Owen Schalk, Orinoco Tribune 27 agosto 2021
Il 14 agosto Haiti fu devastata da un terremoto di magnitudo 7.2 dalla penisola meridionale di Tiburon, a 150 chilometri dalla capitale Port-au-Prince. I leader mondiali fecero dichiarazioni di solidarietà, enti di beneficenza internazionali incoraggiavano donazioni e le Nazioni Unite organizzavano fondi per gli aiuti di emergenza per il paese.
Gli articoli su questa tragedia spesso sottolineano due precedenti catastrofi che aggravarono l’impatto del terremoto sul popolo haitiano: la pandemia di COVID-19 e l’instabilità politica dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse. In tali analisi, si dà per scontato che i paesi del Nord del mondo e le Nazioni Unite debbano guidare la risposta internazionale al disastro. Un pezzo di Global News cita numerosi funzionari delle Nazioni Unite e il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan come autorità sulla situazione, mentre un articolo della BBC cita UNICEF ed USAID. Ciò che non viene sottolineato è il ruolo nefasto che i gruppi affiliati a Nazioni Unite e Stati Uniti svolsero ad Haiti in passato e il ruolo positivo che altri Paesi del Sud del mondo, in particolare il Venezuela, ebbero sullo sviluppo di Haiti.
Il Venezuela fornisce supporto materiale ad Haiti con Petrocaribe
Il 12 marzo 2007, il Presidente Hugo Chávez arrivò ad Haiti. Era l’ultima tappa di un viaggio presidenziale in cinque Paesi dell’America Latina e dei Caraibi che includevaa Argentina, Bolivia, Nicaragua e Giamaica. In modo tipicamente audace, Chávez seguì il viaggio in cinque paesi del presidente George W. Bush per incontrare i leader di Brasile, Uruguay, Colombia, Guatemala e Messico, nella speranza che il suo viaggio riducesse l’impatto delle visite del rivale ideologico. Il popolo haitiano si riversò nelle strade per accoglierlo. Il giubilo pubblico per la visita di Chávez fu diverso da qualsiasi cosa Bush avesse sperimentato nel suo tour in America Latina. Mentre il suo corteo presidenziale attraversava i quartieri estremamente impoveriti di Bel Air e Cite Soleil, un mare di sostenitori lo seguiva correndo e cantando “Lunga vita a Chávez, lunga vita ad Aristide!” e “Abbasso Bush, abbasso MINUSTAH!” Chávez (con probabile dispiacere della sicurezza) saltò fuori dal veicolo e corse per le strade di Port-au-Prince, schiaffeggiando le mani e battendo i pugni col popolo haitiano, un popolo le cui cupe condizioni materiali sono così spesso discusse dai capi del nord globale, mentre loro stessi attaccano la capacità del loro governo di alleviare le loro sofferenze.
Chávez, a differenza di tali capi, non aveva alcun interesse a mettere a tacere la voce del popolo haitiano. Era lì per aiutare. Coll’accordo petrolifero Petrocaribe, il Venezuela chiese al governo haitiano di pagare solo il 60 percento degli acquisti di petrolio dal paese, mentre la somma restante poteva essere rimborsata in 25 anni all’1% di interessi. Secondo l’accordo, il governo haitiano (così come gli altri sedici Stati membri) fu incoraggiato a investire questi risparmi nello sviluppo sociale interno. Come osservò TeleSur, “Petrocaribe fu un faro per i popoli caraibici per affermare indipendenza ed autonomia economica, oltre a sviluppare una serie di programmi sociali”. Petrocaribe era immensamente popolare tra gli haitiani che, come i cubani che avevano lottato durante il periodo speciale imposto dagli Stati Uniti, era grato per il generoso sostegno infrastrutturale del Venezuela. Dopo il terremoto del 2010, Chávez cancellò il debito petrolifero di Haiti, affermando che “Haiti non ha alcun debito col Venezuela, al contrario: il Venezuela ha un debito storico con quella nazione”, riferendosi al sostegno di Haiti alle rivoluzioni anti-coloniali panamericane guidate da Simón Bolívar all’inizio del XIX secolo. Kevin Edmonds, esperto di economia politica caraibica dell’Università di Toronto, riassunse succintamente la relazione: “I Caraibi, che rimane alla periferia dell’economia globale, abbandonata da Europa e Stati Uniti quando le preferenze commerciali e le priorità di sicurezza sono cambiate, trovava amici in Venezuela e Hugo Chavez”.
