Silvio Rodríguez: “Come possono provocare tanto odio le mie canzoni?”

Roberto Cursi www.lantidiplomatico.it

Ogni giorno ci sarebbe da scrivere delle ‘nuove’ sugli attacchi che riceve Cuba. Se non sono contro il suo governo sono contro qualsiasi cubano si manifesti pubblicamente a favore della Rivoluzione, soprattutto se si tratta di artisti, intellettuali, scienziati, diplomatici, o chiunque altro sia visto come una persona credibile, intellettualmente preparata e che, senza condizionamento alcuno, sostenga l’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione di quel Paese, anche riconoscendo le tante cose che nell’Isola non funzionano e che, certamente, dovrebbero essere cambiate o di molto migliorate.

 

Sono talmente tanti gli attacchi che si susseguono, gravi o di minore importanza, che non si può stare dietro a tutti, e alcuni sono talmente surreali che si fa fatica a prenderli sul serio per parlarne.

Per esempio, le proteste che ci sono state per il concerto di Silvio Rodríguez, tenutosi il 2 ottobre a Madrid, nemmeno l’avevo prese in considerazione come notizia, perché erano nulla confronto alle aggressioni e alle violazioni del Diritto internazionale che Cuba subisce da sessanta anni, e per questo mi sembrava irrilevante parlarne.

Ma quella scelta mi è tornata in mente qualche giorno dopo, e l’ho ritenuta sbagliata, perché “mettere da parte” quel fatto, solo perché Cuba subisce attacchi ben più gravi, mi è sembrato di andare verso una sorta di assuefazione.

Prima di parlare delle contestazioni avvenute fuori dal ‘Wizink Center’ di Madrid (ex Palazzo dello Sport) dove si è tenuto il concerto di Silvio Rodríguez, ricordo che pochi giorni prima, il cantautore cubano, aveva tenuto un altro concerto alla festa del Partito comunista spagnolo per il centenario della sua nascita, con un ingresso simbolico di soli 2 euro.

Provo a far capire chi è ‘Silvio’ a chi non lo conosce (per tutti i cubani, e anche per chi lo segue dall’estero, è solo ‘Silvio’. Loro lo sentono come un compagno di strada, e ai compagni di strada li si chiama per nome).

Qui in Italia, salvo eccezioni, è invece difficile che qualcuno conosca Silvio Rodríguez, anche se nel 1985 vinse il ‘Premio Tenco’ la sua discografia non passa nelle radio europee. Per questa ragione due parole su di lui le devo spendere.

Se in Europa non è così conosciuto – Spagna a parte – in America Latina è stato per decenni uno dei cantautori più amati e seguiti in assoluto, tanto è che a livello internazionale, insieme a Joan Manuel Serrat (spagnolo) fu nominato come miglior cantautore ispanico-americano della seconda metà de XX secolo; mentre nel suo Paese, insieme a Ernesto Lecuona, è stato eletto come miglior compositore cubano dell’intero secolo.

Con Pablo Milanés e Noel Nicola fu il fondatore della corrente musicale cubana ‘Nuova Trova’, e sicuramente ne è stato il principale rappresentante a livello internazionale.

Quanto scritto era il ‘minimo sindacale’ per far capire chi è Silvio Rodríguez a livello artistico. Ma Silvio è diventato anche un simbolo politico per varie generazioni. Questo non è avvenuto solo per i testi delle canzoni, ma soprattutto per la sua storia personale, ed è proprio questa che gli ha creato dei “nemici” – pochi, ma molto aggressivi – tra le decine di milioni di suoi estimatori, e un gruppuscolo di questi erano a Madrid, fuori dal “Wizink Center” per contestarlo.

Prima di accennare alcune cose sulla vita di Silvio (e sicuramente alcuni lo odiano per queste) aggiungo che il ricavato del suo concerto a Madrid lo ha voluto dare in beneficenza, e quei soldi “verranno utilizzati per l’acquisto di farmaci, principalmente antibiotici, antipiretici e antinfiammatori, e anche per acquistate forniture mediche per l’isola caraibica.”

