José Ramón Cabañas Rodríguez www.cubadebate.cu
Questo 11 settembre persone di tutto il mondo ricorderanno le vittime degli attacchi contro le Torri Gemelle di New York. Più di 3000 vite strappate, alcune delle quali di origine cubana. I loro parenti ancora oggi non si sono ripresi dalla perdita e in alcuni casi non hanno nemmeno potuto ricevere i resti fisici dei loro cari.
Grazie ai media e al nascente internet, un evento locale è diventato globale in un istante e si è creata un’immagine degli USA come unica vittima di attacchi, che non corrispondeva con gli antecedenti storici.
Quel fatto ha segnato uno spartiacque in termini di definizione del termine Terrorismo nel patrimonio politico USA ed è stato utilizzato come giustificazione affinché la Casa Bianca lanciasse un gruppo di azioni militari contro diversi paesi, a costi umani ed economici che si hanno moltiplicato per centinaia di volte il peso della tragedia di quella grigia mattinata a Manhattan.
Paradossalmente, le commemorazioni di quest’anno avranno come sfondo il dibattito generato dal precipitoso ritiro USA dall’Afghanistan, che costituisce la caduta del sipario su un conflitto durato 20 anni e che ha ridefinito la capacità (o la mancanza di essa) degli USA di lanciare e sostenere conflitti bellici su larga scala all’estero.
A distanza di quattro lustri, la giurisprudenza USA si appresta ora a giudicare l’individuo che considerano il principale responsabile degli attacchi, azione che aggiungerà ulteriori dubbi rispetto a quelli già esistenti rispetto alla versione ufficiale dei fatti, che in riassunto affermava che: un piccolo numero di stranieri di origine araba si sono addestrati negli USA, hanno burlato l’intelligence di quel paese per mesi, nello stesso giorno hanno aggirato i controlli di sicurezza di diversi aeroporti e sono stati capaci di pilotare aerei di elevata complessità tecnica, per schiantarli sui loro obiettivi con una mira millimetrica.
Resta ancora da spiegare come un aereo passeggeri decollato dall’aeroporto Nazionale (oggi Ronald Reagan) in Virginia per proiettarsi nell’angolo, come lo ha fatto, contro un lato dell’edificio del Pentagono, senza lasciare tracce sull’erba che lo circonda né sulle strade circostanti. Nonostante sia una zona di intenso traffico automobilistico, non è rimasta per la storia neppure una sola foto, né nessun’altra registrazione di parti e pezzi dell’aereo, che avrebbero dovuto essere sparsi per tutta l’area dopo l’esplosione.
Questa è una ferita ancora aperta nella società USA, che potrebbe non chiudersi mai, tra l’altro per la mancanza di una spiegazione credibile e definitiva.
L’11 settembre aveva già una connotazione molto dolorosa per i cubani da 21 anni prima, poiché quello stesso giorno, ma del 1980 e nella stessa New York City, il diplomatico Félix García Rodríguez fu assassinato per mano dell’organizzazione controrivoluzionaria Omega 7.
A Cuba ed in America Latina si ricorda, in modo molto presente, anche l’11 settembre 1973, quando si è prodotto l’assassinio di Salvador Allende ed il colpo di stato contro un governo socialista eletto dal popolo.
In entrambi gli eventi, le agenzie federali USA hanno avuto partecipazione e responsabilità, nonostante il fatto che uno fosse in territorio nazionale e l’altro all’estero e nessuno dei due fosse riconosciuto come atto terroristico.
Al trionfo della Rivoluzione cubana e al prodursi della prima ondata di emigrati verso gli USA, in pochi giorni venne creata la prima organizzazione terroristica con il nome di Rosa Blanca, guidata dall’ex senatore batistiano Rafael Díaz Balart e dall’ex ufficiale di polizia del dittatore, Merob Sosa. Questo è stato solo l’inizio di una lunga lista di gruppi e personaggi che hanno usato, per anni, la violenza come principale arma politica contro Cuba.
