DAL BOICOTTAGGIO ALLA NEGOZIAZIONE: LE OPPOSIZIONI SI SIEDONO A DIALOGARE IN MESSICO
La mancanza di decisione propria e l’imposizione di un’agenda in un settore dell’opposizione si è vista riflessa nelle sue assurdità negli ultimi anni, così come nelle posizioni pendolari nella ricerca di una via d’uscita alla crisi politica e sociale che loro stessi hanno generato.
E una delle soluzioni sarebbe raggiungere un consenso a cui partecipino tutti i settori della società venezuelana. Opposizioni, settore imprenditoriale, persino quello religioso, sono stati chiamati a dialogare con il Governo bolivariano. Tuttavia, i partiti che compongono l’ala più estremista dell’anti-chavismo hanno avuto posizioni ambigue riguardo alla loro partecipazione ai tavoli negoziali.
In altre occasioni hanno addirittura respinto gli appelli al dialogo da parte del governo di Nicolás Maduro, a cui sì ha partecipato quel settore dell’opposizione che punta, almeno a parole, sugli interessi nazionali. Nominalmente si differenzia come l’opposizione alternativa o democratica contro il versante dominato dal cosiddetto G4 (Voluntad Popular, Primero Justicia, Acción Democrática, Un Nuevo Tiempo).
Di recente è stato annunciato un nuovo ciclo di conversazioni tra delegazioni del governo venezuelano e dell’opposizione, che inizieranno il 13 agosto in Messico, anche se potrebbero iniziare qualche giorno dopo. Secondo le fonti, il dialogo sarebbe mediato da attori internazionali e con il sostegno della Norvegia, paese facilitatore in un precedente tentativo di negoziazione, nel 2019, e il cui governo si è detto coinvolto nella mediazione.
LA DISPOSIZIONE A DIALOGARE
Il presidente Nicolás Maduro si è detto disposto a negoziare con l’opposizione, indicando che l’agenda sarebbe stata caratterizzata dalla revoca delle “sanzioni” USA che mirano al cambio di regime. Da parte sua, il falso interim ha più o meno ripetuto il solito ritornello: garanzie di elezioni libere e giuste.
Sebbene i membri delle delegazioni dell’opposizione e del Governo bolivariano non siano stati ancora pienamente confermati, ci sono già alcuni nomi che suonano e le opinioni degli oppositori al riguardo non si lasciano attendere.
Uno di coloro che ha confermato la sua partecipazione alle prossime elezioni di novembre e al nuovo ciclo di dialogo è stato Henrique Capriles Radonski, capo dell’opposizione due volte candidato alle elezioni presidenziali del Venezuela, che ha confermato che nella delegazione sarà presente il segretario generale di Primero Justicia, Tomás Guanipa, così come Stalin González, anche lui membro dell’organizzazione politica, che aveva partecipato come negoziatore al precedente ciclo alle Barbados (2019).
“Appoggio qualsiasi processo negoziale che miri a recuperare la normalità, la democrazia e la reistituzionalizzazione del paese”, ha affermato Capriles, che ha anche riferito di “difendere la necessità di avviare colloqui con il regime di Nicolás Maduro per raggiungere un accordo nazionale nella negoziazione che prenderà il via, in Messico, questo fine settimana”.
Secondo il media ABC, l’ex governatore “non è sostenitore di portare avanti una trattativa per ottenere ‘tutto o niente'”, pur affermando che questo settore antichavista ha appreso che “l’importante è avanzare negli aiuti umanitari e vaccini e non stare fermi se non vengono soddisfatte tutte le condizioni politiche”.
Tuttavia, queste dichiarazioni di Capriles contrastano con quelle dell’aprile 2019, dove ha avuto una posizione più estremista rispetto al dialogo che si stava prospettando in quel momento. “Non c’è possibilità di perdere tempo in chiacchiere. Non è previsto colpirci con la stessa pietra, questo è chiaro”, ha detto in quel momento.