Silvio Rodríguez tra poco compie 75 anni (29 novembre 1946), ma ne aveva compiuti appena 12 quando trionfò la Rivoluzione a Cuba, e quando era ancor più piccolo già sapeva da che parte stare, come lui stesso ha raccontato in una sua testimonianza scritta per ricordare Fidel:

“A quel tempo il suo nome [Fidel Castro] era detto a bassa voce, e talvolta si percepiva nei mormorii degli adulti. Una notte l’ho sentito dire alla radio, a basso volume, a casa di alcuni parenti. Lì ascoltavamo una stazione clandestina che trasmetteva dalle montagne della Sierra Maestra, dove quel nome proibito e i suoi amici combattevano contro l’esercito.

Così la prima cosa che ho imparato su Fidel è che a volte bisognava essere discreti […] Per questo tenevo segreto che, dei miei soldatini, quelli che preferivo erano i ribelli, e i loro nemici erano gli stessi nemici dei veri ribelli.”

Due anni dopo il trionfo della Rivoluzione, nella primavera del 1961, a soli 14 anni, Silvio decise di andare sulle montagne dell’Escambray, partecipando alla massiva campagna di alfabetizzazione voluta da Fidel Castro e Che Guevara.

In un’intervista del lontano 1978, a «El País», disse:

“Sono un giovane cubano, come ce ne sono altri 100 mila, che nell’anno 1961 hanno scambiato la comodità della propria casa per andare in montagna ad insegnare ai contadini, e che poi, come cento o duecentomila altri giovani, ha vissuto gli attacchi della lotta di classe negli anni Sessanta. Non sono il rivoluzionario che potrei essere ma cerco di avvicinarmi all’immagine che di me stesso vorrei. Ma se mi chiedi se prima sono un rivoluzionario o un compositore, propenderei per il primo, perché altrimenti non sarei in grado di comporre canzoni rivoluzionarie.”

Questi due ‘estratti’ che ho riportato fanno capire come, sin da adolescente, Silvio si sia sempre sentito parte integrante del processo rivoluzionario che Cuba aveva intrapreso, mettendosi in campo in prima persona, e ancora continua a farlo, come ne è prova un suo progetto iniziato nel 2010 e durato qualche anno, andando a fare più di 60 concerti nelle piazze dei quartieri periferici e marginali dell’Isola, offrendo gratuitamente – senza pagare un centesimo – la sua musica a quella gente.

Tutto questo non significa che non veda i tanti problemi che Cuba porta in se, e infatti, qualche anno fa disse: «È importante che noi, che viviamo in questa società imperfetta – e questo significa con cose brutte ma anche con cose buone – continuiamo a criticare, e continuiamo a migliorarci.»

Mi rendo conto che ho occupato quasi tutto lo spazio dell’articolo per parlare di Silvio Rodríguez e non delle contestazioni organizzate dai soliti noti per il suo concerto a Madrid.

Ma più scrivo di Silvio e più mi rendo conto che le accuse che sono state rivolte a questo uomo sono così meschine che mi sta passando la voglia di parlarne, e forse il mio istinto iniziale ha prevalso sulla ragione, la quale, invece, mi aveva spinto a farlo.

Alla fine ha vinto l’istinto, e allora, almeno per documentare la cronaca, metto nelle note il link di un video[1] dove si vede il gruppuscolo (non più di quaranta persone) composto da cubani residenti a Madrid e militanti spagnoli di VOX, il partito di estrema destra che è in stretta alleanza con gli anticastristi di “Patria y Vida” residenti in Spagna[2].

Nel video, davanti al solito striscione con la scritta ‘Patria y Vida’, chi sta gridando con il microfono in mano è il cubano Sayde Chaling-Chong, che VOX lo aveva anche candidato nelle sue liste a precedenti elezioni spagnole.

Non c’è quindi da meravigliarsi se da lui si sente gridare: “Silvio Rodríguez è l’emblema della dittatura cubana; Silvio Rodríguez è l’emblema di chi viene assassinato a Cuba”.

Non so proprio a quali omicidi faccia riferimento Sayde Chaling-Chong.

Come sempre si lanciano accuse ma non si hanno prove da portare.

