Clara Sanchez https://misionverdad.com
Per il terzo anno consecutivo abbiamo aggiornato su Alimentos y Poder quella che chiamiamo “operazione blocco alimentare in Venezuela”, evidenziando le azioni, che dal 2014, gli USA esercitano contro il paese attraverso una serie di misure coercitive unilaterali economiche, finanziarie, commerciali politiche, diplomatiche, militari e di propaganda mediatica, che hanno avuto inizio nel bel mezzo della crisi sistemica petrolifera di quell’anno, incidendo proporzionalmente sull’aumento dell’insicurezza alimentare nel paese.
Uno scenario che nel 2020 gli USA prevedevano come catastrofico, secondo il World Agricultural Information Network e il Foreign Agricultural Service del Dipartimento dell’Agricoltura (USDA), causato principalmente dal blocco della principale industria venezuelana (PDVSA), i prezzi negativi del petrolio e la scarsità di risorse dovuta alla pandemia di covid-19, in cui lo Stato non avrebbe potuto mantenere la propria spesa pubblica, sarebbe stato incapace di importare combustibili, acquistare prodotti di base, compresi input agricoli, semenza certificata e fertilizzanti, o mantenere programmi come il CLAP e, inoltre, si sarebbe esacerbata la precipitosa e massiccia caduta della produzione nazionale di alimenti.
E se la quantità di misure coercitive unilaterali contro il paese sembravano sufficienti in mezzo a questa previsione di caduta libera, gli USA, di contro, hanno senza sosta continuato l’assedio, con sempre più azioni contro il Venezuela che non si sono fermate, nemmeno nel mezzo della pandemia mondiale da covid-19.
Azioni di indole mediatica, manipolazione di indicatori alimentari di organismi multilaterali, politiche di “terrorismo” economico, “sanzioni” economiche e persino diplomatiche, significativamente da maggio, quando gli USA hanno iniziato a minacciare l’Iran per impedire la fornitura di 1,5 milioni di barili di benzina e additivi per le raffinerie del Venezuela.
A giugno, l’inviato speciale della Repubblica Bolivariana del Venezuela e imprenditor, Alex Saab, è stato illegalmente detenuto a Capo Verde, su richiesta USA, per aver aiutato a eludere il blocco per mantenere l’approvvigionamento dei Comitati Locali di Approvvigionamento e Produzione (CLAP) e di altri beni essenziali per il paese, come medicinali e carburanti, essendo proprio in viaggio per la Repubblica Islamica dell’Iran per conto del paese per cui tale azione è stata compiuta; mentre si trovava in viaggio per garantire approvvigionamenti umanitari in mezzo ad una pandemia e blocco, in violazione, tra molti elementi legali del giusto processo, la sua immunità diplomatica per far pressione per la sua estradizione.
Sei giorni dopo, l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) ha sanzionato la società messicana Libre Abordo, la sua collegato Schlager Business Group ed i suoi comproprietari, per il loro rapporto con il Programma Alimenti per Petrolio con il Venezuela.
Ad agosto, gli USA hanno sequestrato, attraverso il Dipartimento di Giustizia, quattro petroliere con oltre 1 milione di barili di carburante iraniano dirette in Venezuela, che alla fine sono state messe all’asta nel febbraio 2021.
Per continuare l’attacco alle forniture essenziali, ad ottobre Elliott Abrams ha annunciato il divieto di scambio di gasolio con greggio, affermando: “Stiamo cercando di fermare l’esportazione di greggio del regime di Maduro (…) e uno dei modi è evitare che lo scambi per altri prodotti”, incluso se fosse con alimenti per la popolazione.
E se queste azioni sembrano non avere alcuna relazione con l’attacco al sistema agroalimentare venezuelano, per colpire la popolazione, l’USDA ha chiarito nel suo rapporto di aprile: “Senza carburante, i trattori non possono essere azionati”. Un esempio di come ha funzionato il blocco alimentare al Venezuela nel 2020, questa volta cercando di impattare drammaticamente sulla produzione nazionale, dopo aver costantemente silurato l’importazione di alimenti, necessari per supplire al consumo nazionale.
Blocco che, alla fine del 2020, secondo il totale delle risorse venezuelane trattenute dalle misure coercitive unilaterali, arbitrarie e illegali degli USA in Inghilterra, Portogallo, USA, Dubai, Belgio, Svizzera, Germania, Francia, Porto Rico, Kazakistan, Curaçao, Spagna, Brasile, Panama e Bulgaria raggiungono i 4836 milioni di euro, inoltre, arrecando oltre 120 miliardi di dollari di perdite negli ultimi anni.
