Da più di un mese prima, dagli USA annunciavano, per lunedì 15 novembre, proteste a Cuba per promuovere il “cambio politico” nell’isola. I media stranieri hanno informato con soddisfazione la giornata di mobilitazioni per finire riconoscendo che, senza bisogno di alcuna violenza della polizia, non c’è stata neppure una sola manifestazione.
Con la pandemia di COVID, in molti paesi la gente ha manifestato contro il Governo perché limitava loro le libertà o perché consideravano che i contagi si stessero diffondendo senza che il Governo prendesse le misure necessarie.
A Cuba è stata indetta una giornata di protesta, proprio il 15 novembre, giorno in cui sono finiscono molte restrizioni, iniziano le lezioni nelle scuole e si aprono le frontiere perché il numero di contagi sono migliorati. Grazie alla vaccinazione di massa la situazione sanitaria è sotto controllo.
Copertura prima della notizia
Per quanto riguarda la copertura giornalistica, mentre è consuetudine che i media informino il giorno dopo le mobilitazioni, della risposta del Governo, facciano le valutazioni dai diversi settori, ecc. Nel caso di Cuba, invece, la notizia che si sarebbe svolta una protesta è iniziata, sui media, nei giorni precedenti.
“Scuotere un’isola: le chiavi della marcia per il cambio a Cuba”, titolava il quotidiano El País il giorno prima. “’Bisogna dare una scossa alle cose’: i giovani cubani potrebbero scatenare una giornata di proteste. Una nuova generazione di dissidenti, che usa Internet per diffondere le proprie idee, ha convocato una manifestazione per il 15 novembre, una mossa audace con pochi precedenti sull’isola”, titolava e sottotitolava The New York Times anche il giorno prima.
“ABC delle proteste del 15 novembre a Cuba” affermava il giorno 14 la CNN, addirittura una settimana prima, il 7 novembre, si stavano già scaldando i motori: “Queste sono le ragioni per cui i cubani protesteranno questo 15 novembre”. “I giovani, una generazione soffocata che cerca il cambio nella Cuba comunista”, titolavano l’11.
Convocare invece di informare
Quando in alcuni momenti della mia professione ho dovuto aiutare nei servizi di comunicazione di un qualche movimento sociale, sapevamo che fare in modo che i media diffondessero il risultato di una mobilitazione era qualcosa di molto buono perché significava che la gente poteva conoscere ciò che veniva rivendicato, ma era ancora meglio se lo diffondevano prima perché, inoltre, aiutavano a convocare le persone ad unirsi.
Senza dubbio questo era l’obiettivo dei media davanti all’appello di protesta cubana, la cosa curiosa è che informavano di proteste che mai sono avvenute.
Risulta scioccante il caso della CNN, che da giorni aveva sul proprio sito il titolo e il link: “Minuto per minuto: proteste a Cuba contro il Governo”, e quando è passato il 15, quello stesso collegamento portava ad un testo di appena sei paragrafi di cui uno diceva: “La squadra della CNN a L’Avana ha attraversato la città, il 15 novembre, informando di una forte presenza della polizia e segnalando che non ci sono state proteste durante il giorno”.
Ma vediamo qual era l’appello per il 15. Si chiamava Marcia Civica per il cambio e la indiceva una piattaforma appena creata che si fa chiamare Arcipelago e che, secondo uno dei suoi fondatori, Leonardo Férnandez Otaño, vogliono “camminare verso una transizione democratica a Cuba”, ma il cui unico dato per valutare il suo sostegno sono i 33000 iscritti che ha la sua pagine Facebook in tutto il mondo.
L’idea, sembra chiara, era resuscitare le mobilitazioni dell’11 luglio quando alcuni cubani sono scesi in strada per protestare contro le difficoltà economiche derivanti dalle restrizioni economiche della pandemia. La convocazione è stata annunciata prima per il 20 novembre e poi cambiata per il 15. Sarebbe consistita in una manifestazione alle tre del pomeriggio. Più tardi, uno dei suoi capi ha detto che avrebbe manifestato da solo il 14 “a nome di tutti i cittadini che il regime ha privato del loro diritto di manifestare”.
