Carola Chavez https://misionverdad.com
Qualche giorno fa conversavamo con un gruppo di amici sulle difficoltà che abbiamo vissuto in questi anni. Inevitabilmente, abbiamo finito per ricordare tempi migliori quando con i salari si comprava di tutto. Quando si poteva viaggiare all’estero ogni anno e persino due volte. Quando uno usciva a cenare e poteva comprarsi vestiti di continuo… Tutti ricordando, guardando un passato lontano, quando i nostri figli erano bebè… I nostri figli, quelli della conversazione, hanno 14 anni. Parlavamo del 2008.
Abbiamo parlato del Venezuela con il governo chavista e la maggior parte di quelli che parlavano, quelli che avevano i ricordi migliori, quelli che pensavano di ricordare quanto eravamo felici prima di Chávez; quando abbiamo fatto i conti, non potevano crederci. Le matematiche sono implacabile.
Stavamo parlando del 2008, quando, secondo il Rapporto Mondiale della Felicità della società di sondaggi Gallup, il Venezuela era il paese più felice del mondo.
Fino al 2015 figuravamo nell’inchiesta Gallup tra i primi 10 luoghi della felicità. Poi è successo quello che è successo: Lorenzo in guerra nascondendo il cibo per alimentare la storia dell’”ultima coda” che hanno portato all’Assemblea Nazionale Julio Borges, Ramos Allup e una sfilza di assoluti sconosciuti che avremmo conosciuto più tardi per la scandalosa dimensione dei loro crimini contro il popolo venezuelano. E quando dico popolo, intendo tutti, persino quella classe media che preferisce che la chiamino società civile, benché ciò non la esima dal soffrire le conseguenze degli attacchi che i suoi dirigenti politici gestiscono contro il nostro paese.
Eravamo felici e l’opposizione non lo sapeva, benché i suoi dirigenti sì. Per questo, da sempre, la dirigenza dell’opposizione, sempre tele diretta da Washington, non ha proposto altra cosa che non fosse il caos. Pertanto, dopo aver tentato senza successo colpi di stato di tutti i colori, quando hanno vinto qualcosa con il voto popolare lo hanno usato per colpire più e peggio. Poi se ne sono andati per i colpi allo stomaco, che fanno male all’anima.
Contro quella felicità che ha portato il chavismo e che non era altro che giustizia sociale, si sono allineati e con ferocia: guerra economica, blocco, saccheggio, violenza, tentativi di invasione, guerra psicologica, famiglie separate e tutta quell’angoscia aggrovigliata nel petto. Spezzarci l’anima per spezzare il paese e il paese siamo tutti, per questo la sua angoscia, mia cara signora di El Cafetal.
L’anno scorso, il rapporto Gallup ci ha classificato 108° nella felicità mondiale. “Sono infelici!”, festeggiava felice il nemico che voleva vederci inginocchiati, ma no…
Oggi, dopo anni intensi nell’inghiottire angoscia, lacrime, rabbia, iniziamo a sentire una boccata d’aria fresca, tutti, chavisti e oppositori. Una brezza che lenisce, che ci fa presentire tempi migliori, che ci scompiglia e ci toglie un po’ l’angoscia, cambiandola per speranza. Sorridiamo in silenzio, perché tutto questo in silenzio doveva essere.
Se Gallup facesse un Rapporto Annuale della Dignità, il Venezuela sarebbe, senza dubbio, al primo posto.
Vinceremo!
INFORME DE DIGNIDAD
Carola Chávez
Hace unos días conversábamos un grupo de amigos sobre las dificultades que hemos pasado en estos años. Inevitablemente, terminamos recordando tiempos mejores cuando con el salario se compraba de todo. Cuando se podía viajar al exterior cada año y hasta dos veces. Cuando uno salía a cenar afuera y podía comprarse ropa a cada rato… Todos recordando, mirando a un pasado lejaaaano, cuando nuestros hijos eran bebés… Nuestros hijos, los de la conversa, tienen 14 años. Hablábamos de 2008.
Hablábamos de Venezuela con el gobierno chavista y la mayoría de los que hablaban, los que mejores recuerdos tenían, los que creían estar recordando lo felices que éramos antes de Chávez; cuando sacamos la cuenta, no lo podían creer. Las matemáticas son implacables.
Hablábamos de 2008, cuando, según el Informe Mundial de Felicidad de la encuestadora Gallup, Venezuela era el país más feliz del mundo.
Hasta el año 2015 figuramos en la encuesta Gallup entre los primeros 10 lugares de felicidad. Luego pasó lo que pasó: Lorenzo en guerra escondiendo la comida para alimentar el cuento de “la última cola” que llevaron a la Asamblea Nacional a Julio Borges, Ramos Allup y a una cuerda de absolutos desconocidos, que conoceríamos más tarde por la escandalosa dimensión de sus crímenes contra el pueblo venezolano. Y cuando digo pueblo me refiero a todos, hasta esa clase media que prefiere que le digan sociedad civil, aunque eso no la exima de sufrir las consecuencias de los ataques que sus dirigentes políticos gestionan contra nuestro país.
Éramos felices y la oposición no lo sabía, aunque sus dirigentes sí. Por eso, desde siempre, la dirigencia opositora, siempre teledirigida desde Washington, no ha propuesto otra cosa que no fuera el caos. Por eso, después de intentar sin éxito golpes de Estado de todos los colores, cuando ganaron algo con el voto popular lo usaron para golpear más y peor. Entonces se fueron por los golpes de estómago, que duelen en el alma.
Contra esa felicidad que trajo el chavismo y que no era otra cosa que justicia social, se enfilaron y con saña: guerra económica, bloqueo, saqueo, violencia, intentos de invasión, guerra psicológica, familias separadas y toda esa angustia enredada en el pecho. Rompernos el alma para rompernos el país y el país somos todos, por eso su angustia, mi estimada señora de El Cafetal.
El año pasado, el informe de Gallup nos ubicó en en lugar 108 de la felicidad mundial. “¡Son infelices!”, celebró feliz el enemigo que quería vernos arrodillados, pero no…
Hoy, después de años intensos de tragar angustia, lágrimas, rabia, empezamos a sentir un soplo de aire fresco, todos, chavistas y opositores. Una brisita que alivia, que nos hace presentir tiempos mejores, que nos despeina y se lleva un poquito la angustia, cambiándola por esperanza. Sonreímos en silencio, porque todo esto en silencio hubo de ser.
Y es que si Gallup hiciera un Informe Anual de Dignidad, Venezuela estaría, sin dudas, en el primer lugar.
¡Nosotros venceremos!