Il termine genocidio ricorre spesso nelle accuse che gli USA lanciano contro i propri avversari del momento. Recentemente il presidente Biden ha pronunciato la parola genocidio per condannare i fatti avvenuti all’inizio del secolo scorso nell’allora impero Ottomano nei confronti degli armeni. Facendo infuriare la Turchia che rifiuta questa definizione.
Parimenti la Cina viene accusata di voler sterminare la minoranza uigura accusandola di star compiendo un vero e proprio genocidio.
Questa parola però scompare quando potrebbe essere applicata nei confronti degli Stati Uniti stessi. Ad esempio riguardo al genocidio compiuto nei confronti dei nativi americani.
Oppure venendo a un esempio più recente nei confronti del popolo cubano. Da oltre 60 anni infatti gli Stati Uniti applicano un duro blocco nei confronti dell’Isola. Una politica ‘genocida’ che provoca sofferenze e anche lutti.
I danni causati a Cuba dal blocco economico, commerciale e finanziario degli USA hanno raggiunto – evidenzia l’agenzia Prensa Latina – lo scorso anno cifre record e continuano ad aumentare.
I cubani di età pari o inferiore a 59 anni non hanno memoria del loro paese prima del ferreo blocco economico, commerciale, finanziario e tecnologico imposto dagli USA attraverso l’Ordine Esecutivo Presidenziale il 3 febbraio 1962. 12 presidenti sono già passati da Washington e Cuba continua a resistere.
Questo blocco, definito eufemisticamente “embargo” dagli occupanti della Casa Bianca, ha già un posto nel Guinness dei primati essendo senza dubbio alcuno il più lungo genocidio al mondo contro un popolo per il solo motivo di non sottomettersi ai dettami di Washington.
Secondo un rapporto preparato dalla nazione caraibica, le perdite tra aprile 2019 e marzo 2020 hanno superato per la prima volta i cinque miliardi di dollari (cinquemila 570,3 milioni di dollari), non tenendo in conto i danni causati durante la pandemia di Covid-19.
Gli USA nonostante la situazione straordinaria di emergenza provocata dalla pandemia hanno rifiutato di rimuovere il blocco anche solo temporaneamente.
Anzi, le aggressioni dell’amministrazione Donald Trump, nel bel mezzo dell’emergenza sanitaria internazionale sono aumentate, con l’introduzione di nuove misure, fino a raggiungere più di 240 disposizioni che rimangono in vigore alla fine del suo mandato.
Le istituzioni del Paese delle Antille ora calcolano i numeri corrispondenti al periodo compreso tra il 1 aprile e il 31 dicembre 2020, ma è impossibile tradurre in cifre le crescenti sofferenze dei cittadini.
La paralisi economica globale e la carenza di prodotti è stata moltiplicata sull’isola dagli effetti dell’assedio economico, e solo nel settore sanitario, dove l’intero pianeta ha diretto i suoi sforzi, ha ostacolato l’acquisizione di medicinali, rifornimenti e attrezzature essenziali.
Secondo il Ministero della Salute Pubblica cubano, in soli nove mesi del 2020 gli effetti del blocco hanno superato di oltre 38 milioni di dollari i danni dell’anno precedente.
Ovvero, se tra aprile 2019 e marzo 2020 il blocco ha causato perdite nell’ordine di 160 milioni 260mila 880 dollari; Dal 1 aprile al 31 dicembre 2020 ha raggiunto i 198 milioni e 348mila dollari.
In questi numeri sono presenti i problemi affrontati dalle donazioni di mascherine e kit diagnostici nel raggiungere il territorio cubano, come è successo al fondatore di Alibaba Group, Jack Ma, al quale la compagnia di trasporti statunitense appaltata ha rifiutato l’ordine all’ultimo minuto.
Il blocco preclude anche la possibilità di acquistare ventilatori polmonari dalla società nordamericana Vyaire Medical INC., oppure il rifiuto di diverse banche di trasferire donazioni fatte dalle organizzazioni di solidarietà MediCuba-Suiza e Asociación Suiza-Cuba, per l’acquisto di reagenti e dispositivi di protezione.
Si potrebbero aggiungere altri esempi, come il rifiuto della compagnia aerea Avianca di accettare merci con destinazione finale Cuba, o il silenzio di circa 70 compagnie statunitensi davanti alla richiesta di acquisto di medicinali, attrezzature e altro materiale necessario.
La salute non è però l’unico settore colpito, nonostante la contrazione subita in tutti i campi, ognuno registra il proprio equilibrio nei danni che il blocco provoca; il settore delle costruzioni, ad esempio, ha totalizzato perdite per oltre 18 milioni di dollari tra aprile e dicembre 2020.
“Nessuno con un minimo di onestà e con dati economici di dominio pubblico può ignorare che questo blocco costituisce il principale ostacolo allo sviluppo del nostro Paese”, ha detto alla chiusura dell’8° Congresso del Partito Comunista di Cuba, il primo segretario Miguel Díaz-Canel.
Il massimo dirigente cubano ha aggiunto che questa verità non cerca di nascondere le inadeguatezze inerenti alla performance economica della nazione caraibica, ma nessuno può «togliere al blocco» la colpa per i principali problemi che Cuba deve affrontare nella ricerca della prosperità e benessere.
Farlo significherebbe negare il dominio quasi assoluto che gli Stati Uniti hanno sui mercati globali e sulla finanza, e la sua influenza determinante sulle politiche di altri governi.
Nonostante ciò, il mondo mostra segni di sostegno alla richiesta di Cuba di porre fine a sei decenni di asfissia economica sulla sua gente, come dimostrano le carovane e le mobilitazioni internazionali; oltre a 28 votazioni favorevoli alle Nazioni Unite.
Una volontà che si riflette anche nelle voci che dalla società statunitense chiedono la revoca di tutte le misure unilaterali e la normalizzazione delle relazioni con l’isola, compreso un folto gruppo di membri del Congresso.
La Casa Bianca saprà ascoltare queste richieste?