Alan Duncan, capo del complotto britannico contro PDVSA

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Declassified UK ha pubblicato un’indagine sulla partecipazione di Alan Duncan alle lobby per ottenere informazioni sull’industria petrolifera venezuelana, quando fungeva da ministro per Europa e America, dal 2016 sino al 2019, organismo appartenente al Ministero degli Esteri e del Commonwealth delle Nazioni del Regno Unito.

Questo fatto è stato reso pubblico quando Duncan ha chiesto al governo britannico, attraverso l’Advisory Committee on Trade Appointments (ACOBA), il permesso di essere nominato Direttore dello Sviluppo Commerciale della società svizzera di energia e materie prime Vitol Services.

Risulta evidente il percorso che Duncan stava costruendo per mantenere i suoi interessi e presenza nel mondo del business energetico e, naturalmente, in chiusura del suo incarico nel 2019, ha dato appoggio, in primis, alla pantomima del “piano Guaidó”.

DUNCAN NEL SUO IMPEGNO DI INGERENZA

Queste manovre per raccogliere informazioni sull’industria petrolifera e che il governo britannico, immediatamente, le renda pubbliche non è la prima volta che accade. Nel 2011 quel governo ha effettuato la stessa operazione. Ormai si era ammesso che Alan Duncan avesse partecipato a riunioni tra funzionari che operavano per il controllo del mercato petrolifero libico e sì, insieme alla società Vitol.

Duncan, essendo una cellula pubblica e nota di Vitol all’interno della struttura statale britannica, era coinvolto nelle dinamiche di cambio di governo del presidente libico Muhammad Gheddafi, conducendo, nello specifico, la scia di “sanzioni” per impedire che il governo libico potesse esportare petrolio.

Tuttavia, il suo ruolo non era solo quello di ostacolare le attività proprie del commercio petrolifero in Libia bensì si è dedicato, attraverso Vitol, a rifornire di petrolio i ribelli libici.

Da evidenziare, di contro, il discorso tenuto da Duncan in una conferenza, nel 2018, in cui ha centrato le sue linee sul Venezuela, facendo un resoconto manipolato e fazioso delle vicende politiche del paese oltre ad applaudire all’imposizione di “sanzioni” da parte dell’Unione Europea contro la Repubblica Bolivariana, nel 2017.

Inoltre, questo mercenario energetico si è aggiunto all’escalation interventista che stavano già pianificando: “Il Venezuela richiederebbe un’enorme mobilitazione di risorse internazionali. Il Regno Unito è disposto a svolgere il suo ruolo. La situazione necessita un’intensificazione della pressione esterna… Ciò dovrebbe includere, spero, una determinazione degli Stati caraibici che ricevono la fornitura di petrolio venezuelano di Petrocaribe”.

In quel discorso ha anche esposto che il Regno Unito ha cercato apertamente di destituire il presidente Nicolás Maduro, segnalando che “la rinascita dell’industria petrolifera sarà un elemento essenziale in qualsiasi ripresa, e posso immaginare che società britanniche come Shell e BP vorranno far parte di ciò».

Quest’anno Duncan già risuonava, di nuovo, nei media, quando si rivela la sua complicità con l’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, per congelare gli attivi del Venezuela. Prima di ciò Duncan ha presentato la proposta, alla Banca d’Inghilterra, di creare un falso argomento legale per negare la legittima proprietà dell’oro al Venezuela riconoscendo l’autoproclamato Juan Guaidó come “titolare” degli attivi venezuelani.

Ecco perché, nel 2019, Duncan fingeva conformarsi alla farsa dell’istituzionalismo sostenendo che la decisione dell’accesso all’oro venezuelano spettava alla Banca d’Inghilterra e al suo governatore e amico Carney, e non al governo britannico. Si pagavano e si davano il resto. Quindi non c’è da meravigliarsi che Duncan stesse cercando informazioni di PDVSA per bloccare i procedimenti dell’industria.

Approfittando di queste righe, è importante sottolineare che sia Duncan che Vitol hanno un vistoso precedente. Nel 2007, la società Vitol ha ammesso di aver pagato 13 milioni di dollari in tangenti a funzionari iracheni, del governo di Saddam Hussein, per aggiudicarsi contratti petroliferi. Vitol mantiene un basso profilo mediatico, ma è stato fondamentale nei processi di ingerenza in Libia, Iraq e, di recente, con il Venezuela.

