“Milioni di dollari per diffondere fake news e fomentare rivolte”
Un articolo pubblicato sul sito USA People’s World svela i nuovi meccanismi messi in atto da Washington: dietro la nobile causa della promozione della democrazia e dei diritti umani si cela sempre l’obiettivo della caduta del regime. Due enti USA hanno finanziato oltre 50 tra associazioni, gruppi o media antisocialisti, spendendo 5 miliardi di $ nel 2020 e altri 6 miliardi nel 2021
www.ilfattoquotidiano.it di Ruggero Tartulli
Milioni di dollari per diffondere false notizie e fomentare rivolte antisocialiste a Cuba. Una strategia che conferma l’interesse degli Stati Uniti a destabilizzare l’isola caraibica, non più con invasioni di mercenari o attacchi espliciti, bensì attraverso la rete. È quanto emerge da un articolo pubblicato su People’s World, sito statunitense che svela il meccanismo di finanziamento da parte di Washington a favore dei gruppi “ribelli” di Cuba. Dietro la nobile causa della promozione della democrazia e dei diritti umani, come svelato dal giornalista e analista politico W.T. Whitney Jr., si cela in realtà la stessa finalità che da oltre 60 anni ossessiona il gigante a stelle e strisce: la caduta del regime instaurato dopo la rivoluzione dei barbudos. Dall’embargo, ancora in vigore e inasprito da centinaia di ulteriori sanzioni negli ultimi anni, ai social network, cambiano le modalità ma non gli obiettivi.
L’agenzia USAID, invece, fondata nel 1961 dall’allora presidente John Fitzgerald Kennedy, si occupa di lotta alla povertà e promozione della democrazia. Come rivelato sul sito Cuba Money Project dal giornalista e professore Tracey Eaton, nel settembre 2021 Usaid ha finanziato 12 organizzazioni, per un totale di 6.669.000 dollari. Anche in questo caso, i beneficiari sono osservatori per i diritti umani, fondazioni o giornali come Cubanet News. Gran parte dei quali con sede in Florida.
Un enorme sistema di deviazione delle informazioni, che oltre a diffondere segnalazioni critiche da Cuba si occupa proprio di fabbricare fake news, da veicolare poi all’interno della stessa Cuba – in particolare attraverso i social – e sui media internazionali. Interferendo con gli affari interni del Paese presieduto attualmente da Miguel Díaz-Canel. Gli effetti di questa strategia si sono visti lo scorso 11 luglio, quando alcuni gruppi soprattutto di giovani, in varie parti dell’isola, hanno dato vita a violente proteste, auto-alimentate anche dalla cassa di risonanza del meccanismo comunicativo made in Usa. Proteste rientrate rapidamente, per le quali recentemente sono stati arrestati alcuni “leader”, condannati per aver fomentato saccheggi e violenze.
Un rapporto tormentato, quello degli USA nei confronti di Cuba, che pareva trovare un’apertura sotto la presidenza di Barack Obama ma che è tornato di forte chiusura con l’insediamento di Donald Trump: l’ex presidente repubblicano ha emesso altre 243 misure, tra le quali restrizioni ai viaggi verso Cuba e alle imprese internazionali che commerciano con il Paese caraibico. Oltre a limitazioni alle rimesse, fonte di sostentamento per molti cubani. Fino a inserire Cuba nell’elenco degli stati sponsor del terrorismo. E l’amministrazione Biden? Malgrado le promesse di riavvicinamento, per ora il nuovo inquilino della Casa Bianca ha mantenuto invariate tutte le misure introdotte dal predecessore. Tra le ultime conseguenze, la multa da 91mila dollari del Dipartimento di Stato Usa alla piattaforma Airbnb, “colpevole” di aver accettato ospiti a Cuba.