Salim Lamrani – Al Mayaden lapupilainsomne.wordpress.com
Il padre della Rivoluzione cubana ha teso una mano generosa ai popoli bisognosi e ha posto la solidarietà e l’integrazione al centro della politica estera di Cuba.
Sulla base della massima di José Martí “Patria è umanità” Fidel Castro ha fatto della solidarietà internazionalista un pilastro essenziale della politica estera di Cuba. Così, l’Avana ha fornito sostegno a molti movimenti rivoluzionari e di indipendentisti in America Latina, Africa e Asia. Algeria è stata la prima a beneficiare degli aiuti cubani, nel dicembre 1961. Mentre combatteva la sua guerra contro il colonialismo francese, Fidel Castro rispose alla chiamata del Fronte di Liberazione Nazionale e fece arrivare armi agli indipendentisti. [1]
Analogamente Cuba ha svolto un ruolo chiave nella lotta contro l’apartheid ed inviò 300000 soldati in Angola tra il 1975 e il 1988 per far fronte all’aggressione dell’esercito sudafricano. L’elemento decisivo che pose fine al regime razzista, sostenuto dalle potenze occidentali, fu la clamorosa sconfitta dell’esercito sudafricano a Cuito Cuanavale, nel sud-est dell’Angola, contro le truppe cubane nel gennaio 1988. Nel suo discorso pronunciato a Matanzas, Cuba, nel 1991, Nelson Mandela rese omaggio a Fidel Castro: “Dai suoi primi giorni, la Rivoluzione cubana è stata una fonte d’ispirazione per tutti i popoli amanti della libertà. Il popolo cubano occupa un posto speciale nel cuore dei popoli dell’Africa. Gli internazionalisti cubani diedero un contributo all’indipendenza, libertà e alla giustizia in Africa che è senza precedenti per i principi e il disinteresse che lo caratterizzano. E’ molto quello che possiamo imparare dalla loro esperienza. In particolare, ci commuove l’ affermazione dei legami storici con il continente africano e le sue popolazioni. Il suo costante impegno per l’eliminazione sistematica del razzismo è senza pari. Siamo consapevoli del grande debito che abbiamo con il popolo di Cuba. Quale altro paese può mostrare una storia di maggior disinteresse di quella esibita da Cuba nelle sue relazioni con l’Africa [… ] Senza la sconfitta inflitta a Cuito Cuanavale le nostre organizzazioni non sarebbero state legalizzate! La sconfitta dell’esercito razzista a Cuito Cuanavale rese possibile che io oggi possa essere qui con voi! Cuito Cuanavale segna una tappa importante nella storia della lotta per la liberazione dell’Africa australe!”[2]
Thenjiwe Mtintso, ambasciatrice del Sudafrica a Cuba, ha ricordato la verità storica dell’impegno di Cuba in Africa: “Oggi il Sudafrica ha molti nuovi amici. Ieri questi amici si riferivano ai nostri leader ed ai nostri combattenti come terroristi in questione e ci vessavano dai loro paesi, mentre sostenevano il Sud Africa dell’apartheid. Quegli stessi amici oggi vogliono che noi denunciamo e isoliamo Cuba. La nostra risposta è molto semplice, è il sangue dei martiri cubani e non di questi amici che corre in profondità nella terra africana e nutre l’albero della libertà nella nostra Patria”. [3]
Henry Kissinger, segretario di Stato USA dal 1973 al 1977, previde bombardare Cuba dopo il suo intervento in Africa. “Se decidiamo di usare la forza militare dobbiamo ottenere la vittoria. Non possiamo fare le cose a metà”, dichiarò il generale George Brown dello Stato Maggiore, il 24 marzo 1976. Durante il suo incontro con il Presidente Gerald Ford, Kissinger si mostrò molto preciso: “Penso che dovremo schiacciare Castro. Ma probabilmente non potremo agire prima delle elezioni [presidenziali 1976]”. “Sono d’accordo” rispose il presidente Ford [4] Kissinger voleva a tutti i costi proteggere il regime dell’apartheid. “Se i cubani distruggono la Rhodesia, la Namibia sarà la prossima della lista e poi il Sud Africa. Se fanno una mossa verso Namibia o Rhodesia, dobbiamo polverizzarli”. Segretamente preparato dal Gruppo di Azioni Speciali di Washington, il piano prevedeva bombardamenti strategici, minare porti ed una quarantena di Cuba. Tuttavia, nonostante questa ostilità, Kissinger non poteva contenere la sua ammirazione per il leader storico della Rivoluzione cubana. Secondo lui, “era probabilmente il più autentico leader rivoluzionario allora al potere”[5].