Come ho scritto all’inizio dell’articolo le “notizie” contro Cuba a volte son veramente surreali e, avendo deciso di non continuare a parlarne, concludo l’articolo con una storia raccontata dallo stesso cantautore cubano.

Silvio, in un’intervista, spiegò come nacque una delle sue canzoni più famose, ‘El necio’, scritta nel 1991 e pubblicata nel 1992, quando da poco era stata ammainata la rossa bandiera con falce e martello dal Cremlino, e il pensiero unico neoliberista stava dilagando in tutto il mondo.

Ho scelto di raccontare questa storia perché mi sembra la giusta risposta ai molti imbecilli che Silvio ha incontrato nel suo cammino, i quali ancora lo attaccano e lo invitano a “pentirsi” (mi scuso per aver usato l’epiteto ‘imbecilli’, ma forse mi giustificherete per averlo fatto).

La parola ‘necio’ in spagnolo può significare ignorante, tonto, stolto, ma viene anche usata per definire chi è ‘duro’ nel comprendere una cosa, uno che è molto testardo, che non si lascia convincere e rimane sulle sue posizioni. In questo caso quelle del non farsi sedurre dal canto di sirena del nuovo ordine mondiale.

Quello che segue è il suo racconto:

«Quando ho scritto “El necio” pensavo a Fidel e, in una certa misura, anche a me stesso.

Ciò che mi ha portato a scriverla è stato l’ambiente ideologico della fine degli anni ’80, primi anni ’90, il crollo del blocco socialista. La ‘glasnost’ già c’era in Unione Sovietica e già si intravedeva qualcosa di catastrofico. C’erano diversi giornalisti a L’Avana che mi chiedevano perché non mi pronunciavo al riguardo. E ho pensato, continuo a pensare, e penserò sempre, che non devo dire ogni volta qualcosa su tutto quello che succede. […] Poi invece si è verificato un evento che mi diede lo spunto per la canzone.

Quando ero in transito da Miami a Porto Rico, mi hanno rotto una chitarra. Sono stati i cubani che lavoravano all’aeroporto a saltargli sopra. Penso che sia stata colpa mia, perché aveva un adesivo di Fidel e una bandiera cubana, e non mi andava di toglierli. Diciamo che me la sono cercata.

Quando sono arrivato a Porto Rico ho sentito alla radio un programma di Miami dove dicevano che la ‘controrivoluzione’ si era molto indebolita, perché i rivoluzionari ‘Tizio e Caio’ – e tra questi c’ero io – erano passati per Miami e, se questo fosse accaduto in altri tempi, ci avrebbero trascinati fuori e poi con noi ci avrebbero pulito le strade

Avevo saputo che a volte c’erano manifestazioni molto aggressive, l’avevo letto, me ne avevano anche parlato; ma in carne e ossa non avevo mai subito una minaccia pubblica di tale portata. Come posso provocare tanto odio per delle canzoni dove non ce ne è una che parla di odio?

Questo mi ha segnato. Non maturò in quel momento, ed era come un qualcosa rimasto in sospeso. E sembra che, a causa di quelle strane combinazioni della mente umana, il crollo dell’Unione Sovietica con le sue conseguenze, in più il brutto fatto di Miami, si siano uniti e abbiano creato la chimica necessaria per comporre ‘El necio’. Ecco perché “dicono che mi trascineranno sulle rocce quando la rivoluzione crollerà”.

In qualche modo ho raccontato dell’evoluzione che stava avvenendo in Unione Sovietica e dei nostri presagi.»

Questo è Silvio, e la risposta ai pochi che lo odiano l’aveva già scritta nel 1991, proprio in una strofa de ‘El necio’:

………

Per concedermi un angolino sui loro altari

vengono a invitarmi a pentirmi,

Vengono a invitarmi perché non perda,

Vengono a invitarmi a non essere me stesso,

Vengono a invitarmi a tanta merda.