Infine, il piano era che uscissero per le strade senza sfilare lungo un percorso specifico, ma vestiti di bianco e portando fiori per depositarli davanti alle statue e agli eroi della patria.
Come abbiamo iniziato a sottolineare, alla fine non sono usciti a manifestare, né i cubani si sono vestiti di bianco come simbolo di protesta, né è successo nulla, non il 14, né il 15 né il 16 novembre. La principale manifestazione è stata a Miami, dove sembra che vogliano decidere il futuro di Cuba.
Uno dei motivi con cui si cerca di giustificare la mancanza di sostegno del popolo cubano alle proteste contro la rivoluzione è che c’era una grande presenza di polizia e i dirigenti sono stati arrestati o sono stati assediati nelle loro case senza permettergli di uscire.
La CNN è stata l’unico media che ha fornito dati sugli arresti utilizzando una “organizzazione indipendente per i diritti umani” con sede all’Avana. Hanno segnalato che “11 persone sono state arrestate, mentre agenti e simpatizzanti del Governo hanno ‘assediato’ altri 50 all’interno delle loro case per impedire che le proteste dell’opposizione si realizzassero lunedì”. Ossia disattivando sessanta persone si sgonfiano tutte le manifestazioni, omaggi floreali e persino hanno smesso di vestirsi di bianco come s’invitava dall’opposizione.
Il giornalista cubano Iroel Sánchez ha ironizzato persino sulla dirigenza di alcuni promotori.
La giornalista Rosa Miriam Elizalde, Premio Nazionale di Giornalismo José Martí nel 2021, ha dettagliato nel quotidiano messicano La Jornada come si è sviluppata questa mobilitazione.
Il 20 settembre sono cominciate ad arrivare lettere a otto Governi municipali o provinciali di Cuba, che annunciavano lo svolgimento di marce pacifiche, non si trattava di una richiesta di autorizzazione come si fa in qualunque paese, bensì la notifica che lo avrebbero fatto e la richiesta di protezione delle autorità.
I firmatari erano un piccolo gruppo di persone senza rappresentanza di alcun gruppo e la loro rivendicazione era un cambio di sistema, senza ulteriori dettagli. Ecco perché non sono stati autorizzati. Tuttavia, dalla Florida, USA, annunciavano che ci sarebbero state manifestazioni in un centinaio di città.
Il ruolo USA dietro gli appelli è dimostrato dal fatto che, da quel 20 settembre sino a mercoledì 10 novembre, “c’erano stati 29 interventi pubblici da Washington o dalla Florida con ogni tipo di richieste e minacce alle autorità dell’Isola. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha spiegato per filo e per segno le presunte cause, obiettivi, contenuti e richieste che avrebbe avuto la marcia.
Il senatore Marco Rubio ha celebrato l’operazione in meno di 24 ore dalla diffusione della notizia, mentre un paio di alti consiglieri di Biden hanno minacciato ulteriori sanzioni contro il Governo dell’Avana”.
E, come sempre accade, i soldi non mancano. Nel settembre 2021, il governo democratico ha donato quasi sette milioni di dollari a 12 organizzazioni che pubblicizzano, quotidianamente, la marcia civica per il cambio a Cuba, ciò che ricorda il consueto modus operandi delle rivoluzioni colorate esportate dall’Occidente nell’Europa orientale.
Elizalde ricorda inoltre che “il gruppo privato di Facebook che si presenta come organizzatore della marcia è tutt’altro che moderato”. “Ogni 10 pubblicazioni, otto ricorrono alla violenza simbolica e alla squalifica politica di coloro che difendono il progetto socialista o celebrano qualche successo sociale a Cuba.
Il dibattito in questi spazi non è per modificare opinioni, ma per fomentare pregiudizi, instillare l’odio tra i cubani come fonte esclusiva di legittimità per un Governo che ha guidato il paese in condizioni molto difficili”, afferma la giornalista.