E’ che dal “non rimanere fermi se tutte le condizioni non sono soddisfatte” al “non è previsto colpirci con la stessa pietra” la strada è lunga. La stessa intransigenza di due anni fa si era manifestata negli anni precedenti. Nel 2016, l’opposizione, guidata da Capriles Radonski, voleva a tutti i costi impedire che il governo di Nicolás Maduro utilizzasse il dialogo in cui mediava il Vaticano e tre ex presidenti iberoamericani, tra cui lo spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero.
Non è la prima volta che la ricerca del dialogo viene respinta dall’opposizione venezuelana. Ricordiamo che nel 2019 l’autoproclamato Juan Guaidó ha inviato i suoi rappresentanti a Oslo (Norvegia) e a tal proposito ha affermato che “non è dialogo, per favore non usiamo la narrativa del regime. È un’iniziativa in più che stiamo prendendo, che, semplicemente, se ottrniamo la cessazione dell’usurpazione (di Maduro), governo di transizione e libere elezioni, avrà funzionato”.
UN CAMBIAMENTO NELLA STRATEGIA
Negli anni precedenti era impensabile che molti degli attori che prossimamente parteciperanno al ciclo di dialogo che si realizza in Messico si sedessero con i rappresentanti del Governo. Soprattutto perché vari di questi politici facevano parte dell’insurrezione colorata del 2017 che ha provocato centinaia di morti e perdite milionarie per il paese.
Che attualmente partecipi il dirigente cristiano-sociale Roberto Enríquez, che dal 2017 era latitante dalla giustizia venezuelana ed è entrato come “ospite” nella residenza dell’ambasciatore cileno a Caracas, dopo che gli avevano aperto un processo per i crimini di ribellione e tradimento della patria è un segno di svolta dell’opposizione.
Entra nell’equazione anche la partecipazione di Carlos Vecchio, rappresentante del falso governo negli USA e uno dei principali promotori dell’espropriazione dei beni del paese all’estero.
“Il dialogo cerca sempre di manipolare, ingannare, cercare ossigeno, fermare il momento politico e poi reprimere. Non siamo d’accordo con un dialogo che sia per ingannare”, ha detto Vecchio durante un dibattito sul Venezuela al think tank Atlantic Council a Washington, nel contesto dell’invito al dialogo in Norvegia, informa DW.
In quell’occasione, Vecchio ha ribadito che l’opposizione non era “disposta” a partecipare al dialogo nell’ambito dello schema del chavismo e l’unica cosa che avrebbero negoziato era l’agenda di Guaidó per conseguire l’uscita di Maduro dalla presidenza. Attualmente sembra che non abbiano le stesse esigenze, tanto meno la base di appoggio per imporre le condizioni.
PERCHÉ ORA SI’ ACCORRONO ALL’APPELLO AL DIALOGO?
Tutto sembra indicare che in linea generale l’opposizione più radicale cerchi di riemergere nello scacchiere politico nazionale. Partecipare alle elezioni di quest’anno e ai tavoli dei negoziati in Messico è un modo per permanere nel gioco politico.
Ricordiamo che il fallimento del G4 e del clan Guaidó ha finito per atomizzare l’opposizione venezuelana e sono emerse tendenze alternative che si sono consolidate con la loro partecipazione alle elezioni parlamentari dello scorso anno. Un’opposizione che, sebbene non sia d’accordo con la Rivoluzione Bolivariana, è impegnata ad uscire dalla crisi con una propria agenda.
Il fatto che gli USA riconoscano ancora Juan Guaidó come “presidente ad interim” del Venezuela è un segno “velato” che i suoi interessi imperiali vengono mantenuti attraverso questo settore dell’opposizione filo-USA.
All’inizio di questa nota abbiamo accennato che l’antichavismo più recalcitrante del paese dipendeva dall’agenda imposta da Washington. Ciò è stato evidente durante i tavoli di dialogo di pace che si sono realizzati nella Repubblica Dominicana (2018), quando una telefonata di un agente esterno a Julio Borges ha impedito che si firmasse il documento con gli accordi discussi in quelle lunghe giornate. Questo ha indubbiamente avuto un impatto.