………

[1] video dei cubani di “Patria y Vida” che contestano a Silvio Rodríguez

https://www.youtube.com/watch?v=ndJiB9dIJTM

[2] L’alleanza tra VOX, estrema destra, e gli anticastristi di “Patria y Vida”


Cuba, dalla Florida attacco ad artisti cubani, lanciata petizione per censurarli su Spotify

 

Nel mio ultimo articolo, in cui parlavo delle contestazioni per il concerto del celebre cantautore cubano Silvio Rodríguez, avevo iniziato con queste parole: «Ogni giorno ci sarebbe da scrivere delle ‘nuove’ sugli attacchi che riceve Cuba. Se non sono contro il suo governo sono contro qualsiasi cubano si manifesti pubblicamente a favore della Rivoluzione […] e alcuni sono talmente surreali che si fa fatica a prenderli sul serio per parlarne».

Quest’ultima frase non era affatto un’iperbole, lo dimostra la notizia che riporto  in questo articolo.

Una notifica sul mio smartphone mi segnala che dalla Florida è stata lanciata una petizione su “Canche.org” indirizzata al ‘CEO’ di Spotify, Daniel Ek.

La petizione è per far rimuovere dalla piattaforma musicale tutti i brani del duo ‘Buena Fe’ (Israel Rojas e Yoel Martínez) e quelli di Raúl Torres. I tre sono artisti cubani residenti nell’Isola.

La leggo, e mi rendo subito conto che il suo contenuto conferma le frasi che prima ho citato, in particolar modo una parola: “surreale”.

La lettera indirizzata al ‘Ceo’ di Spotify inizia così:

«Grazie per aver dedicato del tempo ad ascoltare la richiesta di migliaia di cubani».

Da quando è stata lanciata la petizione, tutte le testate “indipendenti” cubane (ognuna di queste finanziate da “agenzie” USA), hanno dato ampio spazio a questa campagna di discredito e totale censura contro Buona Fe e Raúl Torres.

Dopo il grande battage mediatico, sembra che “la richiesta di migliaia di cubani” non sia stata presa in considerazione nemmeno da tutti loro, visto che, al momento che sto scrivendo, l’hanno firmata solo 1.895 persone, e sono anche passate più di due settimane dalla sua pubblicazione,

I cubani residenti nell’Isola sono circa 11.500.000, mentre più di 1.650.000 risiedono all’estero (fonte ONU 2019), se si pensa che l’hanno firmata anche persone non cubane, da qualsiasi altro paese al mondo, la cifra raggiunta è veramente irrisoria.

Anche se col tempo si arrivasse a numeri più elevati, sarebbe bello sapere quanti cubani residenti nell’Isola l’hanno firmata, perché è questa l’unica cifra importante che alla fine pesa sul piatto della bilancia.

Basterebbero solo i numeri citati per far capire quanti pochi cubani seguono queste campagne di diffamazione contro il proprio Paese o chi lo difende, a differenza della propaganda mediatica occidentale, che continua a narrare la menzogna che la grande maggioranza di loro è contro il proprio governo e vorrebbe sovvertire il suo sistema costituzionale (socialista).

Seguono altri passaggi della lettera:

«L’11 luglio il popolo cubano è sceso in piazza per la prima volta in più di 60 anni, in massa, in tutto il Paese, chiedendo la libertà e la fine del comunismo»

Il “popolo cubano” sceso in piazza “in massa”, andava da qualche decina di persone, nelle piccole cittadine di provincia, a centinaia, e non migliaia, in quelle più grandi. A meno che non si prendano per buone le foto di manifestazioni svolte in altri paesi, come quelle in Egitto e in Argentina, dove c’erano folle immense nelle strade e – senza un minimo di pudore – molti media internazionali hanno fatto credere che fossero le proteste avvenute a Cuba.

«Alcuni artisti cubani, solo pochi, sostengono e difendono ancora le azioni repressive della Dittatura, due nello specifico sono molto attivi nel diffondere l’ideologia e la propaganda di un sistema che non dà spazio al dissenso o alle divergenze di opinioni, Buena Fe e Raúl Torres.»

Non è affatto vero, perché sono tanti gli artisti cubani che dopo le proteste dell’11 luglio, e gli attacchi mediatici subiti da Cuba, si sono schierati pubblicamente in difesa del loro Paese, condannando in modo forte e chiaro la strumentalizzazione e la manipolazione che pochi altri artisti, soprattutto residenti all’estero, ne stavano facendo.

