Evo Morales denuncia la nuova operazione Condor guidata dagli USA

Nan e Nora McCurdy, Internationalist 360°, 19 luglio 2021

L’operazione Condor fu un programma d’intelligence segreta diretta dagli USA negli anni ’70 e anni ’80 di sei dittature sudamericane sostenute dagli USA, Cile, Argentina, Brasile, Bolivia, Uruguay e Paraguay, che provocò tortura e “sparizione” di migliaia di persone.

Le vittime includevano dissidenti e persone di sinistra, leader sindacali e contadini, preti e suore, studenti e insegnanti, intellettuali e sospetti guerriglieri. Il Presidente Evo Morales recentemente suggerì che il colpo di Stato del 2019 contro di lui fa parte di un nuovo Piano Condor degli Stati Uniti, il cui obiettivo è annullare la rinnovata ascesa della sinistra in Sud America. In un discorso a luglio, Morales dichiarò: “L’invio di materiale bellico da parte degli ex-presidenti dell’Ecuador (Moreno) e dell’Argentina (Macri) e la lettera di ringraziamento del generale Terceros sono un’ulteriore prova che, insieme all’assassinio del presidente di Haiti da parte di ex-militari colombiani , mostra l’esecuzione di un secondo Piano Condor sotto la direzione degli Stati Uniti. Avvertiamo i movimenti sociali dell’America Latina sul PlanCóndor2 e la necessità di rafforzare la lotta per la pace con la giustizia sociale e la democrazia per preservare sovranità ed indipendenza dei nostri Stati e dignità dei popoli. Di fronte alla destra boliviana e ai suoi media pagati dagli Stati Uniti che mentono e non mostrarono un solo dei presunti brogli [nel 2019], ulteriori prove si hanno su chi partecipò al colpo di Stato del 2019 e sostene i governi antipopolari con materiale bellico e denaro. Riaffermiamo che il PlanCóndor2 è in corso e si concordano misure affinché i governi di destra dell’America Latina non continuino a partecipare a colpi di Stato sotto la guida degli Stati Uniti, causando lutto e dolore ai nostri popoli. Avvertiamo popoli, militanti, simpatizzanti, militari patriottici e professionisti impegnati nel proprio Ppaese: siamo nel mirino degli Stati Uniti perché abbiamo recuperato le nostre risorse naturali, nazionalizzato le società strategiche e chiuso la base militare di Chimoré. Non ci perdonano”.

Cuba: nel mirino di Condor

Che la nuova Operazione Condor rappresenti un’estensione della vecchia è evidente nella continua sovversione di Washington contro Cuba, Paese che ha sfidato i disegni imperiali degli Stati Uniti sin dalla rivoluzione del 1959. Come riportato dal CAM il 23 giugno 184 Paesi dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite votarono a favore della fine dell’embargo statunitensi su Cuba. Fu il 29° anno consecutivo in cui praticamente tutti i Paesi, ad eccezione di Stati Uniti ed Israele, facevano questa richiesta. Negli ultimi anni, i media cubani denunciarono i milioni di dollari di finanziamenti nordamericani, attraverso organizzazioni come il National Endowment for Democracy (NED), per creare e finanziare i media dell’opposizione e giovanili. I programmi NED sono un’aggiunta alla nuova operazione Condor, il cui obiettivo è il cambio di regime dei governi di sinistra. Il Presidente Miguel Díaz-Canel Bermúdez l’11 luglio smentì le campagne diffamatorie dell’egemonia mediatica statunitensi nel pieno della pandemia di Covid coll’intensificarsi del blocco economico, finanziario e commerciale illegale imposto dagli Stati Uniti. “In maniera sordida, codarda e opportunistica, chi ha mantenuto il blocco e chi è usato come mercenari e lacchè dell’impero, appaiono con dottrine umanitarie per rafforzare il criterio che il governo cubano non sappia affrontare questa situazione; se sono preoccupati per il popolo cubano, devono porre fine al blocco”, affermava il presidente cubano. Gli Stati Uniti intensificano il blocco sperando di provocare un’implosione interna. “Voglio soffocarci e cercare di porre fine alla Rivoluzione… Da queste informazioni per ratificare che le piazze sono con la Rivoluzione; che il partito e il governo hanno tutta la disposizione a discutere e aiutare”, affermava il presidente Díaz-Canel. Il Presidente invitava la base rivoluzionaria a scendere in piazza per affrontare le provocazioni dei manipolatori che promuovono proteste e richiedono sanzioni illegali contro il proprio Paese; “sappiamo che ci sono masse rivoluzionarie che affrontano gruppetti antirivoluzionari, non lasceremo che nessun mercenario dell’impero statunitense provochi destabilizzazione”, aggiunse. Il Capo di Stato notò che le provocazioni di gruppetti intendono creare uno scenario affinché gli USA possano sostenere l’invasione. “Nella seconda metà del 2019 abbiamo spiegato al popolo che attraversamo un momento difficile, dai segnali che gli Stati Uniti davano contro Cuba”, ricordava. “La persecuzione finanziaria, economica, commerciale ed energetica è aumentata, [Washington] vuole provocare problemi sociali interni a Cuba per pretese missioni umanitarie come interferenze militari”, denunciò il Presidente Díaz-Canel, che ricordava che Cuba era inclusa nella famigerata lista di sponsor del terrorismo, “una lista unilaterale; pretendendosi imperatori del mondo”, aggiunse.

