Anche se lo slogan “Più salari, meno tasse” ha prevalso nella sua campagna elettorale, il presidente colombiano Iván Duque attraversa la crisi oggi a causa delle sue proposte di riforme economiche che usano la pandemia globale dovuta al covid-19 come scusa.
È la terza riforma fiscale in tre anni, e la sesta in dieci anni, denominata “Progetto di legge di Sostenibile Solidarietà” che mira a raccogliere 23 trilioni di pesos (circa 6,3 miliardi di dollari) tra il 2022 e il 2031. Il suo ministro delle finanze dichiarò che è necessario a causa del deficit fiscale che attraversa il Paese andino. Questo indicatore sarà nell’ordine dell’8,6% del Prodotto Interno Lordo (PIL), in aumento rispetto al 7,8% che si stima generato nel 2020. Il governo sostiene che è necessario aumentare le tasse su media e alta classe del Paese per finanziare sussidi ad aziende e popolazione vulnerabile particolarmente colpita dalla pandemia.
Il piano elettorale presentato dal presidente uribista era aumentare il reddito dei lavoratori che trovavano occupazione riducendo il carico fiscale sulle aziende, anche se la gente avrebbe potuto intendere diversamente. Il suo team economico ripeté quello dei molti tecnici della dottrina neoliberista: se le aziende pagassero meno tasse, potrebbero generare più posti di lavoro e aumentare gli stipendi. Alle riforme fiscali e del lavoro si aggiunsero gli omicidi di leader sociali, le violazioni degli accordi di pace e l’assenza di dialogo franco, questo causò proteste di sindacati, insegnanti, studenti universitari, contadini, comunità indigene e diversi gruppi sociali tra novembre 2019 e febbraio 2020. La repressione scatenata dall’amministrazione Duque provocò almeno 17 morti e più di 700 feriti tra agenti di polizia e manifestanti. Ciò portò al licenziamento del ministro della Difesa Guillermo Botero, che dichiarò la necessità di regolamentare la protesta sociale e accusato i gruppi armati illegali. Tale proposta fu sostenuta dalla vicepresidente Marta Lucía Ramírez, che lanciò un appello urgente per la regolamentazione della proposta, accusando il governo venezuelano di infiltrarsi nei manifestanti. Nel dicembre dello stesso anno fu approvata una riforma fiscale che prevedeva esenzioni per le imprese nazionali “promuovendo creazione di posti di lavoro e competitività”. Questa fu stabilita riducendo l’imposta sul reddito a tutte le imprese dal 33% al 30%, da applicare progressivamente, un punto all’anno, fino al 2022. Sono anche incluse le prestazioni sociali per le persone fisiche che consisteva nel rimborso dell’IVA ai cittadini col reddito più basso, tre giorni senza IVA distribuiti per tutto l’anno, riduzione dei contributi sanitari per i pensionati che ricevono una e due salari minimi e stimolo alle aziende che assumono giovani.
La scusa della pandemia di fronte alla crisi permanente e strutturale
La gestione della pandemia globale causata dalla malattia covid-19 fu parte della crisi che oggi affronta il governo colombiano in diversi settori. Decisioni irregolari come mancanza di coordinamento tra ramo esecutivo ed autorità locali furono accompagnate da fallimenti in decreti economici come:
– Riduzione dei versamenti dei contributi pensionistici per generare sgravi per le imprese e trasferire a Colpensiones oltre 25mila iscritti ai fondi privati (dichiarata inapplicabile dalla Corte Costituzionale).
– Autorizzazione ai sindaci l’aumento delle sovvenzioni per acquedotto, fognatura e servizi di pulizia, dell’80% per la falda 1, del 50% per la falda 2 e del 40% per la 3 (due ministri non firmavano l’approvazione della norma).
– Tassa di solidarietà del 20% sugli stipendi dei funzionari pubblici (non privati) che guadagnano più di 10 milioni di pesos al mese (dichiarata inapplicabile dalla Corte costituzionale).