Infatti, per decenni, Cuba fu il santuario dei rivoluzionari di tutto il mondo, che si formarono e si fortificavano nell’isola. Fidel Castro accolse anche gli esiliati politici di tutti gli orizzonti perseguiti dalle dittature militari sostenute da Washington. L’isola caraibica divenne anche rifugio per attivisti politici vessati negli USA, come alcuni membri delle Pantere Nere. [6]
Fidel Castro ha sempre fatto della solidarietà umanitaria internazionale un pilastro fondamentale della politica estera di Cuba. Così nel 1960, ancor prima dello sviluppo del servizio medico e anche se aveva appena perso 3000 medici (che decisero di emigrare negli USA, dopo il trionfo della Rivoluzione nel 1959) dei 6000 presenti sull’isola, Cuba offrì il suo aiuto al Cile dopo il terremoto che distrusse il paese. Nel 1963 il Governo di l’Avana inviò la sua prima brigata medica composta da 55 professionisti in Algeria per aiutare la giovane nazione indipendente ad affrontare una grave crisi sanitaria. Da allora, Cuba ha esteso la sua solidarietà al resto del mondo, soprattutto in America Latina, Africa e Asia. [7]
Oggi circa 51000 professionisti della salute cubani, tra cui 25500 medici di cui il 65% sono donne, lavorano in 66 paesi di tutto il mondo. Dal trionfo della Rivoluzione, Cuba ha realizzato circa 600000 missioni in 158 Paesi, coinvolgendo 326000 operatori sanitari. Dal 1959, i medici eseguirono oltre 1200 milioni di visite mediche, 2,3 milioni di nascite assistite, hanno effettuato 8 milioni di interventi chirurgici e vaccinati più di 12 milioni di donne incinte e bambini. [8]
Inoltre, Cuba ha formato diverse generazioni di medici di tutto il mondo. In totale l’isola ha formato 38920 professionisti del settore sanitario di 121 paesi dell’America Latina, Africa ed Asia, in particolare attraverso la Scuola Latinoamericana di Medicina (ELAM), fondata nel 1999. Oltre ai medici che studiano all’ELAM a Cuba (circa 10000 laureati ogni anno), l’Avana contribuisce alla formazione di 29580 studenti di medicina in 10 paesi del mondo. [9]
L’ ‘Operazione Miracolo’ è emblematica della politica di solidarietà dell’Avana. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), attualmente ci sono circa 285 milioni di persone che soffrono di disabilità visiva nel mondo, tra cui 39 milioni di non vedenti e 246 milioni che presentano una diminuzione di acuità visiva. Quasi il 90% vivono in paesi del Terzo Mondo. Circa l’80% delle deficienze visive sono curabili, segnala l’organizzazione, aggiungendo che “la cataratta rimane la principale causa di cecità”. Queste malattie oculari colpiscono principalmente (65%) le persone oltre i 50 anni (20% della popolazione mondiale), una percentuale che crescerà con l’invecchiamento della popolazione, ma anche 19 milioni di bambini. [10]
Dato questo risultato, Fidel Castro decise lanciare, nel luglio 2004, una campagna umanitaria continentale sotto il nome ‘Operazione Miracolo’ con l’aiuto del Venezuela. Consiste nell’ operare gratuitamente i latinoamericani poveri che soffrono di cataratta e altre malattie dell’occhio, ma che non sono in grado di finanziare un’operazione che costa tra i 5000 e i 10000 dollari a seconda del paese. Questa missione umanitaria si è diffuso in altre latitudini (Africa, Asia). L’ ‘Operazione Miracolo’ prevede la partecipazione di 165 istituzioni cubane. Dispone di 49 centri oculistici in 15 paesi dell’America Latina e dei Caraibi (Cuba, Venezuela, Ecuador, Haiti, Honduras, Panama, Guatemala, Saint Vincent e Grenadine, Guyana, Paraguay, Granada, Nicaragua ed Uruguay). [11] Dal 2004, quasi 3 milioni di persone in 35 paesi hanno recuperato la vista. [12]
Per quanto riguarda l’istruzione Cuba ha sviluppato il programma di alfabetizzazione “Io, sì posso”, nel 2003, su proposta dello stesso Fidel Castro, al fine di sradicare l’analfabetismo nel mondo. Secondo l’UNESCO ci sono nel mondo 796 milioni di adulti analfabeti, ossia il 17% della popolazione mondiale. Più del 98% sono in paesi del Terzo Mondo. I due terzi sono donne. L’UNESCO lanciò, allora, un appello per ridurre del 50% il numero di analfabeti entro il 2015. L’organismo dell’ONU rileva che i progressi realizzati in questo campo “erano nel migliore dei casi deludenti e nel peggiore sporadici”. Secondo l’UNESCO, “per invertire questa tendenza è necessario che i governi del mondo agiscano con determinazione”. Tuttavia l’UNESCO rivela un’ eccezione: l’America Latina e i Caraibi. Questa eccezione è dovuta, in parte, al Programma ‘Io, sì posso’:”Il programma ‘Io, sì posso’, che creò, nel 2003, il governo cubano ha avuto ampi risultati […]. Applicato in 12 dei 19 paesi dell’America Latina nel 2008, fa parte di strategie più ampie per l’alfabetizzazione universale nello Stato Plurinazionale di Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Panama e nella Repubblica Bolivariana del Venezuela.”[13].