Nessuno dubita delle difficoltà che i cubani hanno dovuto affrontare negli ultimi mesi, dove sono confluite la chiusura delle frontiere per la pandemia con il grave impatto sul turismo e perdita di introio per molti di loro, insieme alle oltre 243 misure addizionali di blocco imposte da Trump che non sono state modificate da Biden.
Lo stesso Governo cubano riconosce i problemi della penuria e dell’inflazione, ma proprio il 15 novembre era una data di gioia ed ottimismo per i cubani. Quel giorno venivano aperte le frontiere, arrivavano i voli e con essi gli incontri familiari e i turisti; bambini e ragazzi ritornavano nelle aule e le prospettive di miglioramento dell’economia erano evidenti.
Per quanto riguarda il controllo della pandemia, i dati sono i migliori dell’intero continente e di gran parte del mondo. Secondo le cifre gestite dalla Johns Hopkins University, l’incidenza, al 15 novembre, è di 56,77 contagi ogni 10000 abitanti. La Spagna, con uno dei migliori dati in Europa, è all’82. E per quanto riguarda la mortalità, i dati del Ministero della Sanità Pubblica cubano sono lo 0,86% contro il 2,01% nel mondo e il 2,44% nel continente americano.
Questi dati sono stati possibili grazie, tra l’altro, al successo della sua campagna di vaccinazione con i propri vaccini. Cuba è stato il primo paese al mondo a iniziare a vaccinare i bambini di età superiore ai due anni. Al 10 novembre, 7,9 milioni di cubani sono stati completamente vaccinati, pari al 71,2% della popolazione, mentre l’88,7% ha almeno una dose.
Non cessa di essere paradossale che si informi più di proteste mai esistite, a Cuba, che delle centinaia di morti nelle rivolte carcerarie in Ecuador e del suo presidente coinvolto nelle carte di Pandora insieme a quello del Cile, che delle centinaia di dirigenti sociali assassinati nel 2021 in Colombia o del milione e mezzo di famiglie che subiscono blackout elettrici dopo la privatizzazione del loro servizio a Portorico.
Cuba, el país del que se informa de unas protestas que nunca existieron
Desde más de un mes antes, desde Estados Unidos anunciaban para el lunes 15 de noviembre protestas en Cuba para promover “el cambio político” en la isla. Los medios extranjeros informaron con fruición de la jornada de movilizaciones para acabar reconociendo que, sin necesidad de violencia policial alguna, no se produjo ni una sola manifestación.
Con la pandemia de COVID, en muchos países la gente se manifestó contra el Gobierno porque les limitaba las libertades o porque consideraban que los contagios se estaban disparando sin que el Gobierno tomara las medidas necesarias.
En Cuba se convocó una jornada de protestas precisamente el 15 de noviembre, el día en que se terminan muchas restricciones, se inician las clases en los colegios y se abren sus fronteras porque las cifras de contagios habían mejorado. Gracias a la vacunación masiva la situación sanitaria está controlada.
Cobertura antes de la noticia
En cuanto a la cobertura periodística, mientras lo habitual es que los medios informen al día siguiente de las movilizaciones, de la respuesta del Gobierno, hagan las valoraciones desde los diferentes sectores, etc. En cambio, en el caso de Cuba la noticia de que iba a tener lugar una protesta empezó en los medios los días anteriores.
“Sacudir una isla: las claves de la marcha por el cambio en Cuba”, titulaba el diario El País el día anterior. “‘Tenemos que sacudir las cosas’: los jóvenes en Cuba podrían desencadenar una jornada de protestas. Una nueva generación de disidentes, que emplea internet para difundir sus ideas, convocó a una manifestación para el 15 de noviembre, un movimiento audaz con pocos precedentes en la isla”, titulaba y subtitulaba en The New York Times también el día anterior.
