Cuba su due pianeti

di José Ramón Cabañas https://lapupilainsomne.wordpress.com

Internet nacque alla fine degli anni ’60 del XX secolo come progetto militare USA, rispondendo alla necessità di trasferire grandi quantità di informazioni da un punto ad un altro distante in breve tempo, in caso si producesse un conflitto armato.

Come è avvenuto con molte altre creazioni di quell’origine, poco dopo Internet è passato ad avere un uso commerciale pubblico ed ha iniziato a riempirsi di informazioni e soluzioni pratiche per vari problemi, nonostante che ben presto si siano replicate in essa le stesse disuguaglianze del mondo reale.

Un piccolo gruppo di società stabilite nel primo mondo hanno sviluppato l’infrastruttura delle apparecchiature Internet, l’interconnessione tra le parti, nonché la programmazione che supporta già un’immensa quantità di servizi online. A poco a poco si sono unite aziende ed istituzioni di diverse regioni ma, fino ad oggi, nessuna controlla gran parte del flusso che passa attraverso questo supporto, responsabilità che continua ad essere conservata nelle pioniere.

Cuba che, dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, era stata capace di costruire i propri computer, solo si è aggiunta a quella finestra di opportunità che Internet offriva a metà degli anni ’90 a causa, tra l’altro, delle grandi limitazioni tecniche e risorse imposte dalle restrizioni dagli USA. C’era anche un bel carico di sospetti davanti a uno strumento di cui non si conosceva il funzionamento e per i rischi per la sicurezza che poteva trarre con sé.

Tuttavia, dal 1999, Fidel Castro ha avuto una piena visione delle potenzialità di Internet per un paese come Cuba e ha commentato che “sembrava fatta per noi” per le possibilità che offriva di giungere, col nostro messaggio, a molti destinatari con poche risorse. C’era, tuttavia, un altro importante ostacolo che egli ha anche individuato e per il quale ha offerto una creativa soluzione.

La società cubana non doveva essere una semplice consumatrice dell’ingegnosità, una visitatrice, un attore passivo. Bisognava creare le risorse umane per affrontare la sfida, nonostante le limitazioni delle attrezzature si doveva istruire in massa i più giovani. Sono stati gli anni del dispiegamento dei club informatici in molti comuni cubani e della nascita, sebbene esistessero già diverse facoltà universitarie dedicate al tema, della spettacolare Università di Scienze Informatiche (UCI), che oggi ospita, nel suo interno, un parco tecnologico.

Il Ministero delle Comunicazioni di Cuba ha visto cambiare il proprio nome in Ministero dell’Informatica e delle Comunicazioni, come indicatore dell’importanza strategica data alla materia. Nel suo organigramma è apparso una struttura denominata Informatizzazione della Società.

Nonostante ciò, sono continuati i limiti tecnici, materiali e di finanziamento per avanzare nel modo auspicato, ma anche nel dibattito interno tra i cubani continuavano a sorgere dubbi sulla sicurezza nazionale e sull’impatto che avrebbe avuto, almeno sulla creazione di una rete domestica, per l’economia cubana.

Va ricordato che per lungo tempo l’accesso di Cuba alla cosiddetta rete delle reti è avvenuto via satellite, il che ha imposto gravi limitazioni all’entità dei flussi informativi e creato alcuni dubbi sulla sua sostenibilità.

In altre parole, per molto tempo, per la maggioranza dei cubani, internet è stato qualcosa di inaccessibile e sostanzialmente uno strumento di lavoro per quelle istituzioni che potevano garantire il collegamento ai propri funzionari e lavoratori. Era un mondo parallelo che potevi visitare o meno.

Anche così, un gruppo di geniali cubani, intraprendenti se si vuole usare il termine, è stato capace di creare un progetto unico come Infomed, che ha collegato tutte le istituzioni del sistema sanitario nazionale e il loro personale, con l’obiettivo di condividere le fonti di informazioni, fare conoscenza della specialità accessibile a tutti, diventando il supporto pionieristico della chirurgia a distanza a Cuba. Grazie alla sua visione strategica, Infomed continua ad essere un prodotto di riferimento nel mondo di oggi.

