Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana
È un Vargas Llosa preoccupato quello che parla in Florida, ben diverso da quello baldanzoso e strafottente visto ultimamente nel sostenere Keiko Fujimori e Kast, i due candidati della estrema destra (sconfitti) in Perù ed in Cile.
Il premio Nobel peruviano-spagnolo per la letteratura, convertitosi da anni nel “guru intellettuale” della estrema destra latinoamericana e presente in tutte le campagne elettorali in appoggio ai candidati più estremisti, ha concluso il 10 dicembre un incontro organizzato congiuntamente da due ONG che sono il fronte della CIA nel continente: l’Interamerican Institute for Democracy, un “think tank” legato al Partito Repubblicano e finanziato dal National Endowment for Democracy (NED) creato negli anni di Reagan; e la Fundación Internacional para la Libertad, una potente ONG con sede nella città di Rosario (Argentina) che dispone di abbondanti fondi per diffondere idee neoliberiste in tutta l’America Latina e nei Caraibi.
Il discorso dello scrittore, pronunciato pochi giorni prima del ballottaggio alle elezioni cilene, ma che già temeva la batosta, riflette il disagio della destra e la sconfitta delle sue scommesse politico-elettorali.
“Riassumo e concludo questa nostra riunione durata due giorni, dicendo che, mentre noi stiamo parlando, potremmo star perdendo l’America Latina. La verità è che l’estrema sinistra avanza in maniera sistematica e tutto il continente risulta in qualche modo minacciato.
Facciamo una panoramica sull’America Latina e vediamo come stanno le cose:
– in Messico, nel gran paese della lingua spagnola, i messicani hanno votato male, come molte volte succede nei nostri paesi e disgraziatamente hanno eletto Lopez Obrador, un presidente populista, demagogo, che sta mettendo fine a tutte le libertà. Obrador è un presidente che ha ricevuto con tutti gli onori il presidente di Cuba e che ha rivitalizzato l’antidemocratico Gruppo di Puebla (formato invece da ex presidenti e attuali presidenti di sinistra in difesa della democrazia e contro i colpi di Stato).
– Se scendiamo un po’ più a sud, dopo aver incontrato le dittature del Nicaragua, di Cuba e del Venezuela, incontriamo la Colombia.
– che succederà se tra pochi mesi lì vincerà Petro (il candidato delle sinistre)? Sarà senza dubbio una catastrofe. Ed il pericolo è reale perché i sondaggi dicono che continua a crescere nei favori della gente. E se vince Petro che succederà? Che il mondo dittatoriale latinoamericano crescerà e continuerà a crescere come già è cresciuto in questi anni.
– e poi che sta succedendo nel mio Perù? In Perù la situazione non potrebbe essere più drammatica. Un personaggio che non ha le più minine capacità per governare un paese è stato eletto dai peruviani in elezioni apparentemente pulite. Io la parola “elezioni pulite” la metterei tra virgolette. La verità è che il Perù ha cambiato profondamente direzione. Adesso il Perù va chiarissimamente nella direzione del Venezuela, nella direzione del Nicaragua, nella direzione di Cuba. In Perù abbiamo riconosciuto come legittimo il governo assolutamente impostore del Venezuela.
-e se vediamo il resto dell’America Latina più a sud, in Cile, che succederà in Cile se vincerà l’estrema sinistra? È qualcosa che potrebbe succedere perfettamente. Abbiamo appena ascoltato un cileno che ci ha spiegato con dovizia di particolari la situazione incerta che vive quel paese.
E noi che credevamo che il Cile andava nella buona direzione, speriamo che il Cile scelga bene il suo futuro tra la buona opzione che noi proponiamo e chi vuole negargli la libertà.
-lì vicino troviamo la Bolivia. In Bolivia c’è una dittatura, con un paese che va indietro.
– e poi lì accanto c’è un gigante, il Brasile. Che sta succedendo in Brasile? Che sta succedendo con Bolsonaro? Bolsonaro è un pagliaccio. Bolsonaro ridicolizza ciò che noi difendiamo e dobbiamo dirlo chiaramente senza che continuiamo a mentire a noi stessi. Sì, in passato abbiamo riposto molte speranze in Bolsonaro, ma lui ci ha deluso profondamente. E se alle prossime elezioni non dovesse trionfare Bolsonaro chi trionfera? Lula! E per caso noi saremo contenti vedendo vincere Lula? Lula è un ladro, non ce lo dobbiamo dimenticare e fu giudicato da giudici degni di rispetto (Sergio Moro) e fu dichiarato delinquente, per questo motivo fu messo in carcere. Ecco, in Brasile potrà vincere Lula, oggi il mondo intero lo festeggia e l’impressione è che se si presenterà alle elezioni spazzerà via in maniera netta qualsiasi altro candidato.
Pertanto, cosa ci resta in America Latina?
L’Uruguay e l’Ecuador. Ma pure l’Ecuador è parecchio minacciato perché l’estrema sinistra vuole porre fine al governo Lasso (banchiere milionario sotto indagini per illeciti finanziari).
Pertanto ci resta solo l’Uruguay.
Ossia, la situazione dell’America Latina è veramente drammatica. Come possiamo affrontare tutto ciò? Uscendo dalla realtà con le favole? No.
Ed è proprio per questo motivo che stiamo qui, per cercare di difendere ciò che ogni giorno appare più indifendibile.
In questa riunione le cose più interessanti le ho ascoltate stamattina dai cubani-statunitensi che sono stati chiarissimi, assolutamente inconciliabili, ed hanno difeso quello che dobbiamo difendere noi tutti con la medesima convinzione, con la medesima audacia e intolleranza.
Dobbiamo disperarci? Nooo.
Dobbiamo rimanere attivi e ben coscienti di quello che avviene intorno a noi: l’America Latina vive un momento molto difficile, un momento difficilissimo e se non ci mobilitiamo corriamo il rischio che tutto il continente sia spazzato da una febbre autoritaria.
Signori, non ci dobbiamo arrendere, dobbiamo dare battaglia, è molto importante dare battaglia se vogliamo salvare almeno alcuni paesi latinoamericani.
Io credo che questo è il messaggio che dobbiamo tirare fuori da questo incontro di due giorni: l’America Latina va male, l’America Latina va molto male però non l’abbiamo persa del tutto e dipende da noi, dalla nostra mobilizzazione energica.
Vedremo in futuro cosa potremo salvare di quello che ci è rimasto di questa America Latina.
Non voglio terminare in questa maniera pessimista ma è giusto essere realisti, e sapere che quello che cercheremo di fare sarà molto difficile e richiederà moltissimo sacrificio e chissà se ci riusciremo ma sarebbe molto peggio se dovessimo perdere il continente.
La forza dobbiamo prenderla dalla lotta al socialismo e dalla difesa dei paesi che ci ispirano nella battaglia coi loro valori di prosperità e di benessere”.
Nel suo discorso Vargas Llosa non ha fatto riferimento alla grande vittoria della socialista Xiomara Castro in Honduras, ai risultati favorevoli al socialismo nelle elezioni regionali in Venezuela, con la partecipazione dell’opposizione; né a quelli delle elezioni legislative in Argentina, che seppur con un lieve calo, hanno confermato il governo di Alberto Fernandez.
(Nostra traduzione)
Il video, con le dichiarazioni di Vargas Llosa, nel seguente link: