Abituati a fare l’impossibile, i cubani riuscivano a vincere il virus con molto più di un vaccino e hanno sconfitto, nelle strade reali dell’isola, i propri nemici.
Raúl Antonio Capote www.granma.cu
Iniziava l’anno 2021 e negli USA si insediava un nuovo presidente, il democratico Joe Biden, dopo una transizione considerata, da molti, come una delle più “drammatiche” della storia di quel paese.
Biden è il 13esimo presidente del paese settentrionale, da quando trionfò la Rivoluzione cubana nel 1959.
Nonostante la cattiva reputazione che alcuni superstiziosi danno a quel numero, molti si aspettavano un cambiamento nell’applicazione della politica di Washington verso Cuba. Dopo la dottrina della massima pressione applicata dal presidente uscente, Donald Trump, guardavano con speranza all’ex vicepresidente dell’amministrazione di Barack Obama.
Ma ai cubani, induriti nella resistenza di fronte all’ostilità prolungata, benché condividiamo le aspettative dei nostri amici, la storia ci ha insegnato che dobbiamo affidarlo ai nostri propri sforzi.
Qualsiasi analisi del paese settentrionale deve tenere presente che coloro che realmente tirano le fila della politica interna ed esterna non sono i dirigenti dei partiti democratici o repubblicani, bensì quello che alcuni politologi USA definiscono deep state (stato profondo).
Il nuovo inquilino della Casa Bianca aveva promesso durante la sua campagna elettorale di annullare le sanzioni imposte a Cuba dal suo predecessore. “Sto cercando di invertire le politiche fallite di Trump che hanno causato danni ai cubani e alle loro famiglie”, ha detto Biden in un’intervista concessa alla NBC.
Un elemento da tenere in considerazione nello scenario che il nuovo inquilino della Casa Bianca ha incontrato è stato il numero record di dieci cubano-americani al Congresso USA. Per cui l’amministrazione democratica ha dovuto fronteggiare, fin dall’inizio, una lobby anticubana “cresciuta” grazie all’appoggio del presidente uscente.
Trumpismo senza Trump
Un vero cambiamento di posizione passerebbe attraverso la cessazione del finanziamento governativo alla sovversione contro Cuba e l’avanzamento sulla strada della fine del blocco economico, commerciale e finanziario.
Tuttavia, i milioni dei contribuenti USA hanno continuato a confluire nelle casse dei mercanti della controrivoluzione cubana, imprenditori del terrorismo e dei capi del sicariato mediatico.
L’ultima rivelazione del Cuba Money Project, a cura del giornalista Tracey Eaton, mostra che nella voce finanziaria dedicata al business sovversivo contro la Maggiore delle Antille include la petizione –di fronte al 2022– di 58,5 miliardi che l’amministrazione Biden chiede al Dipartimento di Stato e la mal chiamata Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale (USAID), un aumento del 10% rispetto al budget di quest’anno.
Marcare l’indomita Antilla come “malvagia e terrorista” è considerato vitale da Washington, al fine di giustificare il rafforzamento del blocco e tutte le azioni aggressive contro l’Isola, perciò Trump ci ha nuovamente incluso, nove giorni prima di lasciare l’incarico, nella falsa lista dei paesi che sponsorizzano il terrorismo, azione che Joe Biden ha ratificato a maggio e dicembre di quest’anno.
Questa viltà senza alcuna giustificazione fa inoltre parte della campagna di discredito che cerca di privare la Rivoluzione cubana del sostegno internazionale, per far sì che l’impero abbia le mani libere per commettere qualsiasi infamia contro il nostro popolo.
L’attuale presidente non solo non ha mantenuto le sue promesse nei confronti dell’isola, bensì ha incrementato la politica di “massima pressione”.
Gli “argomenti” di sempre usati per aggredire Cuba, tra cui la manipolazione delle violazioni dei diritti umani, sono serviti da “pietra di paragone” per la lobby anticubana e il Governo di Joe Biden.
Con il pretesto che Cuba non è una priorità per gli USA, Biden ha tardato a prendere una posizione mentre si davano i ritocchi finali all’ultima fase di un piano sovversivo accuratamente concepito.
Come esempio, menzioneremo alcune delle sanzioni applicate dall’emulo di Donald Trump.
Il 4 maggio, il Segretario di Stato USA, Antony Blinken, ha dichiarato, durante la 51a Conferenza del Consiglio delle Americhe, che il suo paese “condannerà la repressione dei diritti umani sull’isola” e difenderà “i diritti umani del popolo cubano, compreso il diritto alla libertà di espressione e di riunione.
“Se il segretario Blinken fosse interessato ai diritti umani dei cubani, toglierebbe il blocco e le 243 misure applicate dal precedente Governo, vigenti, oggi, nel bel mezzo del COVID-19. Ristabilirebbe i servizi consolari e il ricongiungimento familiare”, ha affermato il membro dell’Ufficio politico e ministro degli Esteri, Bruno Rodríguez Parrilla.
Il Governo USA, il 21 luglio, dopo il fallimento del piano yankee dell’11 luglio, ha imposto sanzioni finanziarie al Ministro delle Forze Armate Rivoluzionarie e alla Brigata Speciale Nazionale, mentre minacciava nuove misure punitive.
Giorni prima del 15 novembre, il Governo USA, un ostinato violatore dei diritti umani, ha avvertito Cuba che avrebbe continuato con le sanzioni “se la repressione e gli abusi dei diritti umani non si cessano”.
Il 29 novembre, la Casa Bianca ha annunciato misure, anche se prive di effetto pratico, contro nove funzionari cubani del MININT e della Polizia Nazionale Rivoluzionaria.
Durante il governo democratico, la persecuzione finanziaria contro l’isola è aumentata, così come la caccia alle compagnie di navigazione e alle compagnie aeree che portano merci a Cuba, in particolare navi che trasportano carburante.
La sconfitta è toccata a Joe Biden
La gazzarra controrivoluzionaria dell’11 luglio 2021 è stata sconfitta nei quartieri e nelle strade cubane.
Nato alla fine dell’era Bush, di fronte al naufragio di oltre 50 anni di azioni sovversive, il nuovo piano d’azione ha preteso sfruttare il cambio generazionale a Cuba per porre fine alla Rivoluzione.
Quello sarebbe il momento chiave per agire, e i nuovi agitatori della sovversione, da loro fabbricati, inizierebbero a realizzare azioni di piazza, a chiedere cambi nel Governo, riforme costituzionali che “modernizzeranno il socialismo”, a provocare scontri e generare il caos.
Con Donald Trump al potere, si è ritornato alla linea dura della massima pressione, nella convinzione che la dirigenza continuatrice del socialismo nell’isola non avrebbe resistito e sarebbe stata abbandonata dal popolo di fronte alla penuria che loro avrebbe causato.
Hanno fatto tutto a questa terra indomita: massima pressione applicata, costruzione di capi mercenari -non quelli che aspiravano o con la qualità che sognavano, ma utili- e un inasprimento del blocco per più problemi economici, in tempi di pandemia, nel perseguimento di provocare insoddisfazioni in alcuni settori del popolo, sono stati gli assi dell’ostilità.
Così, l’11 luglio, decine di città e centinaia di paesi dell’isola avrebbero dovuto insorgere contro il Governo. Ma hanno fallito davanti alla risposta del popolo rivoluzionario.
Era la sconfitta, ma non potevano accettarla in alcun modo e, in un’agonizzante sfoggio di superbia, hanno cercato di soffiare vita al tentativo, il 15 novembre.
Dal territorio USA, si è tentato di tutto per forzare la rivolta controrivoluzionaria: azioni diplomatiche; più di 29 dichiarazioni di sostegno al 15N, in meno di due mesi, da parte di alti funzionari del Governo Biden, minacce di invasione e esibizioni con alti livelli di istrionismo davanti alle telecamere.
Hanno assunto i migliori NetCenter specializzati in guerra cibernetica, guerra psicologica e campagne di discredito, hanno assegnato cifre milionarie per pagare gli influencer, hanno mobilitato la destra internazionale per operare sulle reti sociali e radicare la narrativa della ribellione giovanile antisocialista e dell’indignazione popolare.
Ma la realtà della vitalità della Rivoluzione si è imposta sulla virtualità dell’offensiva controrivoluzionaria.
Cuba viveva e vinceva, e milioni di uomini e donne nel mondo, compresi negli USA, si sono alzati in difesa della nostra bandiera.
