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Pochi sospettavano un anno fa, che Cuba e USA avrebbero aperto canali di comunicazione a più temi. In parallelo con i negoziati in corso per ristabilire le relazioni diplomatiche, altre questioni hanno assunto un ruolo protagonista. Martedì scorso, per esempio, i rappresentanti di entrambi i governi si sino trovati per discutere di qualcosa così controverso come sono i diritti umani.
Domenica è arrivata a Washington D.C. la delegazione ufficiale cubana, guidata da Pedro Luis Pedroso Cuesta, vice presidente degli Affari Multilaterali e Diritto Internazionale del Ministero degli Affari Esteri.
Una nota del ministero degli Esteri precisa che il sviluppo della riunione risponde ad una proposta di Cuba trasferita nel luglio 2014, e reiterata nel gennaio scorso.
“Questi colloqui sui diritti umani mostrano la volontà di Cuba nell’ affrontare qualsiasi problema con gli USA, sulle basi di uguaglianza e reciprocità, nonostante le marcate differenze”, aggiunge il testo ufficiale.
La parte USA ha comunicato che queste sono trattative preliminari, quindi quello di martedì probabilmente sia il primo di una serie di incontri.
“Si tratta di una riunione di pianificazione per discutere la struttura dei negoziati futuri”, ha detto in una conferenza stampa Jeff Rathke, vice portavoce del Dipartimento di Stato.
La sua delegazione sarà guidata da Tom Malinowski, Sottosegretario di Stato per la Democrazia, i Diritti Umani ed il Lavoro.
Gli USA, probabilmente, porranno sul tavolo questioni con le quali hanno, tradizionalmente, sempre criticato Cuba: la libertà di espressione, l’accesso a Internet o il monopartitismo, come parte della loro visione di ciò che sono i diritti umani .
L’Avana, da parte propria, potrebbe fare le proprie domande sulla situazione nel vicino del Nord: la povertà, la mancanza di copertura sanitaria universale, la violenza esercitata dalla polizia, la situazione dei detenuti nel carcere della Base Navale di Guantánamo.
In una conferenza stampa a L’Avana, la settimana scorsa, Pedroso ha detto che il dialogo sarà l’occasione per sollevare le preoccupazioni di Cuba, non solo sulla situazione negli USA, ma anche in altri posti in cui questo paese ha un impatto diretto.
“Siamo consapevoli del fatto che abbiamo profonde differenze (…) nell’ambito dei sistemi politici, la democrazia, i diritti umani e del diritto internazionale, e, a sua volta abbiamo la volontà incrollabile che entrambi i paesi possano interagire civilmente nel riconoscimento e rispetto di queste differenze “, ha detto il capo della delegazione cubana.
Pertanto, è improbabile che in questo incontro cambi il modo in cui i due governi affrontano la questione. Tuttavia, non sarà un dialogo tra sordi, perché la cosa importante è che entrambi si riconoscono come interlocutori validi per discutere di qualsiasi questione, anche la più controversa.
Ma non solo notizie sui diritti umani hanno attraversato lo Stretto di Florida. Nelle ultime settimane, altri processi in corso sembrano muoversi, anche se non al ritmo che i più ottimisti aspettavano.
Una delegazione statunitense guidata dall’Ambasciatore Daniel Sepulveda, Vice Assistente Segretario di Stato e coordinatore per la Politica Internazionale delle Comunicazioni e l’Informazione, ha concluso settimana scorsa una visita di tre giorni a L’Avana per discutere sulle telecomunicazioni.
Secondo la breve dichiarazione ufficiale rilasciata dalla parte cubana, scambiarono sulla portata delle nuove disposizioni emanate da Washington per attuare le modifiche all’ applicazione del blocco in materia di telecomunicazioni e le restrizioni che sono ancora in vigore.
Gli statunitensi hanno visitato l’Impresa di Telecomunicazioni di Cuba, ETECSA; l’Università di Scienze dell’Informazione, UCI, e l’Istituto Superiore Politecnico José Antonio Echeverría, ISPJAE.
Inoltre, la scorsa settimana, il Dipartimento del Tesoro ha annunciato che decine di aziende e privati erano stati rimossi dalla “lista dei nazionali specialmente designati” di Cuba.