In seguito un altro geniale gruppo ha lavorato duramente e ha messo insieme Ecured, quella che alcuni chiamano la Wikipedia cubana, che in realtà dovremmo consultare e promuovere molto più di quanto facciamo oggi.

Mentre ciò accadeva, ha avuto luogo la grande trasformazione della telefonia a livello tecnico con l’emergere dei telefoni cellulari e, poco dopo, è avvenuto il matrimonio tra internet ed i telefoni portatili. Ma Cuba era indietro in entrambi gli sviluppi, sebbene fosse già in grado di fare da sola alcuni passi nella programmazione. Sono state create aziende per automatizzare i processi e digitalizzare le soluzioni appropriate nazionali.

Con più piani, in questo settore, che mezzi per realizzarli, Cuba ha affrontato la sfida, all’inizio del secondo decennio di questo secolo. di regolarizzare i servizi con società USA nella telefonia, che sono passate, rapidamente, dalla voce ai dati. L’intera priorità degli USA in questo campo era quella di cercare vie di influenza nella società cubana, piuttosto che dotarla di forze tecnologiche che potesse utilizzare nella sua economia. L’ombra del blocco era ovunque. E quelle strade sono continuate a costruirsi fino ad oggi.

In un brevissimo lasso di tempo, un’apprezzabile maggioranza di cubani è passata dall’utilizzare le linee fisse e cabine telefoniche all’avere il mondo (o la sua rappresentazione) in tasca. Il supporto di tutto questo sviluppo è stato costruito, forse in maniera imperfetta ma sovrana, con un assoluto controllo tecnico, benché non di contenuto.

Questo processo è avvenuto in un paese con alti livelli di istruzione e con una cultura secolare nel cercare di sapere cosa fa e si produce all’estero per trasformarlo, riprodurlo e adattarlo alle proprie esigenze.

In modo vertiginoso, abbiamo iniziato a consumare simboli, mode e persino stati d’animo senza essere capaci di generare e caricare i nostri propri contenuti. Apprezzando lo squilibrio, alcuni esperti domestici, ben intenzionati, hanno parlato di creare muri di contenzione, limitare i servizi. Per molti installarsi su internet e, in particolare sulle piattaforme che moltiplicano il contatto interpersonale, si concepisce solo in termini di dare battaglia, affrontare altri, replicare, entrare ed uscire.

Tuttavia, in questo frangente dobbiamo riflettere su qualcosa che sembra ovvio, ma che non abbiamo interiorizzato nella sua interezza e, ancor più, non abbiamo convertito in supporto di tutta la nostra azione futura: l’umanità vive in due mondi gemelli, il reale ed il virtuale. Se sei solo nel reale vivi al 50%.

E questa semplice verità ha un’implicazione enorme, quasi di sopravvivenza, per tutti i rapporti di Cuba con il mondo, siano essi funzionari diplomatici, scientifici, sportivi, culturali o economici. Chi non garantisce la propria presenza nel mondo virtuale letteralmente non esiste, né a livello nazionale e tanto meno a livello internazionale.

Quanto sopra non è un’affermazione che merita riconoscimento, bensì comprensione. Nella Cuba di oggi, dallo Stato e dal governo si insiste sulla necessità che tutte le nostre istituzioni e il personale che ne forma parte abbiano una presenza in Internet. Ma non si otterrà se si valuta come un compito o un’indicazione. Arriveremo a tale punto solo se capiremo che ognuno di noi deve esserci o stare lì, per adempiere le funzioni più alte, ma anche per svolgere il proprio lavoro e persino per garantire il mantenimento della famiglia.

E’ un passo molto significativo, in quella direzione, la trasformazione dell’Istituto Cubano di Radio e Televisione in Istituto di Informazione e Comunicazione Sociale. Inizia una lunga strada per raggiungere, tra altri obiettivi, che assolutamente tutta la stampa cubana sia presente in modo efficiente nel mondo digitale. Ciò significa che i contenuti che vengono prodotti, e ce ne sono molti di altissima qualità, siano immediatamente disponibili su quei supporti, siano di facile accesso ed eventualmente vengano tradotti in altri idiomi.