Un altro capo mondiale fece visita ad Haiti nel 2007: il primo ministro canadese Stephen Harper. Arrivò a Port-au-Prince a luglio. Harper, come Chávez, girò Cite Soleil, ma il tono delle loro visite non avrebbe potuto essere più diverso. Mentre Chávez fu accolto con espansiva approvazione, la visita di Harper fu “praticamente un’operazione militare”. Prima dell’arrivo, i soldati della MINUSTAH arrestarono quaranta haitiani che organizzavano una protesta contro il ruolo antidemocratico del Canada ad Haiti. “I nostri compagni sono scesi in strada con cartelli, striscioni e megafoni”, disse Lovinsky Pierre-Antoine, attivista per i diritti umani haitiano coinvolto nella protesta. “In quel momento… i soldati della MINUSTAH cominciarono ad arrestare senza motivo. Molti nostri amici furono arrestati quella mattina”. Quando Harper arrivò, il suo corteo fu preceduto da una jeep delle truppe MINUSTAH pesantemente armate, che puntarono le mitragliatrici sugli spettaori diffidenti per tutto il tempo. Quindi, dopo essere arrivato a Cite Soleil come conquistatore militare, Harper si prese un momento per congratularsi con se stesso per la propria magnanimità, affermando che “i canadesi dovrebbero essere molto orgogliosi di essersi offerti di aiutare, che il nostro aiuto fa la differenza nella sicurezza delle persone, dandogli una qualche speranza e qualche opportunità”.
Le potenze occidentali schiacciano la democrazia haitiana, il Venezuela si batte per la sovranità haitiana
Cite Soleil, e quartieri dal carattere altrettanto oppresso, costituirono il sostegno al movimento Lavalas dell’ex-presidente Jean-Bertrand Aristide. La filosofia politica di Aristide era radicata nella teologia della liberazione, ovvero la convinzione che il capitalismo non avrebbe mai liberato le popolazioni dell’America Latina e dei Caraibi dallo sfruttamento neocoloniale. Fu eletto all’inizio del 1991, ma un golpe militare lo costrinse a fuggire negli Stati Uniti, dove coltivò il sostegno per il suo ritorno al potere, in particolare nel Caucus nero del Congresso e la comunità della diaspora haitiana. Il presidente Clinton accettò di assisterlo, ma solo se consentiva le politiche di aggiustamento strutturale di FMI e Banca mondiale per liberalizzare l’economia del Paese. Come osservò Daniel Troup, “gli Stati Uniti permisero il ritorno di Aristide nel settembre 1994 a condizione che accettasse l’amnistia per i colpevoli, lo sviluppo di una forza di polizia haitiana addestrata dagli USA e l’istituzione di un programma di aggiustamento strutturale neoliberista”. Aristide, senza alternative per salvare Haiti dalla dittatura militare, acconsentì. Le truppe statunitensi (coll’assistenza canadese e dell’ONU) lo riportarono al potere nel 1994, le sue tendenze più radicali furono mitigate dalle condizioni della sua restaurazione. Il ruolo imperialistico del Canada ad Haiti non raggiunse livelli cancerogeni fino al 2004, quando un altro colpo di Stato, sostenuto dai governi di Nord America e Francia, rovesciò Aristide. In quel momento, Lavalas rimase l’unico strumento politico ad Haiti che serviva gli interessi dei più poveri del Paese e Aristide intensificò la sua retorica. Dopo l’elezione nel 2000 (che i partiti di opposizione etichettarono come broglio), Aristide chiese alla Francia di inviare nel suo Paese 21 miliardi di dollari per rettificare finalmente un’indennità del 1825 data alla Francia da Haiti come “rimborso” per le proprietà perse durante la rivoluzione haitiana, proprietà che includeva gli haitiani ridotti in schiavitù. L’indennità del 1825 è spesso citata dagli studiosi come momento critico dell’impoverimento imposto ad Haiti post-rivoluzionario dalle potenze imperialiste mondiali. Come scrive Marlene Daut, “la tassa sulla libertà che la Francia costrinse Haiti a pagare, all’epoca denominata “indennità”, danneggiò gravemente la capacità di prosperare del nuovo Paese indipendente”. La Francia si rifiutò di risarcire il popolo haitiano e collaborò con Stati Uniti e Canada per indebolire Aristide. Il 1° febbraio 2003, il deputato canadese Denis Paradis ospitò numerosi funzionari francesi e nordamericani a Meech Lake per decidere il futuro di Haiti. L’evento era intitolato “l’iniziativa di Ottawa su Haiti”. Nessun rappresentante haitiano fu invitato. Le indiscrezioni pubblicate dal giornalista Michel Vastel affermano che i presenti decisero che Aristide doveva essere rovesciato il 1 gennaio 2004, prima delle elezioni programmate nel 2005.