In particolare, si tratta di quasi 60 soggetti (persone fisiche o imprese), presumibilmente legati al terrorismo o al traffico di droga, i cui beni erano stati bloccati dall’Ufficio di Controllo dei Beni Stranieri (OFAC) del Dipartimento del Tesoro e avevano il divieto di negoziare con gli statunitensi.
È interessante notare che la maggior parte di queste entità ha sede a Panama, dove si terrà il VII vertice delle Americhe, il 10 e 11 aprile.
Forse è una revisione di routine del Dipartimento del Tesoro, ma potrebbe anche essere il preludio alla rimozione di Cuba dalla lista degli stati sponsor del terrorismo, qualcosa che l’Isola considera essenziale per ristabilire i rapporti diplomatici.
In tal senso, c’è stata poca informazione recenti sui colloqui incentrati sulla riapertura delle ambasciate, che l’amministrazione Obama sembra sia interessata a risolvere prima di arrivare a Panama.
Rappresentanti delle due parti si sono incontrati a L’Avana nel gennaio scorso, a Washington nel mese di febbraio e di nuovo a L’Avana questo mese. Su questo ultimo incontro non sono state fornite notizie. Roberta Jacobson è stata all’Avana e non si sono svolte conferenze stampa, a differenza dei primi due turni di colloqui ufficiali.
Il silenzio ha spinto alla speculazione, e quando mancano meno di due settimane prima che Raúl Castro e Barack Obama si stringano la mano in occasione del vertice delle Americhe alcuni cominciano a chiedersi se per allora saranno aperte le ambasciate a L’Avana e Washington.
Tale riserva potrebbe essere un segno che qualcosa non va, ma potrebbe significare il contrario. Gli annunci fatti il 17 dicembre sono stati preceduti da 18 mesi di trattative segrete, di cui solo abbiamo saputo quando tutto era stato concordato. A volte, nella diplomazia, la discrezione è la tattica migliore.
Coloro che sono passati vicino alla Sezione di Interesse di Washington all’Avana la settimana scorsa forse hanno visto impalcature attorno al polo dove isseranno la bandiera a stelle e strisce.
Potrebbe essere una riparazione in corso, o l’indicazione che il ripristino delle relazioni diplomati che ci sorprenderà un giorno di questi. Anche questo, lo sappiamo già, sarà solo un passo nel complesso percorso verso la normalizzazione delle relazioni bilaterali.
¿Diálogo de sordos entre Cuba y EEUU?
Pocos sospechaban hace un año que Cuba y Estados Unidos abrirían canales de comunicación para múltiples temas. En paralelo con las conversaciones en curso para restablecer relaciones diplomáticas otros asuntos han adquirido protagonismo. Este martes, por ejemplo, representantes de ambos gobiernos se ven las caras para dialogar sobre algo tan controversial como derechos humanos.
El domingo llegó a Washington D.C. la delegación oficial cubana, encabezada por Pedro Luis Pedroso Cuesta, subdirector general de Asuntos Multilaterales y Derecho Internacional del Ministerio de Relaciones Exteriores.
Una nota de la cancillería aclara que el desarrollo de la reunión responde a una propuesta de Cuba trasladada en julio de 2014, y reiterada en enero pasado.
“Estas conversaciones sobre derechos humanos constituyen una muestra de la disposición de Cuba a abordar con Estados Unidos cualquier tema, sobre bases de igualdad y reciprocidad, a pesar de tener marcadas diferencias”, añade el texto oficial.
La parte estadounidense ha adelantado que se trata de negociaciones preliminares, así que probablemente el del martes sea el primero de varios encuentros.
“Es una reunión de planificación para discutir la estructura de las futuras conversaciones”, aclaró en conferencia de prensa Jeff Rathke, portavoz adjunto del Departamento de Estado.
Su delegación estará presidida por Tom Malinowski, subsecretario de Estado para Democracia, Derechos Humanos y Trabajo.
Estados Unidos, probablemente, pondrá sobre la mesa temas con los que tradicionalmente ha criticado a Cuba: libertad de expresión, acceso a Internet o unipartidismo, como parte de su visión sobre lo que son los derechos humanos.
La Habana, por su parte, podría hacer sus propios cuestionamientos sobre la situación en el vecino norteño: pobreza, falta de cobertura universal de salud, violencia policial, situación de los presos en la cárcel de la Base Naval de Guantánamo.