La Colombia è un’economia che ha smantellato lo Stato cedendo al settore privato aree produttive diverse e strategiche come energia, comunicazioni e servizi finanziari. Gli ultimi governi colombiani ampliarono le riforme seriali con esenzioni e detrazioni per grandi capitali che accumulavano profitti in modo vertiginoso, più dei governi di Uribe Vélez. Il controllo sul flusso di capitali, il rimpatrio dei profitti e l’evasione di grandi aziende e magnati colombiani con conti in paradisi fiscali e altri beni all’estero sono inefficaci o inesistenti. Vengono mantenuti il latifondo improduttivo e l’utile dell’aggiornamento non catastale, che induce i proprietari terrieri a pagare imposte inferiori alla legge. Il debito pubblico dello Stato sfiora il 60% del PIL, molto di più che durante la grande crisi finanziaria del 1999. Per questa crisi strutturale, vogliono incolpare COVID-19 ed effetti regressivi sull’economia globale. Solo nella politica del lavoro la performance storica della Colombia ha mantenuto una rotta immutabile verso la precarietà. Dagli anni ’90, il Congresso iniziò ad approvare leggi per rendere i rapporti di lavoro più flessibili e deregolamentati e la sicurezza sociale declinò. Questo processo corrisponde all’emanazione delle Legge 50 del 1990, Legge 100 del 1993 e Legge 789 del 2002, generando perdita di identità nel mondo del lavoro, elevato turnover del personale, diminuzione del salario reale e qualità della vita degli strati intermedi, altamente afflitto.
Nel pieno della pandemia, secondo l’ex-candidato presidenziale Gustavo Petro, “un fondo di bilancio fu creato per sovvenzionare i salari nelle aziende e che ammonta a tre miliardi e mezzo di pesos. Si trattava di dare agli affaristi il 40% del valore del lavoro salariato. Sebbene ci siano 1800000 piccoli imprenditori nel Paese, ne aiutarono solo centomila con tale fondo. La maggior parte del denaro, oltre il 50%, è andato a mille aziende, le più grandi e più ricche del Paese e che producono meno occupazione”. La gestione della pandemia da parte di Duque si concentrò lasciando i piccoli imprenditori e le classi medie al loro destino per rafforzare i settori privilegiati. Nel loro ambiente gli analisti cercarono di includere, senza dati solidi, l’impatto dell’arrivo massiccio di venezuelani nel Paese come aggravamento della situazione, tuttavia diversi studi indicano che, a lungo termine, la migrazione sarà vantaggiosa, in quanto ottimizza il “bonus demografico”, trattandosi principalmente di giovani. Tuttavia, affinché questo sia una realtà, è necessario migliorare il modo di inserire questa popolazione nel mercato del lavoro, poiché la crescita demografica rimase informale.
Avianca: salvagente a volontà e un cielo nuvoloso
Un esempio di come la pandemia sia sfruttata dai grandi capitali fu l’ancora di salvezza che il governo lanciò ad Avianca Holding, società che il 10 maggio 2020 presentò istanza a un tribunale fallimentare statunitense per applicare il Capitolo 11 del Code of Bankruptcy di quel Paese. Avianca Holding è composta da più di 30 società latinoamericane, tra cui la compagnia aerea Avianca, fondata in Colombia, ma che ha cessato da tempo di essere una compagnia nazionale. Genera più di 21000 posti di lavoro diretti e indiretti in America Latina, di cui più di 14000 in Colombia, e lavora con una rete di oltre 3000 fornitori. Dopo l’approvazione del finanziamento di 370 milioni di dollari da parte del neonato Emergency Mitigation Fund (FOME), amministrato dal Ministero delle Finanze di Alberto Carrasquilla, Duque spiegò che fu presa la decisione di preservare il servizio aereo nazionale di fronte all’emergenza causato dalla pandemia covid-19 e che tale compagnia è la più grande attività del Paese con una quota del 45,5% nel mercato dei passeggeri trasportati nel 2019. I presidenti delle compagnie aeree più piccole, come Viva Air o Easy Fly, dissero di essere d’accordo col prestito governativo ad Avianca ma ritennero necessario che tale aiuto venisse dato anche agli altri operatori del mercato aereo in Colombia. “Mentre tale ancora di salvezza con le risorse colombiane viene lanciata ad (Avianca), il governo negò il reddito di emergenza di base, negò zero tasse scolastiche agli studenti delle università pubbliche”, disse il senatore Antonio Sanguino del partito Alianza Verde, in una sessione virtuale del Congresso. Oltre al fatto che la società fu sull’orlo del fallimento in più di un’occasione e deve già miliardi di dollari a creditori che non poteva pagare, è curioso che una società straniera sia privilegiata a scapito di altre pubbliche o colombiane al 100% che producono più posti di lavoro. Soprattutto quando sua sorella ed ex-viceministra delle comunicazioni del governo di Álvaro Uribe, María Paula Duque, era vicepresidente dell’azienda per le relazioni strategiche e esperienza col cliente, posizione di alto dirigente. Destinando una parte significativa del FOME a tale settore, il governo riduce l’importo stanziato per l’assistenza sociale e milioni di cittadini che non potevano rimanere a casa, il che a sua volta impediva la mitigazione dei contagi e approfondiva l’instabilità economica.