«Buena Fe e Raúl Torres, attraverso la loro arte, sono andati ben oltre le loro iniziative artistiche e sociali a beneficio della società, e sono diventati strumento fondamentale per attaccare altri artisti che sono attualmente in prigione, come Luis Manuel Otero Alcántara, recentemente nominato dalla rivista Time tra i 100 personaggi più influenti al mondo, così come Maykel Osorbo, uno degli autori della canzone di successo Patria y Vida.»

Quello che nella lettera descrivono come “attacchi” ad altri artisti (da parte del duo Buena Fe e di Raúl Torres) non sono altro che opinioni personali su come alcuni loro colleghi cubani si sono lasciati strumentalizzare da chi, a novanta miglia dall’Isola, da più di 60 anni, sta tirando le fila per portare al fallimento la rivoluzione cubana.

È incredibile come gli Stati Uniti, per convincerli a partecipare alla loro propaganda contro Cuba, gli diano visibilità nei propri media e promuovano i loro brani, altrimenti, se questi artisti si rifiutassero di parteciparvi, come inizialmente alcuni avevano fatto, le loro carriere in territorio USA verrebbero interrotte al momento. Potrei fare vari esempi, ma già ho scritto un intero articolo su questo argomento, nel quale parlo anche di Luis Manuel Otero Alcántara e Maykel Castillo “Osorbo”[1].

Per quanto riguarda la nomina di Luis Manuel Otero Alcántara tra i 100 personaggi più influenti al mondo, mi rifiuto di commentarla, sia per il livello del personaggio che per il fatto che questa nomina rientra in quella strategia che recentemente, e ironicamente, ho chiamato “copione scritto a ‘Hollywood’”, della quale ho parlato in un articolo sul russo Alexei Nalvaly[2], anche lui inserito dalla rivista ‘Time’ nella lista dei 100, come precedentemente avevano inserito Yoani Sánchez, famosa blogger cubana. Come vedete, il copione si ripete.

Nella lettera inviata a Spotify, viene anche citata una dichiarazione di Israel Rojas, lider del duo Buena Fe. L’intenzione di chi l’ha scritta è di portare le parole di Israel Rojas come un aggravante a suo carico, in modo da poter legittimare l’accusa di essere uno “strumento fondamentale [del governo cubano, n.d.t.] per attaccare altri artisti”. Ma da quello che si legge, la dichiarazione di Israel Rojas è solo una legittima costatazione che rispecchia la realtà dei fatti, e a mio avviso è un’analisi perfetta:

«Il consumo culturale non si sta decidendo nelle nostre istituzioni culturali. Lo stanno decidendo da fuori, con una “architettura” tecnologica, per mezzo di strategie digitali, con montature mediatiche… i musicisti più vicini alle Hit Parade degli ultimi anni li hanno tenuti al guinzaglio, e per questo hanno parlato contro la rivoluzione, confondendo [le idee] alla metà dei giovani»

La lettera che accompagna la petizione, con lo scopo di censurare gli artisti cubani, si conclude con queste parole:

«Come clienti di Spotify chiediamo umilmente di rimuovere Buena Fe e Raúl Torres dalla vostra piattaforma, in modo che smettano di monetizzare la sofferenza e la prigionia di altri artisti e del popolo cubano in generale. Crediamo fermamente che questo sia immorale e non debba continuare per molto.»

Come si può leggere si continua a usare frasi ad effetto, come “la sofferenza e prigionia di altri artisti e del popolo cubano”.

Si corre anche il rischio che chi conosce Cuba solo attraverso le notizie in Tv o i giornali nazionali, possa prendere sul serio questa petizione, credendo in buona fede al suo contenuto, e alla fine la firmi pure.

Purtroppo, se non si conosce il “reale”, non si capisce cos’è surreale.

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[1] Perché alcuni artisti cubani cedono al ricatto Usa: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-quello_che_i_media_non_dicono_su_cuba_e_il_rap_anticomunista_patria_y_vida/5694_42275/

[2] La lista del ‘Time’ sui 100 personaggi è un “copione scritto a Hollywood”: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-alexei_navalny_la_dittatura_degli_algoritmi_il_copione_di_hollywood_e_un_video_di_un_italiano_a_mosca/42370_43329/

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