Perù: dal vecchio Condor al nuovo: Viva Fujimori!

Secondo lo storico J. Patrice McSherry, il Perù era uno dei Paesi bersaglio dell’originale Operazione Condor. Nel giugno 1980, il presidente peruviano generale Enrique Morales Bermudez (1975-1980) collaborò con le forze di sicurezza argentine nella caccia alla sinistra argentina in Perù che fu torturata e “scomparve”. Gli Stati Uniti diedero assistenza alla sicurezza per aiutare il presidente peruviano Alberto Fujimori (1990-2000) a distruggere il movimento della guerriglia di sinistra Sendero Luminoso. Avanti di due decenni,Washington sembra fare tutto il possibile col nuovo Condor per orchestrare un colpo di Stato per rimettere al potere la figlia di Alberto, Keiko, che come suo padre avanzerebbe politiche a favore delle classi ricche del Perù. Come riportato dal CAM, nelle elezioni del 6 giugno, Pedro Castillo, insegnante e candidato del Partito Perù Libero, vinse le elezioni al secondo turno. Ma Fujimori, che affronta una lunga pena detentiva con l’accusa di corruzione, si rifiutava di concedere. Col 100% dei voti contati Castillo ebbe il 50,127% dei voti (8,84 milioni di voti), battendo Fujimori del Partito Fuerza Popular, che ricevette il 49,873% (8,79 milioni di voti). Stati Uniti ed oligarchia peruviana, così come Fujimori e il suo esercito di avvocati, usarono il modello di colpo di Stato elettorale per cercare di escludere Castillo dalla presidenza, che chiede un’assemblea costituente e sembra favorire riforme di vasta portata che migliorino la vita della maggioranza impoverita e diminuivano il potere delle élite del Paese e delle aziende. Appena sei settimane prima delle elezioni gli Stati Uniti inviarono un nuovo ambasciatore in Perù Lisa Kenna, consigliere dell’ex-segretario di Stato nordamericano Mike Pompeo, veterana della Central Intelligence Agency (CIA) e funzionaria del dipartimento di Stato nordamericano in Iraq. Quali sporchi trucchi potrà tirare fuori rimane incerto, ma se Morales ha ragione sulla nuova Condor, è sicuramente qualcuno che la supporta.