I membri di quei gruppuscoli hanno costituito parte del campione sociale in cui la Central Intelligence Agency ed altre entità hanno reclutato personale per l’invasione di Playa Girón, per l’Operazione Mangusta e per molti altri piani che si sono successivamente sviluppati contro l’isola.
La CIA è giunta a contare 400 ufficiali e operativi toreando terroristi nella Miami negli anni ’60 del XX secolo, accumulando una fortuna incalcolabile che, in una certa misura, giustificava il “successo imprenditoriale cubano” in quella città, fino all’arrivo massiccio dei narcotici, negli anni ’80, che ha portato l’azienda ad altri livelli.
La compravendita del terrore a Miami ha raggiunto estremi inimmaginabili, pubblicamente riconosciuti dagli ex dirigenti della CIA all’Avana nel 2001, nelle sessioni dell’evento ‘40 anni di Playa Girón’. Assolutamente chiunque presentasse un piano di attentato contro Fidel Castro, di attacco ad uno zuccherificio o ad un asilo a Cuba riceveva un finanziamento immediato. Doveva essere solo soddisfatto il principio della negazione plausibile: non potevano apparire tracce che mettessero in collegamento il terrorista esecutore con l’esecutivo USA.
Non erano anni in cui si parlasse di voti, programmi, borse di studio, dissidenti, opposizioni, correnti alternative, pseudoartisti, stampa alternativa. Quell’armamentario è arrivato dopo. La controrivoluzione cubana è nata tra dinamite e munizioni, per quanto ora cerchi di negare i suoi antecedenti e appaia raffinata.
I terroristi di origine cubana avevano sia un valore ad uso interno per i politici USA (Richard Nixon-Watergate) sia per azioni di politica estera dell’esecutivo (Ronald Reagan-Guerra in America Centrale). Hanno contribuito a promuovere il terrore interno negli USA, come nell’attentato all’ex ministro degli Esteri cileno Orlando Letelier, nel cuore di Washington, nel 1976, o il brutale assassinio dell’attivista cubano Carlos Muñiz Varela, a Portorico nel 1979.
Sebbene Reagan abbia promosso alcuni dei principali operativi terroristici cubani alla scala di attivisti politici, riuniti nella Fondazione Nazionale Cubano Americana, molti di loro hanno continuato ad indossare uniformi mimetiche sotto la giacca e la cravatta.
Anche sul suo letto di morte, negli anni ’90, il dirigente della FNCA finanziava e organizzava atti terroristici all’Avana, che hanno causato ingenti danni materiali e la morte di un turista italiano (Fabio di Celmo ndt). Molto vicino all’11 settembre, un gruppo di veterani della dinamite ha progettato, nel 2000, di far saltare in aria l’auditorium dell’Università Nazionale di Panama, dove avrebbe parlato il presidente cubano. La lista di fatti simili è infinita ed è ben documentata sia dai centri di ricerca cubani che da documenti USA declassificati.
In essa si dovrebbe includere anche il processo giudiziario e mediatico svolto a Miami contro Cinque cubani infiltrati tra gruppi terroristici di origine cubana. Con l’obiettivo di proteggere quest’ultimi, le agenzie federali USA hanno commesso ogni tipo di violazione legale, per vendere come spionaggio un atto che non lo era e per seppellire a vita, in remote carceri, uomini che solo difendevano la sicurezza nazionale del loro paese.
E poi sono arrivate quelle terribili immagini del World Trade Center che cade a pezzi.
Negli USA, bruscamente, sono aumentati i finanziamenti dedicati alle questioni della sicurezza, si sono cambiate le procedure, la polizia è stata ulteriormente militarizzata, gli accessi agli edifici federali, che prima erano totalmente pubblici, sono stati chiusi, sono sorte centinaia di nuove società per la protezione fisica di proprietà e persone. Ma anche l’FBI ha visitato, porta a porta, diversi personaggi di origine cubana per dire loro chiaramente che c’era un cambiamento fondamentale nelle regole del gioco e che dovevano usare altre strategie.