En una conferencia de prensa en La Habana la semana pasada, Pedroso afirmó que el diálogo será una oportunidad para plantear las preocupaciones de Cuba no solo sobre la situación en Estados Unidos sino en otros lugares donde ese país tiene incidencia directa.
“Somos conscientes de que tenemos profundas diferencias (…) en el ámbito de los sistemas políticos, la democracia, los derechos humanos y el derecho internacional, y a su vez tenemos la invariable voluntad de que ambos países puedan relacionarse civilizadamente dentro del reconocimiento y respeto de estas diferencias”, añadió el jefe de la delegación cubana.
Así, es improbable que en este encuentro cambie la forma en que los dos gobiernos enfocan el tema. Sin embargo, no será un diálogo de sordos, pues lo importante es que ambos se reconocen como interlocutores válidos para discutir cualquier asunto, aun el más controversial.
Pero no solo noticias sobre derechos humanos han cruzado el Estrecho de la Florida. En las últimas semanas, otros procesos en curso parecen estar avanzando, aunque no sea a la velocidad que los más optimistas esperaban.
Una delegación estadounidense presidida por el embajador Daniel Sepúlveda, subsecretario adjunto de Estado y coordinador para la Política Internacional de las Comunicaciones y la Información, concluyó la semana pasada una visita de tres días a La Habana para conversar sobre telecomunicaciones.
Según la escueta nota oficial publicada por la parte cubana, intercambiaron sobre el alcance de las nuevas regulaciones emitidas por Washington para implementar las modificaciones a la aplicación del bloqueo en materia de telecomunicaciones y las restricciones que aún se mantienen en vigor.
Los norteamericanos visitaron la Empresa de Telecomunicaciones de Cuba, ETECSA; la Universidad de las Ciencias Informáticas, UCI, y el Instituto Superior Politécnico José Antonio Echeverría, ISPJAE.
También la semana pasada, el Departamento del Tesoro anunció que decenas de empresas e individuos habían sido eliminados de la “lista de nacionales especialmente designados” de Cuba.
Concretamente, se trata de casi 60 entidades (individuos o negocios), supuestamente vinculadas con el terrorismo o el narcotráfico, cuyos activos estaban bloqueados por la Oficina de Control de Activos Extranjeros (OFAC) del Departamento del Tesoro y tenían prohibido hacer negocios con estadounidenses.
Curiosamente, la mayoría de esas entidades tiene como sede principal Panamá, donde se realizará la VII Cumbre de las Américas el 10 y 11 de abril.
Quizás se trate de una revisión rutinaria del Departamento del Tesoro, pero también podría ser la antesala de la eliminación de Cuba de la lista de estados patrocinadores del terrorismo, algo que la Isla considera imprescindible para restablecer los vínculos diplomáticos.
En esa línea, ha habido poca información reciente sobre las conversaciones centradas en la reapertura de embajadas, que la administración Obama parece estar interesada en resolver antes de llegar a Panamá.
Representantes de cada lado se reunieron en La Habana en enero, en Washington en febrero y de nuevo en La Habana este mes. Sobre esta última reunión apenas hubo noticias. Roberta Jacobson estuvo en la capital cubana y no se realizaron conferencias de prensa, a diferencia de las dos primeras rondas de conversaciones oficiales.
El silencio ha motivado especulaciones, y cuando faltan menos de dos semanas para que Raúl Castro y Barack Obama se den la mano en la Cumbre de las Américas algunos comienzan a preguntarse si para entonces ya estarán abiertas las embajadas en La Habana y Washington.
Tanta reserva podría ser un síntoma de que algo anda mal, pero bien podría significar todo lo contrario. Los anuncios hechos el 17 de diciembre estuvieron precedidos por 18 meses de conversaciones secretas, de las que solo supimos cuando todo estaba acordado. A veces, en la diplomacia, la discreción es la mejor táctica.
Quienes pasaron cerca de la Sección de Intereses de Washington en La Habana durante la semana pasada tal vez vieron andamios alrededor del asta donde izarán la bandera de las barras y las estrellas.
Podría ser una reparación corriente, o un indicio de que la restauración de las relaciones diplomáticas nos sorprenderá cualquiera de estos días. Aunque eso, ya lo sabemos, será solo un paso en el complejo camino hacia la normalización de las relaciones bilaterales.