Fabrizio Verde www.lantidiplomatico.it
In Venezuela domani si terranno quelle che sono state definite come ‘mega-elezioni’ per il rinnovo delle cariche amministrative locali fino ai presidenti dei vari Stati che compongono il paese. Elezioni importanti perché vedranno la partecipazione anche dei settori più duri dell’opposizione. I golpisti facenti capo a Washington e al fantoccio Guaidò per intenderci.
La tornata elettorale vedrà anche la partecipazione di missioni internazionali di osservazione. Saranno oltre 300, a questi sono andati i ringraziamenti del ministro degli Esteri di Caracas Felx Plasencia.
«Oggi qui al ministero esprimiamo agli osservatori la nostra gioia e la disposizione del Governo del Presidente Nicolás Maduro, e del Consiglio Nazionale Elettorale, che sono soddisfatti, felici e contenti della loro presenza nel Paese», ha affermato il diplomatico bolivariano della Casa Amarilla (sede del Ministero degli Esteri a Caracas).
Il ministro ha sottolineato che la presenza degli osservatori consentirà «al mondo di conoscere la verità di questo processo trasparente, della più alta e più alta qualità tecnologica», in relazione alle elezioni venezuelane.
Plasencia ha sottolineato che si tratta dell’elezione numero 29 da quando Chavez ha avviato la Rivoluzione Bolivariana, che si svolge in conformità con l’ordine costituzionale del paese, e ha assicurato che la popolazione è l’unica in grado di convalidare questo processo.
Perché il processo elettorale venezuelano è il migliore al mondo?
“In effetti, delle 92 elezioni che abbiamo monitorato, direi che il processo elettorale in Venezuela è il migliore al mondo”, questa affermazione non proviene da un sostenitore della Rivoluzione Bolivariana, ma dell’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter.
Il Venezuela, uno dei paesi che ha tenuto il maggior numero di elezioni da quando il comandante Hugo Chávez è salito al potere nel 1998, ben 29, come segnalava il ministro Plasencia. Adesso, alla vigilia della nuova tornata elettorale sono stati perfezionati gli strumenti di voto, tra i più avanzati al mondo, come evidenzia teleSUR.
Dalla constatazione di Carter risalente al 2006, le autorità venezuelane hanno migliorato e completamente automatizzato il sistema di voto. Con verifiche che possono essere effettuate in ogni fase.
Le elezioni in Venezuela vengono realizzate sotto la responsabilità del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE), un ente che dal 2004 ha implementato e supervisionato il metodo di voto su macchine che poi stampano una ricevuta.
In una recente intervista, il presidente del CNE (Consiglio Nazionale Elettorale), Calzadilla, ha ribadito che il sistema elettorale venezuelano garantisce la trasparenza e la volontà popolare del mandato che si esprime nei voti.
In dettaglio, il Venezuela ha sviluppato le macchine per il voto SAES (Smartmatic Auditable Election Systems), la cui tecnologia offre risultati sicuri e verificabili al 100% per l’automazione delle consultazioni elettorali.
Tra le innovazioni tecnologiche utilizzate nei processi elettorali, spicca che nell’uso di una scheda elettorale convenzionale (elettronica), gli elettori devono solo toccare il nome, il volto o il partito del candidato.
Secondo il CNE, il metodo di voto venezuelano si è rafforzato con l’ingresso del Comprehensive Authentication System (SAI), l’ultima fase dell’automazione, che consente all’elettore di attivare la macchina con la propria impronta digitale, che rappresenta una garanzia in più per l’integrità del il voto.
Questo voto rimane memorizzato in modo casuale nella memoria della macchina e alla fine della giornata si riflette nei fogli di conteggio stampati. Tali voti vengono confrontati con le ricevute fisiche.
Il pacchetto di voto di ogni macchina viaggia crittografato attraverso una rete sicura fornita dalla società di telecomunicazioni statale CANTV. La rete è isolata da Internet e dispone di più livelli di sicurezza e autenticazione.
Tutte le fasi del processo sono protette con una chiave alfanumerica crittografata tramite hash o firma elettronica.
Questa chiave non dipende da una delle parti perché è condivisa tra il CNE, le organizzazioni con scopi politici di tutte le tendenze e Smartmatic. Ciò rende impossibile l’accesso ai dati senza la chiave condivisa tra tutti gli attori.
Inoltre, il sistema di voto automatizzato prevede sette istanze di verifica del voto, compreso il voto fisico, che viene stampato su carta speciale, con filigrana e inchiostro di sicurezza, e identificato attraverso un codice non sequenziale, che protegge la segretezza del voto.