Logicamente, avremo molto più successo se comprendiamo anche, a livello dell’intera società, che la comunicazione è una scienza e che i comunicatori ed i responsabili di questa attività in ogni cellula del nostro paese richiedono formazione e qualificazione. Un’altra chiave sarà rendersi conto che c’è un lavoro politico da realizzare nel cyberspazio, ma questo non sostituirà mai, anzi completerà, quello che si fa a piedi, nel quartiere, guardando negli occhi.

È da molto tempo che non esistono due pubblici (nazionale ed internazionale) e tantomeno che una moltitudine di stranieri e cubani residenti all’estero ci leggano o ci vedano in prima istanza nei nostri propri media. Si può fare un calcolo molto semplice: nella stessa misura in cui siamo capaci di presentarci in modo attrattiva al mondo e con i codici appropriati, che sono tanti e diversi a seconda di ogni segmento di pubblico, meno probabilità ci sarà che le campagne nemiche raggiungano il loro obiettivo.

È quasi la stessa sfida della guerriglia mambisa contro l’esercito coloniale spagnolo, ma è possibile, ci sono sentieri e brecce, come allora, ma soprattutto motivazioni. Faremo un grande salto il giorno in cui ogni cubano, di qualsiasi età, di qualsiasi estrazione sociale, in qualsiasi parte dell’isola, comprenda che lei o lui possono anche aiutare nella proiezione esterna del paese. E come si supporrà, alcuni osservatori esterni daranno più credito a ciò che dice un cubano sulla riva di un fiume, che a ciò che dice un funzionario dal suo ufficio.

E ancora un piccolo dettaglio. Nessuno dovrebbe aspettarsi che ciò accada per generazione spontanea, anche per coloro che hanno i mezzi tecnici per navigare in Internet. È necessario istruire, che è molto più complicato rispetto a che un capo dica ad un subordinato di aprire un account nelle reti sociali e inizi a pubblicare contenuti.

Tra l’altro perché un impreparato navigatore in internet lascia più dati suoi, del suo intorno, degli amici, del circolo lavorativo e su altri temi rispetto alle informazioni che raccoglie.

Inoltre, qualsiasi seguace di Facebook, Twitter, Instagram, Flickr e altri spazi potrà spiegare che ogni piattaforma ha il suo segreto, il suo modo di fare. Inoltre, c’è già una massiccia migrazione da questi supporti globali ad altri più segmentati in cui le persone trovano identità ideologiche o culturali. Di quest’ultimi come società sappiamo meno, ma è un processo che è in atto ovunque, Cuba compresa. Solo se i genitori navigano sapranno dove sono andati a giocare virtualmente i loro figli, qual è l’amore remoto che hanno in un altro continente o il libro che leggono in una lingua diversa.

Il mondo virtuale è un animale in continua trasformazione e le verità tecnologiche di oggi non lo saranno domani. È un mondo in cui bisogna andare con un giubbotto antiproiettile, senza ingenuità. Se sei pronto a consumare, dovresti anche andare con il desiderio di contribuire o vendere.

Per i più giovani, forse la cosa più difficile è capire che il mondo virtuale non dovrebbe essere il 70 o l’80% della loro vita, perché continuano ad essere esseri sociali e dipendono da un rapporto fisico con l’ambiente. Tutti dobbiamo sviluppare una capacità critica e responsabile su ciò che leggiamo e su ciò che mettiamo da parte, su ciò che consideriamo importante e cosa no; ragionare controcorrente ai pulsanti dei retweet e like, che non sono indici reali di conoscenza, importanza o grandezza. I più grandi dovranno essere invitati a dedicare poco più del 10% del loro tempo alla virtualità.

Per non parlare di ciò che ancora significa, potenzialmente, Internet per la nostra economia. Rimangono alle spalle gli incontri per presentare un prodotto, le brochure e memorie esterne (qualcuno dirà “e i compact disc”). Oggi le trattative per la vendita di una vite o di un sottomarino cominciano con www. Ad onor del vero bisogna dire che le spiagge di Cuba, l’amore della sua gente, la sua dolce musica, il sapore del rum e tante altre cose non passano da lì, ma possono anche usare dette sorgenti e lo fanno in molti casi.

