Alessandra Riccio https://nostramerica.wordpress.com
Ho una gratitudine immensa per chi ha deciso di ristampare il romanzo più inquietante di Alba de Céspedes, Dalla parte di lei, non solo perché ci ripropone la lettura, a settanta anni dalla prima edizione, di un romanzo corposo, letterariamente abile, straordinariamente obliquo nel narrare gli anni del fascismo e nel descrivere l’eroismo dell’antifascismo da un punto di vista inedito, asciutto e a-eroico; che affronta, a metà novecento, un tema sul quale il femminismo ha fatto e continua a fare molte, importanti riflessioni, mettendo in scena una protagonista/narratrice che persone come Barbara Palombelli definirebbe “disturbanti”.
Non solo per tutto questo che già è molto, ma anche –e questa è una mia riflessione molto personale- perché in questa riedizione viene pubblicata in Appendice una Presentazione che Alba scrisse per la ristampa del 1994 ma che arrivò tardi in casa editrice e fu pubblicata un po’ più tardi come articolo sul Corriere della Sera.
Scrittrice di grande successo editoriale, in realtà era convinta di non essere compresa a fondo né dai lettori né dalla critica. Questa sua sensazione frustrante, particolarmente acuta nei riguardi degli intellettuali italiani ed europei, si è fatta viva e dolorosa durante gli anni della ricostruzione in Italia e poi del boom economico in cui vedeva con spietata chiarezza i rischi, ormai per lei già diventati realtà, di svendita della nazione con tutto ciò che questo comporta. E contemporaneamente Alba vedeva crescere, resistere e consolidarsi una storia nuova e diversa a Cuba, il suo paese d’origine, dove il nome della sua famiglia era simbolo di indipendenza, di libertà e di giustizia. La frustrazione nasceva da una impossibilità, oserei dire culturale, di trasmettere al mondo europeo dove ha vissuto, si è formata e ha scritto, l’originalità di quella esperienza rivoluzionaria, l’eccezionalità di un uomo di lotta e di governo come Fidel Castro, il compimento di un progetto di Nazione sognato da Carlos Manuel de Céspedes, liberatore di schiavi, e abortito negli anni della pseudorepubblica e della neocolonia. Per trentacinque anni Alba ha lavorato al progetto di un libro su Cuba –Con gran amor– senza riuscire a finirlo, lasciando marcire il contratto con Mondadori, invocando il miserabile aiuto di un segretario, di un dattilografo, riempiendo il suo appartamento di Parigi di cartelle e cartelle di appunti, citazioni, studi senza riuscire mai a fare sintesi. Il romanzo è stato poi assemblato e pubblicato postumo nel volume dei Meridiani che Mondadori le ha dedicato, ma poter leggere, adesso, le ragioni che illustra nella sua Prefazione –finalmente tornata al posto in cui lei la voleva-, le ragioni che la tenevano in allarme sui destini dell’Italia e in allerta speranzosa sul futuro della Rivoluzione cubana a me dicono chiaramente quanto lungimirante sia stata la sua visione del nostro mondo contemporaneo. Forse proprio grazie al suo punto di vista a cavallo fra due storie, due realtà, due mondi.
Ne trascrivo alcuni brani che a me paiono straordinariamente attuali:
“[Parlando della sua rinuncia a continuare a dirigere la rivista “Il Mercurio” secondo le nuove linee editoriali] …scoprivo come il potere mercantile sia permissivo agli inizi e come si serva di un titolo di giornale allorché un congruo numero di lettori si è abituato a seguirlo. Rifiutai. Soltanto in alcuni vecchi cuori può ancora vivere la delusione legata al grigiore di quegli anni. Avvedersi che la lotta, la prigione, e per tanti la morte non erano servite che a fare dell’Italia un protettorato degli Stati Uniti. […]
“Il mio Paese di adozione usciva dalla Storia e il mio Paese di origine –Cuba- si preparava a rientrarvi, ma ciò sarebbe accaduto una decina di anni più tardi. […]
“La mia ascendenza cubana mi esorta a non separare la politica interna di un Paese dalla sua politica estera. E a privilegiare l’indipendenza di esso e la legittimità del suo governo quali garanzie superiori della sua libertà. E’ quanto io ho potuto desumere oltre che dall’esempio eroico della morte in combattimento di mio nonno Carlo Manuel de Céspedes y del Castillo, padre della Patria cubana e liberatore di schiavi, altresì dall’insegnamento di mio padre Carlos Manuel de Céspedes y de Quesada, presidente della Repubblica cubana, morto nel 1939. […]
“Oggi Cuba, la mia patria, è strangolata da un blocco economico iniquo che dura da trent’anni, e la sua nobile, integerrima Guida dileggiata e discreditata dai mercenari della stampa occidentale. Oggi io, donna al crepuscolo della mia vita, ritorno sempre nel pensiero ai miei giovani anni e alle loro fervide speranze. Io non potevo capire come la libertà dei cittadini potesse conciliarsi con la perdita dell’indipendenza della nazione; né comprendere come una nazione potesse ridursi a una filiale di un supermercato.
“Così, negli anni mi è sembrato di scoprire quanta illusione è nel termine stesso di libertà. Ho visto Cuba conquistare la propria indipendenza politica nel 1959 al prezzo della più feroce sanzione economica impostale per avere essa osato a tanto. Ho visto l’Italia perdere la propria indipendenza nel 1945 in nome di una libertà di cui io mi domando il senso […].”
Alba de Céspedes, Prefazione a Dalla parte di Lei, Introduzione di Melania Mazzucco, Mondadori, 2021.
(Pubblicato la prima volta nel 1949. Per la ristampa del 1994 scrisse questa Prefazione che arrivò tardi ed che è stata pubblicata poi su Il Corriere della Sera del 20.10.1994 con il titolo Quando l’Italia perse le illusioni. )