“ABC de las protestas del 15 de noviembre en Cuba” afirmaba el día 14 la CNN, incluso una semana antes, el 7 de noviembre, ya calentaban motores: “Estas son las razones por las que cubanos protestarán este 15 de noviembre”. “Los jóvenes, una generación asfixiada que busca el cambio en la Cuba comunista”, titulaban el día 11.
Convocar en lugar de informar
Cuando en algunos momentos de mi profesión he tenido que ayudar en los servicios de comunicación de algún movimiento social, sabíamos que lograr que los medios difundieran el resultado de una movilización era algo muy bueno porque significaba que la gente podía conocer lo que se reclamaba, pero todavía era mejor si lo difundían antes porque, además, estaban ayudando a convocar a la gente a unirse.
Sin duda era este el objetivo de los medios ante la convocatoria de protesta cubana, lo curioso es que estuvieron informando de unas protestas que nunca se produjeron.
Resulta impactante el caso de CNN que llevaba días con el siguiente titular y enlace en su portal: “Minuto a minuto: protestas en Cuba contra el Gobierno”, y cuando pasó el día 15, en ese mismo enlace llevaba a un texto de apenas seis párrafos uno de los cuales decía “El equipo de CNN en La Habana condujo por la ciudad el 15 de noviembre, informando una fuerte presencia policial y reportando que no hubo protestas durante el día”.
Pero veamos cuál era la convocatoria para el día 15. Se denominaba Marcha cívica por el cambio y la convocaba una plataforma recién creada que se hace llamar Archipiélago y que, según uno de sus fundadores, Leonardo Férnandez Otaño, quieren “caminar hacia una transición democrática en Cuba”, pero cuyo único dato para valorar su apoyo son los 33.000 miembros que tiene su páginas de Facebook en todo el mundo.
La idea, parece evidente, era resucitar las movilizaciones del 11 de julio cuando algunos cubanos salieron a la calle en protesta por las dificultades económicas consecuencia de las restricciones económicas de la pandemia. La convocatoria primero fue anunciada para el día 20 de noviembre y después cambiaron al 15. Consistiría en una manifestación a las tres de la tarde. Después, uno de sus líderes dijo que se manifestaría él solo el día 14 “en representación de todos los ciudadanos a los que el régimen ha privado de su derecho a manifestarse”.
Finalmente, el plan quedó en que saldrían a la calle sin desfilar por ninguna ruta concreta pero vistiendo de blanco y llevando flores para depositarlas ante las estatuas y próceres de la patria.
Como hemos comenzado señalando, al final ni salieron a manifestarse, ni los cubanos se vistieron de blanco como símbolo de protesta ni pasó nada, ni el 14, ni el 15 ni el 16 de noviembre. La principal manifestación fue en Miami, donde parece que quieren decidir el futuro de Cuba.
Una de las razones con la que se intenta justificar la falta de apoyo del pueblo de Cuba a las protestas contra la revolución, es que había mucha presencia policial y se detuvo a los líderes o se les asedió en sus casas sin permitirles salir.
La CNN fue el único medio que dio datos de detenciones recurriendo a una “organización independiente de derechos humanos”, con sede en La Habana. Señalaron que se “arrestó a 11 personas, mientras que agentes y simpatizantes del Gobierno ‘sitiaron’ a otras 50 dentro de sus casas para evitar que las protestas de la oposición planificadas se llevaran a cabo el lunes”. O sea, que desactivando a sesenta personas se desinflan todas las manifestaciones, homenajes florales y hasta dejaron de vestirse de blanco como se invitaba desde la oposición.
El periodista cubano Iroel Sánchez ironizó incluso con el liderazgo de algunos de los promotores:
La periodista Rosa Miriam Elizalde, premio nacional de Periodismo José Martí en 2021, ha detallado en el periódico mexicano La Jornada cómo se ha ido gestando esta movilización.