Cuba ha già costruito i propri paradigmi. E’ ancora da calcolare la quantità di carburante che ha risparmiato, al paese, l’applicazione Transfermóvil per i pagamenti a distanza, oltre a rallegrare la vita dei cubani. Cosa accadrebbe se assolutamente tutti i processi dei servizi alla popolazione fossero automatizzati? Bene, migliore economia e più allegria.

Facciamoci il proposito di vivere in entrambi i mondi, senza che qualcuno debba guidare o indicare, creiamo i meccanismi per alfabetizzare i neofiti e aggiornare gli esperti. Internet sembra creato per i cubani, è vero Comandante.


Cuba en dos planetas

Por José Ramón Cabañas

La internet surgió a finales de la década de los años 60 del siglo XX como un proyecto militar estadounidense, respondiendo a la necesidad de trasladar gran cantidad de información de un punto a otro distante en breve tiempo, en caso de que se produjera un conflicto armado.

Como ha sucedido con otras muchas creaciones de ese origen, al poco tiempo internet pasó a tener un uso comercial público y comenzó a llenarse de información y soluciones prácticas para problemas diversos, a pesar de que desde bien temprano se replicaron en ella las mismas desigualdades del mundo real.

Un pequeño grupo de empresas establecidas en el primer mundo desarrollaron la infraestructura de equipamiento de internet, la interconexión entre las partes, tanto como la programación que sustenta ya una inmensa cantidad de servicios en línea. Poco a poco fueron sumándose empresas e instituciones de diversas regiones, pero ninguna hasta hoy controla gran parte del flujo que transita por ese soporte, responsabilidad que sigue retenida en las pioneras.

Cuba, que había sido capaz de construir computadoras propias desde finales de los años 70 del pasado siglo, solo se asomó a esa ventana de oportunidades que ofrecía internet a mediados de la década de los noventa, debido, entre otros factores, a las grandes limitaciones técnicas y de recursos impuestas por las restricciones desde Estados Unidos. También existía una buena carga de suspicacia ante una herramienta que no se conocía cómo funcionaba y por los riesgos de seguridad que podía traer consigo.

Sin embargo, Fidel Castro desde 1999 tuvo una visión plena de las potencialidades de internet para un país como Cuba y comentó que “parecía hecha para nosotros” por las posibilidades que brindaba para llegar con nuestro mensaje a muchos destinatarios con pocos recursos. Existía, no obstante, otro importante obstáculo que él también avizoró y para el que ofreció una creativa solución.

La sociedad cubana no debía ser una simple consumidora del ingenio, un visitante, un actor pasivo. Había que crear los recursos humanos para asumir el reto, a pesar de las limitaciones en equipamiento había que instruir a los más jóvenes de forma masiva. Fueron los años del despliegue de los clubes de computación en muchos municipios cubanos y del surgimiento, aunque ya existían varias facultades universitarias dedicadas al tema, de la espectacular Universidad de Ciencias Informáticas (UCI), la cual hoy aloja un parque tecnológico en sus entrañas.

El Ministerio de Comunicaciones en Cuba vio transformarse su nombre a Ministerio de la Informática y las Comunicaciones, como un indicador de la importancia estratégica que se le daba a la materia. En su organigrama apareció una estructura denominada Informatización de la Sociedad.

A pesar de ello continuaron las limitaciones técnicas, materiales y de financiamiento para avanzar en la forma deseada, pero también en el debate interno entre cubanos siguieron surgiendo dudas respecto a la seguridad nacional y no se observaba con claridad el impacto que tendría, al menos el establecimiento de una red doméstica, para la economía cubana.

Debe recordarse que durante mucho tiempo el acceso de Cuba a la llamada red de redes fue por vía satelital, lo cual imponía serias limitaciones a la magnitud de los flujos de información y creaba ciertas dudas sobre su sostenibilidad.

Es decir, por un largo período para la mayoría de los cubanos internet era algo inaccesible y básicamente un instrumento de trabajo para aquellas instituciones que podían garantizar la conexión a sus funcionarios y trabajadores. Era un mundo paralelo que se podía visitar o no.

Aún así, un grupo de cubanos ingeniosos, emprendedores si se quiere usar el término, fue capaz de crear un proyecto tan único como Infomed, que enlazó a todas las instituciones del sistema nacional de salud y a su personal, con el objetivo de compartir fuentes de información, hacer el conocimiento de la especialidad asequible a todos, llegando a ser el soporte pionero de la cirugía a distancia en Cuba. Por su visión estratégica, todavía hoy Infomed sigue siendo un producto de referencia en el mundo.

