Si può ancora parlare della Colombia come di uno stato democratico? La domanda non è semplice retorica ma è il frutto della constatazione che il paese sud americano è di fatto uno stato di polizia.
Le manifestazioni di protesta contro il governo che da undici giorni infiammano il paese sono sistematicamente represse dalla polizia e dall’esercito nel sangue. Secondo gli ultimi dati sarebbero 37 le persone uccise presumibilmente tutte dalle forze dell’ordine ed oltre 1100 le denunce di atti violenti compiuti dalla polizia, inoltre 379 manifestanti risultano scomparsi e di loro non si sa nulla.
Parlare di democrazia in una situazione come quella che sta vivendo in questi giorni la Colombia non è facile. Non che prima di queste ultime manifestazioni la Colombia potesse essere considerata la culla della democrazia, infatti le violenze di stato non sono cosa solo di questi giorni. Solamente nel 2021 sono stati assassinati 60 leader sociali che porta il numero di assassinati ad 1179 dalla firma degli accordi di pace del 2016. Bersaglio delle bande paramilitari che imperversano nelle campagne e nelle zone rurali della Colombia sono anche gli ex appartenenti alle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC), dalla firma degli accordi di pace ne sono stati assassinati ben 271. Quindi parlare di cessazione della democrazia solo per i fatti di questi giorni sarebbe come voler tappare la luna con un dito ma indiscutibilmente le repressioni messe in atto dalla polizia con il bene placido dello stato hanno fatto piombare la Colombia nel fondo del baratro in cui già stava da tempo.
La scorsa settimana, i dati ufficiali hanno rivelato che la povertà in Colombia raggiunge i 21 milioni di persone, ovvero il 42% del Paese. Il numero di sfollati, che nel 2016 era di 7,2 milioni, è salito a quasi 8 milioni; persiste, come detto, l’assassinio sistematico di leader sociali ed ex guerriglieri . In questo contesto, la scintilla che ha fatto detonare le proteste è stata la proposta di una riforma fiscale che colpisse soprattutto i più poveri. Inoltre il governo voleva impiegare 4 dei 6,4 miliardi che avrebbe incassato dalla riforma per ammodernare le forze armate acquistando armi ed aerei militari.
Le violenze nei confronti dei leader sociali non si fermano, infatti è notizia di oggi che Beatriz Moreno Mosquero, leader sociale, docente e rappresentante del sindacato unico dei lavoratori dell’educazione, è stata assassinata a Buonaventura nel dipartimento del Valle del Cauca. Beatriz è stata insegnante per oltre quaranta anni, la sua uccisione ha causato grande costernazione nella comunità dove risiedeva per il lavoro educativo che negli anni aveva realizzato.
Intanto nella notte appena trascorsa la polizia e l’esercito hanno continuato le loro scorribande repressive nei confronti dei manifestanti. A Cali è stato denunciato che persone a bordo di camionette blindate hanno esploso colpi di arma da fuoco contro un gruppo di manifestanti che stava presidiando una strada ferendo un dimostrante. All’arrivo dei sanitari la banda armata è tornata sul luogo sparando di nuovo contro il personale medico ferendo gravemente un’altra persona. A Cali il controllo della città è in mano della polizia e dell’esercito: le istituzioni democratiche che governano la città hanno lasciato il controllo ai militari da oramai diversi giorni. Le più basilari norme democratiche sono sospese.
La strategia del governo per arginare le proteste è quella di cercare di sfiancare i manifestanti con azioni militari violente. Una tattica che però per il momento non ha portato a nulla se non ad una carneficina. Il mondo resta immobile, a parte dichiarazioni di ripudio e di condanna per le azioni repressive della polizia non ha fatto niente di concreto. Sia l’Unione Europea che l’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno emesso dichiarazioni di condanna ma non sono andate oltre. La Casa Bianca non ha preso ancora una posizione ufficiale eppure il nuovo inquilino Joe Biden ripete alla noia che il rispetto dei diritti umani è la pietra miliare della sua politica estera. Sembra che tutte le violenze compiute in Colombia negli ultimi dieci giorni per Biden non hanno violato nessun diritto umano. Solo alcuni membri della Camera e del Senato statunitense hanno preso posizioni personali sul bagno di sangue in corso in Colombia, ma nulla di più.
Altro assente illustre è l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) che non ha ancora detto una parola su quanto sta avvenendo in Colombia. Eppure il suo Segretario Generale Luis Almagro passa tutto il suo tempo ad accusare il Venezuela per le violazioni dei diritti umani dei venezuelani da parte di Nicolas Moreno e del suo governo dittatoriale. Anche lui probabilmente come la Casa Bianca non vede in queste azioni nulla di strano.
Sarebbe bello che tutte queste anime belle pronte a sventolare la bandiera del rispetto dei diritti umani solo per scopi meramente politici prendessero dei provvedimenti seri contro il governo di Ivan Duque. L’Unione Europea per esempio potrebbe bloccare la ratifica del trattato di libero commercio con la nazione sud americana mentre gli Stati Uniti potrebbero chiudere il rubinetto dei finanziamenti. Ma le dittature da colpire con le sanzioni o con i tentativi di invasione non sono queste.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info