Immolare Duque? Uribe e il centro democratico giocano a suo favore
Nel pieno della seconda ondata della pandemia alla fine dello scorso marzo e all’inizio di aprile, il team governativo fece trapelare documenti con proposte preliminari che avrebbero cercato di aumentare la base imponibile dell’IVA, cioè senza aumentare le aliquote un maggior numero di prodotti sarebbe stato tassato. Ciò comporterebbe dichiarazioni fiscali maggiori per le famiglie più vulnerabili come compensazione degli aumenti. In modo tale che i prodotti senza l’imposta sulle vendite o che hanno un’aliquota del 5%, avrebbero una quota del 19%. Un altro provvedimento era aumentare il volume dei colombiani soggetti ad imposta sul reddito, passando dall’imposizione del tributo a chi guadagna 4,9 milioni di pesos al mese, a chi ne guadagna tra 3,5 e 4 milioni, aumentando di un milione i contribuenti. Nel ribollire di voci e dibattiti sui media, diversi membri del partito al governo Centro Democratico criticavano le proposte, tra cui Uribe, che annunciò la sua visione d “riforma fiscale sociale e moderata concordata con le maggioranze”. Anche affermò che le proposte per aumentare le tasse sono impopolari e dovrebbero essere sostituite da tagli alla spesa, per cui il Congresso va ridotto e la Giurisdizione Speciale per la Pace (PEC) riformata. Per l’ex-presidente ed ex-senatore, è ancora opportuno che l’organismo incaricato di perseguire e indagare su i membri delle defunte Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC), forze pubbliche e terze parti, venga eliminato o denaturato per il gran numero di processi aperti e denunce per crimini contro l’umanità contro il suo governo. Il resto del partito di governo lo accompagna perché nessun membro del Congresso vorrebbe essere associato all’aumento delle tasse un anno prima delle elezioni generali, nel 2022, che includono i membri della squadra del governo. Anche se nei suoi otto anni di governo e negli anni successivi di Santos e Duque, ampiamente legati alla sua ideologia politica, i grandi capitali furono favoriti, Uribe disse che il paniere familiare non va tassato ma “che i più ricchi pagano”. La necessità del governo è tale che intende, coll’ultima proposta di riforma, raccogliere 30 miliardi di pesos, il che equivale a tre riforme fiscali delle dimensioni dell’ultima del 2019. Inoltre, la classe media fu fortemente colpita da tale riforma, limitando gli sconti e aumentando le tariffe di affitto ai singoli. Tale tendenza è proseguita nel progetto presentato dal governo in quanto avrebbe ulteriori detrazioni limitate, innalzando la base imponibile e implicando l’aumento delle tasse. A ciò si aggiunse l’eventuale proposta di tassazione delle pensioni, che avrebbe ulteriormente influenzato i consumi a fronte di una domanda debole e, ovviamente, la crescita economica.