All’epoca era al potere il governo di George W. Bush, famiglia che aveva legami strutturali con la dirigenza terroristica di origine cubana, che andavano dai legami di Bush padre con quelli dai tempi in cui operava come ufficiale operativo della CIA sino a direttore dell’agenzia. Il più giovane dei fratelli, Jeb Bush, che ha iniziato la sua formazione politica come stagista in uno degli uffici congressuali dei rappresentanti di origine cubana, in quel mentre, era il governatore della Florida.
Da quel fatidico 11 settembre, sebbene si producessero ancora fatti isolati di natura violenta contro Cuba, come tendenza si è registrata una riduzione degli stessi, di fronte alla contraddizione che gli USA non potevano apparire apertamente come uno stato sponsor del terrorismo mentre, presumibilmente, stava conducendo una campagna internazionale per eliminare il flagello. È stato un cambiamento nelle apparenze, niente di più.
Queste nuove regole hanno causato spaccature e cambiamenti tra le principali organizzazioni di origine cubana con sede negli USA. Da un lato, quelli della linea dura si sono staccati da quelle formazioni che hanno accettato il comandamento federale, mentre altri sono, praticamente, usciti dalla scena pubblica e si sono dedicati a scrivere poesie, o a collezionare vecchie auto.
Da molto tempo, prima del 2001, erano sorti nel Congresso USA i programmi di cambio di regime contro Cuba, ma a partire da allora si sono rafforzati. Lo stesso Bush ha articolato forse la più complessa di tutte quelle mostruosità da molto tempo, con la creazione della Commissione per l’Assistenza ad Cuba Libera. Sebbene le azioni terroristiche armate contro Cuba siano diminuite, per otto anni sono aumentate, in forma vertiginosa, le azioni di strangolamento dell’economia cubana ed i tentativi di isolare il paese a livello internazionale.
Quindi, questo 11 settembre avrà, nuovamente, significati diversi per tutti, ma in un momento in cui sono ancora in vigore misure estreme contro Cuba, per tutti varrà la pena ricordare che gli agnelli di oggi sono figli dei lupi di ieri.
Alcuni di coloro che oggi occupano posizioni sull’isola o all’estero che hanno facciata di mondo accademico, di cultura o di altri settori sociali nobili, che promuovono, in forma blanda, un’esplosione sociale a Cuba, intendono, semplicemente, raggiungere lo stesso obiettivo di quei terroristi, ma con altri mezzi. Sono montati su un’opzione che non ha un dopo, tranne la terra bruciata. Hanno fatto una transizione dalla sedia elettrica all’iniezione letale, solo questo.
Coloro che propugnano le presunte libertà a Cuba dal sud della Florida dovrebbero dimostrare che loro le sfruttano e almeno una volta e provare a gridare: Abbasso Batista (almeno la prima volta), Abbasso il terrorismo, No alla guerra, Abbasso l’industria dell’odio, No alla violenza della polizia, Sicurezza medica per tutti, Viva l’agenda della famiglia cubana, Fine della disoccupazione, vaccini gratuiti contro il COVID19 per tutti, o qualche altro slogan simile.
Possiamo scommettere che agirà contro di loro il terrore invisibile e raffinato di quell’ambiente: non troveranno lavoro, chiederanno loro di cambiare la scuola del figlio, appariranno debiti bancari non onorati, risponderanno loro che non c’è prenotazione in qualsiasi ristorante, scriveranno manifesti sulle porte delle loro case, frequentemente i loro veicoli avranno le gomme bucate, sentiranno rumori vicino casa ogni notte, il gatto smetterà di miagolare, per non parlare dei giudizi sommari nelle reti sociali.