Sulla base della filosofia di José Martí riassunta nella seguente citazione: “Ogni individuo ha il diritto di essere educato e a pagamento contribuire all’educazione degli altri”, l’Istituto Pedagogico Latinoamericano e dei Caraibi di Cuba ha lanciato il programma “Io, sì che posso”, nel 2003, destinati ad alfabetizzare gli adulti illetterati. L’acquisizione delle capacità di lettura, scrittura ed aritmetica è essenziale per godere di una piena cittadinanza. Costituisce il primo baluardo contro l’esclusione e la povertà e porta alla realizzazione di ciò che Martí chiamava “la piena dignità dell’uomo”. L’UNESCO afferma che “l’educazione salva la vita: il tasso di mortalità infantile si abbassa quanto più si eleva il livello scolastico della madre”. Quindi, se tutte le donne facessero studi secondari si salverebbero 1,8 milioni di bambini ogni anno. Allo stesso modo la salute dei bambini sarebbe più protetta: “E’ meno probabile che i bambini la cui madre ha studiato manifestino un ritardo di crescita o un’insufficienza di peso”. [14]
Il programma “Io, sì posso” si è applicato con successo in Venezuela, dove si è alfabetizzato più di 1,5 milioni di persone, in Bolivia, Ecuador e Nicaragua, che sono le uniche nazioni latinoamericane che si sono liberate dall’analfabetismo nell’ultimo decennio, secondo l’UNESCO. Si utilizza anche in altri paesi del continente e del mondo, tra cui la Nuova Zelanda, ed in vari idiomi tra cui francese e idiomi indigeni (Guarani, Maori).
Il programma ‘”Io, sì posso” è usato anche in Spagna. Siviglia ha chiesto i servizi degli insegnanti cubani, coordinati dal professor Carlos Molina M. Soto, per insegnare a leggere e scrivere ai suoi cittadini. [15] Dopo uno studio da parte del municipio si è constatato che 34000 dei 700000 abitanti della capitale andalusa erano totalmente analfabeti. In due anni, 1100 adulti si alfabetizzarono nei 30 centri di alfabetizzazione che sono stati aperti in città. Altre città in Spagna, paese che ha 2 milioni di analfabeti, studiano la possibilità di applicare il metodo cubano nel loro territorio. [16]
In Australia il metodo di alfabetizzazione si usa per le popolazioni aborigene -il 60% sono analfabeti funzionali- che imparano a leggere e scrivere in tre mesi. Oltre alla lettura, scrittura e algebra di base, Cuba offre loro l’opportunità di imparare ad utilizzare le nuove tecnologie [17]. Tuttavia l’Australia occupa il secondo posto a livello mondiale in termini di sviluppo umano, proprio dietro la Norvegia. [18]
Il programma “Io, sì posso” ha ricevuto il Premio Alfabetizzazione Re Sejonh dell’UNESCO nel 2006 per il suo contributo alla formazione dell’umanità. Irina Bokova, direttrice generale dell’organizzazione dell’ONU, ha elogiato il metodo sottolineando il suo carattere esemplare di cooperazione Sud-Sud. [19] In effetti, dal 2003, il programma ha permesso che nove milioni di persone di cinque continenti diversi abbiano imparato a leggere e scrivere. [20]
In termini di solidarietà, Fidel Castro ha fatto di Cuba il modello da seguire, dimostrando che è possibile contribuire a migliorare la sorte dei più poveri del pianeta. Ponendo la generosità verso i più umili al centro dell’azione internazionale, il leader della Rivoluzione cubana è diventato il simbolo dell’internazionalismo disinteressato.
