contenuti attraenti per il pubblico del paese delle Indie Occidentali, oltre a formare persone per realizzare quella produzione comunicativa legata alla politica del cambio di regime.

DUE MODALITÀ DI ATTACCO, LO STESSO SCOPO

Nel panorama attuale della guerra non convenzionale, sottolinea Elizalde, ci sono due strutture diverse che cercano lo stesso obiettivo: distruggere la rivoluzione cubana.

Uno viene dal mandato di Barack Obama (2009-2017), che si è concentrato sullo sviluppo dei media nell’ambiente digitale con una fattura più professionale; e un altro promosso dal suo successore, legato soprattutto alla strategia della cosiddetta destra alternativa, dice il ricercatore.

“Si tratta di una serie di media, siamo arrivati a contarne più di 150, quasi tutti digitali e con la parola Cuba alla radice del dominio, dove non conta tanto la professionalità del lavoro, ma un discorso fortemente ideologico, giallastro e che genera generalmente grandi flussi di notizie false”, precisa.

Aggiunge che questi spazi sono costruiti per l’intossicazione dell’informazione e per creare uno stato emotivo negativo permanente sulla Rivoluzione Cubana.

Sono due piattaforme con gli stessi obiettivi, alcune con prove esplicite di operare con fondi di fondazioni statunitensi, ma che hanno modi diversi di comprendere e relazionarsi con l’ambiente digitale cubano, dove, a seguito della penetrazione di Internet, il pubblico si è diversificato, aggiunge.

Uno sguardo al rapporto del National Endowment for Democracy (NED) degli Stati Uniti, sui fondi destinati ai programmi per Cuba l’anno scorso, pubblicato il 23 febbraio 2021, rivela che dei 42 progetti elencati, 20 corrispondono o sono legati al lavoro dei media e dei giornalisti, con più di due milioni e 400 mila dollari assegnati.

Tra le azioni sostenute da quel denaro c’è la creazione di riviste, pubblicazioni digitali e prodotti multimediali, compresi quelli progettati per la distribuzione attraverso applicazioni di messaggistica istantanea.

Secondo il vicepresidente dell’UPEC, Cuba sta vivendo un’epoca molto simile a quella di altre società, con una grande diversificazione del pubblico e dove i media tradizionali non sono più egemoni.

Quindi, dice, quello che fanno queste due macchine mediatiche per la sovversione è gestire questi pubblici: “uno più concentrato sul settore professionale, gli studenti universitari, e l’altro sul pubblico disperso con interessi diversi”; l’agenda è la stessa, ma la confezionano in modo differenziato.

In questo modo generano una fantasia della società civile cubana, con gruppi molto piccoli, ma con una struttura e dinamiche organizzative che danno l’idea di volume e seminare la percezione di un enorme sostegno alle loro campagne, spiega Rosa Miriam Elizalde.

Entrambi i media hanno anche un’altra funzione, legata al livello simbolico delle aggressioni contro la Rivoluzione cubana: porsi come “alternativa” all’attuale modello di stampa della nazione caraibica, dice Ricardo Ronquillo.

L’asse fondamentale è la delegittimazione del sistema della stampa pubblica dell’isola, che cercano di presentare come molto colpita dalla censura, che non rispetta la sua responsabilità sociale, e dove praticamente non c’è libertà di esercitare la professione con totale aderenza all’etica e ai valori professionali, dice.

Il presidente dell’UPEC aggiunge che stanno cercando di sedimentare l’idea che l’alternativa è un modello di stampa privata, che rappresentano e insistono a classificare come indipendente da qualsiasi corrente politica, nonostante il fatto che alcuni di loro attualmente riconoscono finanziamenti da agenzie statunitensi.

CONCORSI, ACCADEMIE E ALTRE FORME DI AGGRESSIONE

Nell’ottobre 2019, la giornalista di Spíritus DayamisSotolongo è stata sorpresa dalla sua nomina a finalista per il Premio Cubacron, sponsorizzato dall’Istituto di Stampa e Società (IPYS). Lo stupore non veniva però dal sentirsi riconosciuta, ma dal fatto che non aveva mai inviato il suo lavoro al concorso.

Nel 2020 la storia si è ripetuta, ma in questo caso il vice direttore del giornale della provincia di Matanzas, Ayose García, aveva ricevuto il primo premio, nonostante non avesse mai voluto partecipare.

L’IPYS è la più importante organizzazione del gruppo GALI (Grupo Andino de Libertades Informativas), che incanala fondi delle agenzie statunitensi per l’interferenza e la sovversione contro i governi e le organizzazioni progressiste in America Latina.

Secondo Ronquillo, la creazione di eventi e concorsi per giornalisti cubani, e il reclutamento di professionisti del sistema pubblico per i media privati, sono anche modi in cui si manifestano i programmi sovversivi contro il paese.

Allo stesso modo, cercano di promuovere una sorta di Accademia alternativa alle università della nazione caraibica, per la quale promuovono borse di studio in diverse parti dell’America Latina, principalmente in Messico e Argentina, ma anche negli Stati Uniti e in Germania; per lo più rivolte ai giovani.

La lapidazione sui media e sui social è un altro modo di agire, dice il presidente dell’UPEC, un meccanismo utilizzato contro giornalisti di grande autorità pubblica, con posizioni a favore del processo rivoluzionario; che hanno cercato di catturare e, non essendo riusciti, li screditano facendo appello a campagne molto sporche.

Nessun governo degno di questo nome accetterebbe programmi espressamente progettati per rovesciarlo, ha considerato nel 2016 Fulton Armstrong, ex coordinatore dell’intelligence nazionale per l’America Latina negli USA.

In un’intervista per il sito Cubadebate, l’analista ha detto che tutte queste operazioni, sia quelle realizzate clandestinamente (con metodi segreti) sia quelle coperte (nascondendo gli obiettivi e la politica di finanziamento), violano la legge del suo paese.

Il requisito stabilito è che questi fondi portino l’autorizzazione esplicita del presidente degli Stati Uniti, ha spiegato, tuttavia, “non c’è nessuna responsabilità, nessuna contabilità”. Nessuno è responsabile.

Ha aggiunto che il Dipartimento di Stato e l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID) hanno sistematicamente rifiutato di discutere le operazioni sponsorizzate, e hanno respinto le richieste di informazioni, anche dal Congresso.

Cuba è di fronte a grandi laboratori, c’è un sacco di scienza che genera tutte queste azioni di guerra soft, sottolinea Rosa Miriam Elizalde.

“Ci sono gruppi multidisciplinari che lavorano, molta capacità di calcolo per sapere esattamente cosa sta succedendo in ogni isolato di questo paese”, un processo di destabilizzazione che altre nazioni hanno già sperimentato.

Di fronte a tutta questa impalcatura propagandistica di smantellamento del socialismo, fa notare Ricardo Ronquillo, abbiamo il dovere di avanzare verso la costruzione di un nuovo modello di stampa pubblica, come richiesto dal popolo e dal sistema sociale scelto.

di Karina Marrón González giornalista della redazione nazionale di Prensa Latina.

Questo lavoro ha avuto la collaborazione di Amelia Roque e Orlando Oramas, nell’edizione; Rey Dani Hernández, redattore web; David Reyes, rditore PLTV, e Alejandro Acosta, designer.

Fonte: Prensa Latina

Traduzione: italiacuba.it

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