Questo 11 settembre ci rammarichiamo, a Cuba, di tutte le morti ed i danni causati dal terrorismo, ovunque nel mondo e faremo l’impossibile affinché fatti come questi non si ripetano mai più. Faremo anche uno sforzo per conoscere meglio la storia, affinché non ci vendano un futuro che non ci interessa.
Los diversos 11 de septiembre
Por: José Ramón Cabañas Rodríguez
Este 11 de septiembre personas de todo el mundo recordaremos a las víctimas de los ataques contra las Torres Gemelas en New York. Fueron más de 3000 vidas cegadas, varias de ellas de origen cubano. Sus familiares hoy aún no se recuperan de la pérdida y en algunos casos aún no han podido recibir siquiera restos físicos de sus amados.
Gracias a los medios de comunicación y a la naciente internet un hecho local se hizo global en un instante y se creó una imagen de Estados Unidos como víctima única de ataques, que no se correspondía con los antecedentes históricos.
Aquel hecho marcó un parteaguas en cuanto a la definición del término Terrorismo en el acervo político estadounidense y se utilizó como justificación para que la Casa Blanca lanzara un grupo de acciones militares contra varios países, a costos humanos y económicos que multiplicaron en cientos veces el peso de la tragedia de aquella mañana gris en Manhattan.
Paradójicamente, las conmemoraciones de este año tendrán como telón de fondo el debate que ha generado la retirada apresurada de Estados Unidos de Afganistán, que constituye la caída de telón de un conflicto que se prolongó por 20 años y que ha redefinido la capacidad (o falta de ella) de Estados Unidos para lanzar y sostener conflictos bélicos a gran escala en el exterior.
A la distancia de cuatro lustros la jurisprudencia estadounidense se dispone ahora a enjuiciar al individuo que consideran el principal responsable de los ataques, acción que agregará más dudas de las que ya existen en relación con la versión oficial de los hechos, que en resumen decía que: un reducido número de extranjeros de origen árabe se entrenaron en Estados Unidos, burlaron a la Inteligencia de aquel país durante meses, en un mismo día saltaron los controles de seguridad de varios aeropuertos y fueron capaces de pilotar aviones de alta complejidad técnica, para estrellarlos sobre sus objetivos con puntería milimétrica.
Todavía está por explicarse cómo un avión de pasajeros despegó del aeropuerto National (hoy Ronald Reagan) en Virginia para proyectarse en el ángulo en que lo hizo contra un lateral del edificio del Pentágono, sin dejar rastros ni en el césped que lo rodea, ni en las carreteras aledañas. A pesar de ser una zona de tráfico automovilístico intenso, no ha quedado para la historia ni una sola foto, ni ningún otro registro de partes y piezas de la aeronave, que debieron esparcirse por toda el área después de la explosión.
Esta es una herida abierta aún en la sociedad estadounidense, que a lo mejor nunca cierre, entre otras cosas por la falta de una explicación creíble y definitiva.
El 11 de septiembre ya tenía una connotación muy dolorosa para los cubanos desde 21 años antes, pues ese mismo día, pero de 1980 y en la propia ciudad de New York fue asesinado el diplomático Félix García Rodríguez a manos de la organización contrarrevolucionaria Omega 7.
En Cuba y en América Latina se recuerda de manera muy presente también el 11 de septiembre de 1973, cuando se produjo el magnicidio de Salvador Allende y el golpe de estado contra un gobierno socialista elegido por el pueblo.
En ambos hechos las agencias federales estadounidenses tuvieron participación y responsabilidad, a pesar de que uno fuera en el territorio nacional y el otro en el exterior y a ninguno de los nos se les reconociera como actos terroristas.