Más adelante otro grupo ingenioso trabajó duramente y armó Ecured, lo que algunos llaman la Wikipedia cubana, que en realidad deberíamos consultar y promover mucho más de lo que hacemos hoy.

Mientras esto sucedía, tuvo lugar la gran transformación de la telefonía a nivel técnico con el surgimiento de los celulares y poco después se produjo el matrimonio entre internet y los teléfonos portátiles. Pero Cuba estaba detrás en ambos desarrollos, si bien ya era capaz de dar por sí misma algunos pasos en programación. Se fueron creando empresas para automatizar procesos y digitalizar soluciones puntuales nacionales.

Con más planes en este sector que medios para ejecutarlos, Cuba enfrentó el reto a inicios de la segunda década de este siglo de regularizar los servicios con empresas estadounidenses en telefonía, que rápidamente fueron pasando de voz a datos. Toda la prioridad de Estados Unidos en este campo radicaba en buscar avenidas de influencia en la sociedad cubana, más que proveerla de fortalezas tecnológicas que pudiera utilizar en su economía. La sombra del bloqueo estaba por todas partes. Y aquellos caminos se siguieron construyendo hasta el día de hoy.

En un espacio muy corto de tiempo una apreciable mayoría de cubanos pasó de usar líneas fijas y cabinas telefónicas a tener el mundo (o su representación) en el bolsillo. El soporte de todo ese desarrollo se construyó de manera imperfecta quizás, pero soberana, con un absoluto control técnico, aunque no de contenido.

Este proceso tuvo lugar en un país con altos niveles de educación y con una cultura centenaria de tratar de conocer lo que hace y se produce en el exterior para transformarlo, reproducirlo y adaptarlo a sus necesidades.

De una manera vertiginosa, comenzamos a consumir símbolos, modas y hasta estados de ánimo sin ser capaces de generar y subir nuestros propios contenidos. Al apreciar el desequilibrio algunos expertos del patio de forma bien intencionada hablaron de crear muros de contención, limitar servicios. Para muchos instalarse en internet y, particularmente en las plataformas que multiplican el contacto interpersonal, se concibe solo en términos de dar una batalla, enfrentar a otros, ripostar, entrar y salir.

Sin embargo, en esta coyuntura debemos reflexionar sobre algo que parece obvio, pero que no hemos interiorizado en toda su extensión y, aún más, no hemos convertido en soporte de toda nuestra acción futura: la humanidad vive en dos mundos gemelos, el real y el virtual. Si estás solo en el real vives al 50%.

Y esta simple verdad tiene una implicación enorme, casi de supervivencia, para todas las relaciones de Cuba con el mundo, sean oficiales diplomáticas, científicas, deportivas, culturales, económicas. Quien no garantice su presencia en el mundo virtual literalmente no existe, ni en el plano nacional, y mucho menos en el internacional.

La anterior no es una afirmación que merezca reconocimiento, sino comprensión. En la Cuba de hoy desde el Estado y el gobierno se insiste en la necesidad de que todas nuestras instituciones y el personal que forma parte de ellas tengan una presencia en internet. Pero no se logrará si se aprecia como una tarea o indicación. Sólo llegaremos a ese punto si entendemos que todos y cada uno debemos estar o ser allí, para cumplir las funciones más altas, pero también para hacer nuestro trabajo y hasta para garantizar la manutención de la familia.

Es un paso muy significativo en esa dirección la transformación del Instituto Cubano de Radio y Televisión en Instituto de Información y Comunicación Social. Empieza un largo camino para lograr, entre otros objetivos, que absolutamente toda la prensa cubana tenga presencia en el mundo digital de manera eficiente. Lo que quiere decir que los contenidos que se producen, y hay muchos de muy alta calidad, estén disponibles de inmediato en esos soportes, sean de fácil acceso y eventualmente se traduzcan a otros idiomas.