La riforma entra e le proteste si accendono
Il 28 aprile fu indetto uno sciopero generale di 24 ore dai sindacati, che presero in considerazione la possibilità di prorogarlo per due o tre giorni, come sostenuto da altri settori. La proposta finale della “Legge sulla Solidarietà Sostenibile” entrò al Congresso proponendo un aumento dell’IVA al 19% per i servizi pubblici di energia, fognature e gas riducendo l’importo minimo su cui i cittadini devono pagare le tasse, il che amplierà il registro dei contribuenti. Tre milioni di lavoratori dovrebbero presentare una dichiarazione dei redditi da cui sono attualmente esenti per il reddito e la metà dovrebbe pagare le tasse, e chi guadagnò 663 dollari sarà tenuto a presentare il reddito nel 2022, ma l’anno successivo lo standard fiscale aumenterò perché la regola si applicherà a chi ha ricevuto 470 dollari. La riforma istituì un’imposta sul patrimonio che consentirà a chi ha un capitale proprio di 1,3 milioni di dollari di pagare l’1% di tasse in modo straordinario nel 2022 e 2023 e che chi riceve quattro milioni di dollari o più, pagherà il 2%. Prevedeva anche che chi guadagna circa 2700 dollari al mese copra una tassa aggiuntiva una tantum, oltre all’imposta sul reddito che già copre. I critici del governo come l’ex-senatrice Piedad Córdoba l’accusarono di colpire i consumi, influenzare la produzione e mantenere le grandi aziende intoccabili con l’IVA sui servizi pubblici per gli strati 4, 5 e 6 senza tenere conto della crescente disoccupazione e bancarotta nelle classi medie. Criticò anche l’IVA su Internet da strato 3 proprio quando la virtualizzazione del lavoro e dell’istruzione ne fanno un elemento imprescindibile per tutte le famiglie, anche l’IVA sui servizi funerari tra la pandemia e con 400 morti al giorno. Proseguivano le critiche all’IVA sulla benzina col conseguente trasferimento dei costi al trasporto pubblico e merci; l’autorizzazione ai sindaci per l’installazione di pedaggi urbani nelle città e il pagamento di pedaggi per motociclette e ulteriori misure “dove i cittadini entrano per pagare ciò per cui non viene speso e non si spende”.
Tra marce pacifiche, rivolte, blocchi stradali e scontri con la polizia, le proteste sono durate quattro giorni e furono massicce a Bogotá, Cali, Medellín, Barranquilla e Cartagena. Furono segnalati diversi casi e abusi della polizia e ci furono segnalazioni di vittime il cui numero varia. Il difensore civico nazionale, Carlos Camargo, affermò che i quattro giorni di proteste nella città di Cali hanno provocato 10 morti, mentre il ministro della Difesa Diego Molano riferì che erano in corso indagini su quattro omicidi. I gruppi locali per i diritti umani, da parte loro, sottolineano addirittura che le vittime durante le proteste ammontano a 14. Uribe, da parte sua, chiese l’uso della forza armata contro i manifestanti dal suo account Twitter, generando una massiccia protesta sulla piattaforma virtuale chiedendo che l’account dell’ex-presidente sia bloccato. L’azienda ha cancellato il suo tweet alludendo che l’ex presidente violava la politica di “glorificazione della violenza” mentre si giustificò dichiarando l’intenzione di “prevenire atti vandalici nelle principali città del Paese, che generano terrorismo e paura tra i cittadini”. Duque affermò che saranno prese le misure necessarie di “assistenza militare” per “garantire rifornimenti, mobilità, diritto al lavoro e sicurezza sul territorio nazionale”, rilevando che Esercito e Polizia erano pronti ad agire. “Non permetteremo che mezzi de facto, distruzione di proprietà o messaggio di odio abbiano un posto”, disse. Ma tutto ha una fine. Il 2 maggio Duque annunciò che ritirerà la riforma formulando un nuovo testo, cercherà di “costruire una nuova iniziativa basata sul consenso, che ci permetta di trovare le risorse necessarie per pagare le spese della pandemia e garantire l’aiuto sociale richiesto “. La pressione ottenne un momentaneo compenso, con notevoli vittime come al solito nel conflitto sociale e armato che la Colombia vive da più di mezzo secolo. Nell’aria resta un fumo che non si dissipa: le domande su un Paese in cui la violenza non scompare e la cui spesa militare è la più alta della regione, che esporta la sua guerra interna e la usa addirittura per esacerbare il cambio di regime in Venezuela. Ancora una volta, fu sconfitta l’intenzione di far pagare chi non l’ha causata e chi non ha mai beneficiato delle politiche che hanno creato tale cronaca di grave crisi economica. La storia continua.
Traduzione di Alessandro Lattanzio