Biden a favore della contras cubana

Anche il Presidente degli Stati Uniti, come era del resto prevedibile, prende posizione sulle recenti manifestazioni che domenica si sono svolte in varie città di Cuba per protestare contro il governo. In una nota il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden prende posizione a favore dei manifestanti che domenica in varie città dell’isola caraibica sono scesi per strada per protestare contro il governo di Miguel Diaz Canel.

“Il popolo cubano sta coraggiosamente chiedendo il riconoscimento di diritti fondamentali e universali dopo decenni di repressione e di sofferenze economiche dovute a un regime autoritario”, afferma la nota diffusa dalla Casa Bianca. “Questi diritti comprendono quello di protestare pacificamente e quello di determinare liberamente il proprio futuro. Diritti che vanno rispettati”, ha aggiunto Joe Biden.

Molto più interventista invece il Sindaco di Miami Francis Suarez che ha chiesto un intervento internazionale guidato dagli Stati Uniti “per proteggere il popolo cubano da un bagno di sangue”. Suarez ha partecipato a una manifestazione nella ‘Little Havana’ di Miami, dove in centinaia si erano radunati fuori dal ristorante cubano Versailles. “I cubani sono degni e pronti a governarsi senza tirannia. Può finire oggi e deve finire oggi. Le implicazioni di questo momento possono significare libertà per milioni di persone nell’emisfero, da nicaraguensi e venezuelani a molti altri ancora”, ha detto il sindaco in una conferenza stampa.

Tre rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti, Mario Diaz-Balart, Carlos A. Gimenez, e Maria Elvira Salazar, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in solidarietà con le proteste a Cuba. “Ora più che mai, gli Stati Uniti e la comunità internazionale devono sostenere il popolo cubano nella sua lotta per la libertà”, hanno scritto nella loro dichiarazione.

La strategia della nuova amministrazione statunitense di Joe Biden per tentare di sovvertire il governo cubano è la stessa usata oramai molte volte anche in altri paesi che non vogliono inginocchiarsi alle regole del nuovo ordine mondiale. Strategia usata già in Ucraina, Bielorussia, Venezuela, Nicaragua che prevede di far passare una piccola esigua minoranza di dissidenti in maggioranza nel paese. Anche durante le recenti manifestazioni cubane una esigua minoranza di controrivoluzionari viene fatta passare come rappresentativa di tutto il popolo di Cuba. Si cerca, grazie alla forza mediatica della stampa e dei social network, di convincere l’opinione pubblica che questi pochi elementi, finanziati e diretti dal vicino a stelle e strisce, siano la vera anima del paese.

Viene chiesto a gran voce di permettere ai manifestanti di esprimere il loro legittimo diritto alle proteste ma si trascura volontariamente il fatto che durante le manifestazioni non si sono verificati incidenti. La polizia, a differenza di quanto invece avvenuto in altre nazioni governate da governi filo statunitensi come Cile e Colombia, non ha reagito alle provocazioni dei manifestanti. Pacifici manifestanti che però tali non si sono dimostrati. A L’Avana i dissidenti che dovrebbero rappresentare la maggioranza del popolo cubano hanno assaltato un negozio ed hanno rubato tutto quello che conteneva al grido di “queste merci appartengono al popolo”. A Trinidad una ragazza è stata malmenata ed è finita in ospedale perché non condivideva le opinioni dei manifestanti ed inneggiava alla rivoluzione. A Camaguey i manifestanti hanno preso a sassate i poliziotti ed uno di loro è stato colpito alla testa da una pietra e ricoverato in ospedale. Sempre nella capitale cubana alcune auto della polizia sono state attaccate e ribaltate. Queste sono alcune delle azioni compiute dai pacifici manifestanti che però non vengono riportate dai nostri mezzi di informazione. Mezzi di informazione che invece danno ampio spazio agli arresti compiuti dalla polizia. Magari tra gli arrestati ci sono proprio coloro che hanno compiuto atti violenti, ma questo sembra un particolare di poco conto.

Si continua a imputare alla gestione governativa la colpa delle difficoltà che l’isola sta passando ma la causa primaria dei problemi è lo storico blocco economico, commerciale e finanziario che dal 1962 gli Stati Uniti applicano a Cuba. Togliere il blocco significherebbe ridare respiro all’economia cubana ma purtroppo la nuova amministrazione statunitense, come le altre che la hanno preceduta, non ha minimamente intenzione di farlo. La nuova vicinanza tra Stati Uniti ed Unione Europea consolida le politiche sanzionatorie imposte da oltre oceano. Non a caso la stessa Unione Europea ha approvato con una larga maggioranza una risoluzione alcuni mesi fa in cui viene chiesto il rispetto dei diritti umani a Cuba e condanna le repressioni della dissidenza. Durante la recente votazione all’Onu della risoluzione che chiede che venga revocato il blocco il rappresentante europeo ha dichiarato che il blocco va eliminato in quanto non ha ottenuto i risultati sperati ed allo stesso tempo a sostenuto che il governo cubano sta sistematicamente violando i diritti della sua popolazione. Il nostro governo aveva, nel mese di aprile, approvato una risoluzione al Senato che chiedeva l’introduzione di sanzioni mirate ai membri del governo ed ai dirigenti del Partito Comunista Cubano.

Come appare chiaro le possibilità che il blocco venga eliminato o alleggerito sono davvero poche. Cuba dovrà resistere come ha fatto per oltre sessanta anni ma le manifestazioni di domenica hanno aperto un nuovo capitolo nella guerra che gli Stati Uniti combattono contro l’isola. Poche persone che protestano sono sufficienti, grazie all’informazione schierata che amplifica ogni piccolo movimento dissidente, per far passare l’idea che il governo di Diaz Miguel sia rimasto solo nella lotta rivoluzionaria e che la maggioranza dei cubani stia con la controrivoluzione che chiede un cambio di governo. Non ho gioito quando all’Onu la risoluzione di condanna del blocco è passata con un’ampissima maggioranza perché sapevo che non c’era nulla da festeggiare. Gli Stati Uniti per 28 volte non hanno rispettato il volere del mondo e quindi perché lo avrebbero dovuto fare quest’anno. Sapevo che l’immobilismo di Joe Biden nelle politiche contro Cuba non era un buon segno, su Cuba democratici e repubblicani sono la stessa faccia della medaglia.
Sembra che molte persone che vanno in piazza per sostenere il governo e la rivoluzione siano un dettagli insignificante mentre pochi controrivoluzionari che inneggiano alla fine della dittatura devono essere considerati quali naturali successori alla guida del governo di Cuba. Ma se le regole della democrazia valgono ovunque allora perché a Cuba, dove la maggioranza del popolo è sceso in piazza per sostenere la rivoluzione ed il governo, deve diventare una minoranza?

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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