All’interno di questo meccanismo di voto vengono inoltre evidenziati i seguenti vantaggi, ad esempio la gestione del voto è svolta esclusivamente dall’elettore; al termine del processo di votazione, la totalizzazione è immediata, il che garantisce rapidità nei risultati ufficiali.
Un altro dei pregi del sistema è lo svolgimento dei controlli, in cui si replicano tutte le fasi del processo di voto, che è accompagnata da soggetti, revisori esterni e osservatori nazionali e internazionali.
Anche la rete di trasmissione dei risultati elettorali è stata sottoposta ad audit per le mega elezioni del 21 novembre.
L’intero processo elettorale venezuelano vedrà al lavoro circa 1.300.000 persone, tra tecnici, operatori, coordinatori e funzionari vari.
Venezuela. “Mega-elezioni, un altissimo livello di rappresentatività”, intervista a Ignacio Ramonet
Ignacio Ramonet, intellettuale spagnolo di fama internazionale, fa parte anche questa volta degli accompagnatori (circa 500) presenti alle mega-elezioni del 21 novembre. Lo abbiamo intervistato alla Filven, dove ha presentato il libro Hugo Chavez, mi primera vida, ristampato da Vadell hermanos in volumi distinti, per rendere maggiormente fruibile l’ultima, lunga intervista (200 ore), a Hugo Chavez.
Come hai trovato il paese dopo il tuo ultimo viaggio in Venezuela e come ti è sembrata la scelta di organizzare la Filven all’interno del Palazzo legislativo dell’Assemblea Nazionale?
Manco da 6 mesi dal Venezuela e ho trovato Caracas più bella, più organizzata, più pulita, più sicura e con un maggior dinamismo. Camminando di notte, anche per le colline, noto una grande tranquillità e sicurezza. Quanto alla Filven, è effettivamente molto simbolico che si sia svolta nel palazzo legislativo, perché è stata una maniera di far entrare nuovamente il popolo nella sede dell’Assemblea Nazionale per un evento che ha articolato politica, democrazia e cultura. Una grande idea a cui Caracas ha risposto in modo molto positivo.
Come analizzi questo processo legislativo, come vedi le forze politiche che si confrontano e anche l’attività degli accompagnatori internazionali che sono già nel paese da tempo?
Il 21 novembre si svolgono elezioni locali e regionali, per scegliere governatori e governatrici, e per i parlamentari delle camere federali di ognuno degli stati. Occorre ricordare che il Venezuela è uno stato federale e che ognuno degli stati che compongono gli “stati uniti” del Venezuela ha il suo parlamento, i suoi governatori e i legislatori. Quel giorno, si eleggono anche i sindaci e i componenti dei consigli municipali. Sono, quindi, elezioni molto importanti che, in precedenza, avevano luogo in momenti distinti. Su richiesta dell’opposizione, il presidente Nicolas Maduro ha però accettato di unificarle in una unica giornata elettorale, definita per questo mega-elezione. Dopo anni di boicottaggi, alle migliaia di cariche municipali e regionali per la prima volta concorrono praticamente tutte le frange dell’opposizione, anche radicale, di quella che è stata la Mesa de la Unidad Democratica (Mud). Partecipano anche i 4 partiti che si sono opposti sistematicamente in questi anni e hanno boicottato le precedenti elezioni, sia quelle presidenziali che legislative. Maduro ha realizzato un gran risultato portando al tavolo dei negoziati l’opposizione, in una serie di incontri in Messico che si sono svolti parallelamente alla preparazione del processo elettorale. Un risultato importante per pacificare la vita politica e incanalare nella via elettorale, la più semplice in una democrazia, anche quella parte dell’opposizione che aveva privilegiato la via insurrezionale, gli attentati contro il presidente, eccetera. La considero una vittoria del presidente Maduro, che da anni persegue questa soluzione, finora negata dai membri dell’opposizione. Il 21 novembre sarà presente praticamente tutta l’opposizione, sia quella moderata che pur considerandosi estranea alla via violenta non aveva accettato di partecipare, che quella radicale, cosicché queste elezioni avranno un altissimo livello di rappresentatività.
Che scenari si aprono se, come lasciano intendere certe dichiarazioni, alcune istituzioni internazionali disconoscono i risultati del voto?