Abituati a fare l’impossibile, i cubani riuscivano a vincere il virus con molto più di un vaccino, e hanno sconfitto, nelle strade reali dell’isola, i loro nemici.
EE.UU. vs. Cuba: crónica de una derrota anunciada
Acostumbrados a hacer lo imposible, los cubanos lograban vencer al virus con mucho más que una vacuna, y derrotaron en las muy reales calles de la Isla a sus enemigos
Autor: Raúl Antonio Capote
Comenzaba el año 2021 y un nuevo presidente asumía el cargo en Estados Unidos, el demócrata Joe Biden, después de una transición considerada por muchos como una de las más «dramáticas» en la historia de ese país.
Biden es el mandatario número 13 al frente del país norteño desde que triunfó la Revolución Cubana en 1959.
A pesar de la mala reputación que le dan algunos supersticiosos a ese número, muchos esperaban un cambio en la aplicación de la política de Washington hacia Cuba. Después de la doctrina de máxima presión aplicada por el presidente saliente, Donald Trump, miraban esperanzados al exvicepresidente de la administración de Barack Obama.
Pero a los cubanos, curtidos en la resistencia frente a la hostilidad sostenida, aunque compartíamos la expectativa de nuestros amigos, la historia nos ha enseñado que todo debemos confiarlo a nuestros propios esfuerzos.
Cualquier análisis del país norteño debe tener presente que quienes manejan realmente los hilos de la política interna y externa no son los líderes de los partidos Demócrata o Republicano, sino lo que algunos politólogos estadounidenses denominan el deep state (Estado profundo).
El nuevo inquilino de la Casa Blanca había prometido durante su campaña electoral revertir las sanciones impuestas a Cuba por su antecesor. «Estoy tratando de dar marcha atrás a las políticas fallidas de Trump que han causado daño en los cubanos y sus familias», expuso Biden en entrevista concedida a NBC.
Un elemento a tener en cuenta en el escenario que encontró el nuevo inquilino de la Casa Blanca fue la cifra récord de diez cubanoamericanos en el Congreso de Estados Unidos. Por lo que la administración demócrata tuvo que enfrentar, desde un primer momento, a un lobby anticubano «crecido» por el apoyo del mandatario saliente.
Trumpismo sin Trump
Un verdadero cambio de posición pasaría por el cese del financiamiento gubernamental a la subversión contra Cuba, y avanzar en el camino del fin del bloqueo económico, comercial y financiero.
Sin embargo, los millones de los contribuyentes estadounidenses siguieron fluyendo a las arcas de los mercaderes de la contrarrevolución cubana, empresarios del terrorismo y jefes de sicariato mediático.
La más reciente revelación de Cuba Money Project, a cargo del periodista Tracey Eaton, da cuenta de que en la partida financiera dedicada al negocio subversivo contra la Mayor de las Antillas se incluye la petición –de cara a 2022– de 58 500 millones que la administración de Biden solicita para el Departamento de Estado y la mal llamada Agencia de Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (Usaid), un aumento del 10 % sobre el presupuesto de este año.
Marcar a la Antilla indómita como «malvada y terrorista» es considerado vital para Washington, con el fin de justificar el reforzamiento del bloqueo y de todas las acciones agresivas contra la Isla, por lo tanto Trump nos reincluyó nueve días antes de dejar el cargo en la espuria lista de países que patrocinan el terrorismo, acción que Joe Biden ratificó en mayo y en diciembre de este año.
Esa vileza sin justificación alguna forma parte, además, de la campaña de descrédito que busca privar a la Revolución Cubana de apoyo internacional, y así tener el imperio las manos libres para cometer cualquier infamia contra nuestro pueblo.
El actual mandatario no solo incumplió sus promesas en relación con la Isla, sino que incrementó la política de «máxima presión».
Los «argumentos» de siempre utilizados para agredir a Cuba, entre ellos la manipulación sobre las violaciones de los derechos humanos, han servido de «piedra de toque» para el lobby anticubano y el Gobierno de Joe Biden.
Con el pretexto de que Cuba no es una prioridad para EE. UU., Biden demoró en asumir una posición mientras se daban los toques finales a la última etapa de un plan subversivo cuidadosamente concebido.
A modo de botón de muestra, mencionaremos algunas de las sanciones aplicadas por el émulo de Donald Trump.
