Da Miguelito Cuní a Miguel Matamoros per guardare indietro e godere appieno il Giorno del son
Un Miguel porta all’altro per guardare indietro e godere appieno il Giorno del son.
Del santiaghero Matamoros nelle ultime ore risuona la sua opera nell’esigente antologia Giuramento, un album doppio del settetto Ecos del Tivolí, sorto nel 1992 nella città orientale, impegnato con la promozione del legato dell’autore di Son de la Loma.
Antología matamorina, che include 30 brani, il fonogramma prodotto Da Bis Music, registrato negli studi Siboney e Eusebio Delfín con la cura di José Manuel García, s’internazionalizza con le voci dei portoricani Choco Orta (in alleanza con il quatrista Edwin Colón e gli intrepidi tocchi e la cornetta cinese della Conga de los Hoyos), Andy Montañez e Gilberto Santa Rosa, che guidò la campagna del lancio con la su interpretazione di El que siembra su maíz, e si prolunga negli attuali esponenti del movimento sonero e della canzone cubana, come Zulema Iglesias, Mayito Rivera, El Indio Llorente, Haydée Milanés e María Victoria.
Vale e brilla per se stessa la truppa di Ecos del Tivolí, guidata dal suo direttore Jorge Félix Cambet e dal canto di Iván Batista, José Antonio Rosabal e dalle seconde di Angel Shombert.
Ascoltando questa realizzazione si spiega perché Matamoros è sorto a Santiago e la fedeltà degli abitanti di questa città al complesso musicale che identifica la nazione.
Con davanti il suo genio e la fortuna di sapersi introdurre precocemente nella nascente industria fonografica, don Miguel nel primo quarto del secolo scorso condensò le essenze di un’espressione che si era forgiata con sintesi successive nei campi orientali e penetrò nel tessuto popolare delle città di questa regione, prima d’ottenere una categoria nazionale.
Lui, come tanti altri, non ostacolavano il transito del son alla trova e viceversa, per cui viene bene calzare alla sua favolosa produzione il termine di «troverosonero», rigorosamente concettualizzato dal musicologo Danilo Orozco.
Matamoros è il compositore, ma anche l’interprete, il leader del trio che si formò in casa sua durante la sua festa di compleanno, l’8 maggio del 1925, quando Rafael Cueto gli presentò Siro Rodríguez; e del congiunto che portò in Messico all’immenso Benny Moré.
Che il Giorno del Son – è necessario tra di noi sottolineare cubano?–vincoli le date della nascita del santiaghero con un altro Miguel, di Pinar del Río, va visto come una doppia epifania: la portata veramente nazionale viva e in costante rinnovo del complesso musicale e la sua capacità ispiratrice per penetrare e vincolarsi con altre musiche del mondo, cominciando da quelle degli ambiti più vicini.
Miguelito Cuní ha marcato un sigillo d’interpretazione nel son e si dovrà sempre considerarlo anche come un esemplare trovero-sonero.
Lì ci sono i duetti con Pablo Milanés in Convergencia e i temi di Marta Valdés. Come ci ricorda Elpidio Gómez, direttore del Centro Argeliers León, di Pinar del Río, Vueltabajo è terra di soneros: el Niño Rivera, Aldo del Río, Virgilio González, Rafael López, Goyo Ríos, Carlos Quiñones. Miguel Arcángel Conill, Miguelito Cuní, fu ed è il punto a parte.
Crebbe prestando attenzione al sapore del Sexteto Habanero, modellò il suo canto nei gruppi locali di Fernando Sánchez e Jacobo Rubalcaba, e nel 1938 fece il salto a L’Avana con la banda di Ernesto Muñoz.
Sino a intraprendere la rotta sacra mediante tre stazioni decisive.
Arsenio Rodríguez e Félix Chapottin. Entrò nello stile di questi congiunti a tal punto che quando uno li ascolta sa perchè lì non ci può essere un altro che non sia Miguelito. A tal punto che, nell’irradiazione dell’espressione sonera e la semente piantata nella genesi della salsa, Miguelito è stato ed è lo specchio nel qual si guardano altri cantanti.
Va bene per lui l’offerta che gli dedicò Juan Almeida dicendogli addio: «Questo son/ non si è scritto per il ballo /è un postumo omaggio/ a quello che ha cantato tanto son pieno di grazia sonera / Miguel Cuní si chiamava».