El 20 de septiembre comenzaron a llegar cartas a ocho Gobiernos municipales o provinciales de Cuba, en las que se anunciaba la celebración de marchas pacíficas, no se trataba de petición de autorización como se hace en cualquier país, sino la notificación de que lo harían y el reclamo de protección de las autoridades.
Los firmantes eran un pequeño grupo de personas sin representación de ningún colectivo y su reivindicación era un cambio de sistema, sin más detalles. Es por ello que no fueron autorizadas. Sin embargo, desde Florida, Estados Unidos, anunciaban que habría manifestaciones en un centenar de ciudades.
El papel de Estados Unidos detrás de las convocatorias se muestra en el dato de que desde aquel 20 de septiembre hasta el miércoles 10 de noviembre “se habían producido 29 intervenciones públicas desde Washington o Florida con todo tipo de demandas y amenazas a las autoridades de la isla. El vocero del Departamento de Estado, Ned Price, ha explicado con pelos y señales las supuestas causas, objetivos, contenidos y demandas que tendría la marcha.
El senador Marco Rubio celebró la operación en menos de 24 horas de circular la noticia, mientras un par de asesores principales de Biden han amenazado con más sanciones al Gobierno de La Habana”.
Y, como sucede siempre, el dinero que no falte. En septiembre de 2021, el Gobierno Demócrata entregó casi siete millones de dólares a 12 organizaciones que publicitan a diario la marcha cívica por el cambio en Cuba, lo que recuerda el habitual modus operandi de las revoluciones de colores exportadas por occidente en la Europa del Este.
Elizalde también recuerda que “el grupo privado de Facebook que aparece como organizador de la marcha es cualquier cosa menos moderado”. “De cada 10 publicaciones, ocho recurren a la violencia simbólica y a la descalificación política de quienes defienden el proyecto socialista o celebran algún éxito social en Cuba.
El debate en estos espacios no es para modificar opiniones, sino para agitar prejuicios, instalar el odio entre los cubanos como fuente excluyente de legitimidad de un Gobierno que ha conducido al país en condiciones muy difíciles”, señala la periodista.
Nadie duda de las dificultades que han tenido que enfrentar los cubanos en los últimos meses, donde han confluido el cierre de fronteras por la pandemia, con la grave afectación al turismo y pérdida de ingresos para muchos de ellos, junto con las más de 243 medidas adicionales de bloqueo impuestas por Trump que no han sido modificadas por Biden.
El propio Gobierno cubano reconoce los problemas de desabastecimiento e inflación, pero precisamente el 15 de noviembre era una fecha de alegría y optimismo para los cubanos. Ese día se abrían las fronteras, llegaban los vuelos y con ellos los encuentros familiares y los turistas; los niños y jóvenes se incorporaban a las aulas y las perspectivas de mejora de la economía eran evidentes.
En cuanto al control de la pandemia, los datos son los mejores de todo el continente y de gran parte del mundo. Según las cifras manejadas por la Universidad Johns Hopkins, la incidencia a fecha del 15 de noviembre es de 56,77 contagios por cada 10.000 habitantes. España, con una de las mejores cifras de Europa se encuentra en 82. Y en cuanto a la mortalidad, los datos del Ministerio de Salud Pública de Cuba son de 0,86% frente al 2,01% en el mundo y 2,44% en el continente americano.
Estos datos han sido posibles gracias, entre otras razones, al éxito de su campaña de vacunación con vacunas propias. Cuba ha sido el primer país del mundo en comenzar a vacunar a los niños mayores de dos años. A fecha 10 de noviembre, 7,9 millones de cubanos han sido totalmente vacunados, lo que representa el 71,2% de la población, mientras que un 88,7% cuenta con al menos una dosis.
No deja de resultar paradójico que se informe más de unas protestas que nunca existieron en Cuba que de los cientos de muertos en motines carcelarios en Ecuador y su presidente esté implicado en los papeles de Pandora junto con el de Chile, de los cientos de líderes sociales asesinados en 2021 en Colombia o del millón y medio de familias que sufren apagones de luz tras la privatización de su servicio en Puerto Rico.