Al triunfar la Revolución Cubana y producirse la primera ola de emigrados hacia Estados Unidos, en pocos días se creó la primera organización terrorista bajo el nombre de Rosa Blanca, encabezada por el ex senador batistiano Rafael Díaz Balart y el ex oficial de la policía del dictador Merob Sosa. Este fue apenas el comienzo de una larga lista de grupos y personeros que utilizaron la violencia como principal arma política contra Cuba durante años.
Los miembros de aquellos grupúsculos constituyeron parte de la muestra social en la que la Agencia Central de Inteligencia y otras entidades captaron personal para la invasión por Playa Girón, para la Operación Mangoose y para tantos otros planes que se desarrollaron sucesivamente contra la Isla.
La CIA llegó a contar con 400 oficiales y operativos toreando terroristas en el Miami en los años 60 del siglo XX, amasando una fortuna incalculable que justificó en cierta medida el “éxito empresarial cubano” en aquella ciudad, hasta que la llegada masiva de los estupefacientes en los 80 llevaron la empresa a otros niveles.
La compra y venta del terror en Miami llegó a extremos inimaginables, reconocidos públicamente por ex directivos de la CIA en La Habana en el año 2001, en las sesiones del evento 40 Años de Playa Girón. Absolutamente cualquier persona que presentara un plan de atentado contra Fidel Castro, de ataque contra un central azucarero, o un círculo infantil en Cuba recibía presupuesto de inmediato. Sólo debía cumplirse el principio de negación plausible: no podrían aparecer trazas que conectaran al terrorista ejecutor con el ejecutivo estadounidense.
No eran años en los que se hablara de votos, programas, becas, disidentes, oposición, corrientes alternativas, pseudoartistas, prensa alternativa. Esa parafernalia vino después. La contrarrevolución cubana nació entre dinamita y municiones, por mucho que ahora pretenda negar sus antecedentes y aparentar refinamiento.
Los terroristas de origen cubano tuvieron tanto un valor de uso doméstico para políticos estadounidenses (Richard Nixon-Watergate) como para acciones de política exterior del ejecutivo (Ronald Reagan-Guerra en Centroamérica). Ayudaron a fomentar el terror a lo interno en Estados Unidos, como en el atentado al ex canciller chileno Orlando Letelier en pleno centro de Washington en 1976, o el brutal asesinato del activista cubano Carlos Muñiz Varela en Puerto Rico en 1979.
Aunque Reagan ascendió a algunos de los principales operativos terroristas cubanos a la escala de activistas políticos, nucleados en la Fundación Nacional Cubano Americana, muchos de ellos seguían vistiendo el uniforme de camuflaje bajo el saco y la corbata.
Aún en su lecho de muerte en la década de los 90 el líder de la FNCA financiaba y organizaba actos terroristas en La Habana, que ocasionaron grandes daños materiales y la pérdida de la vida de un turista italiano. Muy cerca del 9/11 un grupo de veteranos de la dinamita planificó en el 2000 la voladura del paraninfo de la Universidad Nacional de Panamá, donde hablaría el Presidente cubano. La lista de hechos similares es interminable y está bien documentada tanto por centros de investigación cubanos, como por documentos estadounidenses desclasificados.
En ella habría que incluir además el proceso judicial y mediático llevado a cabo en Miami contra Cinco Cubanos infiltrados entre grupos terroristas de origen cubano. Con el objetivo de proteger a estos últimos, las agencias federales estadounidenses cometieron todo tipo de violaciones legales, para vender como espionaje un acto que no lo era y enterrar de por vida en cárceles remotas a hombres que solo defendían la seguridad nacional de su país.
Y entonces llegaron aquellas imágenes terribles del World Trade Center cayendo a pedazos.
De forma abrupta aumentaron los presupuestos en Estados Unidos dedicados a temas de seguridad, cambiaron los procedimientos, se militarizó aún más la policía, se cerraron accesos a edificios federales que antes eran totalmente públicos, surgieron cientos de nuevas compañías de protección física de inmuebles y personas. Pero también el FBI visitó puerta por puerta a varios personajes de origen cubano para decirles claramente que había un cambio fundamental en las reglas del juego y que tenían que usar otras estrategias.
