Fabrizio Casari www.altrenotizie.org
Sorprendendo non poco la comunità internazionale, il Nicaragua ha deciso di riallacciare al massimo livello i rapporti diplomatici con la Cina e, di conseguenza, rompere i rapporti diplomatici con Taiwan, che sono stati sempre di natura commerciale, mai politica. Non è un caso che Taiwan non si sia mai espressa a sostegno di Managua nelle diverse fasi del suo agire politico e non abbia mai tentato di esercitare pressioni sul suo grande sponsor – gli Stati Uniti – ai quali hanno sempre ricordato come la relazione fosse solo di affari. La zona franca è l’unica porzione di territorio nicaraguense che interessava ai taiwanesi, che ora risultano essere riconosciuti solo da 13 Paesi, oltre al Vaticano, sui 197 che conformano l’intera comunità internazionale.
Gli Stati Uniti hanno reagito condannando la decisione che, a loro dire, sarebbe contraria agli interessi nicaraguensi (che loro tutelano con sanzioni) ma evidentemente non hanno chiesto il parere dei loro impiegati locali, che gli avrebbero spiegato come la stessa impresa privata nicaraguense aveva sempre chiesto al governo sandinista di ristabilire le relazioni con Pechino. Alcuni osservatori hanno definito singolare che gli USA si preoccupino della fine delle relazioni con Taiwan quando così non fu nel caso di tutti gli altri paesi latinoamericani. Ma ciò si deve ad una considerazione ovvia: se con gli altri paesi latini Pechino è affare commerciale, nel caso del Nicaragua non sfugge a Washington l’elemento politico di vicinanza che sostiene e rafforza l’area potenziale della collaborazione; un elemento propedeutico a terreni di iniziativa politica condivisa sulla scena internazionale.
Con la chiusura delle relazioni con Managua, Taiwan perde anche l’ultimo lembo di associazione politico-commerciale con l’America Centrale, giacché ora Nicaragua, Panama, El Salvador e Costa Rica, insieme alla Repubblica Dominicana hanno interlocuzione unica con la Cina e l’Honduras prevede, nel programma elettorale della nuova Presidente, Xiomara Castro, l’apertura delle relazioni con Pechino e la fine di quelle con Taipei.
La decisione nicaraguense obbedisce tanto a questioni di principio come di ordine pratico. Sul piano del principio c’è un riconoscimento pieno della realtà storico-territoriale della Cina che comprende Taiwan come territorio cinese a tutti gli effetti e non come paese indipendente e il pieno, totale esercizio di sovranità cinese sia su Taiwan che sul Mar della Cina. L’adesione stretta del Nicaragua a quanto previsto dal Diritto Internazionale circa il rispetto dello spazio territoriale terrestre, acqueo e dei cieli è stato del resto l’asse anche dei ricorsi contro Colombia e Honduras; dunque ovvio che anche quando si tratti di altri Paesi il rispetto nicaraguense per l’integrità territoriale piena non può essere subordinato a contesti politici successivamente intervenuti e che abbiano modificato gli assetti in forma unilaterale.
La riapertura delle relazioni tra Managua e Pechino ed il reciproco riconoscimento politico era del resto inevitabile e, da parte cinese, era stato sottolineato in questi mesi con la difesa del Nicaragua operata in sede ONU e con l’immediato riconoscimento del risultato elettorale di Novembre. Gesti di valore politico importante e unilaterale che sono arrivati pur in assenza di relazioni diplomatiche formali e, per questo, ancor più meritorie. Il nuovo corso riporta le relazioni cino-nicaraguensi agli anni della prima tappa della Rivoluzione Sandinista; erano infatti state interrotte dal governo di Violeta Chamorro, che su ordine USA aveva rotto i rapporti con Pechino e aperto agli affari con Taipei.
Le conseguenze su USA e OEA
Ovviamente, insieme alle considerazioni politiche sul rispetto del diritto internazionale, nella decisione intervenuta vi sono anche valutazioni di ordine strettamente politico e, conseguentemente, commerciale. L’aspetto politico risulta prevalente, nel senso che la pressione pesantissima degli Stati Uniti e della OEA (le due sigle sono quasi un sinonimo) sul Nicaragua, ben rappresentata dall’ossessione fobica del suo Segretario generale Almagro, che recita a soggetto il copione che gli viene scritto a Washington, viene regolarmente condita con minacce di applicazione della Carta Democratica dell’organismo continentale (dal quale però Managua è uscita). Il che potrebbe portare, secondo alcune interpretazioni giornalistiche circolanti, addirittura alla sospensione di Managua dal TLC (Tratado de Libre Comercio) che comporterebbe una difficoltà nel proseguimento degli scambi politici, diplomatici e commerciali tra il Nicaragua e una parte dell’America latina.