Solo con i 1614 milioni di euro trattenuti in Inghilterra, attraverso l’oro venezuelano, si possono acquistare 120 milioni di combo per il CLAP, il programma alimentare sussidiato che, all’attuale ritmo di consegna, è una fornitura mensile di cibo, da quasi due anni, a 6 milioni di famiglie.
E con i 1367 milioni di euro trattenuti nel solo Portogallo si coprirebbe un anno di forniture di base per il settore agroindustriale del paese.
Ed è che, tra le altre cose, nel 2020 è stato ratificato che l’azione di cercare di imporre, da parte USA, un governo parallelo in Venezuela, sotto la giustificazione del miglioramento della qualità della vita del venezuelano e l’ombrello dei diritti umani, ha solo consentito la pirateria da parte del paese nordamericano e di altri governi o attori di importanti attivi venezuelani all’estero, nonché la gestione di conti, risorse finanziarie e fondi, e persino la falsa promozione di presunti aiuti umanitari o dell’invio di risorse confiscate per alleviare la crisi; al contrario, si sono costituiti nel deterioramento e nel peggioramento del benessere della popolazione venezuelana.
In questo caso, trascorsi più di due anni dall’autoproclamazione di Juan Guaidó, e dalle azioni consecutive degli USA per ottenere un cambio di regime in Venezuela dal 2014, consente di corroborare la sua negativa ripercussione sull’aumento della denutrizione, sebbene secondo la FAO (2021) raggiunga il 27,4% della popolazione venezuelana, e non il 31,4% che è stato pubblicato nel 2020, cioè 7,8 milioni di persone colpite dalla fame e non le 9,1 milioni di persone come divulgato all’inizio della pandemia, fungendo da base per la manipolazione degli indicatori alimentari nel rapporto annuale della Rete Globale contro le Crisi Alimentari, che l’USAID e l’Unione europea finanziano anno dopo anno, e in cui il Venezuela è stato classificato come la quarta crisi alimentare più grave al mondo, in cui era necessario “l’ intervento umanitario”.
Cambio di regime che il Servizio Investigativo del Congresso USA, nel suo rapporto di agosto 2020, indicava, riferendosi alle misure coercitive che erano state imposte contro PDVSA, governo e Banca Centrale, riconoscendo nelle sue conclusioni che con “le sanzioni era aumentata la pressione economica, accelerando il declino della produzione e, nonostante tutto, Maduro rimaneva al potere, anche dopo che gli USA hanno smesso di riconoscere la sua presidenza” poiché questo è realmente l’obiettivo del paese nordamericano.
ESPOSIZIONI FINALI
Per questo si può continuare ad affermare che, al di là di ogni analisi o relazione sul tema in cui s’incorporava il Venezuela, attribuendo l’impatto sugli indicatori alimentari solo a uno shock economico e rendendo intenzionalmente invisibile il blocco, sebbene a questo livello sia impossibile ignorare dall’ONU sino alla maggioranza dei venezuelani nel territorio, che l’impatto sull’Indice di Prevalenza della Denutrizione (IPS) è proporzionale al numero di misure coercitive unilaterali ed azioni (vedi grafico 1) che gli USA ed i suoi alleati hanno realizzato con l’assedio economico, finanziario e commerciale della nazione, dei suoi attivi, dei suoi beni, delle sue risorse e della sua gente dal 2014 al 2020.
Periodo in cui gli alimenti si sono convertiti in munizione da guerra per attaccare il paese, colpendo direttamente le forniture alimentari e, parallelamente, altri beni essenziali, come il carburante, per creare le condizioni per una crisi umanitaria che giustificasse, quindi, l’intervento militare “umanitario” in nome della comunità internazionale e guidato dagli USA.
Crisi generata, conseguentemente, dal precipitoso calo degli ingressi del Venezuela che, nel 2020 sono diminuiti del 98% rispetto al 2014, incidendo sui livelli di approvvigionamento alimentare e produzione nazionale degli stessi, con il progressivo aumento della denutrizione (vedi grafico 2) mediante l’inclemente persecuzione che è stata sostenuta per porre fine al Governo bolivariano.
È necessario segnalare, in questo attuale scenario di evidente vittoria bolivariana, che non solo ottenere i propri obiettivi e vincere possa essere il fine di un conflitto, rimandarlo o evitarlo, ma è anche uno scopo della strategia che costantemente ha applicato il potere imperiale USA, benché sia uscito sconfitto, per ora, per mantenersi in attesa di una migliore opportunità per avanzare.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Alimentos y Poder il 16 settembre 2021.