Lógicamente tendremos mucho más éxito si también comprendemos a escala de toda la sociedad que la comunicación es una ciencia y que los comunicadores y los responsables de esa actividad en cada célula de nuestro país requieren entrenamiento y calificación. Otra clave será percatarnos de que hay una labor política a realizar en el ciberespacio, pero esta no sustituirá nunca, más bien complementa, la que se hace a pie, en el barrio, mirando a los ojos.

Hace mucho tiempo que no existen dos públicos (nacional e internacional) y hace menos que multitud extranjeros y cubanos residentes en el exterior nos leen o nos ven en primera instancia en nuestros propios medios. Se puede hacer un cálculo muy simple: en la misma medida en que seamos capaces de presentarnos de forma atractiva ante el mundo y con los códigos adecuados, que son muchos y diversos según cada segmento de público, menos probabilidades habrá de que las campañas enemigas cumplan su objetivo.

Es casi el mismo reto de la guerrilla mambisa contra el ejército colonial español, pero sí se puede, hay caminos y brechas como entonces, pero sobre todo motivación. Daremos un salto enorme el día en que cada cubano, de cualquier edad, de cualquier extracción social, en cualquier parte de la isla comprenda que ella o él también pueden ayudar en la proyección exterior del país. Y como se supondrá, algunos observadores externos darán más crédito a lo que diga un cubano a la orilla de un río, que lo exprese un funcionario desde su buró.

Y nuevamente un pequeño detalle. Nadie debe esperar que ello suceda por generación espontánea, aún para los que cuentan con los medios técnicos para navegar por internet. Hay que instruir, que es mucho más complicado que un jefe le diga a un subordinado que se abra una cuenta en las redes sociales y empiece a poner contenido.

Entre otras cosas porque un navegante en internet sin preparación va dejando más datos suyos, de su entorno, amigos, círculo laboral y otros temas que la información que recolecta.

Además, cualquier aficionado a Facebook, Twitter, Instagram, Flickr y otros espacios podrá explicar que cada plataforma tiene su secreto, su forma de hacer. Aún más, ya se produce una migración masiva de esos soportes globales a otros más segmentados en los que las personas encuentran identidad ideológica o cultural. De estos últimos como sociedad sabemos menos, pero es un proceso que está en marcha en todas partes, incluida Cuba. Solo si los padres navegan sabrán a donde salieron a jugar virtualmente sus hijos, cuál es el amor remoto que tienen en otro continente, o el libro que leen en un idioma distinto.

El mundo virtual, es un animal en transformación constante y las verdades tecnológicas de hoy no lo serán mañana. Es un mundo al que hay que acudir con chaleco antibalas, sin ingenuidades. Si se va listo a consumir, también se debe acudir con deseos de aportar o vender.

Para los más jóvenes quizás lo más difícil sea comprender que el mundo virtual no debe ser el 70 o el 80% de sus vidas, porque siguen siendo seres sociales y dependen de una relación física con el entorno. Todos debemos desarrollar una capacidad crítica, responsable sobre lo que leemos y lo que ponemos a un lado, lo que consideramos importante y lo que no; razonar contracorriente a las teclas de los retuits y los likes, que no son índices reales de conocimiento, importancia o magnitud. A los de más edad habrá que invitarlos a que dediquen algo más del 10% de su tiempo a la virtualidad.

Ni qué decir de lo que significa potencialmente aún internet para nuestra economía. Quedaron atrás las reuniones para presentar un producto, los brochures y las memorias externas (algunos dirán “y los discos compactos”). Hoy las gestiones para la venta de un tornillo o de un submarino comienzan con www. Para ser justos hay que decir que las playas de Cuba, el amor de su gente, su dulce música, el sabor del ron y muchas otras cosas no van por ahí, pero también pueden utilizar dichos resortes y lo hacen en muchos casos.

Cuba ha construido ya sus propios paradigmas. Está por calcularse la cantidad de combustible que ha ahorrado al país la aplicación Transfermóvil para los pagos a distancia, además de alegrarle la vida a los cubanos. ¿Qué sucedería si absolutamente todos los procesos de servicios a la población estuvieran automatizados? Pues mejor economía y más alegría.

Hagámonos el propósito de vivir en ambos mundos, sin que alguien lo tenga que orientar o indicar, creemos los mecanismos para alfabetizar a los novatos y actualizar a los entendidos. Internet parece creada para los cubanos, es verdad Comandante.

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