Interpretazioni ben più ferrate giuridicamente giudicano l’eventualità di applicazione della Carta Democratica non semplice, perché Almagro, che ne ha fatto una ossessione personale in vista dalla sua carriera all’ombra di Washington, rischia politicamente molto. I paesi che si sono astenuti nell’ultima votazione, infatti, sono paesi di peso politico rilevante e, se confermassero (come quasi certo) la loro opposizione a misure unilaterali, sancirebbero una spaccatura in due dell’organismo che diventerebbe lo scivolo di Almagro verso la porta.
Peraltro, prudenza vorrebbe un supplemento di ragionamento: ottenere 24 voti in una mozione di intenti è un conto, ottenerne gli stessi in una misura durissima che aprirebbe un precedente di facile replica per molti di quelli che dovrebbero votarla, appare molto meno semplice. E, se non si raggiungesse il quorum necessario, la permanenza di Almagro al vertice della OEA diverrebbe una barzelletta.
Ad ogni modo l’applicazione di quanto previsto sul piano sanzionatorio risulterebbe di difficilissima applicazione, se non altro per via dell’intreccio di relazioni commerciali che, al venir meno degli accordi in essere con Managua, obbligherebbero i pesi coinvolti alla ricerca di mercati diversi e certamente meno convenienti. Insomma, come sempre, il costo della furia criminale degli USA lo dovrebbero pagano i suoi alleati obbedienti.
I reciproci interessi
Con l’apertura del mercato cinese, l’allocazione delle esportazioni nicaraguensi è assicurata e la minaccia di bloccare l’export a Managua se non si piega al dominio dell’impero diventa d’un tratto, un momento di comicità involontaria.
La chiusura delle relazioni con Taiwan e la riapertura di quelle con la Cina, in questo quadro assume un valore assoluto, giacché contempla sia il passaggio tattico che quello strategico. Quello tattico nel limitare enormemente l’impatto delle sanzioni commerciali eventualmente decise sia dalla OEA che dagli USA con la Legge Renacer, sia dalla Unione Europea. Sul piano strategico perché la Cina, oltre a fornire una copertura politica di primissimo livello, un peso internazionale che compete con quello occidentale ed una intesa politico-militare con la Russia, alleato di primo piano del Nicaragua, ha nella decisione di investire in Nicaragua un interesse decisamente rilevante.
In primo luogo la Cina, per poter continuare a sostenere il tasso di sviluppo ai livelli ai quali è proiettata la sua economia, ha bisogno di cibo ed energia e il Nicaragua, nel suo piccolo, può certamente svolgere una funzione adatta ai bisogni cinesi. In secondo luogo la possibilità di riaprire il discorso sul canale intraoceanico proietterebbe il ruolo del Nicaragua a leader della Regione centroamericana e, con sé, quello della Cina come potenza mondiale in grado di avere un percorso privilegiato nella via di comunicazione tra due Oceani, Pacifico e Atlantico. Da un punto di vista strategico è un aspetto di straordinaria importanza per entrambi.
La scelta di ritrovarsi con Pechino è, sotto ogni possibile punto di vista, un deciso upgrade del Nicaragua e la scelta dei tempi appare perfetta, a conferma della abilità tattica del suo presidente, il Comandante Daniel Ortega. Ritenendo erroneamente che il governo sandinista potesse essere preso per la gola e costretto alla resa, alla vigilia dell’insediamento del nuovo governo Stati Uniti e OEA si preparavano a minarne peso e autonomia attraverso nuove sanzioni e nuove minacce, ma sono stati resi innocui. L’apertura al Nicaragua del mercato cinese e delle banche cinesi trasforma le minacce statunitensi in aria fritta e mette al sicuro la Patria di Sandino da rappresaglie di natura finanziaria e commerciale. La legge Renacer con la quale gli Usa pensavano di piegare Managua, con una firma su un protocollo diplomatico è diventata un testo sterile. Una esibizione di potenza è divenuta una manifestazione d’impotenza.