¿CÓMO OPERÓ EL BLOQUEO DE ALIMENTOS A VENEZUELA EN 2020?
Clara Sánchez
Por tercer año consecutivo actualizamos en Alimentos y Poder lo que denominamos “operación bloqueo de alimentos a Venezuela”, destacando las acciones que desde el 2014 ejecuta Estados Unidos contra el país a través de una cantidad de medidas coercitivas unilaterales económicas, financieras, comerciales, políticas, diplomáticas, militares y de propaganda mediática, que iniciaron en medio de la crisis sistémica del petróleo de ese año, afectando proporcionalmente el incremento de la inseguridad alimentaria en el país.
Un escenario que en 2020 Estados Unidos pronosticaba de catastrófico, según la Red Mundial de Información Agrícola y el Servicio Agrícola Exterior del Departamento de Agricultura (USDA), causado principalmente por el bloqueo a la principal industria venezolana (PDVSA), los precios negativos del petróleo y la escasez de recursos por la pandemia de la covid-19, en el cual el Estado no podría mantener su gasto público, sería incapaz de importar combustibles, comprar productos básicos, entre ellos, insumos agrícolas, semillas certificadas y fertilizantes, o mantener programas sociales como el CLAP y, además, se exacerbaría la caída precipitada y masiva de la producción nacional de alimentos.
Y si parecían suficientes la cantidad de medidas coercitivas unilaterales contra el país en medio de este pronóstico de caída libre, Estados Unidos por el contrario continuó sin pausa el asedio, con más y más acciones contra Venezuela que no pararon, ni en medio de la pandemia mundial por la covid-19.
Acciones de índole mediático, de manipulación a indicadores alimentarios de organismos multilaterales, políticas de “terrorismo” económico, “sanciones” económicas y hasta diplomáticas, perceptiblemente desde mayo, cuando Estados Unidos comenzó a amenazar a Irán para impedir el suministro de 1,5 millones de barriles de gasolina y aditivos para las refinerías de Venezuela.
En junio, se detuvo ilegalmente al enviado especial de la República Bolivariana de Venezuela y empresario Alex Saab en Cabo Verde, a solicitud de Estados Unidos, por ayudar a evadir el bloqueo para mantener el suministro de los Comités Locales de Abastecimiento y Producción (CLAP) y de otros bienes esenciales para el país, como medicinas y combustibles, siendo precisamente en un viaje a la República Islámica de Irán en representación del país que se llevó a cabo esta acción, cuando viajaba para garantizar la procura humanitaria en plena pandemia y bloqueo, violando entre muchos elementos jurídicos del debido proceso su inmunidad diplomática para presionar por su extradición.
Seis días después, la Oficina de Control de Bienes Extranjeros (OFAC) sancionó a la empresa mexicana Libre Abordo, a su relacionada Schlager Business Group y a sus copropietarios por su relación con el Programa de Alimentos por Petróleo con Venezuela.
En agosto, Estados Unidos secuestró, a través del Departamento de Justicia, cuatro tanqueros con más de 1 millón de barriles de combustible iraní con destino a Venezuela, que finalmente terminó subastando en febrero de 2021.
Para continuar el ataque a suministros esenciales, en octubre Elliott Abrams anunciaba la prohibición del canje de diésel por crudo afirmando: “Estamos tratando de detener la exportación de crudo del régimen de Maduro (…) y una de las formas es evitar que lo cambie por otros productos”, inclusive si era por alimentos para la población.
Y si estas acciones parecieran no tener ningún tipo de relación con el ataque al sistema agroalimentario venezolano, para afectar a la población, USDA dejaba claro en su informe del mes de abril: “Sin combustibles no se pueden hacer funcionar los tractores”. Una muestra de cómo operó el bloqueo de alimentos a Venezuela en el año 2020, esta vez intentando impactar dramáticamente la producción nacional, después de haber torpedeado constantemente la importación de estos, necesarios para suplir el consumo nacional.
Bloqueo que, al cierre del año 2020, según el total de los recursos venezolanos retenidos por las medidas coercitivas unilaterales, arbitrarias e ilegales de Estados Unidos en Inglaterra, Portugal, Estados Unidos, Dubái, Bélgica, Suiza, Alemania, Francia, Puerto Rico, Kazajistán, Curazao, España, Brasil, Panamá y Bulgaria, alcanzan los 4 mil 836 millones de euros, además, acarreando más de 120 mil millones de dólares en pérdidas en los últimos años.