Haiti: un assassinio per procura

Il 30 giugno, appena una settimana prima dell’assassinio del presidente Jovenel Moïse, William J. Burns, capo della Central Intelligence Agency, arrivò in Colombia per partecipare a una missione di sicurezza “sensibile”. L’ambasciatore colombiano a Washington, Francisco Santos, riferì del viaggio del direttore della CIA in Colombia, ma disse di non voler fornire ulteriori dettagli sulla visita: “Preferisco non dirvelo, è una missione delicata, importante missione d’intelligence che abbiamo saputo coordinare”, rispose Santos quando fu interrogato sulla missione. Gli Stati Uniti hanno sette basi militari in Colombia e una storia di sostegno ai paramilitari narcotrafficanti base politica del presidente di destra Iván Duque e del suo sinistro mentore implicato nel narco-terrore, l’ex-presidente Álvaro Uribe. Quindi, ovviamente i colombiani fecero parte del commando che uccise il presidente Moïse. Ci fu molta disinformazione sull’assassinio per cercare di confondere, ma non è difficile ipotizzare quale Paese sia dietro l’omicidio. Moïse non era un progressista. Fu imposto dall’ex-presidente corrotto Michel Martelly, stretto alleato dei Clinton, ed ebbe solo l’11% dei voti nel 2016. In un’intervista a marzo , l’ex-ambasciatrice degli Stati Uniti ad Haiti Pamela White parlò di un piano per “mettere da parte” il presidente Moïse, lasciando il potere nelle mani di un primo ministro ad interim. Tutto questo per evitare elezioni democratiche che la popolazione chiede dal 2020. Come si “mette da parte” un presidente? Il governo degli Stati Uniti ha una lunga storia di assassini di presidenti e leader o di sostegno ai colpi di Stato per rovesciare governi eletti, come fece nel 2004 per rimuovere il presidente Jean-Bertrand Aristide, che aveva ampio sostegno tra i poveri di Haiti. Nel 2020, quando Moïse avrebbe dovuto dimettersi e quando il partito più popolare, Fanmi Lavalas, chiedeva le elezioni, gli Stati Uniti l’appoggiarono restando al potere. I sondaggi mostrano che il partito progressista Lavalas è molto popolare e, se gli Stati Uniti permetteranno elezioni eque, molto probabilmente vincerà. Chiunque abbia ucciso il presidente Moïse e per qualsiasi ragione, il risultato a medio termine è il caos per il popolo di Haiti, incluso forse un altro intervento militare, che rende più che mai una soluzione politica stabile. Delle foto mostravano gli uomini che la polizia haitiana accusa di essere “commando specializzati”. Le armi con cui questi uomini furono catturati erano vecchie e sufficienti solo per metà di loro. Furono trovati solo due walkie talkie e un giubbotto antiproiettile. Non c’era nulla in tale gruppo che indicasse alcun “commando specializzato” ed è improbabile che un gruppo così disordinato potesse sconfiggere le dieci guardie del corpo del presidente senza opporre resistenza. Non ci fu alcuna presenza di ciò che fu trovato dalle telecamere di sicurezza, né della casa del presidente né delle case vicine. E ora la polizia dice che un medico haitiano progressista che vive negli Stati Uniti ed ebbe la pretesa di candidarsi alla presidenza in passato sia la mente. Questo scenario dipinto dalla polizia haitiana è un insabbiamento, come accaduto con molti omicidi dell’originale Operazione Condor.

Nicaragua-1980 Redux?