Cina e Nicaragua riprendono i legami nella tendenza irresistibile
Global Times, 10 dicembre 2021
Cina e Nicaragua annunciarono la ripresa delle relazioni diplomatiche 3 ore e mezzo dopo che il Paese centroamericano annunciò la rottura dei “legami diplomatici” coll’isola di Taiwan, e gli esperti affermavano che la ripresa alla velocità della luce non solo sgonfia la bolla di Stati Uniti e secessionisti sull’isola, che li travolge fingendo che l’isola godesse di un ampio riconoscimento internazionale, ma mostrando al mondo che la scelta del Nicaragua va con la tendenza globale. Il comunicato congiunto firmato dai due Paesi dimostra che i due governi decidono di riconoscersi e riprendere le relazioni diplomatiche a livello di ambasciatori, con effetto dalla data di firma del comunicato, secondo il comunicato del Ministero degli Esteri cinese. “Questa è la scelta giusta che è in linea con la tendenza globale e ha il sostegno del popolo. La Cina apprezza molto questa decisione. Sulla base dei cinque principi della convivenza pacifica, la Cina è pronta a lavorare col Nicaragua per rafforzare la cooperazione in vari campi a beneficio dei nostri due Paesi e popoli”, si legge nel comunicato congiunto. In precedenza, il governo del Nicaragua dichiarò di riconoscere che nel mondo esiste una sola Cina. La Repubblica Popolare Cinese è l’unico governo legittimo che rappresenta la Cina e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese. Il comunicato congiunto fu diffuso tre ore e mezza dopo che il Nicaragua annunciava che avrebbe interrotto le “relazioni diplomatiche” coll’isola di Taiwan, di cui gli esperti elogiavano la velocità straordinaria.
La Cina ebbe anche colloqui con la delegazione del governo del Nicaragua a Tianjin, nel nord della Cina. Il Consigliere di Stato e Ministro degli Esteri Wang Yi affermò che la ripresa delle relazioni del Nicaragua con la Cina è una tendenza globale irresistibile, dopo l’incontro virtuale col Ministro degli Esteri del Nicaragua Denis Moncada Colindres. Ci sono alcuni Paesi che mantengono “relazioni diplomatiche” coll’isola di Taiwan a causa della “diplomazia del contante” di quest’ultima e delle pressioni degli Stati Uniti. Wang Yi affermava che ciò che gli Stati Uniti fanno è il doppio standard poiché essi stessi hanno relazioni diplomatiche con la Cina per più di 40 anni. “Quali diritti hanno per impedire ad altri Paesi sovrani di fare la propria scelta?” chiese Wang. Wang Yi osservò che è solo questione di tempo affinché questi Paesi stabiliscano o riprendano relazioni formali con la Cina. Questa è la tendenza del momento ed è irresistibile.
Zhang Jun, rappresentante permanente della Cina presso le Nazioni Unite, elogiava la “decisione giusta” del Nicaragua d’interrompere le “relazioni diplomatiche” con Taiwan e affermò: “Lodiamo vivamente la decisione giusta presa dal governo del Nicaragua, in linea con la tendenza prevalente dei tempi e delle aspirazioni del popolo”. “Il principio di una sola Cina è un consenso ampiamente accettato dalla comunità internazionale e non ammette sfide”, twittava Zhang. Date le attuali tese relazioni tra le due sponde dello Stretto e il crescente clamore degli Stati Uniti sulla questione di Taiwan, la decisione del Nicaragua di recidere i legami con essa colpisce le mosse secessioniste del Partito Democratico Progressista alla ricerca del riconoscimento internazionale, dichiarava Wang Jianmin, esperto presso la Minnan Normal University. È anche un duro colpo agli Stati Uniti perché usano tutti i mezzi, comprese minacce e misure coercitive, per aiutare l’isola di Taiwan a mantenere “relazioni diplomatiche”, affermava, osservando che tagliare i legami coll’isola è la scelta giusta che si adatta ad ordine internazionale e trend storico.
Dopo che il Nicaragua annunciò la rottura dei legami con Taiwan, il cosiddetto “ministero degli affari esteri” di Taiwan dichiarò affermando che le “relazioni” con il Nicaragua sono terminate “con effetto immediato”. Il Nicaragua è l’ottavo Paese con cui l’isola di Taiwan ha perso le relazioni dopo che Tsai Ing-wen del DPP divenne capo di Taiwan nel 2016. Nel settembre 2019, le Isole Salomone ruppero i legami con Taiwan e, meno di una settimana dopo, anche Kiribati fece lo stesso. Chang Ya-chung, presidente della Sun Yat-sen School di Taiwan e membro del partito Kuomintang, affermò che il pubblico di Taiwan non sarà sorpreso dalla decisione del Nicaragua di tagliare i legami con Taiwan, che è anche una decisione da “prima o poi” per gli altri Paesi rimanenti, come l’Honduras. Inoltre, non sorprenderà se il DPP distorca la decisione come causata dalle pressioni dalla Cina continentale affinché riproponga la propria agenda secessionista.