Dall’arrivo al potere, il presidente Nicolás Maduro ha cercato una via d’uscita dei conflitti politici attraverso l’appello al dialogo con tutti i fattori della società, stabilendo traguardi importanti come i tavoli negoziali dopo le guarimbas (rivolte) del 2014 e 2017, così come gli incontri nella Repubblica Dominicana, Norvegia e quelli presenti in Messico, tra altri.
CAMBIO DE POSICIONES EN LA OPOSICIÓN
DEL BOICOT A LA NEGOCIACIÓN: LAS OPOSICIONES SE SIENTAN A DIALOGAR EN MÉXICO
La falta de decisión propia y la imposición de una agenda en un sector de la oposición se ha visto reflejada en sus dislates de los últimos años, así como en las posiciones pendulares para la búsqueda de una salida a la crisis política y social que ellos mismos han generado.
Y una de las salidas sería llegar a un consenso en el que participen todos los sectores de la sociedad venezolana. Oposiciones, sector empresarial, incluso el religioso, han sido llamados a dialogar con el Gobierno Bolivariano. Sin embargo, los partidos que conforman el ala más extremista del antichavismo han tenido posiciones ambiguas sobre su participación en las mesas de negociaciones.
En otras ocasiones, incluso, han desestimado los llamados a diálogo por parte del gobierno de Nicolás Maduro en el que sí ha participado ese sector de la oposición que apuesta, al menos en el discurso, a los intereses nacionales. Se diferencia norminalmente como la oposición alternativa o democrática frente a la vertiente dominada por el denominado G4 (Voluntad Popular, Primero Justicia, Acción Democrática, Un Nuevo Tiempo).
Recientemente, se anunció una nueva ronda de conversaciones entre delegaciones del gobierno venezolano y de la oposición, que comienzan el 13 de agosto en México, aunque también podrían iniciar unos días después. De acuerdo a fuentes, el diálogo sería mediado por actores internacionales y con el apoyo de Noruega, país facilitador en un intento de negociación anterior en 2019 y cuyo gobierno manifestó estar involucrado en la mediación.
LA DISPOSICIÓN A DIALOGAR
El presidente Nicolás Maduro dijo estar dispuesto a negociar con la oposición, al tiempo que señaló que la agenda estaría signada por el levantamiento de las “sanciones” estadounidenses que buscan un cambio de régimen. Por su parte, el interinato fake más o menos repitió el estribillo de siempre: garantías de elecciones libres y justas.
Si bien los miembros de las delegaciones de la oposición y del Gobierno Bolivariano aún no están completamente confirmados, ya hay algunos nombres que suenan y las opiniones de opositores al respecto no se dejan esperar.
Uno de los que confirmó su participación en las próximas elecciones de noviembre y en la nueva ronda de diálogo fue Henrique Capriles Radonski, líder opositor dos veces candidato presidencial de Venezuela, quien confirmó que en la delegación estará el secretario general de Primero Justicia, Tomás Guanipa, así como Stalin González, también miembro de la organización política, que había participado como negociador en la anterior ronda de Barbados (2019).
“Respaldo cualquier proceso de negociación que busque recuperar la normalidad, la democracia y la reinstitucionalización del país”, dijo Capriles, quien también refirió que “defiende la necesidad de entablar conversaciones con el régimen de Nicolás Maduro para lograr un acuerdo nacional en la negociación que arranca en México este fin de semana”.
De acuerdo con el medio ABC, el ex gobernador “no es partidario de llevar a cabo una negociación para lograr ‘el todo o nada'”, mientras afirma que ese sector antichavista ha aprendido que “lo importante es avanzar en ayuda humanitaria y vacunas y no quedarse parado si no se logran todas las condiciones políticas”.
Sin embargo, estas declaraciones de Capriles contrastan con las de abril de 2019, donde tiene una postura más extremista respecto al diálogo que se planteaba en aquel entonces. “No existe la posibilidad de perder el tiempo en palabrerías. No está planteado darnos con la misma piedra, eso lo tienen claro”, dijo en aquella oportunidad.