El 4 de mayo, el secretario de Estado de EE. UU., Antony Blinken, señaló, durante la 51ª Conferencia del Consejo de las Américas, que su país «condenará la represión de los derechos humanos en la isla» y defenderá «los derechos humanos del pueblo cubano, incluyendo el derecho a la libertad de expresión y reunión».
«Si el secretario Blinken estuviera interesado en los derechos humanos de los cubanos, levantaría el bloqueo y las 243 medidas aplicadas por el Gobierno anterior, vigentes hoy en medio de la COVID-19. Restablecería servicios consulares y la reunificación familiar», expresó el miembro del Buró Político y ministro de Relaciones Exteriores, Bruno Rodríguez Parrilla.
El Gobierno de Estados Unidos, el 21 de julio, posterior al fracaso del plan yanqui del 11 de ese mes, impuso sanciones financieras al Ministro de las Fuerzas Armadas Revolucionarias y a la Brigada Especial Nacional, al tiempo que amenazaban con nuevas medidas punitivas.
Días antes del 15 de noviembre, el Gobierno estadounidense, contumaz violador de los derechos humanos, advirtió a Cuba que continuaría con las sanciones «si la represión y los abusos de los derechos humanos no cesan».
El 29 de noviembre, la Casa Blanca anunció medidas, aunque no tienen ningún efecto práctico, contra nueve funcionarios cubanos del Minint y la Policía Nacional Revolucionaria.
Durante el gobierno demócrata, la persecución financiera contra la Isla se incrementó, así como la cacería de navieras y de líneas aéreas que traen mercancías a Cuba, sobre todo los buques que transportan combustible.
La derrota le tocó a Joe Biden
La algarada contrarrevolucionaria del 11 de julio de 2021 fue derrotada en los barrios y calles cubanas.
Nacido en las postrimerías de la era Bush, ante el naufragio de más de 50 años de acciones subversivas, el nuevo plan de acción pretendía aprovechar el cambio generacional en Cuba para poner fin a la Revolución.
Ese sería el momento clave para actuar, y los nuevos agitadores de la subversión, fabricados por ellos, comenzarían a realizar acciones de calle, a reclamar cambios en el Gobierno, reformas constitucionales que «modernizaran el socialismo», a causar enfrentamientos y generar el caos.
Con Donald Trump en el poder, se regresó a la línea dura de máxima presión, en la creencia de que la dirección continuadora del socialismo en la Isla no resistiría y sería abandonada por el pueblo ante la penuria que ellos provocarían.
Le fueron con todo a esta tierra insumisa: máxima presión aplicada, construcción de líderes mercenarios –no los que aspiraron ni con la calidad que soñaron, pero útiles–, y recrudecimiento del bloqueo para más problemas económicos, en tiempos de pandemia, en pos de causar insatisfacciones en algunos sectores del pueblo, fueron los ejes de la hostilidad.
Así, el 11 de julio decenas de ciudades, cientos de pueblos de la Isla deberían levantarse contra el Gobierno. Pero fracasaron ante la respuesta del pueblo revolucionario.
Era la derrota, pero no podían aceptarla de ninguna manera y, en una agónica demostración de soberbia, intentaron insuflarle vida a la intentona, el 15 de noviembre.
Desde territorio de Estados Unidos se intentó de todo para forzar la revuelta contrarrevolucionaria: acciones diplomáticas; más de 29 declaraciones de apoyo al 15N, en menos de dos meses, por parte altos funcionarios del Gobierno de Biden, amenazas de invasión, y performances con altos niveles de histrionismo frente a las cámaras.
Contrataron a las mejores NetCenters especializadas en ciberguerra, guerra sicológica y campañas de descrédito, destinaron cifras millonarias para pagar a influencers, movilizaron a la derecha internacional para operar en las redes sociales y enraizar la narrativa de la rebeldía juvenil antisocialista y de la indignación popular.
Pero la realidad de la vitalidad de la Revolución se impuso sobre la virtualidad de la ofensiva contrarrevolucionaria.
Cuba vivía y vencía, y millones de hombres y mujeres en el mundo, incluso en EE. UU., se levantaron en defensa de nuestra bandera.
Acostumbrados a hacer lo imposible, los cubanos lograban vencer al virus con mucho más que una vacuna, y derrotaron en las muy reales calles de la Isla a sus enemigos.