Quando il tenente colonnello Hugo Chávez pronunciò la sua promettente frase “Por Ahora” (Per ora) 30 anni fa, era lontano dall’immaginare che sarebbe diventato un grido di speranza e dignità per i venezuelani.
Era il 1989 e il paese sudamericano stava affondando in una grave crisi economica, che l’allora presidente Carlos Andrés Pérez stava cercando di “salvare” applicando un pacchetto neoliberale del Fondo Monetario Internazionale.
Gli annunci del presidente portarono a forti proteste, rivolte, saccheggi, manifestazioni di rifiuto del brusco aumento della benzina, dei servizi di base e del cibo, una rivolta che sfociò in uno dei più importanti massacri sociali del XX secolo in America Latina, noto come il Caracazo.
Tre anni dopo, poco o nulla era cambiato nel paese e il ricordo di quel bagno di sangue si soffermava nella mente di un popolo che affogava nella miseria e nella desolazione.
Così, il 4 febbraio 1992, nel tentativo di restituire dignità alla nazione, un gruppo di patrioti militari sotto il comando del giovane tenente colonnello Hugo Chávez organizzò una ribellione, che nonostante il suo fallimento segnò l’inizio della fine di un’era di democrazie rappresentative corrotte e decadenti.
Con la cosiddetta Operazione Zamora, alla quale parteciparono membri del Movimento Bolivariano MBR-200, radicato nel pensiero di Simón Bolívar, Simón Rodríguez ed Ezequiel Zamora, fu realizzata una rivolta civile-militare con l’obiettivo di rovesciare il governo corrotto.
Circa 2.362 uomini presero le armi, compresi cinque tenenti colonnelli come capi visibili del movimento, seguiti da 14 maggiori, 54 capitani, 67 sottotenenti, 65 sottufficiali, 101 sergenti e almeno 2.000 soldati arruolati.
Gli obiettivi militari non furono raggiunti e la ribellione culminò con più di venti vittime e l’arresto delle persone coinvolte, ma divenne un salvataggio della dignità nazionale.
Dopo essere stato catturato e per evitare ulteriori spargimenti di sangue, Chávez si rivolse alle truppe e dopo aver riconosciuto il fallimento dell’operazione disse: “per ora gli obiettivi che ci eravamo prefissi non sono stati raggiunti…”.
L’espressione, che nel corso degli anni divenne un simbolo di speranza, ripetuto dal popolo e dai suoi leader di fronte a qualsiasi avversità, è considerata la prima risposta organizzata al clamore popolare per una vera indipendenza.
Per gli storici, a partire da quel momento, la democrazia rappresentativa cominciò ad essere smantellata, mentre nasceva il ribellismo che aprì la strada al consolidamento del progetto socialista.
Qualche tempo dopo, lo stesso Chávez, come presidente del Venezuela (1999-2013), ammise che la ribellione militare era un obbligo morale e sottolineò che “all’alba del 4 febbraio, il vero Bolívar è tornato”.
“Il suo spirito ribelle deve accompagnarci ogni giorno, perché i poteri che abbiamo affrontato per più di due decenni persistono ancora nel loro tentativo di fermare il corso della storia”, ha detto il leader della Rivoluzione Bolivariana 21 anni dopo.
Il 4 febbraio è diventato la torcia guida della Rivoluzione Bolivariana e della Giornata della Dignità Nazionale.
Traduzione: italiacuba.it