Y es que del “no quedarse parado si no se logran todas las condiciones” al “no está planteado darnos con la misma piedra” hay un gran trecho. La misma intransigencia de hace dos años la mostró en años anteriores. En 2016, la oposición, encabezada por Capriles Radonski, quería evitar a toda costa que el gobierno de Nicolás Maduro empleara el diálogo en el que mediaba el Vaticano y tres ex presidentes iberoamericanos, entre ellos el español José Luis Rodríguez Zapatero.
No es la primera vez que la búsqueda del diálogo es desestimada por la oposición venezolana. Recordemos que en 2019 el autoproclamado Juan Guaidó mandó a sus representantes a Oslo (Noruega) y al respecto dijo que “no es diálogo, no utilicemos por favor la narrativa del régimen. Es una iniciativa más de las que estamos llevando, que sencillamente, si tenemos cese de usurpación (de Maduro), gobierno de transición y elecciones libres, habrá funcionado”.
UN CAMBIO EN LA ESTRATEGIA
En años anteriores era impensable que muchos de los actores que próximamente participarán en la ronda de diálogo que se va lleva a cabo en México se sentarán con representantes del Gobierno. Sobre todo porque varios de estos políticos formaron parte de la insurrección de color de 2017 que devino en cientos de fallecidos y pérdidas millonarias para el país.
Que actualmente participe el dirigente socialcristiano Roberto Enríquez, que desde 2017 estaba prófugo de la justicia venezolana y entró como “huésped” a la residencia del embajador de Chile en Caracas, luego que le abrieron un proceso por los delitos de rebelión y traición a la patria, es una muestra del viraje de la oposición.
También entra en la ecuación la participación de Carlos Vecchio, representante del gobierno fake en Estados Unidos y uno de los principales promotores del despojo de activos del país en el exterior.
“El diálogo siempre busca manipular, engañar, buscar oxígeno, parar el momento político y luego reprimir. No estamos de acuerdo con un diálogo que sea para engañar”, afirmó Vecchio durante un debate sobre Venezuela en el centro de pensamiento Atlantic Council, en Washington, en el contexto del llamado a diálogo en Noruega, reseña DW.
En aquella oportunidad Vecchio reafirmó que la oposición no estaba “dispuesta” a participar en el diálogo bajo el esquema del chavismo y lo único que iban a negociar era la agenda de Guaidó para conseguir la salida de Maduro de la presidencia. Actualmente parece que no tienen las mismas exigencias ni mucho menos la base de apoyo para imponer las condiciones.
¿POR QUÉ AHORA SÍ ACUDEN AL LLAMADO AL DIÁLOGO?
Todo parece indicar que en líneas generales la oposición más radical busca reflotar en el tablero político nacional. Participar en las elecciones de este año y en las mesas de negociaciones de México es una forma de permanecer en el juego político.
Recordemos que el fracaso del G4 y del clan Guaidó terminaron por atomizar a la oposición venezolana y surgieron tendencias alternativas que se consolidaron con su participación en las elecciones parlamentarias del año pasado. Una oposición que, si bien no comulga con la Revolución Bolivariana, apuesta por una salida de la crisis con una agenda propia.
Que Estados Unidos aún reconozca a Juan Guaidó como “presidente interino” de Venezuela es una muestra “velada” de que se mantienen sus intereses imperiales a través de este sector pro-estadounidense de la oposición.
Al principio de esta nota referimos que el antichavismo más recalcitrante del país dependía de la agenda que impusiera Washington. Esto fue evidente durante las mesas de diálogo de paz que se llevaron a cabo en República Dominicana (2018), cuando una llamada telefónica de un agente externo a Julio Borges impidió que se firmara el documento con los acuerdos discutidos durante aquellas largas jornadas. Sin duda alguna, esto tuvo repercusión.
Desde la llegada al poder, el presidente Nicolás Maduro ha buscado la manera de salir de los conflictos políticos a través de la convocatoria al diálogo con todos los factores de la sociedad, estableciendo hitos importantes como las mesas de negociaciones tras las guarimbas de 2014 y 2017, así como las reuniones en República Dominicana, Noruega y las presentes en México, entre otras.