Non c’è dubbio che esista una volontà, soprattutto da parte dell’Unione Europea o di alcuni suoi membri, di non accettare il carattere legittimo e democratico di queste elezioni. Si deve, però, ricordare che tra la Ue e il governo venezuelano è stato firmato un accordo previo per l’invio di una missione di osservatori che circola nel paese da ottobre e che, finora, non ha fatto alcuna dichiarazione circa l’annullamento delle elezioni. Le cose stanno diversamente per i parlamentari di Bruxelles o per meglio dire per Josep Borrell, che hanno fatto dichiarazioni mal accolte da Caracas: perché lasciavano intendere che la missione Ue avesse il compito di stabilire il carattere democratico o meno delle elezioni. La missione Ue deve invece solo osservare se tutto si svolge secondo la legge elettorale esistente nel paese, stabilita e ammessa sia dall’officialismo che dall’opposizione. Sappiamo che il Ppe, il Partito Popolare Europeo, a Bruxelles ha dichiarato che non invierà i rappresentanti della destra nel seno della missione Ue, ma per contro vi sono molte organizzazioni riconosciute, provenienti dal continente americano, dall’Asia, dall’Africa e dal Medioriente, che saranno presenti insieme a istituzioni come il Centro Carter e altre. Bisogna ricordare che nei negoziati con l’opposizione si è deciso di ampliare la composizione del Consiglio Nazionale Elettorale (Cne), che ora include anche due membri dell’opposizione, la cui attitudine è apertamente ostile al governo bolivariano. Questo Cne tuttavia sta funzionando. Il Venezuela ha d’altronde una lunga tradizione elettorale iniziata con l’approvazione della nuova costituzione, nel 1999. Questa è l’elezione n. 29, difficile trovare argomenti per censurare o criticare il processo elettorale. D’altro canto, non mi sembra di riscontrare atteggiamenti particolarmente ostili neanche da parte dei media dominanti, storicamente molto critici con il governo, che accettano di ospitare nei dibattiti rappresentanti dell’officialismo, così come avviene nei media dello stato, che diffondono anche la propaganda del campo opposto. Per ora, i toni mi sembrano meno violenti di quelli impiegati in altre occasioni o, per esempio, nelle recenti elezioni in Nicaragua.
Quale importanza assumono il Venezuela l’America Latina per gli Stati Uniti in questa fase di resettaggio del capitalismo a livello globale?
Washington senza dubbio mantiene un’attitudine ostile verso il Venezuela. Il sequestro del diplomatico Alex Saab a Capo Verde e la sua estradizione forzata negli Stati Uniti sono stati un siluro lanciato contro il dialogo in Messico tra governo e opposizione. Intanto, in Spagna si sta estradando negli Usa l’ex capo dell’intelligence venezuelana fuggito dal paese per obbligarlo a fare dichiarazioni ostili contro le autorità venezuelane. Occorre inoltre ricordare che, appena una settimana fa, è arrivato a Caracas il procuratore generale della Corte Penale Internazionale per accusare le autorità venezuelane di violazioni dei diritti umani. Quella stessa Cpi, intanto, dichiarava che in Colombia non c’era nessun problema. Tre esempi che indicano il tentativo di preparare l’opinione pubblica internazionale all’idea che le autorità venezuelane si situano al margine della legittimità internazionale. Un racconto che potrebbe giustificare qualunque tipo di azione che si può produrre rispetto a queste elezioni. Biden non ha d’altronde modificato le misure coercitive unilaterali illegali contro il Venezuela bolivariano, proseguendo sulla via di Trump, già imboccata da Obama senza giustificazioni. Il governo bolivariano e il presidente Maduro hanno subito ogni genere di attacco e attentati. Dopo il ritiro dall’Afghanistan, la politica nordamericana si va ridefinendo in base all’antagonismo con la Cina e al ruolo della Russia, ma non è ancora chiaro se intenda riposizionarsi maggiormente in America Latina. Per ora, Biden non ha dato al Centroamerica l’importanza che aveva promesso di dare. Solo la sua vice Kamala Harris si è recata in Guatemala e poi in Messico. Di sicuro, in politica estera, Biden prosegue sulla stessa linea, mantenendo la Colombia come principale alleato militare nella regione, come ha confermato il segretario di Stato Antony Blinken che è stato di recente a Bogotà. Una regione che sta comunque cambiando nel succedersi di elezioni di questo anno nel quale le forze progressiste, in Perù, in Cile, in Bolivia e si spera prossimamente in America Centrale con le elezioni in Honduras, guadagnano terreno e tornano a essere richieste dopo due anni di covid e di aumento della crisi e della marginalizzazione che si sta producendo anche negli Usa. Le mega-elezioni sono molto importanti anche perché consentiranno di vedere come si definiranno gli Stati uniti di fronte alla nuova situazione, sia in Venezuela che in America Latina.