Solo con los 1 mil 614 millones de euros retenidos en Inglaterra mediante el oro venezolano se pueden adquirir 120 millones de combos para el CLAP, el programa de alimentos subsidiados que, al ritmo de entrega actual, es un suministro de alimentos mensual para casi dos años a 6 millones de familias.
Y con los 1 mil 367 millones de euros retenidos solo en Portugal, se cubriría un año de insumos básicos para el sector agroindustrial del país.
Y es que, entre otras cosas, en el año 2020 se ratificó que la acción de intentar imponer por parte de Estados Unidos un gobierno paralelo en Venezuela, bajo la justificación de mejorar la calidad de vida del venezolano, y el paraguas de los derechos humanos, solo ha permitido la piratería por parte del país norteamericano y otros gobiernos o actores de importantes activos venezolanos en el exterior, así como el manejo de cuentas, recursos financieros y fondos, e incluso la promoción falaz de supuestas ayudas humanitarias o de hacer llegar recursos confiscados para paliar la crisis; por el contrario, se constituyeron en el desmejoramiento y empeoramiento del bienestar de la población venezolana.
En este caso, transcurridos más de dos años desde la autoproclamación de Juan Guaidó, y las acciones consecutivas de Estados Unidos para lograr un cambio de régimen en Venezuela desde el 2014, permite corroborar su repercusión negativa en el aumento de la subalimentación, aunque según la FAO (2021) alcanza al 27,4% de la población venezolana, y no al 31,4% que se publicó en 2020, o sea, a 7,8 millones de personas afectadas por el hambre y no a las 9,1 millones de personas como se divulgó a inicios de la pandemia, sirviendo de base para la manipulación de indicadores alimentarios en el informe anual de la Red Global contra Crisis Alimentarias, que año a año financia USAID y la Unión Europea, y donde se catalogó a Venezuela como la cuarta crisis alimentaria más grave del mundo, en la que era necesaria la “intervención humanitaria”.
Cambio de régimen que el Servicio de Investigación del Congreso de Estados Unidos en su informe de agosto de 2020 señalaba, al referirse a las medidas coercitivas que se habían impuesto contra PDVSA, gobierno y Banco Central, reconociendo en sus conclusiones que con “las sanciones se había aumentado la presión económica, acelerando el declive en la producción y, a pesar de todo, Maduro continuaba en el poder, aún después que Estados Unidos dejó de reconocer su presidencia”, puesto que ese es realmente el objetivo del país norteamericano.
PLANTEAMIENTOS FINALES
Por esto se puede seguir afirmando que, más allá de cualquier análisis o informe sobre el tema donde se incorporaba a Venezuela, adjudicando la afectación de los indicadores alimentarios solo a un choque económico e invisibilizando intencionalmente el bloqueo, aunque a estas alturas es imposible desconocer desde la ONU, hasta la mayoría de los venezolanos en el territorio, que el impacto sobre el Índice de Prevalencia de Subalimentación (IPS) es proporcional a la cantidad de medidas coercitivas unilaterales y acciones (ver gráfica 1) que adelantó Estados Unidos y sus aliados con el cerco económico, financiero y comercial sobre la nación, sus activos, sus bienes, sus recursos y su gente desde el 2014 al 2020.
Período donde los alimentos se convirtieron en una munición de guerra para atacar al país, afectando directamente a los suministros alimentarios y, en paralelo, a otros bienes esenciales como el combustible, para crear las condiciones de una crisis humanitaria que justificara, por ende, la intervención militar “humanitaria” en nombre de la comunidad internacional y dirigida por Estados Unidos.
Crisis generada, en consecuencia, por la caída precipitada de los ingresos de Venezuela, que al año 2020 disminuyeron en 98% con respecto al año 2014, afectando los niveles del suministro de alimentos y a la producción nacional de los mismos, con el progresivo aumento de la subalimentación (ver gráfica 2) mediante la persecución inclemente que se sostuvo para acabar con el Gobierno Bolivariano.
Siendo necesario señalar, en este escenario actual de evidente victoria bolivariana, que no solo obtener los objetivos propios y ganar puede ser el fin de un conflicto, posponerlo o evitarlo, también es un propósito de la estrategia que constantemente ha aplicado el poder imperial estadounidense, aunque haya salido derrotado por ahora para mantenerse a la espera de una mejor oportunidad de avanzar.
Este artículo fue publicado originalmente en Alimentos y Poder el 16 de septiembre de 2021.