In Nicaragua, le politiche statunitensi col nuovo Condor mostrano grande continuità dalla Guerra dei Contras degli anni ’80. Nel 2018, con attenta direzione e milioni di dollari da agenzie e fondazioni statunitensi, fu tentato un colpo di Stato contro il governo del Nicaragua, guidato dal leader rivoluzionario sandinista Daniel Ortega, che vinse le elezioni del 2016 con oltre il 72% dei voti. [1] Il fallito tentativo di colpo di stato causò la morte di oltre 260 persone, tra cui 24 poliziotti. Insieme ad esecuzioni, decine di sostenitori sandinisti e dipendenti del governo furono rapiti e torturati. Con la distruzione di edifici, veicoli e attrezzature governativi e privati, la perdita di 130000 posti di lavoro e la chiusura di attività commerciali, il ministro delle finanze Ivan Acosta calcolò il costo per l’economia di oltre un miliardo di dollari, più delle perdite causate dalla pandemia di Covid e due devastanti uragani del novembre 2020. Un nuovo piano di destabilizzazione chiamato RAIN, Responsive Action in Nicaragua, gestito e finanziato dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID), trapelò dall’ambasciata degli Stati Uniti nel luglio 2020. Molti altri milioni furono donati dagli Stati Uniti ai loro agenti e organizzazioni per procura in Nicaragua per realizzare il programma operativo di RAIN che chiede apertamente la “transizione” incostituzionale e la promozione di “attività legate alla transizione”. Queste violano la Costituzione del Nicaragua, il codice penale del 2007 del Paese, l’attività sulla sicurezza nazionale e le leggi sul riciclaggio di denaro in conformità cogli standard internazionali, nonché la legge sulle organizzazioni senza scopo di lucro. L’attuale amministrazione degli Stati Uniti sotto Joe Biden ha mantenuto la designazione del presidente Trump del Nicaragua come “minaccia straordinaria e insolita a sicurezza nazionale e politica estera degli Stati Uniti”. Ciò significa che chi accetta denaro dal governo degli Stati e Uniti e partecipano a programmi nordamericani per promuovere la “transizione democratica”, collaborano con una potenza straniera ostile. Da giugno sono indagati 20 nicaraguensi per tali attività illegali e tradimento. I reati di cui sono accusati concernono non solo il possibile tradimento per organizzazione, finanziamento e partecipazione a un colpo di Stato, ma anche per la richiesta di aggressioni economiche e persino militari straniere e la promozione di misure coercitive contro il governo e singoli cittadini. Inoltre, alcuni sono indagati per riciclaggio di denaro sporco, frode finanziaria relativa all’abuso di organizzazioni non profit e legge sulla registrazione e rendicontazione finanziaria come agenti stranieri, simile alla legislazione FARA degli Stati Uniti. Inoltre, tra i detenuti ci sono persone che, impegnandosi in tale gamma di violazioni della legge, violavano i termini di legge sull’amnistia di cui beneficiarono nel 2019.

Venezuela: cercare di distruggere la linfa vitale della rivoluzione bolivariana

Il Nicaragua fu designato dall’amministrazione Trump come parte della “troika della tirannia” insieme a Cuba e Venezuela. Il presidente socialista venezuelano Nicolás Maduro, il 12 luglio in un dialogo co legislatori dell’Assemblea nazionale, denunciò due attentati contro la sua vita nelle due settimane precedenti. Maduro dichiarò: “Hanno preparato un attacco contro di me il 24 giugno nel bicentenario del Carabobo quest’anno. Un altro attacco coi droni, che abbiamo scacciato, abbattuto e neutralizzato. È la prima volta che lo dico, perché l’indagine è ancora in corso finché non arriviamo a chi è dietro tutto. Avevano preparato [l’ennesimo] attacco disperato contro di me il 5 luglio nel corteo …”, riferendosi alla parata civile-militare del 5 luglio. Tali attacchi, ed altri tentativi di assassinio contro Maduro, rientrano nella rubrica della nuova Operazione Condor divulgata da Morales. Il Venezuela è un obiettivo chiave perché è guidato da un governo socialista che dall’elezione di Hugo Chávez del 1998 è impegnato nella solidarietà panamericana e nell’integrazione delle economie latinoamericane in modo che possano svilupparsi in modo indipendente e liberarsi dalla presa yankee. Nel maggio 2020, un folto gruppo di terroristi finanziati dagli Stati Uniti, tra cui due cittadini statunitensi, dopo l’addestramento in Colombia entrarono in Venezuela su una barca sperando di rapire o assassinare il Presidente Maduro. La loro presenza fu subito segnalata dai pescatori locali ed intercettati dalle autorità venezuelane. Il Comando Meridionale degli Stati Uniti da tempo propone piani e sostiene misure per rovesciare il governo eletto del Venezuela. Recentemente, il Presidente Maduro denunciò il comando meridionale degli Stati Uniti e la Central Intelligence Agency per aver adottati piani contro il Venezuela dal territorio colombiano. Maduro accusò la CIA di volerlo assassinare. Allertò il popolo venezuelano esortandolo a prepararsi “a rispondere con forza a qualsiasi piano di destabilizzazione, in perfetta unione civile-militare”. La dichiarazione di Maduro era relativa all’arrivo in Colombia del comandante del Southern Command, ammiraglio Craig Faller, e del direttore della CIA William Burns, la cui visita, come spiegato dall’ambasciatore colombiano negli Stati Uniti, era una “missione delicata”, subito prima degli attacchi criminali ad Haiti e Venezuela. Il Presidente Maduro osservò: “Abbiamo ricevuto informazioni… sono dietro i piani per continuare a minacciare e attaccare la pace e la democrazia, le istituzioni e la leadership del nostro Paese”. Gli avvertimenti del governo venezuelano sulle continue cospirazioni, violenze e preparazione dei mercenari in Colombia per attaccare il Venezuela furono confermati dagli attacchi nella capitale del Venezuela. Varie bande criminali organizzarono assalti a Caracas, incluso uno contro un importante centro della polizia. Gli attacchi erano chiaramente coordinati per creare un clima di paura e incertezza durante la visita di una delegazione dell’Unione europea per valutare la possibilità che gli osservatori dell’UE monitorino le elezioni previste per la fine dell’anno. Le forze di sicurezza venezuelane intervennero per controllare le aree sotto attacco smantellando le bande criminali. Le loro azioni a indicano una differenza fondamentale rispetto agli anni ’70, in particolare che i Paesi dell’America Latina sono più forti e capaci di difendersi da sovversione e terrorismo sostenuti dagli Stati Uniti.