Estaba en el poder entonces el gobierno de George W Bush, familia que tenía vínculos estructurales con el liderazgo terrorista de origen cubano, que iban desde los nexos de Bush padre con aquellos desde la época de oficial operativo de la CIA hasta director de la agencia. El menor de los hermanos, Jeb Bush, que comenzó su formación política como interno en alguna de las oficinas congresionales de representantes de origen cubano, en ese momento era el gobernador de la Florida.
A partir de aquel fatídico 11 de septiembre, si bien aún se produjeron hechos aislados de carácter violento contra Cuba, como tendencia hubo una reducción de los mismos, ante la contradicción de que Estados Unidos no podía aparecer de forma abierta como estado patrocinador del terrorismo, al mismo tiempo que supuestamente libraba una campaña internacional para eliminar el flagelo. Fue un cambio en apariencias, nada más.
Estas nuevas reglas provocaron fisuras y cambios entre las principales organizaciones de origen cubano radicadas en Estados Unidos. Por un lado, los de línea dura se escindieron de aquellas formaciones que aceptaron el mandamiento federal, mientras que otros prácticamente salieron de la escena pública y se dedicaron a escribir poesía, o a coleccionar autos viejos.
Desde mucho antes del 2001 habían surgido en el Congreso de EE UU los programas de cambio de régimen contra Cuba, pero a partir de entonces tuvieron un reforzamiento. El propio Bush articuló posiblemente el más complejo de todos aquellos engendros en mucho tiempo, con la creación de la Comisión de Asistencia a una Cuba Libre. Aunque las acciones terroristas armadas contra Cuba disminuyeron, aumentaron en forma vertiginosa durante ocho años las acciones de estrangulamiento de la economía cubana y los intentos por aislar al país a nivel internacional.
Entonces, este 11 de septiembre tendrá nuevamente significados diversos para todos, pero en momentos en que aún se mantienen en vigor medidas extremas contra Cuba, a todos valdrá recordar que los corderos de hoy son hijos de los lobos de ayer.
Algunos de los que hoy ocupan posiciones en la Isla o en el exterior que tienen fachada de academia, de cultura, o de otros sectores sociales nobles, que promueven de forma blanda una explosión social en Cuba, simplemente pretenden lograr el mismo objetivo de aquellos terroristas, pero por otros medios. Están montados en una opción que no tiene un después, salvo la tierra arrasada. Han hecho un tránsito de la silla eléctrica a la inyección letal, solo eso.
Aquellos que abogan por supuestas libertades en Cuba desde el Sur de la Florida deberían dar muestras de que ellos las disfrutan al menos una vez y probar salir a la calle a gritar: Abajo Batista (al menos por primera vez), Abajo el terrorismo, No a la Guerra, Abajo la industria del odio, No a la violencia policial, Seguridad Médica para todos, Viva la agenda de la familia cubana, Fin del desempleo, vacunas gratis contra la COVID19 para todos, o alguna otra consigna similar.
Podemos apostar que actuará contra ellos de inmediato el terror invisible y refinado de aquel entorno: no encontrarán empleo, les pedirán que cambien a su hijo de escuela, aparecerán deudas de banco no honradas, les responderán que no hay reservación en ningún restaurante, les escribirán carteles en las puertas de sus casas, sus vehículos tendrán las gomas pinchadas con frecuencia, sentirán ruidos cerca de la casa cada noche, el gato dejará de maullar, para no hablar de juicios sumarios en las redes sociales.
Este 11 de septiembre lamentamos en Cuba todas las muertes y daños causados por el terrorismo, en cualquier parte del mundo y haremos lo imposible porque hechos como estos no vuelvan a suceder jamás. También haremos un esfuerzo por conocer mejor la historia, para que no nos vendan un futuro que no nos interesa.
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