Declassified UK ha anche rivelato, a luglio di quest’anno, i legami di Duncan con Vitol, mentre era ministro, poiché quella società, nel 2020, ha realizzato 3 miliardi di dollari di profitti ma è sconosciuta la remunerazione apparente di Duncan. Nel proseguo, il portale giornalistico spiega che decine di ex alti funzionari del governo britannico sono membri delle corporazioni petrolifere e dopo aver lasciato le cariche pubbliche chiedono il permesso di entrare nelle aziende per le quali hanno sempre lavorato.

OSSESSIONE CORPORATIVA

E’che Duncan era dipendente della Shell prima di essere ministro, confessando in parlamento di essere stato coinvolto nei mercati dell’energia, principalmente del petrolio, per 35 anni. Persino mentre era un deputato, Duncan si è registrato come presidente non esecutivo della Fujairah Refining negli Emirati Arabi Uniti, per i quali riceveva 8000 sterline al mese.

Il punto, con Duncan, è che è sempre stato un operatore delle grandi compagnie petrolifere e ha sempre curato i loro interessi, nella logica dell’ingerenza come ha funzionato in Libia; tuttavia con il Venezuela il suo metodo è decantato in sconfitta nonostante gli schizzi lasciati. Ma i tratti geopolitici della sfera politica britannica si estendono sino all’Essequibo venezuelano, poiché il principale attivo risiede nelle acque dove giacciono risorse petrolifere che, ora, sono nelle mani della ExxonMobil, a 120 miglia dalla costa della Guyana.

Sebbene ExxonMobil non sia l’unica società ad avere partecipazione lì; la società britannica Swire Energy Service ha chiuso un accordo per fornire container marittimi e attrezzature alla multinazionale USA che prevede di perforare i giacimenti petroliferi.

Per questo è opportuno ricordare la denuncia fatta dalla vicepresidentessa esecutiva, Delcy Rodríguez, al segnalare che Vanessa Neumann si offriva di consegnare il territorio dell’Essequibo alla Guyana: “Neumann ha promesso all’Alto Commissario della Guyana di lasciargli l’Essequibo venezuelano”, ha sottolineato la Vicepresidentessa, e così è stata fatta sentire questa posizione di resa di Neumann con una registrazione trapelata: “Il problema numero uno identificato dal Ministero degli Esteri e del Commonwealth è che non ci sosterranno finché continueremo con la linea ufficiale che vogliamo recuperare l’Essequibo dalla Guyana”.

Non è solo petrolio, questi mercenari corporativi hanno fronti diversi e, nonostante i danni fatti, i pezzi sono usciti dal gioco e il Venezuela continua a resistere agli assalti del Nord Globale.


ALAN DUNCAN, LÍDER DEL COMPLOT BRITÁNICO CONTRA PDVSA

 

Declassified UK publicó una investigación sobre la participación de Alan Duncan en los lobbies para obtener información sobre la industria petrolera de Venezuela, cuando fungía como ministro para Europa y América desde 2016 hasta 2019, instancia perteneciente al Ministerio de Relaciones Exteriores y de la Mancomunidad de Naciones del Reino Unido.

Este hecho se hizo público cuando Duncan solicitó al gobierno británico, a través del Comité Asesor de Nombramientos Comerciales (ACOBA, sus siglas en inglés), el permiso para ser nombrado Director de Desarrollo Comercial de la empresa suiza de energía y materias primas Vitol Services.

Resulta evidente el trecho que estaba construyendo Duncan para mantener sus intereses y presencia en el mundo de los negocios energéticos, y, por supuesto, en su cierre al cargo en 2019, prestó apoyo a la pantomima del “plan Guaidó” al frente.

DUNCAN EN SU AFÁN DE INJERENCIA

Esas maniobras para recopilar información sobre la industria petrolera y que el gobierno británico de pronto la hace pública no es primera vez que ocurre. En 2011 ese gobierno hizo la misma operación. Para ese entonces se había admitido que Alan Duncan participó en reuniones entre funcionarios que operaban para controlar el mercado petrolero de Libia, y sí, junto a la empresa Vitol.

Duncan, siendo una célula pública y notoria de Vitol dentro de la estructura estatal británica, estaba involucrado en las dinámicas de cambio de gobierno del presidente libio, Muahmar Gadafi, específicamente conduciendo la estela de “sanciones” para evitar que el gobierno libio pudiera exportar petróleo.

No obstante, su rol no era solamente obstaculizar las actividades propias del comercio petrolero en Libia sino que se dedicó, a través de Vitol, a abastecer de petróleo a los rebeldes libios.

Por otro lado, debe destacarse el discurso dado por Duncan en una conferencia en 2018, que centró sus líneas sobre Venezuela, haciendo un recuento manipulado y parcializado sobre el acontecer político del país además de aplaudir la imposición de “sanciones” de la Unión Europea en contra de la República Bolivariana en 2017.