Conclusione

Evo Morales, tra gli altri, chiariva che le élite statunitensi e i loro alleati regionali cercano disperatamente di imporre un nuovo Piano Condor in America Latina e nei Caraibi. Storicamente, gli Stati Uniti da sempre cercano di sopprimere l’emancipazione regionale sotto forma di movimenti e governi progressisti. Ma in un contesto globale, ora temono anche la crescita dei legami economici della regione coll’Asia, in particolare la Cina. Nonostante l’enorme influenza politica, potere economico e presenza militare, Stati Uniti e loro alleati affrontano una battaglia persa, proprio come la Spagna 200 anni fa. Un modello di controllo di Stati Uniti ed alleati è il tipo di intervento antidemocratico sviluppato ad Haiti e Honduras da Stati Uniti, Canada ed Europa occidentale. Questo modello garantisce un governo centrale castrato e corrotto e un governo neocoloniale tramite agenzie internazionali ed ONG occidentali. Ma il crollo di Haiti e dell’Honduras nella sottomissione neocoloniale è ancora un’eccezione nella regione. Oltre ad Haiti, le altre nazioni caraibiche si dimostravano molto resistenti alle pressioni statunitensi, bloccando costantemente le mosse contro il Venezuela da parte di Stati Uniti e Canada nell’Organizzazione degli Stati americani (OAS), ad esempio. Anche la decisiva vittoria legale del Nicaragua nel 2012 che riconquistò oltre 90000 chilometri quadrati di territorio marittimo caraibico, usurpato dalla Colombia per decenni, significa che il Nicaragua si è unito a Cuba e alle nazioni insulari caraibiche progressiste che coincidono negli organismi regionali, rafforzando l’influenza rivoluzionaria in quei forum. In pratica, ciò significa promuovere politiche di sviluppo incentrate sul popolo piuttosto che sui profitti aziendali.
Da Messico e Caraibi a Cile ed Argentina, nonostante l’offensiva contro Cuba, Nicaragua e Venezuela, sono gli alleati di destra degli Stati Uniti ad essere in crisi, proprio perché la visione occidentale meschina, aspa, sterile di sviluppo capitalista condanna alla miseria e alla disperazione. Quindi, non sorprende che proteste popolari con varia intensità siano sorte in Colombia, Costa Rica, Cile, Guatemala, Panama, Paraguay e Brasile. Il governo di destra di Guillermo Lasso in Ecuador dovrà presto affrontare le inevitabili conseguenze dell’attuazione di misure economiche neoliberiste e repressive. Mentre Stati Uniti e loro alleati destabilizzarono l’Argentina grazie alle élite che saccheggiato il Paese sotto Mauricio Macri assumend un debito estero debilitante, la politica estera del Paese rimane importante per la progressiva integrazione regionale contro i desideri degli Stati Uniti. Lo stesso vale per il Messico. Nonostante il potere economico, diplomatico e militare, gli sforzi intensi e ben coordinati di Stati Uniti e alleati per destabilizzare Cuba, Venezuela e Nicaragua e la regione falliscono. L’influenza della Cina cresce mentre quella degli Stati Uniti cala. Haiti e Honduras potrebbero per ora essere le tragiche vetrine di ciò che Stati Uniti ed alleati vogliono imporre all’America Latina e ai Caraibi, ma l’eroico popolo boliviano ha dimostrato che anche un colpo di Stato di destra riuscito può essere annullato. L’attuale Piano Condor a guida statunitense potrebbe non essere il canto del cigno della dottrina Monroe in America Latina. Ma è l’evidenza è chiara per chiunque voglia vedere.

