José Carlos Llerena e Vijay Prashad, Internationalist 360°,
Mentre a detta di tutti, Pedro Castillo ha vinto le elezioni presidenziali al secondo turno, il suo avversario si rifiutava di cedere e molti problemi possono aumentare coll’aiuto della destra e della nuova ambasciatrice degli Stati Uniti. Pedro Castillo del partito Perú Libre già riceve congratulazioni da tutto il mondo. Non c’è dubbio che abbia vinto le elezioni presidenziali del 6 giugno.
L’Autorità elettorale peruviana, ONPE, annunciava i risultati finali: Castillo ebbe il 50,137% dei voti (8,83 milioni di voti), mentre l’avversaria Keiko Fujimori di Fuerza Popular ebbe il 49,893% (8 ,78 milioni di voti). Questo col 100% dei voti. A detta di tutti, Fujimori ha perso le elezioni. Tuttavia, la candidata di destra si rifiutava di cedere. In effetti, assunse i migliori legali del Perù per contestare i risultati delle elezioni. A poche ore dalla disponibilità dei conteggi elettorali, il team di Fujimori presentava 134 cause nella finestra di opportunità; ed altre 811 erano pronte. Chiunque conosca la confraternita legale peruviana capirà che alcuni nomi più importanti sono nel grippo Fujimori: Echecopar; Gersi; Miranda & Amado; Payet, Rey, Cauvi, Pérez; Rodrigo, Elias & Medrano; Rubio Leguía Normand; Rebaza, Alcázar e De las Casas. Nella sola Lima, la squadra aveva oltre trenta avvocati al lavoro. Il team Fujimori riunì tali avvocati prima del voto, anticipando la possibilità della vittoria di Castillo e la necessità di negarlo in tribunale. L’esercito legale dei colletti bianchi attua una strategia legale razzista; il loro gioco è invalidare i voti al centro della base di Castillo, vale a dire le comunità indigene del Perù.
Gli USA nominano la nuova ambasciatrice in Perù, Lisa Kenna, ex-consigliera del segretario di Stato americano Mike Pompeo, per nove anni nella Central Intelligence Agency (CIA) e funzionaria del segretario di Stato nordamericano in Iraq. Poco prima delle elezioni, l’ambasciatrice Kenna diffuse un video in cui parlava degli stretti legami tra Stati Uniti e Perù e della necessità di una transizione pacifica da un presidente all’altro. La “transizione presidenziale è un esempio per l’intera regione”, disse anticipando una sfida seria. Se qualcuno sapesse dell’interferenza nel processo elettorale in America Latina, sarebbero gli USA. Sarebbe anche cruciale nella squadra di Keiko Fujimori, come Fernando Rospigliosi, ex-ministro dell’Interno del presidente Alejandro Toledo, unitosi al team Fujimori proprio per tale gara (per anni Rospigliosi fu molto critico sui crimini commessi dal padre di Fujimori, il presidente Alberto Fujimori, che sconta una pena detentiva). Lavorare coll’ambasciata nordamericana è nel curriculum di Rospigliosi.
Nel 2005, l’ex-ufficiale di sinistra Ollanta Humala doveva partecipare alla corsa presidenziale nell’aprile 2006. Ogni indicazione suggeriva che Humala, che aveva attuato un colpo di Stato contro il presidente Fujimori nel 2000, aveva il sostegno delle masse. Alcuni addirittura pensavano che Humala avrebbe seguito Hugo Chávez ed Evo Morales trascinando il Perù a sinistra. In quel periodo, Rospigliosi si recò all’ambasciata USA cercando supporto per impedire la vittoria di Humala nel 2006. Il 18 novembre 2005, Rospigliosi e l’ex-direttore della Difesa nazionale Ruben Vargas pranzarono nell’ambasciata. Presentarono la loro “preoccupazione per le prospettive che l’ultranazionalista Ollanta Humala si affermasse come forza politica da non sottovalutare”. Rospigliosi e Vargos collaboravano per la ONGc Capital Humano y Social (CHS), contrattata con la Sezione Forze dell’Ordine e Narcotici (NAS) del governo USA. Rospigliosi e Vargas chiesero all’ambasciata USA di sollecitare la loro agenzia di comunicazioni Nexum a “monitorare la copertura di Humala e promuovere notizie e commenti anti-Humala nelle regioni della coca”. Volevano che l’ambasciata USA utilizzasse le sue considerevoli risorse per minare Humala. Questi sono i vecchi trucchi sporchi.
Gli USA erano preoccupati per Humala, per le sue dichiarazioni contro la presenza militare USA in Perù e per i suoi legami con Hugo Chávez. Ciò che Rospigliosi e Vargas dissero all’ambasciata USA gli piacque. Humala perse le elezioni nel 2006. Avrebbe vinto nel 2011, battendo Keiko Fujimori; ma nel 2011 Humala si affermò da candidato dei neoliberisti, che gli USA consideravano innocuo e utile. Il 19 maggio 2011, Humala firmò un testo che l’aggiogava all’agenda neoliberista (“Compromiso en Defensa de la Democracia”). Al raduno, fu benedetto dal padrino di destra del Perù, il romanziere Mario Vargas Llosa. Vargas Llosa è una figura chiave, usando il prestigio del suo premio Nobel 2010 per la letteratura.
Quando arrivarono i risultati che Pedro Castillo dominava il Perù rurale, Vargas Llosa denigrò gli elettori delle aree rurali; avvertì che il Perù sarebbe diventato come il Venezuela e che sarebbe stata una catastrofe. Immerso nella bile del razzismo, Vargas Llosa si unì ad altri intellettuali di estrema destra per sminuire la classe operaia e contadina peruviana, sperando che tali osservazioni avrebbero dato copertura sufficiente al golpe nell’ONPE. Tutto appare pronto: l’ambasciatrice USA della CIA, un uomo disonesto aduso a chiedere all’ambasciata USA aiuto e di aver sempre chiesto agli Stati di diffamare la sinistra, un vecchio allergico al proprio popolo e una candidata il cui padre era sostenuto dall’oligarchia quando attuò l’autogolpe del 1992.
Pedro Castillo continua a mantenere le strade. Le folle si riuniscono. Non vogliono che la loro elezione venga derubata. Ma c’è paura in Perù. Forze oscure turbinano intorno. Riuscirà il popolo a sconfiggerli?
José Carlos Llerena Robles è un educatore popolare dell’organizzazione peruviana La Giunta e rappresentante del capitolo peruviano di Alba Movimientos.
Traduzione di Alessandro Lattanzio