Fidel Castro, internacionalista solidario.
Por Salim Lamrani
El padre de la Revolución Cubana ha tendido una mano generosa a los pueblos necesitados y ha ubicado la solidaridad y la integración en el centro de la política exterior de Cuba.
Basándose en la máxima de José Martí “Patria es humanidad”, Fidel Castro ha hecho de la solidaridad internacionalista un pilar esencial de la política exterior de Cuba. Así, La Habana brindó apoyo a muchos movimientos revolucionarios e independentistas en América Latina, África y Asia. Argelia fue la primera que se benefició de la ayuda cubana en diciembre de 1961. Mientras libraba su guerra contra el colonialismo francés, Fidel Castro respondió al llamado del Frente de Liberación Nacional e hizo llegar armas a los independentistas.[1]
Del mismo modo Cuba desempeñó un papel clave en la lucha contra el apartheid y mandó a cerca de 300.000 soldados a Angola entre 1975 y 1988 para hacer frente a la agresión del ejército supremacista de Sudáfrica. El elemento decisivo que puso fin al régimen racista apoyado por las potencias occidentales fue la estrepitosa derrota del ejército surafricano en Cuito Cuanavale, en el sureste de Angola, contra las tropas cubanas en enero de 1988. En el discurso que pronunció en Matanzas, Cuba, en 1991, Nelson Mandela rindió tributo a Fidel Castro: “Desde sus días iníciales, la Revolución Cubana ha sido una fuente de inspiración para todos los pueblos amantes de la libertad. El pueblo cubano ocupa un lugar especial en el corazón de los pueblos de África. Los internacionalistas cubanos hicieron una contribución a la independencia, la libertad y la justicia en África que no tiene paralelo por los principios y el desinterés que la caracterizan. Es mucho lo que podemos aprender de su experiencia. De modo particular nos conmueve la afirmación del vínculo histórico con el continente africano y sus pueblos. Su invariable compromiso con la erradicación sistemática del racismo no tiene paralelo. Somos conscientes de la gran deuda que hay con el pueblo de Cuba. ¿Qué otro país puede mostrar una historia de mayor desinterés que la que ha exhibido Cuba en sus relaciones con África […]? ¡Sin la derrota infligida en Cuito Cuanavale nuestras organizaciones no habrían sido legalizadas! ¡La derrota del ejército racista en Cuito Cuanavale hizo posible que hoy yo pueda estar aquí con ustedes! ¡Cuito Cuanavale marca un hito en la historia de la lucha por la liberación del África austral!” [2]
Thenjiwe Mtintso, embajadora de Sudáfrica en Cuba, recordó la verdad histórica a propósito del compromiso de Cuba en África: “Hoy Sudáfrica tiene muchos amigos nuevos. Ayer estos amigos se referían a nuestros líderes y a nuestros combatientes como terroristas y nos acosaban desde sus países a la vez que apoyaban a la Sudáfrica del apartheid. Esos mismos amigos hoy quieren que nosotros denunciemos y aislemos a Cuba. Nuestra respuesta es muy simple, es la sangre de los mártires cubanos y no de estos amigos la que corre profundamente por la tierra africana y nutre el árbol de la libertad en nuestra Patria”.[3]
Henry Kissinger, secretario de Estado de Estados Unidos de 1973 a 1977, planificó bombardear a Cuba tras su intervención en África. “Si decidimos usar la fuerza militar debemos conseguir la victoria. No podemos hacer las cosas a medias”, declaró al General George Brow del Estado Mayor el 24 de marzo de 1976. Durante su encuentro con el presidente Gerald Ford, Kissinger se mostró más preciso: “Creo que vamos a tener que aplastar a Castro. Pero probablemente no podremos actuar antes de las elecciones [presidenciales de 1976]”. “Estoy de acuerdo”, replicó el presidente Ford.[4] Kissinger deseaba a cualquier precio proteger al régimen del apartheid: “Si los cubanos destruyen Rodesia, Namibia será la próxima en la lista y luego Suráfrica. Si realizan un movimiento hacia Namibia o Rodesia, tendremos que pulverizarlos”. Secretamente elaborado por el Grupo de Acciones Especiales de Washington, el plan preveía bombardeos estratégicos, minar los puertos y una cuarentena de Cuba. No obstante, a pesar de esa hostilidad, Kissinger no pudo contener su admiración hacia el líder histórico de la Revolución Cubana. Según él, “era probablemente el más genuino líder revolucionario entonces en el poder”[5].