Además, este mercenario energético asomó la escalada injerencista que ya estaban planificando: “Venezuela requeriría de una enorme movilización de recursos internacionales. El Reino Unido está dispuesto a desempeñar su papel. La situación necesita una intensificación de la presión exterior… Esto debería incluir, espero, una determinación de los Estados caribeños que reciben el suministro de petróleo venezolano de Petrocaribe”.

En ese discurso también expuso que el Reino Unido ha estado tratando abiertamente de destituir al presidente Nicolás Maduro, señalando que “el resurgimiento de la industria petrolera será un elemento esencial en cualquier recuperación, y me puedo imaginar que empresas británicas como Shell y BP querrán formar parte de él”.

Este año, Duncan ya resonaba nuevamente en los medios, cuando se revela su complicidad con el exgobernador del Banco de Inglaterra, Mark Carney, para congelar los activos de Venezuela. Ante esto, Duncan emitió la propuesta al Banco de Inglaterra de crear un falso argumento legal para negar la propiedad legítima del oro a Venezuela al reconocer al autoproclamado Juan Guaidó como “titular” de los activos de Venezuela.

Por eso, en 2019, Duncan fingía cumplir con la farsa del institucionalismo al argumentar que la decisión del acceso del oro venezolano recaía en el Banco de Inglaterra y de su gobernador y amigo Carney, y no del gobierno británico. Se pagaban y se daban el vuelto. Así que no es de extrañar que Duncan estuviera buscando información de PDVSA para bloquear los procedimientos de la industria.

Aprovechando estas líneas, es importante subrayar que tanto Duncan como Vitol poseen un llamativo prontuario. En 2007 la empresa Vitol admitió haber pagado 13 millones de dólares en sobornos a funcionarios iraquíes del gobierno de Saddam Hussein para ganar contratos por petróleo. Vitol se mantiene bajo perfil mediático pero ha sido clave en los procesos de injerencia en Libia, Irak y recientemente, con Venezuela.

Declassified UK también reveló en julio de este año, los nexos de Duncan con Vitol, mientras era ministro, pues esa empresa en 2020 obtuvo 3 mil millones de dólares en ganancias pero se desconoce la ostensible remuneración de Duncan. En adelante, el portal periodístico explica que docenas de ex altos funcionarios del gobierno británico son piezas de las corporaciones petroleras y después de dejar los cargos públicos piden el permiso para sumarse a las empresas a las que siempre le trabajaron.

OBSESIÓN CORPORATIVA

Y es que Duncan era empleado de Shell antes de ser ministro, confesando en el parlamento que estuvo involucrado en los mercados de energía, principalmente en el petróleo, durante 35 años. Incluso, mientras fue diputado, Duncan se registró como presidente no ejecutivo de Fujairah Refining en los Emiratos Árabes Unidos, por lo que recibía 8 mil libras esterlinas al mes.

El punto con Duncan es que siempre ha sido un operador de las grandes empresas petroleras y siempre veló por los intereses de las mismas, bajo las lógicas de injerencia tal como le funcionó en Libia, sin embargo con Venezuela su método decantó en derrota a pesar del salpique dejado. Pero los trazos geopolíticos de la esfera política británica se expanden hasta el Esequibo venezolano, ya que el principal activo radica en las aguas donde yacen recursos petroleros que ahora están en manos de la ExxonMobil a 120 millas de la costa de Guyana.

Si bien ExxonMobil no es la única empresa que tiene participación allí, la empresa británica Swire Energy Service cerró un acuerdo para proporcionar contenedores marítimos y equipos a la multinacional estadounidense que planea perforar los yacimientos petroleros.

Por ello, es oportuno recordar la denuncia hecha por la vicepresidenta ejecutiva Delcy Rodríguez al señalar que Vanessa Neumann ofreció entregar el territorio Esequibo a Guyana: “Neumann le prometió al Alto Comisionado de Guyana dejarle el Esequibo venezolano”, enfatizó la Vicepresidenta, y así se hizo escuchar esta posición entreguista de Neumann con una grabación filtrada: “El problema número uno identificado por el Ministerio de Relaciones Exteriores y del Commonwealth es que no nos apoyarán mientras continuemos con la línea oficial de que queremos recuperar el Esequibo de Guyana”.

No solo es el petróleo, estos mercenarios corporativos tienen diferentes frentes, y que a pesar de los daños hechos, las piezas han salido del juego y Venezuela sigue de pie resistiendo ante los embates del Norte Global.

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