La giusta scelta
Insieme ai politici anti-cinesi di certi Paesi, in particolare Lituania, Stati Uniti e secessionisti nell’isola di Taiwan cercano di creare l’illusione che l’isola goda di ampio riconoscimento internazionale. Ma la realtà è uno schiaffo in faccia ad essi, secondo gli esperti, osservando che più Paesi con razionalità faranno la scelta giusta come il Nicaragua. Il Nicaragua si schiera dalla parte giusta della storia, secondo Wang Jianmin, osservando che al contrario, la Lituania, incoraggiata dagli Stati Uniti, ha fatto la scelta sbagliata e stupida a scapito delle relazioni con la Cina, e una decisione così sconsiderata porterà conseguenze. Dopo che Daniel Ortega si insediava in Nicaragua nel 2007, le “relazioni diplomatiche” con Taiwan rimasero tiepide. Il presidente Ortega espresse sempre meno per l’isola di Taiwan, secondo Li Han, assistente ricercatore dell’istituto di studi dell’America Latina dell’Accademia delle scienze sociali cinese. Il Nicaragua è uno dei Paesi più poveri dell’America Latina e la sua economia è fortemente dipendente dall’assistenza straniera. Oltre all’impatto dell’epidemia di COVID-19 e degli uragani, il tasso di povertà e di disoccupazione nel Paese erano in aumento. Poiché gli Stati Uniti ridussero l’assistenza al Nicaragua, che deve affrontare anche sanzioni da certe organizzazioni internazionali, il Nicaragua aveva bisogno di espandere la cooperazione economica con altri Paesi per affrontare il suo dilemma economico interno, affermava Li.
L’esperto osservava che la ripresa delle relazioni diplomatiche delle due parti spazza via gli ostacoli politici e in futuro ci sarà ampia cooperazione bilaterale. L’istituzione ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Cina ed El Salvador è anche un esempio per altri Paesi dell’America centrale: El Salvador ebbe sostegno dalla Cina per i vaccini e le forniture mediche, aiutando il Paese a diventare Paese con un alto tasso di inoculazione, secondo Li, rilevando che il riconoscimento del principio di una sola Cina è una tendenza globale nella comunità internazionale. Diamo il benvenuto ai pochi cosiddetti alleati diplomatici rimasti a Taiwan nel riconoscere la tendenza del tempo e stare dalla parte giusta della storia in anticipo, aveva dichiarato il portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato cinese, Ma Xiaoguang. Nel maggio 2018, anche la Repubblica Dominicana ruppe le relazioni con Taiwan, seguita da Burkina Faso ed El Salvador, che dichiararono la rottura delle relazioni diplomatiche con Taiwan il 24 maggio e il 24 agosto 2018. Nell’agosto 2018, i governi di Cina ed El Salvador firmarono un comunicato congiunto sull’instaurazione di relazioni diplomatiche. Secondo le statistiche cinesi, il volume degli scambi tra i due Paesi nel 2020 raggiunse 1,11 miliardi di dollari, di cui le esportazioni da El Salvador in Cina furono di 172 milioni di dollari, con un aumento del 51,6% rispetto l’anno precedente.
Negli ultimi anni, i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi che hanno stabilito relazioni diplomatiche con la Cina hanno notevolmente migliorato l’economia e i mezzi di sussistenza del popolo con una cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Cina, formando un “evidente effetto sifone” su Nicaragua e altri Paesi che non hanno ancora stabilito relazioni diplomatiche con la Cina, secondo Zhou Zhiwei, un esperto di studi latinoamericani presso l’Accademia cinese delle scienze sociali. In nome della democrazia, negli ultimi anni gli Stati Uniti imposero sanzioni economiche e intervenivano nella politica interna del Nicaragua, causando il deterioramento delle relazioni tra i due Paesi, affermavano gli esperti. Non c’è dubbio che i Paesi latinoamericani e caraibici debbano fare i conti con la pressione diplomatica nordamericana, ma la realtà mostra il fallimento dell’egemonia nordamericana: sebbene abbia una certa deterrenza, non è efficace di fronte a un fatto universalmente riconosciuto, e non aiuta altri Paesi a realizzare i propri interessi, secondo Zhou.