En efecto, durante décadas, Cuba fue el santuario de los revolucionarios del mundo entero, los cuales se formaron y se robustecieron en la isla. Fidel Castro también acogió a los exilados políticos de todos horizontes perseguidos por las dictaduras militares apoyadas por Washington. La Isla del Caribe también se convirtió en refugio de los militantes políticos acosados en Estados Unidos, como algunos miembros de las Black Panthers.[6]
Fidel Castro siempre hizo de la solidaridad humanitaria internacional un pilar fundamental de la política exterior de Cuba. Así en 1960, incluso antes del desarrollo de su servicio médico y aunque acababa de perder a 3.000 médicos (que decidieron emigrar a Estados Unidos tras el triunfo de la Revolución en 1959) de los 6.000 presentes en la isla, Cuba ofreció su ayuda a Chile tras el terremoto que destruyó el país. En 1963 el Gobierno de La Habana mandó su primera brigada médica compuesta de 55 profesionales a Argelia para ayudar a la joven nación independiente a enfrentar una grave crisis sanitaria. Desde esa fecha, Cuba ha extendido su solidaridad al resto del mundo, particularmente a América Latina, África y Asia.[7]
Hoy cerca de 51.000 profesionales de la salud cubanos, entre ellos 25.500 médicos de los que un 65% son mujeres, trabajan en 66 países del mundo. Desde el triunfo de la Revolución, Cuba realizó cerca de 600.000 misiones en 158 países, con la participación de 326.000 profesionales de la salud. Desde 1959 los médicos realizaron más de 1.200 millones de consultas médicas, asistieron 2,3 millones de partos, efectuaron 8 millones de operaciones quirúrgicas y vacunaron a más de 12 millones de mujeres embarazadas y niños.[8]
Por otra parte, Cuba ha formado a varias generaciones de médicos de todo el mundo. En total la isla formó a 38.920 profesionales de la salud de 121 países de América Latina, África y Asia, particularmente mediante la Escuela Latinoamericana de Medicina (ELAM) fundada en 1999. Además de los médicos que cursaron sus estudios en la ELAM en Cuba (cerca de 10.000 graduados cada año), La Habana contribuye a la formación de 29.580 estudiantes de medicina en 10 países del mundo.[9]
La Operación Milagro es emblemática de la política solidaria de La Habana. Según la Organización Mundial de la Salud (OMS), hay actualmente cerca de 285 millones de personas víctimas de deficiencia visual en el mundo, entre ellas 39 millones de ciegos y 246 millones que presentan una disminución de la agudeza visual. Casi el 90% viven en países del Tercer Mundo. Cerca del 80% de las deficiencias visuales son curables, señala la organización, y agrega que “la catarata sigue siendo la primera causa de ceguera”. Estas enfermedades oculares afectan en primer lugar (65%) a personas de más de 50 años (20% de la población mundial), un porcentaje que crecerá con el envejecimiento de la población, pero también a 19 millones de niños.[10]
Frente a esta constatación, Fidel Castro decidió lanzar en julio de 2004 una amplia campaña humanitaria continental bajo el nombre de Operación Milagro con la ayuda de Venezuela. Consiste en operar gratuitamente a los latinoamericanos pobres que padecen cataratas y otras enfermedades oculares, pero que se encuentran en la imposibilidad de financiar una operación que cuesta entre 5.000 y 10.000 dólares según los países. Esta misión humanitaria se ha extendido a otras latitudes (África, Asia). La Operación Milagro incluye la participación de 165 instituciones cubanas. Dispone de 49 centros oftalmológicos en 15 países de América Latina y el Caribe (Cuba, Venezuela, Ecuador, Haití, Honduras, Panamá, Guatemala, San Vicente y las Granadinas, Guyana, Paraguay, Granada, Nicaragua y Uruguay). [11] Desde 2004, cerca de 3 millones de personas de 35 países recobraron la vista.[12]