Quando i paramilitari anti-Aristide dalla Repubblica Dominicana, che si presume furono addestrati dagli Stati Uniti, devastarono le città haitiane, Canada ed Europa aumentarono la pressione diplomatica sul presidente. All’inizio del 2004, fu rapito dai militari e costretto a lasciare l’incarico. Un aereo statunitense lo portò nella Repubblica Centrafricana. Le truppe canadesi assicuravano l’aeroporto alla sua partenza. Dopo il colpo di Stato contro Aristide, il Canada ebbe un ruolo importante nella Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (MINUSTAH). Apparentemente missione di mantenimento della pace, la MINUSTAH si guadagnò rapidamente la reputazione dalle risposte pesanti alle proteste a favore della democrazia e dai raid mirati contro i sostenitori di Aristide. All’indomani del golpe, alcuni haitiani affermarono che le truppe canadesi arrivarono nelle loro case e ne minacciarono i famigliari se si fossero rifiutati di rivelare i nomi dei sostenitori locali del Lavalas. Nel 2007, una bozza del manuale delle forze armate canadesi rivelò che le truppe canadesi conducevano operazioni di contro-insurrezione contro “l’insurrezione a base criminale [cioè le comunità pro-Aristide] ad Haiti dall’inizio del 2004”.
Mentre il Canada sostenne il governo post-golpe, Chávez annunciò: “Non riconosciamo il nuovo governo di Haiti. Il presidente di Haiti si chiama Jean-Bertrand Aristide”. Il suo sostegno alla democrazia haitiana, praticamente l’unico tra le nazioni potenti dell’emisfero, contribuì alla buona volontà che ricevette durante il suo viaggio a Port-au-Prince nel 2007. Dopo il terremoto del 2010, le forze militarizzate delle Nazioni Unite (di cui un numero significativo era canadese) rafforzarono la presa su Haiti. Chávez criticò pubblicamente l’aumento della presenza delle Nazioni Unite: “Ho letto che arrivano 3000 soldati. Marines armati come se andassero in guerra. Non mancano le armi, mio Dio. Medici, medicine, carburante, ospedali da campo, ecco cosa dovrebbero inviare gli Stati Uniti… Occupano Haiti con delle scuse”. Tra le numerose violazioni dei diritti umani commesse da MINUASTAH contro il popolo haitiano, alcune delle più atroci includono: il massacro di 25 civili a Cite Soleil nel luglio 2005; abusi sessuali alle donne haitiane da cui le truppe delle Nazioni Unite rimasero impunite; e provocare un’epidemia di colera scaricando liquami nei corsi d’acqua di Haiti, uccidendo oltre 10000 persone e infettandone 800000. Non c’è da meravigliarsi se per molti haitiani la MINUSTAH ha rappresentato un capitolo della lunga storia post-rivoluzionaria di sfruttamento dalle potenze straniere. L’atroce storia della MINUSTAH è il motivo per cui l’affermazione delle Nazioni Unite secondo cui assumeranno un ruolo di primo piano nell’alleviare i danni del terremoto del 14 agosto è motivo di grande preoccupazione.
All’indomani del terremoto, il Venezuela inviò immediatamente oltre 30 tonnellate di assistenza umanitaria ad Haiti e Cuba una brigata di 250 medici, senza alcun vincolo. Il ministro degli Esteri canadese Marc Garneau twittò che “il Canada è pronto ad assistere il popolo haitiano” e numerose associazioni di beneficenza canadesi raccolgono donazioni private, ma un piano di aiuti canadese definitivo va ancora annunciato. Mentre Canada e Nazioni Unite si preparano a un altro impegno post-crisi con Haiti, va ricordata l’affermazione di Chávez secondo cui i piani di aiuto del Nord del mondo sono spesso facciate per rafforzare di nascosto il dominio neocoloniale.
Owen Schalk è uno scrittore che vive a Winnipeg. Le sue aree di interesse sono post-colonialismo e impatto umano dell’economia neoliberista globale. Le sue analisi politiche sono apparse su Canadian Dimension, Dissident Voice e People’s Voice, e i suoi racconti pubblicati da Fairlight Books, Antilang, Whimperbang e altro ancora.
Traduzione di Alessandro Lattanzio