Le autorità di Taiwan vivono preoccupate dalla perdita di altre “relazioni diplomatiche”, poiché gli allarmi suonano di tanto in tanto. Sono 14 i Paesi che mantengono “relazioni diplomatiche” coll’isola di Taiwan. La presidentessa dell’Honduras Xiomara Castro aveva affermato a settembre che avrebbe “aperto relazioni diplomatiche e commerciali” con la Repubblica popolare cinese se avesse vinto le elezioni nel suo Paese, secondo AFP. Le sue osservazioni gettavano nel panico l’autorità di Taiwan e messo a disagio gli Stati Uniti. Durante le elezioni, gli Stati Uniti inviarono una delegazione in Honduras chiarendo a entrambi i principali candidati alla presidenza che Washington vuole che il Paese mantenga “relazioni diplomatiche” con Taiwan. Sul fatto che l’Honduras stabilisca relazioni diplomatiche con la Cina, secondo Li Han vi sono incertezze dovute alla forte interferenza degli Stati Uniti. “Ma guardando a lungo termine, l’Honduras ha la forte volontà di sviluppare relazioni diplomatiche con la Cina, così come il Nicaragua, poiché tutti hanno bisogno del mercato cinese, il più grande del mondo, per avere supporto finanziario e tecnologico”, affermava l’esperto, osservando che a lungo termine l’Honduras condivide un futuro promettente in termini di sviluppo dei legami con la Cina.
Wang Yu-Ching, osservatore dello Stretto di Taiwan presso l’Università di Pechino, dichiarava che la rottura delle relazioni diplomatiche tra l’isola di Taiwan e il Nicaragua evidenzia anche un grave fallimento della diplomazia nordamericana: l’amministrazione Biden era “così preoccupata” dal la geopolitica altrove per così tanti anni che agli Stati Uniti brucia il cortile di casa. Notava che evidenzia anche il fallimento della “diplomazia del dollaro” di Taiwan. L’autorità del DPP pensava di essere un “giocatore di scacchi” geopolitico, ma è chiaro che sono solo “vittima” della geopolitica, secondo Wang.
E c’è dell’altro?
Dopo il Nicaragua, gli esperti dicono che il prossimo Paese a tagliare i “legami” con Taiwan sarà probabilmente un altro Paese dell’America Latina. È anche possibile che più “alleati” di Taiwan scelgano di prendere gradualmente le distanze dall’autorità del DPP, troppo filo-USA. I media taiwanesi affermavano che i “legami dell’isola con Honduras e Vaticano sono a rischio”. Inoltre, alcuni studiosi dell’isola affermavano che anche Eswatini in Africa rischia di recidere i legami. I Paesi dell’America centrale e meridionale come Guatemala, Haiti e Paraguay non sono solidi, quindi non sarebbe una sorpresa che uno di questi Paesi rompa con Taiwan. Chiu Yi, ex-“legislatore” di Taiwan e studioso pro-riunificazione di Taiwan, affermava che la decisione del Nicaragua di interrompere i legami coll’isola è un passo avanti per raggiungere la situazione dell’isola con zero “legami diplomatici”. Man mano che si realizzerà la riunificazione cinese, più Paesi, compresi nel cortile dell’influenza geopolitica degli Stati Uniti, comprendono questa tendenza in modo chiaro. Ritiene inoltre che l’Honduras dovrà affrontare crescenti pressioni dopo che il Nicaragua avrà dato l’esempio agli altri Paesi dell’America centrale. “Ma se il Nicaragua può resistere a tale pressione, perché non l’Honduras? Se l’Honduras cede alle pressioni degli Stati Uniti, gli elettori di Castro non accetterebbero”, aveva detto. Chiu affermava che l’ultima mossa del Nicaragua farà riflettere le persone a Taiwan su tre aspetti: la riunificazione è davvero la tendenza generale, poiché più Paesi lo riconoscono; l’affidabilità del governo degli Stati Uniti è discutibile in quanto non può prendersi cura del proprio cortile e non ci si può aspettare che sostenga fermamente Taiwan; e se valga davvero la pena spendere così tanti soldi per salvaguardare i cosiddetti rapporti diplomatici con altri 14 Paesi.
Wang Yu-Ching ha affermato che la decisione del Nicaragua è un indicatore del totale fallimento della strategia geopolitica degli Stati Uniti, che ha solo allontanato i Paesi spingendoli follemente a schierarsi, secondo Wang, avvertendo che l’autorità del DPP non dovrebbe presumere che gli Stati Uniti siano la soluzione ai loro problemi, perché non sono più la sola grande potenza mondiale.
Traduzione di Alessandro Lattanzio