Con respecto a la educación Cuba elaboró el programa de alfabetización “Yo, sí puedo” en 2003 a propuesta del propio Fidel Castro, con el fin de erradicar el analfabetismo en el mundo. Según la UNESCO hay en el mundo 796 millones de adultos analfabetos, o sea el 17% de la población mundial. Más del 98% se encuentra en los países del Tercer Mundo. Las dos terceras partes son mujeres. La UNESCO lanzó entonces un llamado para reducir en un 50% el número de analfabetos para 2015. El organismo de la ONU señala que los progresos realizados en este campo “fueron en el mejor de los casos decepcionantes y en el peor esporádicos”. Según la UNESCO, “para revertir esta tendencia es necesario que los gobiernos del mundo actúen con determinación”. No obstante la UNESCO revela una excepción: América Latina y el Caribe. Esta excepción se debe en parte al Programa Yo, sí puedo: “El programa Yo, sí puedo, que creó en 2003 el Gobierno cubano ha tenido amplios resultados […]. Aplicado en 12 de los 19 países de América Latina en 2008, forma parte de estrategias más amplias a favor de la alfabetización universal en el Estado Plurinacional de Bolivia, en Ecuador, en Nicaragua, en Panamá y en la República Bolivariana de Venezuela.”[13].
Basado en la filosofía de José Martí resumida en la siguiente cita: “Todo hombre tiene derecho a educarse y en pago contribuir a la educación de los demás”, el Instituto Pedagógico Latinoamericano y Caribeño de Cuba lanzó el programa “Yo, sí puedo” en 2003, destinado a alfabetizar a los adultos iletrados. La adquisición de las capacidades de lectura, escritura y aritmética es indispensable para disfrutar de una plena ciudadanía. Constituye el primer baluarte contra la exclusión y la pobreza y lleva a la realización de lo que Martí llamó “la plena dignidad del hombre”. La UNESCO subraya que “la educación salva vidas: la tasa de mortalidad infantil baja cuanto más se eleva el nivel escolar de la madre”. Así, si todas las mujeres hicieran estudios secundarios se salvarían 1,8 millones de niños al año. Del mismo modo la salud de los niños estaría más protegida: “Es menos probable que los niños cuya madre ha hecho estudios manifiesten un retraso de crecimiento o una insuficiencia ponderal”. [14]
El programa “Yo, sí puedo” se aplicó con éxito en Venezuela, donde se alfabetizó a más de 1,5 millones de personas, en Bolivia, en Ecuador y en Nicaragua, que son las únicas naciones latinoamericanas que se han librado del analfabetismo en la última década, según la UNESCO. También se utiliza en otros países del continente y del mundo, como Nueva Zelanda, y se aplica en varios idiomas entre ellos el francés y los idiomas indígenas (guaraní, maorí).
El programa “Yo, sí puedo” se utiliza también en España. La ciudad de Sevilla pidió los servicios de los profesores cubanos, bajo la coordinación del Profesor Carlos M. Molina Soto, para enseñar a leer y escribir a sus ciudadanos. [15] Después de un estudio realizado por la alcaldía se descubrió que 34.000 de los 700.000 habitantes de la capital andaluza eran totalmente analfabetos. En dos años 1.100 adultos se alfabetizaron en los treinta centros de alfabetización que se abrieron en la ciudad. Otros municipios de España, país que cuenta con 2 millones de analfabetos, estudian las posibilidades de aplicar el método cubano en su territorio.[16]
En Australia el método de alfabetización se utiliza para las poblaciones aborígenes –el 60% son analfabetos funcionales– que aprenden a leer y escribir en tres meses. Además de la lectura, de la escritura y del álgebra de base, Cuba les ofrece la posibilidad de aprender a usar las nuevas tecnologías[17]. Sin embargo Australia ocupa el segundo puesto mundial en términos de desarrollo humano, justo detrás de Noruega.[18]
El programa “Yo, sí puedo” recibió el Premio de Alfabetización Rey Sejonh de la UNESCO en 2006 por su aporte a la educación de la humanidad. Irina Bokova, directora general de la organización de la ONU, alabó el método subrayando su carácter ejemplar de cooperación Sur-Sur.[19] En efecto, desde 2003, el programa permitió que nueve millones de personas de cinco continentes diferentes aprendieran a leer y escribir.[20]
En términos de solidaridad, Fidel Castro hizo de Cuba el modelo a seguir, demostrando que es posible contribuir a mejorar la suerte de los más desfavorecidos del planeta. Al ubicar la generosidad hacia los más humildes en el centro de su acción internacional, el líder de la Revolución Cubana se convirtió en el símbolo del internacionalismo desinteresado.