Note:
Ortega era il leader della rivoluzione socialista sandinista del 1979 che rovesciò la dittatura di Somoza appoggiata dagli Stati Uniti, che governò il Nicaragua dall’occupazione dei marines degli Stati Uniti negli anni ’20-’30. Anastasio, capo della Guardia nazionale addestrata dagli Stati Uniti, uccise il patriota nicaraguense Augusto Cesar Sandino, il cui nome fu preso dai sandinisti. L’amministrazione Reagan organizzò attentati controrivoluzionari in Nicaragua dalle basi di Miami. e che i sandinisti respinsero. Ortega fu presidente del Nicaragua dal 1979 al 1990 e lo è dal 2007-

Nan McCurdy ha lavorato per la United Methodist Church degli Stati Uniti, attualmente nello Stato di Puebla, in Messico. Ha vissuto in Nicaragua più di trent’anni.
Nora McCurdy è nicaraguense. È un investigatrice indipendente.

Traduzione di Alessandro Lattanzio


Piano Condor II: destra sudamericana e USA “Uniti dietro il golpe boliviano”

Nathalia Urban, Internationalist 360°, 19 luglio 2021

 

Secondo il portavoce del governo boliviano Jorge Richter, Brasile e Cile sarebbero coinvolti negli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza avvenuti nel Paese in seguito alle dimissioni di Evo Morales nel 2019. Richter affermò che ora sarà possibile una collaborazione internazionale per le indagini, senza fornire ulteriori dettagli. L’annuncio di Richter su aveva dopo che il governo boliviano denunciò la partecipazione dell’ex-presidente dell’Argentina, Mauricio Macri, al colpo di Stato del 2019 contro il rieletto presidente della Bolivia Evo Morales. Il Ministro degli Esteri Rogelio Mayta rivelò documenti che provano la spedizione di munizioni da Macri, così come dall’omologo ecuadoriano Lenín Moreno, utilizzate dalla polizia in Bolivia per reprimere le proteste popolari contro il governo de facto di Jeanine ñez. Il presidente della Camera dei deputati boliviana, Freddy Mamani, annunciò la proposta per creare una commissione d’inchiesta per indagare non solo sulle accuse contro Macri ma anche sulla possibilità che altri governi abbiano collaborato ci golpisti. Mamani non nascose quali governi saranno indagati: Jair Bolsonaro in Brasile e Sebastián Piñera in Cile. Apertamente ostili a Evo Morales e al suo partito, MAS (Movimento al socialismo), entrambi i Paesi hanno ostilità verso l’attuale governo progressista di Luis Arce. Al contrario, entrambi sostennero l’amministrazione di Jeanine Áñez, presidentessa “ad interim” installata dalle forze armate dopo il colpo di Stato del 2019. La relazione tra Bolsonaro e l’estrema destra boliviana fu documentata da Brasil Wire e i legami tra fascisti brasiliani e controparti boliviane sono molto chiari. Il Brasile fu uno dei primi Paesi a riconoscere Jeanine Áñez. Anche Luís Fernando Camacho, capobastone di Santa Cruz de la Sierra, espresse profonda ammirazione per il governo di Bolsonaro. Nel maggio 2019, Camacho pubblicò un video sui social media in cui affermava di aver chiesto aiuto all’ex-ministro degli Esteri brasiliano Ernesto Araújo per consultare la Commissione interamericana sui diritti umani sulla possibilità di bloccare il tentativo di Morales di vincere il quarto termine. I contatti tra gli alleati di Camacho e Bolsonaro iniziarono molto prima. Alla fine del 2018, molti capi e affaristi latinoamericani si recarono nella città brasiliana di Foz do Iguaçu per partecipare a un vertice conservatore organizzato dal deputato Eduardo Bolsonaro, presidente della Commissione per gli affari esteri e difesa nazionale della Camera.