[1] Cuba Defensa, «Misiones militares internacionalistas cumplidas por las Fuerzas Armadas Revolucionarias de la República de Cuba», 2014. http://www.cubadefensa.cu/?q=misiones-militares (sitio consultado el 23 de febrero de 2015)
[2] Salim Lamrani, Cuba. Ce que les médias ne vous diront jamais, Paris, Editions Estrella, 2009, prólogo.
[3] Piero Gleijeses, «Cuito Cuanavale: batalla que terminó con el Apartheid», Cubadebate, 23 de marzo de 2013.
[4] The National Security Archive, « Kissinger Considered Attack on Cuba Following Angola Incursion”, 1 de octubre de 2014, George Washington University.http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB487/ (sitio consultado el 21 de febrero de 2015).
[5] Henry Kissinger, Years of Renewal, New York, 1999, p.785 in Piero Gleijeses, “Carta a Obama”, Cubadebate, 3 de febrero de 2014.
[6] The Guardian, “New Jersey hopes Cuba-US relations thaw will help extradite former Black Panther”, 18 de diciembre de 2014.
[7] Roberto Morales, «África está urgida de la solidaridad internacional», Cuba Debate, 12 de septiembre de 2014. http://www.cubadebate.cu/especiales/2014/09/13/africa-esta-urgida-de-la-solidaridad-internacional/ (sitio consultado el 14 de septiembre de 2014).
[8] Ibid.
[9] Ibid.
[10] Organisation mondiale de la santé, «Cécité et déficience visuelle», Aide-Mémoire n°282, octubre de 2011. http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs282/fr/index.html(sitio consultado el 15 de febrero de 2013).
[11] Ministerio de Relaciones Exteriores, «Celebra Operación Milagro cubana en Guatemala», República de Cuba, 15 de noviembre de 2010.http://www.cubaminrex.cu/Cooperacion/2010/celebra1.html (sitio consultado el 15 de febrero de 2013); Operación Milagro, « ¿Qué es la Operación Milagro? ».http://www.operacionmilagro.org.ar/ (sitio consultado el 15 de febrero de 2013).
[12] Cubadebate, «Más de 3 millones de beneficiados con Operación Milagro en diez años», 1 de julio de 2014. http://www.cubadebate.cu/noticias/2014/07/01/mas-de-tres-millones-de-beneficiados-con-operacion-milagro-en-diez-anos/#.VOsmsWP7uu4 (sitio consultado el 23 de febrero de 2015).
[13] Ibid., p. 37, 76.
[14] Ibid., p. 39.
[15] Correspondencia con el Profesor Carlos M. Molina Soto, 17 de noviembre de 2011.
[16] Antonio Rodrigo Torrijos, “Torrijos pregunta en el pleno del Ayuntamiento sobre el futuro de Yo, sí puedo”. Al pleno del Ayuntamiento de Sevilla”, 15 de septiembre de 2011. Véase también Cubainformación, « Alfabetización cubana en Sevilla », 7 de febrero de 2008. http://www.cubainformacion.tv/index.php?option=com_content&task=view&id=3286&Itemid=86 (sitio consultado el 12 de abril de 2008).
[17] EFE, « Un método desarrollado en Cuba enseña a leer y a escribir a aborígenes australianos », 1 de julio de 2012.
[18] Programme des Nations-unies pour le développement, « Indice de développement humain IDH, classement 2011 », 2011. http://hdr.undp.org/fr/statistiques/ (sitio consultado el 15 de febrero de 2013).
[19] Granma, «Reconoce la UNESCO el método cubano de alfabetización», 25 de mayo de 2011. http://www.granma.cubaweb.cu/2011/05/25/cubamundo/artic02.html (sitio consultado el 15 de diciembre de 2011).
[20] Granma, «Nueve millones de alfabetizados con el programa cubano Yo, sí puedo», 21 de enero de 2015. http://www.granma.cu/cuba/2015-01-21/nueve-millones-de-alfabetizados-con-el-programa-cubano-yo-si-puedo (sitio consultado el 6 de marzo de 2015)