Cospirazione regionale

L’attuale presidente argentino Alberto Fernandez, che prestò un mese dopo il golpe, si scusò col popolo boliviano a nome del predecessore per aver inviato le armi. Le indagini argentine indicavano che l’allora presidente Mauricio Macri inviò armi e soldi per reprimere i sostenitori di Evo Morales. Il Pubblico Ministero dell’Argentina aprì un’indagine formale per scoprire l’entità dei crimini commessi dall’ex-presidente. Tra le autorità da indagare per ingerenza internazionale e spedizione di armi oltre a Macri sono gli ex-ministeri Patricia Bullrich, della Sicurezza, e Oscar Aguad, della Difesa. Secondo il quotidiano El Orsai, la CIA a La Paz incaricò il capo di dell’agenzia d’Intelligence federale argentina (AFI) in Bolivia, José Sanchez, di supportare la raccolta di informazioni su Evo Morales e le sue amministrazione; e sui funzionari cubani, venezuelani e nicaraguensi residenti in Bolivia, compresi i diplomatici. Per ottemperarvi, José Sánchez non solo utilizzò i suoi agenti nel Paese, ma anche chiese il supporto di rappresentanti di Brasile, Colombia e Perù. I documenti dell’ambasciata argentina a La Paz mostrano i dettagli di un incontro nel luglio 2019 in cui il vicesegretario di Stato per l’emisfero occidentale degli Stati Uniti Kevin Michael O’Reilly avvertì che Evo avrebbe vinto le elezioni e chiese ad OAS, UE, Brasile, Argentina e Perù mettere in discussione trasparenza e legittimità delle elezioni. Uno dei passaggi più interessanti del documento afferma che la scena politica boliviana dipende da ciò che accade in Venezuela, aggiungendo evidenze sul piano per destabilizzare la sinistra regionale. Furono analizzati anche i viaggi all’estero di Evo Morales e O’Reilly notò la preoccupazione per il crescente riavvicinamento tra Morales e il governo russo.

Recentemente, Morales avvertiva sull’attuazione della nuova Operazione Condor in America Latina. Esortando i movimenti sociali a combattere per la pace, democrazia e sovranità, Morales definì i colpi di Stato sostenuti dagli Stati Uniti “infliggere dolore ai popoli latinoamericani”. I timori di Morales si rafforzarono dopo che il direttore della CIA William J. Burns visitò Brasile e Colombia. Quando gli fu chiesto della visita, Bolsonaro disse: “Non dirò che questo è stato affrontato con lui, ma abbiamo analizzato come vanno le cose in Sud America. Non sopportiamo più parlare del Venezuela, ma guardiamo all’Argentina. Dove va il Cile? Cosa è successo in Bolivia? La banda di Evo Morales è tornata. E ancora di più: il presidente che era lì col mandato provvisorio è in prigione, accusata di atti antidemocratici. Sentite qualche somiglianza col Brasile?”.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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